Obiettivo di questa tesi è quello di spiegare il fenomeno di Basilea 2, analizzando i
cambiamenti intervenuti prima e dopo l’introduzione del sistema ed illustrare quali sono
gli aspetti critici su cui l’azienda deve intervenire per migliorare la sua situazione.
Saranno poi analizzati alcuni casi aziendali per verificare come le aziende abbiano
reagito all’impatto di Basilea 2 e quali accorgimenti abbiano messo in pratica per
giungere ad un miglioramento del proprio rating
6
Capitolo 1 – Storia del Comitato di Basilea e dei Suoi lavori1
1.1 – Nascita del Comitato di Basilea
Il comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un’organizzazione internazionale di
vigilanza bancaria istituita nel 1975 dai governatori delle banche centrali dei dieci paesi
più industrializzati (il cosiddetto gruppo dei Dieci). Esso è formato da alti funzionari
delle autorità di vigilanza bancaria e delle banche centrali di Belgio, Canada, Francia,
Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati
Uniti, Svezia e Svizzera. Il comitato si riunisce solitamente, 4 volte l’anno, presso la
banca dei Regolamenti Internazionali in Basilea, dove ha sede il suo segretariato
permanente; da lì coordina la ripartizione delle responsabilità di vigilanza fra le autorità
nazionali
La sua nascita avvenne in seguito al fallimento di una grossa banca tedesca (Bankhaus
Herstatt) che, per il mancato regolamento di transazioni di valuta, si trovò a causare
grosse difficoltà ai sistemi di pagamento e regolamento, con implicazioni internazionali.
Per migliorare la situazione internazionale ed evitare altri incidenti simili, i paesi del
G-10 decisero quindi di fondare il comitato (inizialmente chiamato “comitato Cooke”
dal nome del suo primo presidente) col patrocinio della banca dei Regolamenti
internazionali situata a Basilea
Obiettivi del comitato di Basilea sono quelli di:
- Rafforzare la sicurezza e l’affidabilità del sistema finanziario
- Stabilire degli standard minimi riguardo alla vigilanza prudenziale
- Diffondere e promuovere migliori pratiche bancarie e di vigilanza
- Promuovere la cooperazione internazionale in materia di vigilanza prudenziale
Il comitato non possiede alcuna autorità sovranazionale e le sue conclusioni non hanno
alcuna forza legale autonoma, anche se i paesi aderenti sono implicitamente vincolati
agli accordi raggiunti e, gli altri stati, si adeguano di fatto a quello che viene deciso
dagli stati più influenti del comitato di Basilea.
1
Si veda : - Anonimo, Voce “Comitato di Basilea” da sito www.wikipedia.com, Agosto 2007
- Camanzi Paolo, “Basilea II” , da sito www.analisiaziendale.it , Maggio 2003 con
revisione al Dicembre 2005
7
Le linee guida, gli standard, le raccomandazioni del Comitato sono formulate tuttavia
osservando le specificità regolamentari e legislative dei vari stati e lasciando discreti
margini sulle modalità con cui ogni paese recepisce gli accordi. In questo modo si
permette che le singole autorità nazionali possano redigere disposizioni operative che
tengano conto delle diverse realtà dei singoli stati. In questo modo il comitato
incoraggia la convergenza verso approcci comuni e standardizzati.
1.2 - L’accordo di Basilea I 2
Uno dei primi accordi raggiunti dal comitato di Basilea è stata la Convergenza
Internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali minimi
emendata nel luglio del 1988, conosciuta con il nome di Basilea I.
Con Basilea I, viene evidenziata la composizione del patrimonio di vigilanza, che è dato
dalla somma di patrimonio di base e patrimonio supplementare, con una serie di
elementi da dedurre (come le partecipazioni in enti finanziari e creditizi).
La banca, nell’insieme delle sue attività, deve sopportare una serie di rischi di impresa
(rischio di credito, rischio di mercato, rischio paese e rischio di concentrazione) e il
patrimonio di vigilanza rappresenta l’elemento fondamentale per coprire questi rischi.
Nel momento in cui la banca concede un prestito, diventa poi necessario accantonare un
patrimonio minimo, elemento necessario per fronteggiare eventuali situazioni di
insolvenza.
