Introduzione Quali furono la linea e la condotta politica di Enrico Berlinguer verso i cattolici, parte
determinante della società e dell'elettorato italiano? In quale modo il segretario che portò il
Pci al suo massimo storico riuscì ad elaborare delle politiche accettabili anche
dall'elettorato cattolico? Quale fu il rapporto col grande antagonista di sempre, la
Democrazia cristiana? Vi furono risultati apprezzabili?
Questa ricerca intende ricostruire proprio il pensiero e le mosse di Berlinguer (e
nominando il segretario si deve aggiungere anche “del Pci”, dato il seguito interno che il
politico sardo ebbe per almeno due terzi del suo mandato) riguardo tale problematica e
soprattutto vuole cercare di capire come poi le posizioni dell'ex segretario comunista si
siano tradotte in atti politici pratici sia verso la Democrazia cristiana, sia verso il “mondo”
cattolico, in una prospettiva che può risultare di interesse anche oggi, in una fase politica
in cui la questione dell'appartenenza politica dei cattolici non solo è irrisolta, ma addirittura
non trova un suo referente politico certo, essendo il mondo cattolico diviso in almeno tre
partiti, di cui uno, quello che più si richiama all'esperienza democristiana, è
rappresentativo di una percentuale di voti di poco superiore al 5%.
L'arco di tempo che coinvolge la presente ricerca è quello corrispondente alla
segreteria di Enrico Berlinguer presso il Pci, e quindi inizia con il XIII Congresso del
partito, tenutosi nel marzo 1972 per terminare con la morte dell'ex segretario sardo,
avvenuta a Padova l'11 giugno del 1984.
Per la stesura della tesi si è fatto ricorso in prima battuta alle ricostruzioni
generaliste sul periodo preso in questione; si è poi proceduto con l'approfondimento delle
questioni biografiche riguardanti il segretario del Pci, consultando delle biografie sia di
stampo storico-critico che di stampo maggiormente aneddotico e “personale”.
Una parte importante della ricerca è stata dedicata poi alla bibliografia degli scritti di
Berlinguer, desunti sia da varie edizioni di testi antologici usciti negli anni, sia affidandosi
all'archivio de “L'Unità”, di cui sono stati consultati circa 600 numeri quotidiani. Sono stati
visionati inoltre anche una quarantina di articoli provenienti da riviste ed altri quotidiani
appartenenti sia all'area comunista che non. Inoltre, è stato approfondito il lavoro a livello
critico mediante lo studio delle memorie di vari collaboratori vicini a Berlinguer e di vari
contributi critici di studiosi storici, uomini politici vicini e non ai comunisti. Infine,
5
preziosissimo è stato l'apporto dell'Archivio dell'Istituto Gramsci di Roma, grazie al quale è
stato possibile consultare in particolar modo i verbali delle riunioni della Direzione
comunista e la corrispondenza privata di Berlinguer con molte personalità del mondo
cattolico, lungo i 12 anni della leadership del politico di origine sarda.
La ricerca è stata divisa in quattro capitoli che rappresentano quattro fasi della
strategia berlingueriana (in un misto di continuità e di rotture) verso il mondo cattolico: la
prima fase è quella che va dal 1972 al 1974 ed è caratterizzata da tre eventi. Il primo è la
proposta di un nuovo governo con il Pci al potere, cioè dell'ipotesi di “svolta democratica”.
Il secondo evento è la teorizzazione del “compromesso storico”, elaborato nei tre articoli
che vanno a comporre quel saggio conosciuto sotto il nome di “Riflessioni sull'Italia dopo i
fatti del Cile”, uscito nel settembre-ottobre del '73 subito dopo il golpe cileno dei militari di
Pinochet contro il presidente socialista Salvador Allende. In questi articoli Berlinguer pone
fortemente, ampliandola dal Congresso del '72, la questione di un incontro e di una
collaborazione tra le masse socialiste, comuniste e cattoliche per la tenuta democratica e
per la salvezza del paese. La terza ed ultima parte di questa prima fase è invece quella
caratterizzata dallo scontro per il referendum sul divorzio del maggio 1974, che
rappresenterà la prima sconfitta, se pur comunque non in ambito elettorale, della
Democrazia cristiana a scapito delle forze divorziste: è anche l'inizio dell'ascesa elettorale
dei comunisti.
