8
coniugata con le attività rivolte al processo di miglioramento continuo
perseguito dall’azienda, ma che necessita di un’attenta gestione di alcuni aspetti
relativi alle fasi organizzative ed operative che lo contraddistinguono.
Il Benchmarking può partire dall’iniziativa di una singola unità
organizzativa, ma per risultare efficace ed ottimizzarne le risorse impiegate,
inevitabilmente richiede il coinvolgimento graduale di tutta l’organizzazione e
l’allestimento di competenze e strutture idonee, nonché un’accurata
programmazione delle singole attività del processo.
A conferma di quanto sopra riportato, la realizzazione di questo lavoro di
tesi è stato possibile grazie alla collaborazione ad ampio raggio richiesta al
personale operante nelle diverse funzioni della Divisione Meccanizzazione
Postale ed Assistenza Tecnica (MAP) di Elsag Bailey e di alcune strutture di
“staff”.
In virtù delle considerazioni esposte, è possibile apprezzare l’apporto di
natura metodologica del mio studio, al quale si attribuisce la finalità di
rispondere, per quanto possibile, alle esigenze del management nelle fasi
decisionali relative all’applicazione dello strumento Benchmarking, tramite la
presentazione dei suoi principali elementi di valutazione.
Senza avere la presunzione di voler definire una rigorosa strategia di
implementazione del Benchmarking, ho voluto stimolare alcuni spunti di
9
riflessione sugli aspetti maggiormente critici per una sua efficace realizzazione,
offrendo inoltre percorsi alternativi di sviluppo, con lo sguardo comunque
rivolto alla specifica realtà aziendale studiata.
Il mio lavoro si articola in quattro parti, nelle quali ho cercato di tenere le
finalità dello studio costantemente al centro della prospettiva di analisi, anche se
non direttamente manifeste.
La prima parte (Benchmarking: inquadramento teorico generale)
sviluppa, come chiaramente suggerisce il titolo, un’ampia ricostruzione dello
“stato dell’arte” tratto dai principali contributi degli studiosi ed esperti aziendali
sulla tecnica in esame.
Un panorama letterario vasto ed articolato, in cui ho avvertito l’esigenza
di sottolineare la diversità di impostazione ravvisabile negli scritti degli autori
citati, allo scopo di fornire una prima chiave di lettura, meglio interpretabile se
collegata con le diverse modalità di approccio metodologico presentate nel corso
del lavoro.
Inoltre, un breve riferimento alla storia recente del Benchmarking ha
evidenziato l’evoluzione dei tratti caratteristici del concetto.
Definizioni, obiettivi, vantaggi e controindicazioni, vengono spiegati con
riferimento alla ricca tipologia riscontrabile nel campo del Benchmarking e
ricavata in base ai diversi criteri di classificazione di cui si è cercato di lasciar
10
trasparire i legami in modo da poter cogliere la differenza fra una sfumatura
terminologica ed una distinta possibilità applicativa.
La parte seconda (Il processo di Benchmarking) propone un modello di
riferimento per realizzare il Benchmarking seppur non relativo ad uno specifico
contesto aziendale, essenziale per apprendere la logica di base e la terminologia
tipica dello strumento, prevenendo il pericolo di fraintendimenti linguistici e
focalizzando meglio l’attenzione sugli aspetti metodologici trattati
successivamente.
A tale scopo, non volendo sposare l’esposizione di un autore specifico, ho
preferito descrivere la sequenza di fasi che costituisce il processo di
Benchmarking, formalizzando un modello più flessibile, sulla base delle
principali esperienze studiate.
L’esposizione del processo di Benchmarking, però, non esaurisce le
problematiche legate all’implementazione dello strumento in azienda. La
possibilità si sviluppare l’argomento vivendo un’esperienza aziendale ha
rafforzato la motivazione ad evidenziare l’importanza delle attività parallele allo
svolgimento del processo che costituiscono l’elemento determinante per una
efficace riuscita del Benchmarking: un opera di sostegno conoscitivo, di
divulgazione della filosofia e degli obiettivi attraverso l’organizzazione, di
legittimazione come strumento di gestione dell’azienda.
