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In questa tesi io mi propongo di offrire una visione chiara e dettagliata dei
sistemi che regolano questa espressione comportamentale, partendo dall�analisi
dei pi� comuni modelli sperimentali animali utilizzati nel campo della ricerca.
Questi modelli sono alla base di varie e interessanti ipotesi di natura etologica
sulle funzioni del comportamento aggressivo, come abilit� comportamentale
innata e spesso in relazione con l�atto riproduttivo. Nell�ultimo decennio, infatti,
sono stati proposti interessanti collegamenti tra la genetica, la biologia molecolare
e la biologia comportamentale, sulla genesi dei comportamenti aggressivi. In
particolare, molta attenzione � stata posta sui meccanismi molecolari alla base dei
comportamenti complessi, quali l�ingestione, la masticazione, le cure materne e
altri tipi di comportamenti sociali, che si manifestano in alcune specie animali
come i roditori e i felini. Queste ricerche si sono dimostrate di grande utilit� per
determinare i fattori neurocomportamentali che sottostanno all�aggressivit�
umana.
L�estrema complessit� delle manifestazioni aggressive presuppone anche
delle analisi di tipo neuroanatomico, che considerino le strutture cerebrali di
regolazione del comportamento aggressivo.
In altri capitoli io prender� in esame anche le basi neuroendocrine del
comportamento aggressivo, esponendo alcuni studi recenti sui neurotrasmettitori,
ormoni ed enzimi che regolano l�aggressivit�. Dopo aver discusso gli aspetti
propriamente funzionali del comportamento aggressivo, il mio lavoro proseguir�
infine con un�analisi degli aspetti genetici del comportamento aggressivo,
dedicando un capitolo alle ricerche recentemente volte sull�aggressivit� in questo
campo sia sul topo che sull�uomo.
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Mi auguro che dalla mia ricerca risulti un�analisi possibilmente completa e
chiara sugli aspetti di base di un comportamento di grande interesse, poich�
profondamente influenzato sia da fattori genetici che da fattori ambientali.
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CAPITOLO 1
MODELLI ANIMALI NELLO STUDIO SULL’AGGRESSIVITÀ UMANA
1.1. I limiti dello studio sull’aggressività umana
Lo studio dell�aggressivit� umana rappresenta uno dei pi� interessanti
campi di ricerca della psicobiologia. Queste ricerche, infatti, possono contribuire
validamente sia al controllo della violenza e dei conflitti sociali, che al trattamento
di vari disturbi mentali. Purtroppo, nella nostra specie il comportamento
aggressivo non � analizzabile in modo semplice. Ad esempio, alcune difficolt�
provengono inizialmente gi� dalla natura eterogenea del termine �aggressivit��. A
livello semantico, infatti, tale termine include una �giungla� di idee e un� ampia
gamma di fenomeni e attivit� (Ramirez, 2000), che a loro volta riflettono le varie
idee, spesso tra loro contrastanti, dei molti ricercatori che si sono occupati di
questo argomento. Un secondo problema consiste poi nel come raggruppare, o
dividere, le diverse categorie comportamentali dell�aggressivit�. Infatti, a causa
della loro eterogeneit� motivazionale, degli schemi e classificazioni utilizzati dai
vari autori, alcuni si sono basati sul contesto, altri invece sulla topografia, sui
meccanismi o sulle funzioni.
In realt�, i vari tentativi di categorizzare i comportamenti aggressivi
riflettono le diverse strategie metodologiche utilizzate dai vari ricercatori, che
talvolta hanno anche fatto uso di tests (Mori and Le Moli,1993) per chiarire i
problemi di tassonomia e per identificare i criteri comuni di valutazione, nonch�
per paragonare i risultati ottenuti su specie diverse e nei diversi laboratori. Da
un�ampia analisi della letteratura sull�argomento, emerge che i criteri,
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sperimentali o empirici, sino ad ora adottati corrispondono essenzialmente a due
diversi approcci metodologici di analisi comportamentale:
a) Analisi di sistemi discreti: quando una serie di parametri sono misurati e
analizzati separatamente (Ramirez, 1980).
b) Analisi di sistemi composti: quando un indice generale di aggressivit�
rappresenta il prodotto della combinazione di differenti misure comportamentali
(Simon, 1983).