Il patrimonio minimo viene quindi calcolato in questo modo: EAD (esposizione di base)
moltiplicato per la ponderazione di rischio standard il tutto diviso per 12,5.
La ponderazione di rischio standard è un tasso percentuale che viene calcolato
sull’importo dell’esposizione e che varia a seconda del prenditore. Avremo quindi
diverse categorie di prenditori, con diverse percentuali: un prestito ai governi è
caratterizzato da un rischio nullo, per un prestito a banche la percentuale sale a 20 e per
2
Si veda: - Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, “Convergenza internazionale della misurazione
del capitale e dei coefficienti patrimoniali”, Basilea, Giugno 2004
- Mazzeo Raffaele “Basilea 2 : Normativa di riferimento e contenuti innovativi” ,
Università di Palermo, novembre 2003
8
un prestito a titolo di mutuo per acquisto di abitazione principale, con ipoteca
sull’immobile, si sale al 50%.
Verso le aziende, con prestito a rischio non garantito, la percentuale diventa del 100% :
in definitiva, sul denaro concesso alle aziende, la banca ha l’obbligo di accantonare l’
8% a titolo di riserva di patrimonio minimo, per fronteggiare i rischi di credito.
Il sistema di Basilea I rappresenta quindi un primo metodo per evitare crolli finanziari
da parte della banche, grazie all’introduzione di un accantonamento di capitale, tuttavia
trova un grande limite nella sua staticità dovuta alle percentuali fisse nel momento della
valutazione del prenditore. Se un’azienda offre garanzie particolari o dimostra di avere
solide garanzie patrimoniali, potrebbe essere opportuno stimare una percentuale di
accantonamento inferiore all’8 %, cosa che Basilea I non consente di mettere in pratica.
Allo stesso modo, se un’azienda chiede un prestito ma si dimostra essere, dai suoi
bilanci e dai documenti prodotti, un cattivo pagatore o ha rischi di sofferenza più alti
rispetto alla norma, sarebbe opportuno per la banca utilizzare un accantonamento
superiore all’ 8% ma non esiste un obbligo per la banca ad accantonare questa quota
superiore di capitale, dato che Basilea I stabilisce un limite minimo ma non un limite
massimo per gli accantonamenti o un sistema di limiti crescenti in base al rischio.
Questo concetto può essere esteso anche tra le varie categorie di ponderazione: un
prestito ad una banca viene sempre valutato con la ponderazione del 20% quando invece
potrebbe essere meno rischioso il prestito ad una multinazionale che però, essendo
azienda privata, verrà sempre ponderata al 100% di accantonamento.
Questo potrebbe portare al rischio che, la banca, avendo sempre percentuali statiche da
rispettare, preferisca, a parità di tasso, concentrarsi su prestiti alle aziende che si
trovando in condizioni più rischiose per l’accesso al credito, potendo in questo modo
esigere interessi più alti e, con attività di cartolarizzazione, cedere le attività di credito di
alta qualità, tenendo così nel suo attivo solo crediti di qualità bassa.
Altro difetto da sottolineare è che non viene tenuta in considerazione la scadenza del
credito, mettendo così sullo stesso piano prestiti di diversa durata, e, in generale, anche
altri elementi di rischio non vengono presi in considerazione, giungendo così ad un
sistema che ha una valutazione del rischio nel prestito approssimativa e poco sofisticata.
Negli anni successivi furono introdotti alcuni correttivi, che tuttavia non riuscirono a
sistemare i problemi del progetto originale.
9
1.3 - La strada verso Basilea II 3
Per risolvere i limiti del primo accordo, il Comitato di Basilea ha pubblicato, nel 1999,
un documento di proposta, definito CP 1, per permettere la definizione in materia di
requisiti patrimoniali delle banche; il nuovo accordo, che prenderà in seguito il nome di
Basilea 2, deve essere stilato con l’obiettivo di garantire una maggiore stabilità e
solidità del sistema finanziario, permettere l’instaurarsi di competitività tra le banche
grazie all’applicazione internazionale dell’accordo e soprattutto creare dei misuratori di
rischio più sofisticati e con una maggiore sensibilità nelle varie situazioni.