11
Gli ultimi due capitoli di questa parte costituiscono il punto di contatto e
la proiezione verso i temi trattati nella parte successiva, più vicina alla realtà
aziendale studiata.
Il Benchmarking, come ogni altro strumento di management, ha bisogno
di essere “tarato” in funzione della complessità e delle specificità delle aziende
che lo adottano; mi è sembrato dunque fondamentale accompagnare
l’esposizione delle fasi della tecnica in questione con la presentazione delle
peculiarità che distinguono i mercati industriali dai mercati di consumo.
Per lo stesso motivo, ho presentato un modello di analisi per la
definizione del settore di appartenenza (il modello di “concorrenza allargata” di
M.E. Porter), che verrà successivamente applicato al caso Elsag Bailey, utile
anche per individuare precisamente la dimensione “esterna” in cui il
Benchmarking si applica.
Si possono individuare degli elementi che rappresentano il confine fra ciò
che possiamo definire Benchmarking e ciò che non lo è ?
Il problema in ambito aziendale assume una certa rilevanza. Considerando
la vastità della letteratura manageriale, non è facile orientarsi con sicurezza fra
la moltitudine di esperienze e di studi pubblicati.
Fissare alcuni criteri di valutazione aiuta, da una parte, a capire meglio i
contenuti sostanziali del Benchmarking visto come strumento di apprendimento
per il miglioramento delle prestazioni aziendali, dall’altra, ad interpretare
12
correttamente l’impostazione espositiva seguita in questo lavoro.
La terza parte (Approfondimento metodologico: il caso Elsag Bailey) ci
introduce nel contesto specifico della Divisione MAP in cui ho sviluppato il mio
studio.
Dopo aver sinteticamente ripercorso le principali tappe della storia
dell’azienda, mi sono soffermato sulla particolare situazione che ha condotto il
management ad approfondire la tematica del Benchmarking ed ho evidenziato in
quale contesto organizzativo lo stesso si collochi.
L’applicazione del modello di Porter è servita ad offrire un quadro
dinamico del settore in cui opera Elsag Bailey, ed a mostrarne le caratteristiche e
la particolare complessità con cui la metodologia del Benchmarking deve
confrontarsi.
Riprendendo le singole fasi del modello presentato nella parte seconda, in
questo contesto ho voluto porre l’attenzione sugli aspetti più critici che
caratterizzano la realizzazione di un progetto di Benchmarking, sulle scelte
strategiche che condizionano l’efficacia dello strumento, sulle problematiche di
carattere organizzativo e culturale, sulle ambiguità che talvolta si rilevano e che
necessariamente bisogna gestire.
L’analisi è stata impostata con l’attenzione rivolta al contesto specifico
della Divisione MAP di Elsag Bailey, ma, pur avendo espresso la mia posizione
13
su alcuni temi trattati, ho voluto offrire un apporto metodologico che si basasse
su premesse generiche in relazione alle scelte organizzative tipiche dei progetti
di Benchmarking, presentando il quadro delle variabili in gioco ed i possibili
percorsi alternativi.
Mi sono sforzato, inoltre, di ricercare famigliarità ed assonanze con
concetti già noti, riconducendo la logica del ragionamento verso problemi per i
quali sono già state collaudate soluzioni di successo.
E’ stata inoltre verificata la possibilità di incanalare competenze e
strutture già operanti in azienda per altri scopi, al fine di agevolare lo sviluppo di
progetti di Benchmarking.
La quarta ed ultima parte infine, (L’implementazione del Benchmarking
interno in Elsag Bailey: uno studio sperimentale), si pone l’obiettivo di
rispondere, in maniera concreta, alle domande più ricorrenti sul tema tramite la
simulazione di un possibile scenario applicativo, in cui si riproducono i ruoli e le
soluzioni organizzative, si fanno previsioni sui risultati, si ripercorrono le
diverse fasi del processo di Benchmarking attraverso una lettura attenta delle
criticità già rilevate nella parte terza.