D�altra parte, le ricerche direttamente eseguite sull�uomo presentano una
numerosa serie di ostacoli e limitazioni, quali la possibilit� di insufficienti
correlazioni tra le varie definizioni operazionali, le condizioni artificiali dei setting
sperimentali usati nei laboratori e l�impossibilit� di eseguire studi longitudinali sui
comportamenti aggressivi in un contesto naturale, nonch� la complessit� della
violenza sociale e dei vari comportamenti che devono essere studiati nella nostra
specie (Ramirez, 2000). Inoltre, la maggior parte degli approcci sperimentali di
studio della natura biologica dell�aggressivit� necessitano di manipolazioni
sperimentali che non sono assolutamente possibili nell�uomo.
1.2. L’aggressività nei modelli animali
A causa delle varie limitazioni che gli studi sul comportamento aggressivo
presentano nella nostra specie, essi sono di norma eseguiti su vari modelli animali.
Per studiare l�aggressivit�, infatti, l�uso di modelli animali offre numerosi
vantaggi. Ad esempio, gli animali presentano di norma comportamenti
stereotipati, che ci permettono di analizzare e manipolare sperimentalmente
variabili comportamentali ben definite, sia dal punto di vista qualitativo che
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quantitativo. D�altra parte, proprio per tale ragione un solo modello animale non
pu� essere di certo rappresentativo dell�intera gamma di comportamenti
aggressivi umani, rendendo quindi necessario che i vari dati ottenuti su diversi
modelli animali vengano integrati tra loro. La specie umana � unica per quanto
riguarda l�importanza della comunicazione, nella regolazione del comportamento
sociale, incluso il comportamento aggressivo, anche se i gesti, le posture e i
comportamenti messi in atto nella nostra specie possono essere comuni a quelli di
altri mammiferi. Pertanto, se da una parte le sopraesposte limitazioni nella ricerca
sull�aggressivit� dell�uomo ci spingono a studiare anche altre specie animali,
dall�altra la scelta delle metodologie pi� adeguate a misurare un dato parametro
del comportamento aggressivo dipende dalla particolare specie animale che viene
di volta in volta studiata.
Tra i vari mammiferi, i modelli animali di gran lunga pi� utilizzati sono il
topo e il gatto, due specie che, grazie alla somiglianza di varie strutture funzionali
e neurofisiologiche con l�uomo, permettono confronti agevoli e informativi con la
nostra specie.
1.3. L’uso del topo come modello per lo studio dell'aggressività
Lo studio della biologia del comportamento aggressivo nel topo costituisce
un valido strumento per comprendere e analizzare i meccanismi molecolari e
neurobiologici che intervengono nei conflitti sociali nei mammiferi,
permettendoci spesso di ottenere informazioni sulla natura del comportamento
aggressivo negli esseri umani (Miczek, et al., 2001). Il modello murino � di
particolare interesse per la ricerca sperimentale, grazie alla vasta letteratura sugli
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aspetti genetici di questa specie, nonch� alla facilit� con cui il topo pu� essere
manipolato sperimentalmente e utilizzato nei vari test comportamentali. D�altra
parte, il comportamento del topo � complesso e in realt� costituito da varie
modalit� comportamentali.
Infatti, per meglio comprendere la natura del comportamento aggressivo nel topo
bisogna riferirsi alla struttura del gruppo sociale e della famiglia in questa specie.