La seconda fase inizia subito dopo e va dalle elezioni amministrative del 1975 (in
cui il Pci totalizza oltre il 33% dei voti, raggiungendo quasi la Dc) alla fine del '77. In questo
periodo, oltre alle amministrative del '75, si verifica il terremoto politico del '76, allorquando
il Pci conferma i risultati dell'anno precedente e continua l'inseguimento ai democristiani
(anche se non ne effettua il sorpasso come da molti preconizzato). In questo periodo per
la prima volta il Pci viene associato all'elaborazione di alcuni provvedimenti legislativi
mediante il governo dell'astensione ed il susseguente accordo programmatico tra i “partiti
costituzionali”. In questa fase, in cui il segretario riduce la sua lettura del mondo cattolico
alla sola Dc ed al rapporto con essa, non emerge una particolare attenzione verso il
mondo cattolico “socialmente” inteso come era stato nel triennio precedente. L'unico
episodio degno di nota è lo scambio di missive tra monsignor Luigi Bettazzi e Berlinguer
su temi riguardanti in particolar modo la libertà di culto e di fede per gli appartenenti al Pci
(che pure avrà uno strascico critico ed un effetto all'interno dello Statuto dello stesso
Partito comunista). Per il resto, in questo periodo, l'analisi del Pci e del suo segretario
6
riguardo il mondo cattolico è schiacciata sulle prospettive politico-istituzionali ed intra-
partitiche e risulta a tratti fin troppo semplicistica e schematica, tutta concentrata soltanto a
capire quale corrente nella Dc avesse il ruolo decisivo in determinati momenti. C'è da dire
quindi che il Berlinguer “togliattiano” di inizio anni Settanta, quel Berlinguer che cercava
l'accordo tra le tre “grandi masse” socialiste, comuniste e cattoliche, perde molto del
respiro della sua proposta unitaria originaria pur essendo riuscito a far crescere il suo
partito costringendo, nel contempo, la Dc ad accettare una “collaborazione legislativa”
(seppur esterna dal punto di vista della composizione dell'esecutivo).
La terza fase è quella che copre gli anni '78 e '79. E' una fase decisiva e difficile per
tutta la democrazia italiana. Il 1978 è l'anno dell'ingresso nella maggioranza per il Pci, che
avviene però in modo forzato proprio il giorno del rapimento di Aldo Moro e segna l'inizio
della crisi della politica di solidarietà nazionale inaugurata nel '76. Il 1979 è l'anno della
rottura definitiva della solidarietà nazionale, con l'uscita del Pci dal governo nel primo
mese di quell'anno. In questa terza fase non si notano variazioni della linea berlingueriana;
anzi si assiste ad un abbandono ancor più forte rispetto al periodo precedente del mondo
cattolico per privilegiare sempre più il discorso prettamente di dialogo tra partiti.
Da quel momento inizia la quarta fase del pensiero berlingueriano in merito ai
cattolici: la linea diviene molto critica verso la Dc, con toni che superano di molto le accuse
del periodo del referendum sul divorzio. Il segretario comunista lancia le parole d'ordine
della “questione morale” e della “diversità” del Pci, scagliandosi contro quel sistema dei
partiti di governo che aveva visto finalmente protagonista il Pci fino a pochi mesi prima. In
questo periodo Berlinguer cerca di recuperare il rapporto con i cattolici soprattutto
mediante un nuovo discorso sulla pace, una tematica che il segretario svilupperà dopo
l'invasione sovietica dell'Afghanistan, episodio che segnerà il totale distacco del segretario
comunista da Mosca. Negli anni '80 Berlinguer partecipa a numerose iniziative del
movimento pacifista divenendone promotore in prima persona e intrattenendo molti
rapporti anche con membri del clero “di base”, soprattutto parroci e padri francescani, che
ne richiederanno spesso la disponibilità ad interviste e scambi di opinioni per i tanti organi
di stampa periodici del mondo cattolico. Il segretario comunista trova nel movimento
pacifista, in cui l'associazionismo cattolico di base ha un ruolo rilevante, un nuovo terreno
di incontro con i cattolici.