Particolare considerazione viene dedicata al ruolo della sponsorship del
progetto, ai processi di comunicazione interna, ai piani di formazione ed
addestramento alla metodologia, all’accurata programmazione del progetto, alla
14
gestione degli aspetti più delicati, come ad esempio i rapporti con i partners, allo
scambio delle informazioni, alla fase di analisi e confronto, all’integrazione del
Benchmarking nella struttura dell’organizzazione, provando in questa sede ad
ipotizzare un effettivo percorso applicativo che vede come protagonista la
Divisione MAP di Elsag Bailey.
Per raggiungere questi obiettivi si è ritenuto più opportuno non proporre
una schematica scansione delle attività da realizzare per un efficace progetto di
Benchmarking, ma piuttosto descrivere un ipotetico case history, utile anche da
confrontare nella fase di reale implementazione.
Se nella logica della parte terza era coerente prevedere diverse alternative
di scelta per ogni snodo metodologico, in questa sede si definiscono delle
premesse specifiche in base alle quali viene articolato lo studio sperimentale.
Nei primi capitoli di questa parte del lavoro, infatti, si cercherà di spiegare
i processi decisionali che possono condurre a definire una certa impostazione del
progetto di Benchmarking.
Più precisamente, si assumerà come maggiormente consono agli obiettivi
di un progetto pilota (riprendendo le principali conclusioni maturate nel corso di
questo studio) la realizzazione di un Benchmarking interno all’organizzazione e
più specificamente fra tre Divisioni dell’azienda; l’oggetto di studio che
caratterizza l’analisi sarà un processo, comune alle entità coinvolte, il quale
riveste una notevole importanza strategica per gli obiettivi aziendali.
15
L’analisi, per ovvi motivi, non si può spingere fino alla misurazione
effettiva delle prestazioni ed all’analisi delle prassi, presenta comunque
un’attendibile interpretazione di come la Divisione MAP possa affrontare le
tematiche più sopra esposte al fine di valutare l’efficacia del Benchmarking
come strumento di miglioramento delle performance aziendali.
16
PARTE 1
a
BENCHMARKING: INQUADRAMENTO TEORICO GENERALE
CAPITOLO 1. IL CONCETTO DI BENCHMARKING
1
Ogni studioso, manager o consulente che abbia trattato l’argomento
Benchmarking, non ha resistito alla tentazione di darne una personale
definizione, in diversa misura influenzati dalle proprie esperienze sul campo,
dando luogo, soprattutto sul piano metodologico, ad una molteplicità di approcci
che ne caratterizza il panorama letterario.
Una sostanziale unanimità si ravvisa, comunque, in merito ai contenuti
minimi del concetto, che sono efficacemente sintetizzati nella definizione di
Benchmarking proposta da D. Kearns, Direttore esecutivo Xerox Corp.:
“Il Benchmarking è un processo continuo e sistematico di misurazione di
prodotti, servizi e prassi mediante il confronto con i concorrenti più forti o con
le imprese riconosciute leader di un settore.”
2
1
Non potendo individuare la corretta traduzione italiana, il significato attribuito dall’Economia
aziendale al termine “Benchmarking”, deriva dall’estensione lessicale dell’espressione “bench-mark”, che
tradotta dall’inglese significa: “quella tecnica usata in topografia per individuare un segno di rilievo
planimetrico”, ossia un segno su un oggetto “stabile” il quale indica solitamente un’altitudine. Da questo
concetto ha origine l’idea essenziale del Benchmarking: il confronto con un punto di riferimento.
U. BOCCHINO: Il Benchmarking. Uno strumento innovativo per la pianificazione ed il controllo
strategico;Giufrè editore, Milano, 1994, pag. 81.
2
Definizione di Benchmarking di D. Kearns tratta da M. SAIBENE-N. BUTTOLO: La revisione del
processo di “gestione ordini clienti”: un progetto di Benchmarking, “Economia & Management”, N°2/1997,
pag. 111.
