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Introduzione
Il fenomeno del progressivo aumento dell’aspettativa di vita e quindi del crescente
invecchiamento della popolazione, comporta un critico incremento del numero di anziani fragili
e disabili che necessita di una sempre maggiore preparazione geriatrica dei medici delle
organizzazioni territoriali e degli infermieri operanti nelle RSA oltre che nei Distretti socio-
sanitari. Esiste allo stesso tempo la necessità di un maggior numero di strutture territoriali
adeguate a sostenere tali situazioni che, gestite da persone esperte in ambito geriatrico, siano
inoltre in grado di adottare un'efficace prospettiva clinico-assistenziale orientata verso le cure di
fine vita, l'assistenza al morente ed il sostegno alla sua famiglia.
Tali cure, nate sulla scorta dei programmi hospice e della Medicina di Cure Palliative, sono
ormai oggetto di forte attenzione da parte della geriatria mondiale così che la stessa “Società
Italiana di Gerontologia e Geriatria” (SIGG) si è resa consapevole da alcuni anni della necessità
di contribuire a fornire ai suoi associati, professionisti sanitari e operatori socio-assistenziali
nuove competenze pratiche e conoscenze integrative, qualitativamente finalizzate alla gestione
clinica, organizzativa e manageriale della fase avanzata e/o terminale di malattia - non solo di
natura cronico-degenerativa - nell'anziano (SIGG, 2006).
“Quello che sta avvenendo nella società è un cambiamento radicale. Dipende soprattutto
dall’allungamento della vita, ma anche dalle innovazioni tecniche e tecnologiche, dalla
possibilità di accesso alle cure, dalla comunicazione e dalla mobilità, oltre che da
un’aumentata percezione del diritto alla salute.
L’allungamento della vita è uno dei più straordinari risultati dei progressi sanitari; ciò
comporta tuttavia un cambio radicale di prospettiva. L’invecchiamento della popolazione
comporta inevitabilmente un aumento della componente dei pazienti cronici rispetto a quelli
acuti” (Regione Lombardia, 2014).
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Così esordisce il Libro Bianco messo a disposizione di cittadini e attori istituzionali da
Regione Lombardia nel giugno dell’anno scorso: uno strumento di analisi e di confronto sulle
prospettive di riforma e di sviluppo possibili del sistema socio-sanitario lombardo.
È inevitabile, allorchè si analizzano e si dibatte sugli interventi sanitari e/o socio-
assistenziali, tenere in considerazione i considerevoli mutamenti demografici che stanno
interessando i paesi del mondo occidentale e, in particolare, l’Italia.
L’analisi di tale realtà contemporanea si sposa e coincide con l’esperienza lavorativa e
professionale di chi scrive e ha concepito questa ricerca. L’esperienza maturata in RSA come
educatrice professionale nel corso di quattro anni ha infatti sollecitato molteplici riflessioni e
l’esigenza di maggiori approfondimenti. In particolare, l’attenzione e la sensibilità personali si
sono concentrate sulla difficoltà nell’affrontare l’articolata dimensione della fase riguardante la
fine della vita del paziente che, cosciente, per lo più, del ricovero permanente, diviene man
mano consapevole di una prospettiva di vita piuttosto breve che si affievolisce sempre più in
considerazione dell’età avanzata e dell'evoluzione delle molteplici criticità fisiche ma anche
cognitive.
È proprio tale difficoltà che ha fatto nascere in chi scrive l’esigenza di comprendere in
maniera più profonda come affrontare la morte, evento comunque inevitabile, di una persona
anziana, sia dalla prospettiva degli operatori sotto l'evidente profilo assistenziale ma anche sulle
modalità del singolo operatore nei confronti della propria personale elaborazione all’interno
dell’équipe di cure, sia dal punto di vista degli ospiti ricoverati in RSA per i quali la morte
dell’amica/o o del compagno di camera rappresenta comunque una perdita spesso importante e
significativa che necessita di sostegno e condivisione per l'elaborazione di un lutto che, allo
stesso tempo, costituisce anche un “memento mori”, fortemente contestualizzato e non
indifferente.