Ricercare le chiavi di lettura di un tema così interessante comporta anzitutto
ricostruire la storia del paese in quel periodo difficile ed ancora per molti tratti oscuro dei
7
cosiddetti “anni di piombo”. Oltre a ciò è necessario calarsi all'interno di un mondo e di un
sistema partitico assai diverso da quello odierno: molti partiti dell'epoca non esistono più
perché sciolti od assorbiti, mediante numerose mutazioni ideologiche e cambi di nome,
dentro altre formazioni (Pci, Dc, Msi) o sono ridotti a ricoprire ruoli subalterni in situazioni
di quasi invisibilità (Pri, le due sponde opposte del Psi, la nuova Dc) oppure esistono
ancora nominalmente (anche se fortemente mutati) ma danno dimostrazione della loro
esistenza più sui canali informatici (Pli, Psdi) che nell'agorà politica. Anche il sistema
politico che si è preso in esame è assai diverso: alla totale mancanza di alternanza, vero
problema della “speciale” (per dirla con Craveri) democrazia italiana, si è giunti, con le
riforme dei primi anni novanta dello scorso secolo, ad un rinnovamento del sistema, che
ha finalmente dotato l'Italia del sistema dell'alternanza tra maggioranza ed opposizione.
E' inoltre necessario calarsi molto anche nel personaggio Berlinguer, politico di
grande cultura e militanza comunista, figlio di una famiglia alto-borghese dell'ex
aristocrazia sarda, con un padre di militanza antifascista ed azionista. Enrico Berlinguer
era una figura assai diversa e peculiare rispetto alla immagine-stereotipo del politico: un
carattere schivo, timido ma molto deciso, ai limiti della testardaggine, grazie a quel suo
essere così “normale”, così pieno dei difetti che molti italiani vedevano in loro stessi,
sapeva parlare alla gente proprio per quella totale assenza di altezzosità e di artificio che
poteva essere riscontrata in molti personaggi dell'epoca. Anche la retorica appariva
semplice e comprensiva per quelle masse di lavoratori e di operai per cui non smise mai di
parteggiare, pur riuscendo a comporre lunghissimi interventi, che lo portavano ad esibirsi
di fronte a centinaia di migliaia di persone anche per tre ore filate di discorso. Nella
normalità e nella naturale vicinanza, nell'affetto per l'uomo quasi prima che per il politico,
crebbe il “mito” di Berlinguer: le immagini del suo funerale, partecipato da un milione di
persone in quel giugno del 1984, trasmettono ancora oggi forti emozioni per la viva
partecipazione di chi accorse a quelle esequie, come la scena dell'abbraccio alla bara
compiuto dal Presidente Sandro Pertini testimonia in modo inequivocabilmente
commovente.
Il lavoro è stato diviso in quattro capitoli che rispecchiano le quattro fasi delle
prese di posizione berlingueriane sui cattolici di cui si è già accennato sopra: si è seguito
un criterio cronologico dentro al quale poi sono state fatte risalire le svolte più importanti
riguardanti il tema della ricerca. Ogni capitolo è aperto da una breve premessa che
rammenta i punti principali all'interno dei capitoli stessi, al fine di dare al lettore una piccola
8
analisi di partenza affinché diventi più agevole la comprensione dei vari interventi di
Berlinguer presi in esame che, come si noterà, a volte si ripeteranno nelle linee essenziali,
dimostrando una coerenza ed una fermezza sui punti politici fondamentali ai limiti della
ripetitività. Dopo l'esame dei documenti appartenenti all'ex segretario comunista (si tratta
di discorsi tenuti in pubblico – sia comizi che interventi presso le grandi assise comuniste -
o in televisione, di relazioni effettuate presso il Comitato centrale del partito e nelle riunioni
di direzione, di conferenze stampa, di articoli di taglio teorico usciti sui periodici di
ispirazione comunista, di interviste apparse su “L'Unità” ma anche su altri giornali come il
“Corriere della Sera” e “la Repubblica” o su agenzie di stampa). Si passerà infine a delle
conclusioni che sono state riunite tutte dentro una apposita sezione finale, ove sarà
possibile trovare gli spunti critici emersi durante l'analisi dei materiali.
