Il divario fra integrazione economica e quella politica resta pericolosamente
ampio, però l’Unione monetaria è ormai un evento compiuto, ragion per cui, in
questa sede, si cerca di fare un primo bilancio e di considerare le condizioni
favorevoli e/o sfavorevoli della moneta unica, sebbene scrivere su temi di
grande attualità comporta il pericolo di essere smentiti dagli eventi che si
svolgono con grande rapidità sulla scena europea.
Nel primo capitolo ci si preoccupa di capire perché alcuni stati (Gran Bretagna,
Danimarca e Svezia) non fanno parte dell’Unione monetaria. Vengono
esaminate le ragioni di questa scelta e l’atteggiamento dei paesi in esame nei
confronti della moneta unica.
Il secondo capitolo cerca di gettare uno sguardo complessivo sui tre paesi
oggetto d’attenzione, prendendo in esame alcuni indicatori macroeconomici
quali il tasso di cambio, il tasso d’interesse, il tasso d’inflazione, la crescita e la
disoccupazione.
Nel terzo capitolo si affronta l’evoluzione del dibattito politico-economico,
prima a livello generale e, in seguito, nello specifico per Regno Unito,
Danimarca e Svezia. Si è tentato di dare la visione più chiara possibile delle
tematiche che interessano questi tre paesi separando gli argomenti politici da
quelli economici, poiché la direzione del dibattito può essere molto diversa in
base al taglio (politico o economico) che si dà al problema.
Il quarto capitolo si occupa nello specifico della Gran Bretagna. Si tenta di
individuare i costi e i benefici della non partecipazione di questo paese all’area
euro, permettendo così di poter trarre le prime conclusioni. Dal momento che
questo paese non ha adottato la moneta comune, ma è Stato membro dell’UE, si
è valutato brevemente se l’appartenenza all’Unione, abbia in passato generato
vantaggi o svantaggi per questo paese, dato che l’Unione monetaria resta un
avvenimento parte di un più grande progetto d’integrazione a livello europeo.
Infine nel quinto capitolo si raggiungono le conclusioni, si esamina il tema delle
riforme necessarie all’UEM secondo l’opinione di alcuni autori e si affrontano
le questioni di attualità cui deve e dovrà far fronte l’Europa nel suo insieme.
Regno Unito, Danimarca e Svezia sono un piccolo gruppo di paesi che non
hanno voluto, da subito, entrare nell’UEM, ma che potrebbero essere spinti a
farlo in futuro. Non è che forse questi paesi, (se mi si consente di parafrasare
l’eurodeputato Jas Gawronski) avendo visto crollare il muro di Berlino che
divideva l’Europa e “avendo oramai dimenticato Karl Marx, si ispirano all’altro
Marx, Groucho, che diceva: non vorrei mai far parte di club disposto ad
accettarmi”?
CAPITOLO 1
IL DIVERSO STATUS DELL’AREA NON
APPARTENENTE ALL’EURO DI GRAN
BRETAGNA, DANIMARCA E SVEZIA.
1. INTRODUZIONE.
L’Unione monetaria europea è un progetto di cooperazione che si svolge
all’interno dell’Unione Europea con lo scopo di coordinare le politiche
economiche degli stati membri. L’UEM è diventata una realtà grazie a tre stadi
successivi, l’ultimo dei quali è iniziato il 1° gennaio 1999. Il terzo stadio
rappresenta il completamento dell’Unione monetaria: un’unica valuta, l’euro;
una banca centrale comune, la Banca Centrale Europea (BCE), un’unica
politica monetaria e un’unica politica del tasso di cambio.
Tutti gli stati dell’UE hanno adottato l’euro, tranne il Regno Unito, la
Danimarca e la Svezia che per varie ragioni non hanno voluto partecipare
all’ultima fase del progetto di integrazione monetaria.
In questa sede si cercherà di capire le motivazioni di questa scelta.
2. LA MONETA UNICA EUROPEA: UN PO’ DI STORIA.
La moneta unica europea è il punto d’arrivo di un lungo cammino cominciato
quaranta anni fa, quando Italia, Francia, Germania occidentale, Belgio, Olanda
e Lussemburgo firmarono il Trattato di Roma (25 marzo 1957), che faceva
nascere la Comunità Economica Europea.
Il Trattato di Roma dà avvio alla creazione del mercato comune europeo con
l’obiettivo di accrescere il benessere economico e di contribuire a un’unione
sempre più stretta fra i popoli europei. Da allora molti avvenimenti si sono
succeduti, nella prospettiva di un’integrazione sempre più completa.