Nasce da qui l’idea di poter verificare secondo quali modalità, in questi anni, le Residenze
Sanitarie Assistenziali abbiano preso in considerazione e adottato i principi delle Cure e della
Medicina Palliativa che sostengono e aiutano pazienti, familiari ed operatori ad affrontare in
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maniera efficace e con la dovuta “dignità” e sensibilità la fase avanzata della terminalità, ovvero
gli ultimi giorni di vita intesi realmente come il tempo di un accompagnamento alla morte
libero, per quanto possibile, dalle molteplici sofferenze affettive, fisiche, sociali e psicologiche e
vissuto con la maggior serenità che operatori, familiari, volontari e professionisti sono in grado
di offrire.
Lo scopo di questo studio è quello di individuare quale, tra le quattro RSA considerate nel
territorio della Provincia di Milano, sembri aver adottato le pratiche più adeguate che si
riferiscono idealmente e nei termini di Cure di Fine vita, alla più generale filosofia delle Cure
Palliative, ai suoi principi ed alle proprie consolidate metodologie assistenziali al fine di riferire
le evidenze clinico-assistenziali osservate, oltre che contribuire, sotto il profilo osservazionale,
alla possibilità di fornire ulteriori stimoli al miglioramento di ciascuna struttura coinvolta.
Il benchmarking che si intende realizzare è pertanto relativo, poiché perfettamente consci
dell'impossibilità metodologica di costituire un “team di lavoro” oppure un “tavolo di confronto
diretto” tra le aziende in questione. Siamo tuttavia convinti e fiduciosi della validità di questo
strumento di management per il miglioramento della qualità anche in ambito socio-sanitario e ci
auspichiamo che la presente ricerca possa fornire ulteriori stimoli e suggerimenti per l’avvio di
processi di benchmarking più articolati, rigorosi e consistenti sull’argomento evidenziato ed
affrontato.
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1. I bisogni socio-assistenziali e sanitari della popolazione anziana e le Cure
Palliative in Italia
Parafrasando il noto film, l’Italia è un paese di vecchi. Le statistiche degli ultimi anni ci
confermano come, di anno in anno, la popolazione definita anziana, ovvero sopra i 65 anni, sia
in una continua fase di aumento.
I dati ISTAT, relativi al censimento del 2011, rivelano infatti che, a fronte di una
popolazione presente sul territorio italiano di 59.433.744, il 20,83% ha più di 65 anni e il 2,8%
più di 85 anni. Questi dati fanno dell’Italia – insieme a Germania e Giappone – il paese con il
tasso di popolazione più anziana del pianeta.
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Nel nostro Paese, secondo le statistiche dell’”Organizzazione Mondiale della Sanità”, la
speranza di vita va decisamente e positivamente aumentando (80 anni per gli uomini, 85 per le
donne) (WHO, 2014).
Nella realtà, sono molteplici i fattori implicati: maggiori e migliori condizioni di vita per una
quota più ampia di popolazione, l’avanzamento ed il progresso, sotto il profilo scientifico, delle
conoscenze medico-cliniche e delle risorse farmacologiche e strumentali con il conseguente
accesso alla disponibilità a cure migliori e innovative, la possibilità di accesso a maggiori
informazioni da parte della popolazione e, parimenti, l’aumentata e maggiore consapevolezza da
parte dei pazienti nella ricerca/richiesta di cure e informazioni
A fronte di tali positive implicazioni scientifiche, sociali e culturali, pressoché estese a tutto
il mondo occidentale, il parallelo fenomeno, riferito al diffuso aumento del tasso di
invecchiamento generale della popolazione, pone l’intera cultura occidentale di fronte alla
necessità di considerare i bisogni di tale fascia di popolazione, considerata “fragile”, unitamente
alla impellenza critica di erogare servizi e cure qualitativamente adeguati a fronte di rilevanti
costi sociali ed economici.