Nel Gennaio del 2001 il comitato di Basilea ha pubblicato il documento “The new basel
capital accord”, un documento di consultazione ( definito CP 2) per definire la nuova
regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali delle banche. L’obiettivo era
quello di giungere ad un testo definitivo entro la fine del 2003 ma il termine è poi stato
posposto nel 2004 dato che, dopo la riunione avvenuta nell’Ottobre 2003, sono giunti al
comitato numerosi commenti da parte delle varie associazioni bancarie ed aziendali ed
era necessaria una revisione dell’intero documento alla luce dei commenti presentati,
arrivando quindi a creare il documento di consultazione CP 3.
Le date definitive verranno poi stilate nella riunione di maggio 2004, dove si fissa per
giugno 2004 la pubblicazione della versione definitiva del nuovo accordo. Il testo sarà
basato sul documento CP 3 con alcune modifiche marginali riguardanti la revisione dei
tempi di introduzione dell’accordo e la modifica del trattamento delle perdite attese ed
inattese. Poiché le decisioni prese dal comitato di Basilea non hanno forza di legge, è
necessario che vengano recepite dai vari stati e questo passaggio, a livello europeo,
avviene con un direttiva comunitaria che aggiorna la direttiva del 2000 sul sistema
bancario. La prima versione è stata rilasciata nel Gennaio 2004 e prevede l’obbligo per
tutte le banche europee di recepire il nuovo accordo. II nuovo accordo entra quindi in
vigore il 1 gennaio 2007 per quanto riguarda il sistema IRB base e l’approccio standard,
mentre il 1 gennaio 2008 sarà il momento dell’entrata in vigore del sistema IRB
avanzato. Quest’ultimo sistema però, non potrà essere adottato immediatamente dalle
3
Si veda: Cattaneo Cristiana e Michele Modina (a cura di), Basilea 2 e PMI Impatti sulla gestione e
sulla relazione banca-impresa” (cap 1), FrancoAngeli, Milano, 2006
10
banche: infatti queste dovranno dimostrare di avere adottato l’uso interno dei modelli
standard e IRB base da almeno 3 anni consecutivi.
11
12
Capitolo 2 – Basilea 2 e i cambiamenti nell’accesso al credito
2.1 - I Principi Cardine di Basilea 24
Gli accordi di Basilea II sono stati pensati con l’obiettivo di superare i limiti posti dal
sistema Basilea I, in modo particolare il fatto che, nel momento della valutazione di un’
impresa, si tendeva ad un giudizio sulla base di criteri molto semplificati (es ragione
sociale, patrimonio posseduto) che servivano a dare una stima dal punto di vista
patrimoniale sulla base di fattori statici ma che non riuscivano a cogliere se l’azienda,
nel suo futuro, sarebbe stata in grado di generare reddito. Era necessario quindi
introdurre un nuovo sistema che permettesse un approccio più sensibile a questi fatti,
per poter valorizzare le aziende che fossero effettivamente in grado di produrre reddito
nel futuro piuttosto che quelle con ottimi dati del presente/passato, ma con segnali di
declino nel futuro.
Altro obiettivo da raggiungere è quello di rendere più stabile il sistema di adeguatezza
patrimoniale delle banche, per il fine di rendere l’intero sistema bancario internazionale
più solido e favorire, allo stesso tempo, la nascita di una corretta competizione tra le
varie banche.
La normativa si basa su 3 pilastri fondamentali (pillars) che costituiscono un insieme
unitario tra di loro: di conseguenza, il nuovo accordo non potrà considerarsi pienamente
attuato se non saranno operanti, nel medesimo tempo, le direttive dei 3 pilastri.
I 3 pillars sono quindi:
1 – Requisiti patrimoniali minimi obbligatori
2 – Controllo prudenziale degli organi di vigilanza
3 – Disciplina di Mercato
4
Si veda, come riferimento per il capitolo:
- Camanzi Paolo, “Basilea II” , da sito www.analisiaziendale.it, Maggio 2003 con revisione
a Dicembre 2005
13
2.2 – Primo Pilastro: Requisiti patrimoniali minimi obbligatori5
Sotto questo argomento, vengono trattati i coefficienti patrimoniali minimi che le
banche devono avere nel momento in cui concedono un prestito: si cerca qui, di
risolvere tutti i limiti dell’accordo passato introducendo dei sistemi di valutazione più
efficaci e precisi.