17
Le imprese che sviluppano un progetto di Benchmarking non compiono
un “furto spudorato” come è stato sostenuto da chi non crede nella portata
innovativa della tecnica in esame,
3
ma escono dai confini della propria azienda,
dai vincoli mentali, dalle barriere culturali erette dalla tradizione, e si
confrontano in modo razionale
e sistematico con altre realtà che, sulla base di
parametri oggettivi, hanno sviluppato prassi riconosciute come eccellenti in un
determinato business, funzione o singolo processo, a prescindere dal settore o
mercato di appartenenza, costruendo così le basi per implementare i
cambiamenti necessari per diventare a loro volta leaders.
Alcune considerazioni preliminari si ritengono opportune.
1) Obiettivo finale del Benchmarking dunque, è realizzare e sostenere un
vantaggio competitivo tramite il miglioramento continuo dei prodotti, servizi e
processi, ottenuto grazie all’adattamento (non all’adozione) delle prassi
dimostratesi migliori.
L’essenza del Benchmarking è, quindi, racchiusa nella parola
APPRENDIMENTO.
Non si tratta cioè di copiare strategie già realizzate da altri perché
3
“Furto spudorato” è la traduzione più conforme al termine: “stealing shamelessly” usata da Roger
Milliken, CEO della Milliken Company, nel suo intervento al National Quality Forum, in occasione del
conferimento alla sua azienda del Malcom Baldrige National Quality Award, tratto da G.H. WATSON: Il
Benchmarking. Come migliorare i processi e la competitività aziendale adattando e adottando le pratiche delle
imprese leader; FrancoAngeli, Milano, 1995, pag. 24.
18
“l’imitatore per definizione segue”
4
mentre per ottenere un vantaggio
competitivo bisogna arrivare PRIMA E MEGLIO degli altri, condurre una
ricerca guidata e razionale valutando comparabilità e adattabilità delle realtà
analizzate.
Dunque la fase fondamentale del processo è il confronto del quale si
tratterà approfonditamente nel corso di questo lavoro nella parte terza dedicata
all’approfondimento metodologico.
2) Il Benchmarking, focalizzandosi sull’esterno può facilmente essere
travisato come una nuova etichetta assegnata ad una tecnica già nota: l’analisi
competitiva.
G.Watson sostiene addirittura che una delle cause della relativa facilità
con cui il concetto si sia sviluppato in ambito aziendale, sia la familiarità ed il
senso di appartenenza che il Benchmarking ispirava a differenza delle numerose
difficoltà di implementazione degli strumenti del Quality Management.
5
La tecnica in oggetto, però, se ne discosta nettamente.
Le tradizionali analisi competitive mirano a rilevare come l’azienda si
pone nei confronti dei diretti concorrenti rispetto ad alcuni parametri di
4
S. BERETTA: Il Benchmarking: una metodologia innovativa, “Sviluppo & Organizzazione”, Sett/Ott
1995, pag.78.
5
G.H. WATSON: Il Benchmarking. Come migliorare i processi e la competitività aziendale adattando
e adottando le pratiche delle imprese leader; FrancoAngeli, Milano, 1995, pag. 23.
19
valutazione economico-finanziari (tecnologie di produzione, struttura dei costi,
efficacia nella soddisfazione dei clienti) senza peraltro fornire strumenti e
stimoli sufficienti per radicali cambiamenti.
Il Benchmarking invece non si limita a redigere il “tabellone dei risultati”
ma, valutato il gap di prestazione, indaga sui fattori che spiegano (enabler) come
un determinato risultato sia stato raggiunto, concentrandosi ed agendo sui
processi che hanno contribuito a realizzarlo, stimolando il management
all’azione correttiva
6
laddove si siano riscontrate aree di miglioramento.
Il confronto inoltre, avviene non solo (qui risiede la portata innovativa
della tecnica) fra aziende che operano nello stesso settore.
La ricerca della prassi migliore, avviene senza limiti spaziali: ovunque
essa si trovi, innovando così il concetto di eccellenza aziendale finora
considerato a livello aggregato
7
, circoscrivendolo fino ad arrivare al singolo
processo.
3) Una misurazione delle performance interne confrontate con quelle dei
leaders può essere un fenomeno occasionale ma in questo caso non si tratterebbe
di un processo di Benchmarking.