Dopo la nascita, il topo cresce in unit� sociali dette demi o �grandi famiglie� ,
costituite dall�insieme della generazione parentale, degli adolescenti e dei
prepuberi. Quando i maschi adulti e subadulti abbandonano il deme genitoriale,
essi vanno a costituire una nuova popolazione itinerante, in cerca di un nuovo
territorio. All�interno di un dato territorio, i maschi che si accoppiano stabiliscono
una dominanza gerarchica nei confronti dei maschi subalterni (che non si
accoppiano), marcando, sorvegliando e difendendo il loro territorio, al fine di
escludere altri maschi dal territorio stesso. I maschi dominanti uccidono almeno il
90% dei piccoli che essi trovano nel loro territorio, mentre i maschi subordinati e
subdominanti si accoppiano raramente e sono soggetti a numerosi attacchi da
parte dei maschi dominanti.
In linea generale, nel topo, possiamo far riferimento a due ben distinte
modalit� di base del comportamento aggressivo: l�aggressivit� �competitiva�,
caratterizzata generalmente da pattern ritualizzati e inoffensivi; e l�aggressivit�
�difensiva�, caratterizzata, invece, da azioni di natura protettiva (Parmigiani, et
al.,1998)
L�aggressivit� competitiva viene messa in atto in situazioni volte, ad
esempio, al rafforzamento della gerarchia sociale all�interno del gruppo
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(aggressivit� minacciosa), o ad intimare a un avversario di tenersi alla larga dal
proprio territorio (aggressivit� territoriale). In queste situazioni non vengono
messi in atto combattimenti reali ma semplici atteggiamenti minatori. Tali
modalit�, pertanto, presentano il vantaggio di non richiedere combattimenti reali
ma sono semplici ammonimenti. Un altro tipo di aggressivit� competitiva consiste
invece nel comportamento di tipo �predatorio�, caratterizzato dall�attacco ad un
altro animale con lo scopo di cibarsene.
A sua volta, l�aggressivit� difensiva pu� essere di natura protettiva, cio�
caratterizzata da forme di attacco volte all�autodifesa sia nei confronti di
potenziali predatori, che verso situazioni ritenute pericolose. Tale tipo di
aggressivit� � tipicamente di tipo materno, ossia costituita di comportamenti che
vengono messi in atto da una madre per proteggere i propri piccoli.
Nel maschio del topo, il comportamento aggressivo � tipicamente volto a
stabilire e mantenere il territorio e/o il rango sociale. Inoltre, il comportamento
aggressivo, di norma, non � solo limitato al combattimento con rivali adulti, ma
come gi� detto sopra, pu� anche essere di tipo infanticida. Tale comportamento
ha un chiaro significato adattivo e di accesso all�accoppiamento, come quando, ad
esempio, un individuo uccide i cuccioli non suoi che incontra nel territorio.
Pertanto, nel maschio, l�aggressivit� si presenta con dinamiche diverse a seconda
delle varie situazioni ambientali.
Nella femmina, il comportamento aggressivo � invece messo in atto
soprattutto nella competizione per il cibo, con particolare riferimento alla fase
post-partum e durante l�allattamento. All�interno del deme familiare, infatti,la
femmina attacca quando si ritrova in una situazione di provocazione sociale. Essa
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cio� attacca per proteggere i propri piccoli da un intruso, oppure combatte in
difesa del cibo.
Le condizioni di laboratorio alterano fortemente il sistema di struttura
familiare sopra descritto, costringendo i topi in condizioni di isolamento, oppure
di coabitazione con una data femmina, e quindi alterano profondamente la
normale formazione del deme familiare. D�altra parte, anche se il �setting�
sperimentale non permette l�analisi del comportamento murino nel suo ambiente
naturale, esso permette per� l�analisi e il controllo di molte variabili utili ai fini
della ricerca sull�aggressivit�.