Tra il 1978 e il 1979 l’Europa si struttura ulteriormente dando vita al Sistema
Monetario Europeo (SME), che regola il rapporto di cambio tra le valute dei
paesi allora aderenti, basato sull’ecu, una valuta “paniere” composta dalle
monete dei paesi europei.
Nel 1986 l’”Atto unico europeo” getta le basi per la creazione del mercato
unico, la cui data di attivazione viene prevista per il1993. Il successivo passo
viene compiuto a Madrid nel 1989 dove, sulla base del Rapporto Delors, viene
approvato un piano per la realizzazione della Unione Economica e Monetaria
(UEM) e per l’introduzione della moneta unica.
Nel 1990 si avvia il programma per la realizzazione dell’Unione Economica e
Monetaria europea, con la liberalizzazione dei movimenti di capitali.
Nel 1992, con la firma del Trattato sull’Unione Europea (UE), firmato nella
cittadina olandese di Maastricht, si compie un nuovo, decisivo paso avanti:
vengono infatti concordate le condizioni, le modalità e le scadenze precise che
condurranno alla moneta unica. L’anno successivo vede inoltre l’avvio del
mercato unico, che consente la libera circolazione di persone, merci, capitali e
servizi all’interno dell’Unione Europea.
Nel 1994 viene costituito l’Istituto Monetario Europeo (IME) con il compito di
contribuire a realizzare l’Unione Economica e Monetaria.
Il 1° gennaio 1995, con l’ingresso di Austria, Sevizia e Finlandia, l’Unione
Europea è composta da 15 stati (Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca erano
entrate nel 1973, la Grecia nel 1981, Spagna e Portogallo nel 1986).
Nel dicembre 1995, al consiglio europeo di Madrid, viene approvato lo scenario
e le misure pratiche per l’introduzione della moneta unica, sulla base delle
proposte avanzate dalla Commissione Europea, nel “Libro verde” e dall’IME.
La futura nuova moneta viene battezzata con il nome di “euro”.
Nel 1996 il Consiglio Europeo di Dublino mette a punto un importante
perfezionamento del Trattato di Maastricht, definendo il Patto di Stabilità e
Crescita a garanzia della disciplina di bilancio dei paesi partecipanti all’Unione
Europea. Il consiglio ha approvato anche la struttura dell’ERM 2, il sistema di
cambio che lega all’euro le valute dei paesi dell’Unione Europea che non
partecipano all’Unione monetaria e due regolamenti che definiscono lo status
giuridico dell’euro e le modalità per la sostituzione delle valute nazionali e
dell’ecu con l’euro.
Il 31 dicembre 1998 sono stati fissati i cambi fra l’euro e le valute dell’Unione
Monetaria Europea e ha inizio così l’era della “Moneta Unica Europea”.
Inflazione
percentuale
Finanze del
governo,
percentuale
del PIL
Rendita dei
titoli di
debito
pubblico,
percentuale
annua
Partecipazione
all’ERM nel
1997
bilancio debito
1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997 1998 1997
Danimarca 2.2 2.6 1.3 1.9 67.0 62.2 6.3 6.4 Si
Austria 1.5 1.8 -2.8 -2.6 66.1 65.6 5.7 5.8 Si
Belgio 1.7 1.8 -2.6 -2.3 124.7 121.3 5.8 5.9 Si
Finlandia 1.2 2.0 -1.4 -0.2 59.0 57.3 6.0 6.0 Si
Francia 1.3 1.5 -3.1 -3.0 57.3 58.2 5.6 5.8 Si
Germania 1.8 2.1 -3.0 -2.6 61.8 61.7 5.7 5.8 Si
Grecia 5.7 4.4 -4.2 -3.0 109.3 106.4 9.3 8.6 No
Irlanda 1.5 1.8 0.6 1.2 65.8 59.2 6.3 6.1 Si
Italia 1.9 2.2 -3.0 -3.7 123.2 121.9 6.7 6.4 Si
Lussemburgo 1.6 1.7 1.6 1.0 6.7 6.9 5.8 5.8 Si
Olanda 2.1 2.4 -2.1 -1.9 73.4 71.5 5.6 5.8 Si
Portogallo 2.2 2.1 -2.7 -2.4 62.5 60.8 6.3 6.2 Si
Spagna 2.0 2.2 -2.9 -2.4 68.1 66.5 6.3 6.2 Si
Svezia 0.9 1.8 -1.9 -0.2 77.4 75.3 6.5 6.4 No
UK 2.9 2.5 -2.0 -0.6 52.9 51.5 7.1 6.7 No
riferimento 2.6 3.2 -3.0 60.0 8.0 8.0
Tavola 1: la conformità degli stati membri UE con i criteri EMU.