9
Capitolo I
Le origini del Compromesso Storico (1972-74)
Premessa In questo primo capitolo si ripercorreranno i primi tre anni della segreteria di Enrico
Berlinguer. Il primo anno, il 1972, è caratterizzato dal XIII Congresso del Pci e dalle
elezioni politiche: Berlinguer inizia ad elaborare la linea della collaborazione tra le masse
“comuniste, socialiste e cattoliche” in vista di una “svolta democratica” e per la salvezza ed
il risanamento della Repubblica, messa in discussione dai ritorni della destra eversiva e
terrorista in collusione con le forze esterne tanto denunciate dal politico sardo. Il timore per
lo stato della democrazia italiana, evidenziato anche dal parallelo che Berlinguer stabilirà
tra il golpe cileno e la situazione italiana lo indurrà a scrivere quegli ormai famosi tre
articoli apparsi su “Rinascita” tra il settembre e l'ottobre del 1973, che forniranno la base di
riferimento per la ricerca di intese con il mondo cattolico (certamente la Dc, ma anche
verso la “massa” cattolica). Il 1974 è invece l'anno dedicato al referendum sul divorzio, che
terminerà con la vittoria dei “no” all'abrogazione della legge Fortuna-Baslini: questo evento
rappresenterà un primo campanello d'allarme per la Dc e una prima parziale – indiretta -
vittoria (anche) del Pci.
1.1. Berlinguer segretario e la linea verso il mondo cattolico 1.1.1. Il XIII Congresso del PCI
Il 13 di marzo del 1972 si apre al “Palalido” di Milano il XIII Congresso del Partito
Comunista Italiano 1
; l'assise massima del Pci avviene in un momento movimentato della
vita democratica nazionale: ad inizio anno, il 18 gennaio, Ugo La Malfa dava il via alla crisi
1 Simona Colarizi, Storia del Novecento italiano, Rizzoli, Milano, 2000, p. 604
10
del centro-sinistra con l'annuncio dell'uscita del suo partito, il Partito Repubblicano Italiano,
dalla maggioranza governativa guidata dal democristiano Emilio Colombo adducendo
motivi di carattere economico riguardanti, secondo il segretario repubblicano, una
eccessiva dilatazione della spesa pubblica 2
. Il 18 febbraio il neo Presidente della
Repubblica Giovanni Leone (eletto la vigilia di Natale dell'anno precedente, dopo ventitré
scrutini e con i voti decisivi del Movimento Sociale Italiano) incaricava per la prima volta
Giulio Andreotti di formare un nuovo governo: l'esponente della Dc però non aveva i
numeri nelle Camere e, vistasi negare la fiducia al Senato, tornava da Leone il quale, per
la prima volta nella storia della Repubblica, decideva di sciogliere le Camere rinviando
così il paese alle elezioni anticipate 3
: questa decisione costituirà un precedente importante
per la storia politica italiana. Ad inizio marzo un nuovo attore si presenta sulla scena
politica e sociale del paese: il neonato gruppo terroristico delle Brigate Rosse rapisce a
Milano il dirigente della Sit-Siemens Idalgo Macchiarini per poi rilasciarlo poche ore dopo 4
.