Nel calcolo della soglia minima di capitale, che, come nel precedente accordo non deve
essere inferiore all’ 8 % di capitale accantonato, vengono ad essere compresi 3 tipi di
rischi:
- Rischio di credito
- Rischio di Mercato
- Rischio Operativo
Con il termine rischio di credito, si vuole indicare la possibilità che il prenditore non sia
poi in grado di restituire il prestito ottenuto alla banca.
Questa voce, rispetto a Basilea I, è stata significativamente modificata, con
l’introduzione del sistema di valutazione basato sul rating.
Con il termine rischio di mercato si indica invece la possibile riduzione del valore di
mercato di un’attività che la banca tiene nel suo portafoglio (es la svalutazione di
un’obbligazione) prima che questa possa essere liquidata. Questa voce ha previsto
solamente aggiustamenti marginali e non è stata modificata radicalmente dal nuovo
sistema.
L’ultima voce, il rischio operativo, è totalmente nuova e con questo termine si vuole
indicare tutte quelle situazioni di rischio ai quali la banca è esposta e che possono
portare a perdite dovute alla disorganizzazione del sistema o a errori umani, o per il
verificarsi di eventi esterni all’operatività bancaria.
Con l’ausilio degli operatori di settore, sono stati individuati i principali fattori di
rischio operativo:
- Frode Interna – Alterazione intenzionale di dati, sottrazione di beni e valori,
operazioni in proprio basate su informazioni riservate
5
Si veda: - Anonimo, Voce “Basilea 2” da sito www.wikipedia.com, Agosto 2007
- Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, “Convergenza internazionale della
misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali”, Basilea, Giugno 2004
14
- Frode Esterna – Furti, contraffazioni, falsificazioni, emissione di assegni a
vuoto, pirateria informatica
- Impiego e sicurezza sul posto di lavoro – Risarcimenti richiesti da dipendenti,
violazione delle norme sulla salute e sulla sicurezza del personale, attività
sindacali, pratiche discriminatorie
- Pratiche connesse con la clientela, i prodotti e le attività – Violazione dei
Rapporti Fiduciari, abuso di informazioni riservate, riciclaggio di denaro di
provenienza illecita, vendita di prodotti non autorizzati, transazioni indebite
effettuate per conto della banca
- Danni a beni materiali – Atti di terrorismo e di vandalismo, terremoti, incendi,
inondazioni
- Disfunzioni di natura tecnica – Anomalie delle infrastrutture e delle applicazioni
informatiche, problemi nelle telecomunicazioni e sospensione di erogazione di
servizi alle utenze
- Disfunzioni di conformità esecutiva e procedurale – Errata immissione di dati,
errata gestione delle garanzie, documentazione legale incompleta, accessi
indebiti ai conti dei clienti, controversie legali con i fornitori, inadempimenti di
controparti non clienti.
Basilea II ha quindi voluto ricomprendere anche queste fattispecie nella valutazione dei
rischi in modo da poter permetter una valutazione più completa dell’intero sistema.
2.3 – Secondo Pilastro: Controllo prudenziale degli organi di vigilanza6
Con questa voce si vanno a trattare le norme relative al controllo prudenziale esercitato
dalle autorità di vigilanza. Il loro compito non è solo quello di sorvegliare
sull’adeguatezza patrimoniale, ma anche osservare le scelte fatte dalla banca sulla
patrimonializzazione e sull’assunzione dei rischi.
Il comitato di Basilea ha individuato quattro principi chiave del controllo prudenziale:
6
Si veda: - Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, “Convergenza internazionale della misurazione
del capitale e dei coefficienti patrimoniali”, Basilea, Giugno 2004
15
Principio 1 – Le banche dovrebbero disporre di un procedimento per valutare
l’adeguatezza patrimoniale complessiva in rapporto al loro profilo di rischio e di una
strategia per il mantenimento dei livelli patrimoniali – Con questo principio si vuole
intendere che le banche devono essere in grado di dimostrare che i loro obiettivi
patrimoniali interni sono ben fondati e compatibili con il loro profilo di rischio
operativo e con il contesto operativo del momento.