Fonte: Commissione Europea, Ottobre 1997.
3. GRAN BRETAGNA.
Nel 1997, il governo britannico annunciò che desiderava usufruire, da subito,
della clausola di opting-out riguardo alla partecipazione all’unione monetaria. Il
governo si sarebbe comunque preparato a proporre la partecipazione della Gran
Bretagna in futuro, dopo una valutazione dei benefici che tale unione avrebbe
potuto comportare per il Regno Unito. Il governo annunciò anche che tale
possibilità si sarebbe realizzata solo previo referendum.
3.1 LA SCELTA DI USUFRUIRE DELLA DEROGA
CONTEMPLATA DALL’ARTICOLO 109K.
Ai sensi di un protocollo specifico allegato al trattato di Maasrticht
2
, il Regno
Unito ha esercitato la facoltà di usufruire della deroga di cui all’articolo 109k e
ha notificato al consiglio la sua intenzione di non partecipare alla terza fase
dell’Unione economica e monetaria (U.E.M.) a partire dal 1999. Nella sua
dichiarazione sull’U.E.M. del 27 ottobre 1997, il cancelliere Gordon Brown ha
tuttavia affermato la necessità che il governo e le imprese del Regno Unito si
preparino alacremente per consentire al paese, se lo desidera, di aderire alla
moneta unica.
Il Regno Unito non è entrato nel sistema monetario europeo, per poter avere un
giorno maggiore autonomia nelle politiche macroeconomiche. Il fatto è che non
siamo di fronte a un problema di buone intenzioni, ma di coerenza economica:
se progresso ci sarà, esso potrà derivare solo dall’accettazione, da parte dei
paesi membri, di un’ulteriore limitazione della loro sovranità macroeconomica.
Dietro ciascun problema vi è un paese e dietro la clausola di non partecipazione
(clausola di opting out) vi era il Regno Unito, che non era e non è pronto a
rinunciare alla sovranità monetaria, ma non intende rompere con la Comunità,
2
Protocollo n°11: Protocollo su determinate disposizioni relative al Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del nord.
né vuole essere lasciato fuori dal corso della storia europea. Il vero problema
era quindi se l’approvazione, fatta di firma e ratifica del trattato
3
fosse l’ultimo
atto per cui si richiedesse assoluta unanimità o se, dopo l’approvazione, i paesi
fossero ancora liberi di decidere se attuare o meno il trattato. In questo secondo
caso le disposizioni del trattato sarebbero state formulate in modo da non essere
vincolanti. Il vero problema era riuscire a salvaguardare il carattere vincolante
del patto comunitario, carattere che costituisce l’essenza stessa della Comunità,
ciò che la distingue da organismi internazionali privi di forza, trovando tuttavia
la maniera di consentire al Regno Unito di prendere la sua decisione finale fra
qualche tempo. La soluzione a questi problemi si ritrova nell’articolo 109k il
quale contempla che a maggioranza qualificata e in base a una
raccomandazione della commissione, è possibile decidere se alcuni stati
membri possano godere di una qualche eccezione
4
. L’U.E.M. è stata quindi
concepita come un processo irreversibile, nel quale non si riconosce agli Stati
una possibilità di opting out, poiché questa avrebbe suscitato la speculazione
nel mercato dei cambi e avrebbe causato un grave danno al mercato dell’ECU
e, soprattutto, avrebbe tolto al processo tutta la sua attendibilità politica.
5
Senza
dubbio questa irreversibilità dell’U.E.M. è limitata dalle situazioni giuridiche
speciali previste nel Trattato per il Regno Unito e la Danimarca, che permettono
loro di decidere unilateralmente la loro partecipazione alla fase finale
dell’U.E.M.
Per quanto riguarda la Gran Bretagna, la situazione giuridica speciale è quella
3
Il trattato istitutivo dell’Unione europea è stato firmato a Maastricht dai 12 stati membri il 7
febbraio 1992 ed è entrato in vigore nel novembre del 1993. E’ composto da 252 articoli, 17
protocolli e 31 dichiarazioni; modifica e completa il Trattato di Roma e l’Atto Unico Europeo.