Il Benchmarking vuole essere uno strumento in possesso del management
6
Parziale disaccordo esiste in dottrina sul ruolo specifico del Benchmarking in fase di attuazione del
cambiamento. L’argomento verrà ripreso nel cap. 1.2.6 della parte seconda.
7
S. BERETTA, op. cit. pag. 78.
20
in grado di attuare quel “miglioramento continuo” che conduce all’eccellenza, la
quale a sua volta è concetto che, in un ambiente caratterizzato da grande
instabilità e turbolenza, è in continuo divenire
8
.
Il processo, quindi, deve essere interiorizzato nelle strategie dell’azienda
così da divenire parte integrante del sistema di management.
4) Esistono limiti alle possibilità di applicazione del Benchmarking in
merito all’ oggetto di studio?
La Xerox Corp., dopo aver concluso con successo il primo progetto,
applicò la tecnica a vasto raggio in tutte le aree aziendali; U. Bocchino sostiene
che “si può fare Benchmarking di tutto ciò che sia strategicamente rilevante”
9
;
altri autori hanno una visione meno ampia delle aree applicative, ponendo al
centro della analisi prodotti, servizi e processi.
Le più recenti elaborazioni dottrinali sostengono invece che, nonostante si
concepisca il Benchmarking come uno strumento strategico di miglioramento
delle performance a livello globale, la più idonea e “naturale” applicazione
riguardi i processi aziendali ritenuti essenziali per consentire la realizzazione di
8
L’esempio che segue mostra come ciò sia particolarmente vero nel settore dei prodotti ad alto
contenuto tecnologico. Quando la Compaq nel 1983 lanciò il suo primo portatile, questo computer pesava 8 kg,
ma ebbe un enorme successo grazie alla sua affidabilità ed al fatto di essere IBM compatibile, elementi
considerati un grande vantaggio, mentre oggi sono solamente requisiti essenziali, senza i quali non si riuscirebbe
nemmeno ad entrare nel settore. Nel giro di pochi anni i computer portatili raggiunsero il peso di 2-3 kg e la
potenza dei normali desktop. G.H. WATSON, (1995) op. cit.pag. 34-35.
9
U.BOCCHINO: Manuale di Benchmarking. Come innovare per competere, aspetti operativi, casi
pratici e problemi; Giuffré Editore, Milano, 1995, pag. 8.
21
una determinata prestazione.
10
5) Un filone di ricerca importante nella dottrina dell’organizzazione
aziendale concerne lo studio di come l’organizzazione abbia una propria visione
della realtà, delle personali “mappe cognitive” che filtrano ed interpretano
l’ambiente circostante e di come il fattore umano sia un elemento fondamentale
di apprendimento organizzativo se è messo nelle condizioni di concorrere
attivamente a modificare il modo di “vedere” dell’organizzazione, se le scoperte
individuali diventano oggetto di conoscenza allargata all’organizzazione.
11
Gli ostacoli più difficili da “saltare” nella gara del miglioramento
continuo sono rappresentati da alcuni “miti” aziendali
12
che frenano
l’apprendimento.
Affermazioni del tipo: “La vera innovazione nasce in laboratorio” oppure:
“Le nostre prestazione non sono migliorabili”, ancora: “La nostra azienda ha
caratteristiche uniche, non può essere confrontata”, sono molto frequenti quando
si deve introdurre un progetto di Benchmarking e sono il manifestarsi di uno
scetticismo radicato nelle idee provenienti dall’esterno.
10
R.C. CAMP: Business Process Benchmarking. Trovare e migliorare le prassi vincenti; Editoriale
Itaca, Milano, 1996, pag. 5-6.
11
C. ARGYRIS (1973) e K. E. WEICK (1993) in G. BONAZZI: Storia del pensiero organizzativo;
FrancoAngeli, Milano, 1995, pag. 104 e pag. 390.
12
R. CAFFERATA: “Cambiamenti organizzativi”, “Sviluppo & Organizzazione”, Sett/Ott 1993,
pag.59.