Sempre a Milano, due giorni prima dell'inizio del Congresso comunista, finisce nel sangue
uno scontro tra cortei convocati contemporaneamente, l'uno promosso dal “Comitato di
lotta contro la strage di stato” (a cui partecipano decine di militanti di gruppi della sinistra
extraparlamentare riuniti sotto sigle quali “Potere operaio”, “Lotta continua”, “Avanguardia
operaia”), l'altro dal “Comitato permanente anticomunista” (una sigla che dovrebbe riunire
quella che è la “maggioranza silenziosa”) di Adamo Degli Occhi 5
: facile prevedere gli
scontri e dover constatare la morte di un cittadino milanese che passava di lì per caso,
colpito da un lacrimogeno sparato dalle forze dell'ordine ad altezza d'uomo.
In questa situazione tormentata e con un Parlamento che, in attesa del nuovo
governo, cerca inutilmente di discutere sulla legge Carettoni (un tentativo di riforma della
Fortuna-Baslini)
6
, si giunge quindi ad una situazione di stallo in cui nessun partito vuole
andare al referendum sul divorzio (pronto ad essere celebrato di lì a pochi mesi): uno
scontro così ampio che non conviene né alla Dc (che ha tra gli alleati di governo alcuni
partiti pro-divorzio come il Pli, il Pri, il Psdi e il Psi), né al Pci che sta cerando di
accreditarsi come forza di governo e non vuole decisamente forzare sull'elettorato
cattolico, come il vice-segretario Berlinguer aveva avuto occasione di sottolineare in
occasione delle riunioni del Comitato Centrale del 1 luglio 7
e di quello dell' 11 novembre
2 Piero Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, Utet, Torino, 1996, p. 486
3 Ivi, p. 451
4 S. Colarizi, Storia del Novecento italiano, cit., p. 605
5 Ibid.
6 P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, cit., p. 586
7 Enrico Berlinguer, La questione comunista , a cura di Antonio Tatò, Editori Riuniti, Roma 1975, p.337
11
1971, in cui per la prima volta si parlava di “costruzione di un'alternativa democratica” 8
e di
“lotta per la formazione di una nuova maggioranza” 9
mediante uno spostamento degli
equilibri interni ed esterni del partito democristiano agendo direttamente sulla sua base
“interclassista”.
In questo quadro inizia quel XIII Congresso che vedrà l'elezione di Enrico
Berlinguer a segretario generale del Pci. Proprio a Berlinguer è affidata la relazione
introduttiva del Congresso, in cui si illustrano le linee emerse dai dibattiti federali e da
quelli del Comitato Centrale. E’ una relazione molto lunga e complessa (occuperà in tutto
ben sei pagine dell'edizione nazionale de L'Unità del 14 marzo). Il vice-segretario affronta i
problemi della crisi della democrazia italiana: il governo che non c'è, il centro-sinistra che è
definito come una formula ormai “finita” 10
, il decadimento morale, civile e politico dello
Stato 11
, la situazione internazionale (in riferimento particolarmente al Vietnam), lo stato di
un'economia che inizia a subire le prime crisi post-boom , l'attacco al mondo del lavoro e
contro le lotte operaie iniziate nel 1968 e culminate con l'elaborazione dello “Statuto dei
lavoratori” del 1970, i problemi della giustizia, dello sviluppo tecnologico, del riordinamento
democratico delle forze armate e di polizia e il dibattito sulla questione femminile.
Emerge in questo ampio panorama la questione del “dialogo ed incontro con il
mondo cattolico” cui Berlinguer dedica una parte apposita della sua relazione (in realtà
questa parte della relazione è precedente al Congresso, poiché è la copia quasi identica
del discorso tenuto circa venti giorni, il 22 febbraio, dall'eleggendo segretario al congresso
della federazione romana del Pci).