1 www.moodys.com/research/Moodys-Aging-will-reduce-economic-growth-worldwide-in-the-nexr--PR_305951
consultato il 28/01/2015 alle ore 16.45
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Costi sociali e problematiche che penalizzano sempre più famiglie e familiari, sotto il profilo
dei carichi assistenziali e dei costi economici complicati inoltre dalla tendenza all’incremento
del numero di famiglie mononucleari (con una conseguente riduzione delle potenzialità
assistenziali erogabili all’interno dei nuclei e da parte dei care-givers), e interessano aspetti
organizzativi e gestionali del sistema sanitario nella previsione della progressiva tendenza ad
offrire assistenza da parte delle Aziende Ospedaliere ai soli ambiti riferibili alle acuzie e dal
quale orientamento emerge sempre più la forte esigenza di organizzare e promuovere adeguati
livelli assistenziali intermedi in grado di soddisfare i molteplici e complessi bisogni dell’anziano
nella fase post-acuta del decorso di cura e assistenza.
Se in generale è possibile affermare che si invecchi meglio, ciò non elimina che un naturale e
fisiologico decadimento richieda livelli di assistenza e cura sovente più intensi e prolungati; se
l’incidenza per mortalità di alcune patologie è diminuita, si rileva un aumento di diagnosi per
patologie precedentemente meno evidenziate, pertanto vivere più a lungo non significa
necessariamente eliminare vecchiaia, cronicità e morte, bensì ricercare certamente tempi più
lunghi, ma associati anche ad una qualità di vita più adeguata e dignitosa.
Purtroppo questo miglioramento viene generalmente spesso percepito come un
prolungamento ad libitum del tempo di vita e non come la concreta acquisizione di un
miglioramento della qualità della vita stessa.
Si inseriscono in questo panorama sociale e culturale le istituzioni che in questi ultimi anni
hanno posto la questione anche in termini etici. Tanto il “Comitato Nazionale per la Bioetica”
(CNB) che la “Società Italiana di Gerontologia e Geriatria” (SIGG) hanno prodotto studi ed
elaborazioni fortemente incentrate sui diritti degli anziani e sui principi etici su cui dovrebbe
basarsi l’assistenza geriatrica. Tra questi ricordiamo:
1. “Principio dell’autonomia e della dignità della persona significa che l’anziano e i suoi
famigliari dovrebbero avere la libertà di scegliere e di perseguire le loro scelte per
quanto possibile, o per quanto l’anziano sia in grado, a livello cognitivo, di prendere
decisioni.
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2. Principio di beneficità. Questo principio attiene il dovere di agire per il bene
dell’anziano, e questo significa che è importante rispondere ai bisogni fisici, ma è
altrettanto necessario rispondere alle esigenze sociali, emotive, spirituali.
3. Principio di non maleficienza. Questo principio, chiaramente collegato a quello di
beneficienza, significa non cagionare danni ad altri” (SIGG, 2006).
In questo senso pensare alla vecchiaia può significare riconoscere i molteplici limiti psico-
fisici e sociali ai quali non è possibile sottrarsi ma, allo stesso tempo, considerare una ricerca
continua della garanzia della dignità di vita da offrire ed estendere ad ogni persona fragile e
malata da assistere.
Si tratta di confrontarsi quindi con patologie croniche, a volte di natura degenerativa, che
possono essere parzialmente controllate sotto il profilo terapeutico e farmacologico, ma che, da
un determinato momento in poi, a causa dell’avanzamento dell’età e della sovente comorbilità
associata, conducono più o meno ad un repentino deterioramento e decadimento delle
condizioni generali del paziente.
“L’aumento della sopravvivenza non rappresenta sempre un obiettivo realistico e
accettabile, mentre l’obiettivo della qualità di vita può costituire una valida alternativa. In
questo ambito nel momento in cui la terapia convenzionale non può più dare o fare nulla nei
confronti di un anziano, diventano importanti le cure palliative, che possono migliorare la
qualità di vita del paziente nella fase terminale della malattia. Ma, ancora, occorre smentire un
altro luogo comune che vede le cure palliative solo in ambito oncologico” (SIGG, 2006).
Nate come la necessità di un intervento di cura e assistenza nei confronti di pazienti affetti da
malattie cronico-degenerative non rispondenti più a terapie attive, le Cure Palliative si sono
lentamente affermate dalla metà degli anni ’80 anche Italia, estendendo l’attenzione nella
pratica delle proprie cure inizialmente nei confronti dei pazienti oncologici e in seguito nei
riguardi di ogni patologia degenerativa a prognosi infausta
(Ventafridda, 1993).