Idealmente il trattato ha una struttura tripartita: il primo “pilastro” comprende CEE, CECA ed
EURATOM, il secondo “pilastro” comprende la politica estera e di sicurezza comune (PESC),
il terzo “pilastro” si occupa di cooperazione giudiziaria e negli affari interni (CGAI). Mentre le
decisioni che raggruppano il primo “pilastro” sono prese dalle istituzioni comunitarie, il
secondo e il terzo “pilastro” funzionano secondo il metodo intergovernativo. Il Trattato prevede
l’adozione di una strategia che porti alla realizzazione per tappe dell’Unione economica e
monetaria, che rappresenta una delle grandi novità del nuovo testo.
4
“Código de organizaciones internacionales”, editorial Aranzadi, Pamplona, 1997.
5
Diez de Velasco, Manuel, “Las organizaciones internacionales”, editorial Tecnos, Madrid,
1997
prevista dal protocollo che la riguarda e dove è chiaramente specificato che tale
stato non è obbligato a partecipare alla terza fase dell’U.E.M., a meno che il
governo e il parlamento non decidano altrimenti; in tal caso basterà una notifica
al consiglio. Il Regno Unito conserva, in questo modo, la sua competenza
nell’ambito della politica monetaria (ovviamente nel rispetto della legislazione
nazionale). La scelta della Gran Bretagna però, la esclude dalla designazione di
qualunque membro del comitato esecutivo della B.C.E.
Il protocollo in ogni caso consente alla Gran Bretagna di passare alla terza fase,
ma ciò sarà possibile solo se saranno rispettate alcune condizioni considerate
necessarie. Il consiglio, su richiesta del Regno Unito e in conformità con le
condizioni e il procedimento previsto nell’articolo 109k del trattato, deciderà se
le condizioni necessarie saranno presenti.
6
La deroga comporta soltanto che la banca centrale nazionale mantenga i propri
poteri in materia di politica monetaria e partecipi al SEBC
7
su base ristretta fino
alla data in cui lo stato membro adotterà la moneta unica.
Nell’ottobre del 1997 il Regno Unito comunica al consiglio che non intende
adottare la moneta unica dal 1° gennaio 1999 e perciò alcune norme del trattato
(fra cui gli articoli 107 e 108) e dello Statuto del SEBC non si applicano al
Regno unito. Non c’è così alcun obbligo di assicurare che la legislazione
nazionale (compreso lo statuto della Bank of England) sia compatibile con il
trattato e con lo statuto. Il Regno Unito ha comunque adottato diverse riforme
relative al proprio sistema di politica monetaria. Una legislazione aggiuntiva si
renderebbe necessaria qualora il Regno Unito notificasse l’intenzione di
adottare la moneta unica.
6
“Código de organizaciones internacionales”, editorial Aranzadi, Pamplona, 1997
7
Il Sistema europeo di banche centrali è formato dalla banca centrale europea e dalle banche
centrali nazionali dei 15 paesi dell’Unione europea. Il Sistema ha la responsabilità di emettere e
gestire l’euro e il suo obiettivo principale è quello di mantenere la stabilità dei prezzi.
All’interno del Sistema sono svolte dalla BCE solo le funzioni che non possono essere espletate
dalle Banche centrali. Il SEBC ha il compito di definire ed attuare la politica monetaria
dell’Unione europea, di svolgere le operazioni in cambi, di gestire le riserve ufficiali in valuta
degli Stati membri, di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi e dei pagamenti, di
raccogliere le informazioni statistiche.
3.2. I PREPARATIVI DEL REGNO UNITO RELATIVI
ALL’EVENTUALE ADOZIONE DELL’EURO.
L’entrata del Regno Unito nell’area dell’euro non è la principale
preoccupazione di questo paese, però l’opinione prevalente ne contempla
l’ingresso. Ciononostante, è nell’interesse dello stato prepararsi alla possibile
adesione, in modo serio, cominciando a pianificare da subito, infatti questo
permetterà di risparmiare tempo e denaro in seguito.