L'analisi di Berlinguer ricalca in questo caso alcuni elementi portati avanti da Franco
Rodano e parte dai cambiamenti e dal dibattito in atto nella Chiesa cattolica scaturito dopo
il Concilio Vaticano II, il quale
rivelò la preoccupazione della Chiesa di stabilire un suo rapporto con quel gigantesco moto di
emancipazione, esploso in ogni continente dalla fine della seconda guerra mondiale in poi, del
quale erano protagoniste sterminate masse umane e di cui erano e sono parte e guida decisiva il
movimento operaio, i partiti comunisti, gli Stati socialisti, i movimenti antimperialistici (...) Tra le
novità della Concilio stanno la scoperta della centralità del problema dell'emancipazione terrena
8 Ivi, pp. 398-400
9 Ibid.
10 “Una intera fase politica si è chiusa, la più che decennale vicenda del centro-sinistra è finita”. (Da “Il
rapporto di Enrico Berlinguer al XIII Congresso del Pci”, L'Unità , 14 marzo 1972, p.7)
11 “Tutta la società italiana è entrata in una di quelle crisi che (...) investono non soltanto la politica e i
rapporti politici, ma l'insieme delle strutture economiche e della vita civile, l'organizzazione dello Stato, la
morale, la cultura”. ( Ibid. )
12
dell'uomo e non più esclusivamente della sua salvezza ultraterrena (...) E' venuto a frantumarsi il
vecchio quadro teorico e ideale della tradizionale dottrina sociale cristiana (...) Una parte delle
masse popolari cattoliche e dei quadri delle loro organizzazioni laiche non hanno più accettato la
pretesa di considerare come unica,sufficiente ed esauriente, la risposta cattolica ai problemi terreni
dell'uomo – politici, economici, sociali, civili, culturali – comprendendo la necessità del confronto
con altre concezioni e con altri movimenti. Di conseguenza, diveniva ugualmente insostenibile
l'antica posizione, secondo cui deputata a dare la soluzione a tali problemi rimaneva, in ultima
istanza, la Chiesa gerarchica: di qui l'affermato orientamento che è compito dei laici compiere le
scelte politiche necessarie (...) A seguito di tutto questo, il mondo cattolico (...) ha conosciuto e vive
tuttora un periodo ricco di inquietudini, di ansia di ricerca, di propositi, di proteste. Ma uno
sconvolgimento di simile portata non poteva non dare luogo a due effetti contraddittori (...) che
rendono così acuta la crisi del mondo cattolico e della Democrazia cristiana. Per un verso abbiamo
fenomeni come la fine del collateralismo democristiano delle ACLI, l'affermarsi di posizioni unitarie
all'interno della CISL (…). Ma, per altro verso, è venuta sprigionandosi una reazione di marca
strettamente conservatrice (...), una ripresa di diretto impegno politico di larga parte
dell'episcopato.
12
Dopo l'esame della situazione del mondo cattolico non poteva che arrivare l'attacco
alla Dc, un partito oramai diverso e degenerato da quello del periodo degasperiano, una
formazione che nel tempo è divenuta “il centro di un nuovo sistema di potere fondato
sull'utilizzazione dell'apparato statale, di enti e aziende pubbliche come strumenti per
mantenere ed estendere una rete di controllo e di collegamento con una varietà di ceti
sociali” 13
. Eppure questo meccanismo sta andando in crisi, secondo Berlinguer, proprio
per l'acutizzarsi dei contrasti sociali e politici in atto nel paese dal 1968 in poi. La crisi del
mondo cattolico è anche la crisi del partito democristiano che è anche di riflesso la crisi
dello Stato, cui si devono aggiungere i fermenti sociali del periodo: questa unione di fattori
è decisiva per Berlinguer, perché soltanto partendo da queste contraddizioni (volendo
appositamente usare un termine marxista) e dalla risoluzione di esse si può giungere alla
riforma della democrazia in Italia. Date le dimensioni della crisi, il vice-segretario dice che
da tutto questo quadro discende un nuovo compito per i comunisti:
favorire il libero sviluppo di tutte le forze cattoliche autenticamente democratiche, fare la nostra
parte perché quei valori a cui tendono le coscienze cristiane più vive trovino espressione
12 Ivi, p.10.
13 Ibid.
13
storicamente adeguata per contribuire in modo autonomo alla edificazione di una società
superiore 14
.
Come a dire: la Dc è in crisi e non potrà soddisfare tutte le istanze dei cattolici
veramente democratici.