Per avere un processo rigoroso, le sue 5 caratteristiche principali sono:
- Supervisione da parte del coniglio di amministrazione e dell’alta direzione, che
devono essere coinvolti affinché possano delineare un sistema efficace e lo
possano trasmettere dal vertice all’intero sistema aziendale
- Corretta valutazione del capitale, ottenuta tramite procedure mirate alla
segnalazione dei rischi rilevanti, a processi in grado di correlare il capitale ai
livelli di rischio e a manovre che permettano di stabilire gli obiettivi di
adeguatezza patrimoniale in base all’orientamento strategico della banca, il tutto
supportato da un efficace sistema di controllo interno.
- Esaustiva valutazione dei rischi, che deve tenere conto, oltre che dei rischi
operativi, di credito e di mercato, anche dei rischi dovuti alle posizioni sensibili
ai tassi di interesse, del rischio di liquidità e di rischi di strategia e di
reputazione.
- Monitoraggio e reporting, cioè il fatto che la banca deve tenere costantemente
monitorate nel tempo le esposizioni di rischio, valutando grado e tendenza dei
rischi e accertandosi che la banca abbia le sufficienti risorse finanziarie per
fronteggiare gli eventi e le situazioni future.
- Verifica dei controlli interni, essenziale per il processo di valutazione del
capitale. Periodicamente quindi la banca è chiamata a valutare le sue procedure
di gestione del rischio per valutarne l’efficacia
Principio 2 – Le autorità di vigilanza dovrebbero riesaminare e valutare il processo
interno di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale delle banche e le strategie
connesse ad esso, nonché la loro capacità di monitorarne e assicurarne la conformità con
i requisiti patrimoniali obbligatori. Nel momento in cui le autorità di vigilanza non siano
16
soddisfatte dei risultati di tale processo, dovrebbero adottare adeguate misure
prudenziali.
In base a questo principio, le autorità di vigilanza sono chiamate a monitorare se gli
istituti di credito hanno adottato i criteri previsti dal principio precedente.
L’istituto di vigilanza dovrà quindi verificare una serie di elementi:
- La verifica dell’adeguatezza delle valutazioni del rischio
- Dare una valutazione dell’adeguatezza patrimoniale
- Dare una valutazione della struttura di controllo adottata
- Esercitare un controllo prudenziale di conformità con i requisiti minimi
Nel momento in cui le autorità di vigilanza non dovessero essere soddisfatte dei risultati
ottenuti dalla valutazione delle banche, esse devono assumere iniziative appropriate,
adottando varie linee d’azione per giungere a risultati positivi.
Principio 3 – Le autorità di vigilanza auspicano che le banche operino con una
dotazione patrimoniale superiore ai coefficienti minimi obbligatori e dovrebbero avere
la facoltà di richiedere alle banche di detenere un patrimonio superiore a quello minimo
regolamentare.
Se il primo pilastro rappresenta una tutela a livello generale sul settore bancario nel suo
complesso, è invece il secondo pilastro che si va ad occupare delle incertezze specifiche
relative alle singole banche. Diventa così compito delle autorità di vigilanza considerare
se siano adeguatamente coperte le caratteristiche dei particolari mercati rientranti nella
loro competenza.
In linea generale, come attività prudenziale, le autorità di vigilanza richiederanno o
proporranno alle banche di operare con una dotazione di capitale superiore a quella
minima obbligatoria e vigileranno con, l ausilio di vari sistemi, per verificare che le
banche operino con un’adeguata dotazione di capitale
Principio 4 – Le autorità di vigilanza dovrebbero cercare di intervenire in una fase
precoce per evitare che il patrimonio di una determinata banca scenda al di sotto dei
livelli minimi compatibili con il suo profilo di rischio, ed esigere l’adozione di pronte
misure correttive se la dotazione di patrimonio non viene mantenuta o ripristinata.
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