Il governo ha proposto cinque test economici da affrontare prima di prendere
qualunque decisione e i preparativi vengono continuamente proposti dal
National Changeover Plan (ovvero un piano nazionale per la transizione), il
quale è costantemente aggiornato: le consultazioni sia nel settore privato, sia
nel pubblico, cercano di disegnare un quadro, il più chiaro possibile,
dell’eventuale transizione in Gran Bretagna; gli investimenti totali a favore del
National Changeover Plan arrivano a 23,5 milioni di sterline; tutti i ministeri
hanno redatto strategie per la potenziale conversione dei sistemi e dei processi
economici. Il ministero dei trasporti, i governi locali e le regioni, il ministero
del tesoro stanno lavorando insieme a organismi specifici per sviluppare
strumenti di pianificazione per le autorità locali e per altri organismi pubblici
locali.
La posizione del governo inglese riguardo all’euro, contempla dunque la
possibilità di partecipare alla moneta unica, perciò è stato previsto un periodo di
quattro mesi tra la decisione del governo e un referendum popolare in merito.
Nel caso in cui il referendum abbia esito positivo, si considera un ulteriore
periodo (tra i ventiquattro e i trenta mesi) prima che la moneta venga introdotta
nel Regno Unito.
Figura 1: la scansione complessiva delle tappe per l’adozione dell’euro.
Considerando i preparativi contemplati dal National Changeover Plan e i test
economici sul tavolo di lavoro, si deduce che l’eventualità di unirsi alla valuta
comune è stata contemplata e che il governo coordina la pianificazione per
favorire un livello di preparazione adeguato. Ciò comporta l’ identificazione
delle aree fondamentali per permettere una transizione aproblematica, il
raggiungimento di un accordo sul cammino da seguire e l’accettazione del
settore pubblico come guida, considerando che quest’ultimo ha investito 13
milioni di sterline dalla pubblicazione del “Fourth Report on Euro Preparation”
nel novembre 2000, per raggiungere la compatibilità con l’euro, per consegnare
analisi tecniche e per progettare il lavoro. Si arriva così ad un investimento
totale di 23 milioni di sterline di cui 6,4 milioni dal ministero del lavoro e
pensioni, 10,6 milioni dal fisco, 4,5 milioni dalle imposte indirette e 0,8 dall’
Euro Preparations Unit.
8
Tutti i ministeri hanno preparato strategie per la
conversione e per il settore degli affari durante la transizione.
Qualunque sia la data d’ingresso, il problema da affrontare per primo riguarda i
preparativi per la “City”, infatti gli scambi sui mercati finanziari avverranno
immediatamente in euro; ciò è particolarmente importante per ogni tipo di
infrastruttura: banche, istituti finanziari, compagnie d’assicurazione etc. La
8
Fifth Report on Euro Preparations, november 2001, HM Treasury.
preparazione richiederà almeno un anno e l’attuazione delle misure dovrà
iniziare non più tardi di anno dalla data d’ingresso e possibilmente prima del
referendum. In ogni caso alcune strutture richiederanno più di un anno per
adeguarsi, soprattutto quelle che si occupano dei pagamenti e di servizi
finanziari.
La Banca d’Inghilterra è ovviamente coinvolta in questo progetto e ha
pianificato il possibile ingresso dell’euro in base alla politica “prepare and
decide” del governo. Nel caso l’adesione si concretizzi, la Banca diventerebbe
membro dell’ Eurosistema e si dovrebbero affrontare molti temi per essere
pronti a un tale cambiamento; temi quali la posizione costituzionale della Banca
e il suo statuto, cambiamenti delle riserve in valuta straniera e del bilancio,
senza dimenticare le operazioni di politica monetaria (ad esempio bisognerebbe
mantenere un minimo di riserva obbligatoria come richiesto dall’ Eurosistema).
Bisognerebbe poi pianificare, al momento opportuno, la sostituzione delle
Sterline con le banconote in Euro ricordando che “…the question of the
Queen’s Head remains open”
9
.
In ogni caso, indipendentemente dall’ingresso della Gran Bretagna nell’Unione
Monetaria, vi sono dei progetti di carattere legale, di carattere finanziario, di
politica monetaria, che dovranno comunque essere attuati.
Per quanto riguarda la “City”, la preparazione all’ingresso nell’area Euro
richiederà un lavoro di tipo sia intensivo che estensivo, pianificato insieme al
City Euro Group, fondato dalla Banca e che si occupa della gestione dei
progetti sotto il controllo del ministero del tesoro; questo permetterà alle
aziende di essere completamente informate riguardo al contesto nel quale si
troveranno poi ad operare.
9
John Towned, director for Europe, Bank of England, Keynote Speech at the ABI Seminar: 29
November 2000, Planning for possible UK Entry into EMU.