Enrico Berlinguer traccia quindi la linea da seguire per il mondo comunista rispetto
a quello cattolico:
Si tratta dunque di estendere e di approfondire il dialogo e l'incontro tra mondo comunista e mondo
cattolico su tutti i grandi problemi dell'epoca contemporanea. (...) Nel nostro paese l'incontro ed il
confronto tra il movimento operaio di ispirazione comunista e socialista ed il movimento popolare
cattolico ha un suo preciso contenuto e obiettivo politico: rinnovare lo Stato e dare ad esso un
consenso di massa così ampio e solido da metterlo al riparo di qualsiasi involuzione conservatrice,
da farne la guida ed il garante dell'edificazione di una società non più fondata sullo sfruttamento e
sull'alienazione dell'uomo 15
.
Dal punto di vista politico questo momento di confronto e di incontro deve tradursi in
qualche modo; per Berlinguer infatti l'Italia sta vivendo uno dei suoi momenti peggiori e da
questa crisi “complessiva” deve scaturire
una svolta democratica, che muti i fini e la qualità dello sviluppo economico-sociale, cambi la
collocazione delle masse lavoratrici nella vita nazionale, dia una nuova direzione politica al paese.
In un paese come l'Italia, una prospettiva nuova può essere realizzata solo con la collaborazione
tra le grandi correnti popolari: comunista, socialista, cattolica. Di questa collaborazione l'unità delle
sinistre è condizione necessaria ma non sufficiente 16
.
In pratica, una riedizione aggiornata del Togliatti del 1964, ma anche una presa di
coscienza importante del ruolo cattolico in Italia scaturito dall'esame delle condizioni
storiche e della composizione socio-culturale-religiosa del paese. Si presti attenzione:
l'unità delle sinistre infatti è condizione necessaria ma non sufficiente verso questo
processo di “svolta”. Berlinguer continua il suo intervento parlando del problema del
governo in Italia: è necessario oramai considerare il Pci come una prossima forza di
governo proprio perché non è possibile una tale “svolta” escludendo una forza che
14Ibid.
15Ibid.
16Ibid.
14
riunisce in sé quasi un terzo degli elettori (il Pci ha ottenuto nel 1968 il 26,9%)
17
e che è
osservatrice e diretta promotrice delle lotte dei lavoratori e degli operai, ritenuti, dalla
lettura della società del Pci, il centro dei sistemi sociale e produttivo. Superando quindi la
formula e la fase del centro-sinistra, Berlinguer intende aprire una stagione politica nuova
che parta dalla “liquidazione della discriminazione anticomunista” 18
. C'è però una forza che
impedisce tutto ciò ed è la Democrazia cristiana, che non vuole rinunciare alla sua politica
di dominio e soprattutto non può, secondo Berlinguer, permettersi di spostare il suo asse
di riferimento dal “sostegno alle grandi concentrazioni industriali e finanziarie” 19
per fare
posto “alla classe operaia e alle grandi masse lavoratrici nella organizzazione della
produzione e nella direzione politica del paese” 20
. La Dc infatti è una forza in crisi (almeno
dal punto di vista interno dato che i risultati elettorali non testimonieranno mai un vero e
proprio tracollo democristiano tranne forse che nel 1983), la quale va indebolita grazie al
voto delle masse cattoliche che dovranno, nel quasi profetico disegno berlingueriano,
migrare verso sinistra e dare le loro preferenze ai partiti comunista e socialista per
rinforzare quel processo unitario popolare ed operaio, che si era rafforzato dal '68, contro i
partiti conservatori e di destra:
è necessario che la Dc perda a sinistra (...), che i lavoratori cattolici, i cittadini di fede democratica
che hanno votato finora la Dc facciano sentire la loro condanna contro le scelte (...) compiute da
questo partito. Il ridimensionamento della Dc è una delle condizioni per liberare le forze
democratiche e popolari cattoliche, farle contare, aprirle al contatto e alla collaborazione con le
forze comuniste e socialiste 21
.
