2
Introduzione
Il termine Finanza ci induce subito a pensare alle classiche teorie riguardanti i
mercati, basate su solide formule matematiche e circondate da un alone di
razionalità. Nella realtà, recenti studi hanno dimostrato che non ci si può
limitare ad osservare l’andamento dei mercati con questa visione classica.
Bisogna considerare anche il comportamento dell’investitore, che spesso risulta
essere tutt’altro che razionale. Questa è stata la spinta che ha condotto sempre
più numerosi economisti a relazionarsi in modo diverso, con teorie descrittive
che costituiscono gli studi della Finanza Comportamentale. Ma cos’è quindi la
Finanza Comportamentale? È un insieme di studi che analizzano come i
comportamenti inconsci influenzano il ragionamento e, di conseguenza, le
decisioni che riguardano gli investimenti finanziari. Questa scienza è stata più
volte criticata e presa di mira dai classicisti. Solo negli ultimi anni ha assunto
una rilevanza maggiore grazie ai prestigiosi riconoscimenti ottenuti da alcuni
dei suoi esponenti, come ad esempio il premio Nobel per l’economia a Richard
Thaler nel 2017.
Con questa tesi ho voluto sottolineare l’importanza di sfruttare approcci diversi
da applicare a teorie classiche. È fondamentale studiare il punto di vista della
Finanza Comportamentale in modo da integrare le sue teorie a quelle
tradizionali. Nel primo capitolo si ha un’introduzione della materia, dandone
una definizione generica, che aiuti a comprendere meglio le origini e lo
sviluppo di questa scienza, la sua metodologia, ed una prima base di
conoscenze che aiuteranno a comprendere meglio la sua natura; inoltre si fa
riferimento a due dei suoi maggiori esponenti, vincitori del premio Nobel per
l’economia, che col loro contributo sono stati fondamentali nell’attribuire nel
tempo maggiore credibilità e diffusione a queste teorie. Il secondo capitolo
illustra la teoria classica dei mercati efficienti, e proprio grazie a questa teoria
classica, è possibile fare un confronto con la realtà, rappresentata da un
comportamento perlopiù irrazionale da parte degli agenti economici. Il fine è di
approfondire il comportamento razionale/ irrazionale del risparmiatore e
3
portare alla luce quali sono le devastanti conseguenze che errori ed emozioni
incontrollate dell’individuo possono provocare nella cura dei propri risparmi,
nella gestione del proprio denaro, nella logica di scelta di un asset allocation e
nella pianificazione economica, patrimoniale e finanziaria strategica. I
risparmiatori incorrono infatti in bias (errori cognitivi), che conducono a scelte
non ottimali; questi errori di tipo cognitivo sono strettamente correlati al
rischio ed alla sua percezione, che come si vedrà anche nei paragrafi
successivi, gioca un ruolo fondamentale all’interno dei mercati. Nel terzo
capitolo si entra nel vivo degli studi della Finanza Comportamentale, e
vengono spiegate ed analizzate quattro delle teorie più influenti: la “prospect
theory”, di Kahneman e Tversky; il “framing” (effetto incorniciamento),
sempre di Kahneman e Tversky; il cosiddetto “herding behavior” (effetto
gregge), di Smith e Kahneman; ed il “sentiment”. Il quarto ed ultimo capitolo
serve a rappresentare una applicazione reale delle teorie viste precedentemente.
Si analizza nello specifico il comportamento dell’investitore individuale, cioè
colui che decide di posizionare alcune sue ricchezze nel mercato azionario
senza rivolgersi a gestori finanziari esperti. In genere si fa riferimento ad un
individuo con poca esperienza nel settore, che quindi sarà più propenso a
commettere errori ed a farsi influenzare dalle sue emozioni. L’esempio perfetto
dell’essere umano, che gestisce in modo irrazionale le sue risorse, e che prova
con il suo comportamento la veridicità delle teorie della Finanza
Comportamentale.
4
1. La Finanza Comportamentale
1.1. Definizione di Behavioral Finance
Quando si pensa alla finanza, si tende ad immaginare qualcosa di certo, di
razionale. In realtà spesso ci si ritrova ad affrontare “anomalie dei mercati
finanziari”, che possono essere spiegate analizzando il comportamento degli
agenti economici.
Per dare una prima definizione di Finanza Comportamentale, possiamo dire
che è una branca dell’economia che si dedica al processo di investimento
finanziario da una prospettiva più ampia; rappresenta infatti l’unione di tre
ambiti di studio: psicologia, sociologia e finanza. Quando si studiano concetti
di finanza comportamentale, la finanza tradizionale ha sempre un ruolo
fondamentale, ma è integrata dagli aspetti comportamentali che possiamo trarre
dalla psicologia e dalla sociologia; perciò chi studia finanza comportamentale,
deve avere una comprensione base dei concetti di tutte queste materie.
Fig. 1: schema concettuale della finanza comportamentale
Se dovessimo sintetizzare, potremmo dire che la psicologia studia il
comportamento e la mente, attraverso lo studio dei processi psichici, mentali e
cognitivi nelle loro componenti consce e inconsce; la sociologia studia i
fenomeni della società umana, indagando i loro effetti e le loro cause, in
5
rapporto con l'individuo e il gruppo sociale; mentre la finanza è la disciplina
che studia i processi e le scelte di investimento e finanziamento, soffermando
l'analisi sul lato prettamente tecnico, cioè sulla valutazione delle attività
oggetto dell'investimento o finanziamento.
Punto in comune di questi settori, all’apparenza diversi, è la variabile umana,
vale a dire il grado di coinvolgimento e di influenza degli aspetti emozionali
della persona, il diverso modo di agire davanti a condizioni di rischio e
incertezza.
Come scrivono Ricciardi e Simon: “Essentially, behavioral finance attempts to
explain the what, why, and how of finance and investing, from a human
perspective” (Ricciardi & Simon, 2000).
Questa scienza è stata più volte criticata da altri economisti, poiché vista
semplicemente come una raccolta di anomalie riguardanti le tradizionali teorie
piuttosto che come un completamento delle stesse. Ci sono anomalie che non
possono essere spiegate semplicemente con asimmetrie di tipo informativo o
con il fallire della teoria dei mercati efficienti, ed è qui che gioca un ruolo
chiave la finanza comportamentale.
L’economista Shefrin afferma che "La finanza neoclassica ha sia punti di forza
che debolezze. La finanza comportamentale ha anch’essa punti di forza e di
debolezza. Credo che la finanza si stia muovendo verso un nuovo paradigma
che combinerà elementi strutturali della finanza neoclassica e ipotesi realistiche
dalla finanza comportamentale" (Shefrin, 2010).
La finanza tradizionale si basa su assunti di razionalità umana, prendendo come
esempio la teoria di Bentham, fondata sull’utilitarismo, le persone scelgono
l’alternativa che massimizza l’utile e minimizza il sacrificio. Tuttavia, le
ricerche di finanza comportamentale hanno dimostrato che questa scelta
economica razionale nella realtà è piuttosto infrequente: la razionalità limitata
dell’essere umano conduce spesso a violare principi di razionalità a favore di
“scorciatoie di pensiero”, chiamate euristiche. Infatti, spesso ci si ritrova
davanti a casi in cui prodotti di scarsa qualità sono venduti in quantità
spropositata a discapito di altri prodotti di qualità superiore.
6
La Finanza Comportamentale si occupa appunto di identificare queste
violazioni sistematiche di razionalità messe in atto dall’agente economico.