Berlinguer torna a parlare il 17 marzo, giorno della sua investitura a Segretario del Partito
Comunista Italiano, a pochi giorni dalla morte di Giangiacomo Feltrinelli, salito su un
traliccio della corrente elettrica proprio per sabotare il congresso comunista 22
. Nella
relazione finale il neo-segretario parla di Europa e comunismo, di “vigilanza democratica e
di massa per sventare i torbidi disegni delle centrali di provocazione italiane e straniere” 23
,
e soprattutto torna sul programma per il governo del futuro, “che abbia il consenso e
17 Cfr. Simona Colarizi, Storia politica della Repubblica, Laterza, Roma-Bari 2007, p. 107
18 Il rapporto di Berlinguer al XIII Congresso, in L'Unità, 14 marzo 1972, p. 10
19Ibid.
20 Ibid.
21 Ibid.
22 Albertina Vittoria, Storia del Pci 1920-1991, Carocci, Roma, 2006, p. 123
23 Dalle conclusioni di Berlinguer al XIII Congresso, in L'Unità, 18 marzo 1972, p.9
15
l'apporto di tutte le forze della classe operaia e del movimento popolare” 24
(quindi cattolici
inclusi): è un programma non riformistico, polemizza il neo-segretario con la stampa
italiana, ma semplicemente “realistico”, poiché muove dalle realtà della società italiana.
Unità delle masse comuniste, socialiste e cattoliche; distacco delle masse popolari
e operaie cattoliche dalla Dc e denuncia dei “crimini” commessi dalla Dc in 24 anni di
Repubblica: il solco è tracciato.
1.1.2. Il 1972, il dopo-Congresso: la campagna elettorale per le elezioni politiche Sulle tracce di quel solco Enrico Berlinguer si muoverà per tutto il 1972. Essendo anno di
elezioni (anticipate, come è stato ricordato sopra) la maggior parte degli interventi, pur
sempre nel quadro dell'incontro tra le tre grandi componenti comunista, socialista e
cattolica, sarà rivolta contro la Dc, verso cui Berlinguer, già da prima del Congresso, aveva
inaugurato una linea di attacco frontale da cui si determinava la necessità di
ridimensionare la Dc per “liberare le masse cattoliche. Collaborare o no con la Dc? Quale
Dc? Oggi il problema è colpirla” 25
. Berlinguer si reca il 26 marzo ad Ancona, città colpita il
25 gennaio da un violento terremoto (con scosse che si ripeteranno fino a a giugno,
quando ne avverrà un'altra ancora più forte di quella di sei mesi prima)
26
. Nel capoluogo
marchigiano il segretario comunista attacca la Dc sul tema della ricostruzione del
capoluogo marchigiano e poi conclude con un appello pre-elettorale che ricalca le tesi del
congresso appena svolto: per la svolta democratica è necessario l'incontro delle tre
grandi componenti popolari. In una successiva intervista a “Rinascita” pubblicata il 31
marzo, il politico sardo ha modo di precisare meglio il concetto di “svolta democratica”
escludendone eventuali aspetti tattici (il Pci non è interessato alla “stanza dei bottoni” 27
) e
approfondendo meglio il richiamo e l'avversione al ritorno a formule centriste o di centro-
sinistra, tanto che una scelta centrista sospingerebbe il paese all'indietro e farebbe
“esplodere contraddizioni e contrasti di grande gravità e acutezza tra le masse popolari,
comprese quelle cattoliche e democristiane, e la direzione del paese” 28
. Addirittura la
stessa tenuta democratica verrebbe inficiata da un mancato ingresso dei comunisti al
24 Ibid.
25 IG, APC, 1972, Direzione, riunione del 7 marzo 1972, mf. 032, pp. 554-9
26 Luciano Barca, Cronache dall'interno del vertice del Pci, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2005, p. 541
27 Enrico Berlinguer, Per una svolta democrarica, in La crisi italiana – scritti su Rinascita, Editrice L'Unità
Spa, Roma 1985, p. 10
28 Ivi, pp. 10-11
16