Le scelte finanziarie vengono fatte per lo più in situazioni di incertezza e
complessità, dove le decisioni passate influenzano quelle future e la situazione
corrente ha anch’essa un peso rilevante nelle scelte. In queste situazioni,
teoricamente l’uomo razionale si muoverebbe tra le varie alternative valutando
i diversi esiti e scegliendo quindi la miglior soluzione possibile, ma questo non
succede poiché le persone hanno abilità limitate nel comprendere e risolvere
problemi complessi. Limitazioni nel calcolo e nella memorizzazione che si
aggiungono all’incapacità di processare elevate informazioni. Riguardo questi
ultimi punti, Miller sostiene la teoria del “magical number seven plus or minus
two”, secondo cui i soggetti riescono a elaborare al massimo,
contemporaneamente, sette frammenti di informazione (più o meno due, a
seconda dell’individuo).
A queste limitazioni sono attribuiti i principali errori degli agenti economici:
errori cognitivi ed emozionali. Per superare tali problemi ci si basa su
euristiche, cioè su regole utilizzate per risolvere in modo semplice problemi
complessi. Queste però non rispettano tutti i passaggi del ragionamento logico,
tendono quindi a generare errori sistematici.
Nel 1974 Tversky e Kahneman hanno classificato tre tipi di euristiche che
vengono impiegate in condizioni di incertezza: Rappresentatività;
Accessibilità; Ancoraggio.
Le euristiche della rappresentatività dimostrano che nell’elaborazione di
giudizi di probabilità, gli individui si basano su situazioni a loro familiari. Le
ritroviamo ad esempio quando agli individui viene chiesto di giudicare la
probabilità che un certo oggetto o evento A, appartenga ad una certa classe B;
le probabilità verranno valutate nella misura in cui A è rappresentativo di B,
cioè nella misura in cui si somigliano: maggiore sarà la somiglianza, maggiore
sarà la possibilità che A appartenga a B.
Molteplici sono gli errori che possono derivarne: ad esempio la tendenza a
ignorare le frequenze oggettive, la tendenza a ignorare le dimensioni del
7
campione (legge dei piccoli numeri), e la tendenza a ignorare il fenomeno di
regressione verso la media (gli individui vedono in manifestazioni estreme di
un determinato fenomeno una sorta di anticipazione di valori altrettanto estremi
in futuro).
Le euristiche dell’accessibilità: “There are situations in which people assess the
frequency of a class or the probability of an event by the ease with which
instances or occurrences can be brought to mind” (Tversky e Kahneman,
1974), trovano quindi applicazione quando viene chiesto agli individui di
valutare la probabilità di un evento, ed essa è stimata in base alla facilità con
cui i soggetti riescono a ricordare eventi dello stesso tipo; maggiore sarà la
facilità con cui vengono ricordati, maggiore sarà la probabilità con cui si crede
che si verifichino. È giustificabile sostenere come sia più facile ricordarsi
eventi più frequenti e verosimili piuttosto che sporadici e difficilmente
immaginabili. Gli studiosi sostengono comunque che non sempre le
informazioni più disponibili sono anche le più frequenti e ciò può sfociare in
considerazioni erronee.
Le euristiche dell’ancoraggio si manifestano quando gli individui hanno a
disposizione un dato iniziale, a cui appunto “ancorarsi” (questo valore può
nascere da una precedente stima o da una superficiale valutazione iniziale) e le
probabilità sono calcolate correggendo quel valore fino a ottenere una
valutazione finale; si tratta sempre di regolazioni insufficienti a calcolare una
risposta giusta. Tversky e Kahneman fecero un esperimento al riguardo:
presero un campione di individui a cui furono poste domande come ad esempio
la stima della percentuale di Paesi africani presenti nelle Nazioni Unite, ma
prima di dargli modo di rispondere, essi dovevano girare una ruota che
conteneva dei numeri da 1 a 100. A questo punto gli individui dovevano dire se
secondo loro i Paesi Membri fossero in numero superiore o inferiore rispetto a
quello indicato dalla ruota, per poi stimare la percentuale partendo sempre da
quel dato numero. Gli studiosi si resero conto che questo meccanismo
influenzava la stima formulata dagli individui.
Nel caso degli investitori, un’ancora può essere rappresentata dagli utili.