Una variabile che viene frequentemente studiata � l�attacco tramite morsi,
un elemento saliente dell�aggressivit� murina. Tale comportamento, infatti,
permette di caratterizzare la natura offensiva o difensiva del comportamento
aggressivo, a seconda delle zone che vengono colpite dal morso. Nel
comportamento difensivo, infatti, le regioni pi� vulnerabili vengono morse pi� di
frequente. Questo atto molto rapido � generalmente preceduto da una �minaccia
laterale�, ossia da una rotazione del corpo accompagnata dall�erezione del pelo e
da piccoli passi diretti verso l�avversario, senza per� che tali attacchi laterali
esitino obbligatoriamente in un attacco mordace.
Un altro tratto distintivo di questa modalit� di comportamenti � la rapida
vibrazione della coda, di solito molto veloce e che riflette una condizione di alta
eccitazione dell�animale. Intramezzati a questi comportamenti aggressivi, inoltre,
il topo pu� anche mettere in atto comportamenti non aggressivi, come il
camminare, l�annusarsi e il lisciarsi il pelame. Un�altra variabile di cui spesso si
tiene conto per stabilire il grado di aggressivit� del roditore � la cosiddetta latenza
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d�attacco, ossia l�intervallo temporale che intercorre tra la comparsa dello stimolo
minaccioso e l�azione aggressiva vera e propria.
1.3.1 I ceppi murini per lo studio del comportamento aggressivo
Gli studi sull�aggressivit� nel topo di norma utilizzano vari ceppi di topi,
selezionati attraverso specifici programmi sperimentali.
Un importante programma di selezione per i caratteri aggressivi nel topo
fu eseguito nella citt� finlandese di Turku su una popolazione di topi Swiss albino,
classificando ciascun topo analizzato come appartenente alle due categorie TA e
TNA. Per essere classificati in TA (Turku Aggressive) e NTA (Turku Non
Aggressive), i topi venivano sottoposti ad un test di confronto agonistico, che
permetteva di valutare il grado di aggressivit� di ciascun animale. Il grado di
aggressivit� veniva definito sulla base di una scala a 7 punti, in cui i punteggi
bassi indicano un animale docile (NTA) mentre i punteggi alti indicano un
animale aggressivo (TA) (Lagerspetz,1964 e Sandnabba, 1996).
Al fine di selezionare i topi con caratteristiche di tipo TA, i maschi
appartenenti a questa categoria furono poi accoppiati con le sorelle di altri maschi
con punteggio elevato. Per selezionare i topi con caratteristiche NTA, invece, i
maschi con basso punteggio furono accoppiati con femmine sorelle di altri maschi
con basso punteggio. Questo protocollo di accoppiamento permise di mantenere la
condizione di �outbreeding�del ceppo di partenza, evitando l�accoppiamento fra
consanguinei e mantenendo costantemente un controllo randomizzato sulla
progenie, con il risultato finale di ottenere differenze significative sulle
caratteristiche aggressive gi� fin dalla seconda generazione.
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Anche nel ceppo murino outbred ICR sono state individuate due
subpopolazioni caratterizzate da comportamenti aggressivi opposti: i topi NC900
e NC100 (Gariepy, et al.,1996). Per selezionare il tipo di comportamento
aggressivo di questi topi, ognuno di essi fu sottoposto ad uno scontro con un altro
maschio in una gabbia neutrale, assegnando poi a ciascun soggetto maschio un
punteggio sulla base di 33 variabili, tra le quali la latenza d�attacco e il numero di
attacchi effettivi. Anche in questo caso fu poi usato il protocollo di
accoppiamento utilizzato nel caso dei topi TA e NTA. Per selezionare il ceppo
NC900, infatti, i maschi con elevato punteggio furono accoppiati con sorelle di
maschi con alto punteggio, mentre per il ceppo NC100 furono accoppiati maschi
e sorelle di maschi con basso punteggio, evitando comunque ogni accoppiamento
tra consanguinei. Nel corso della selezione, i punteggi della generazione con alto
punteggio non cambiarono. Nella generazione con basso punteggio, invece, dopo
la quarta generazione, il punteggio si avvicin� allo zero.
I ceppi SAL (breve latenza d�attacco) e LAL (lunga latenza d�attacco)
sono due ceppi selezionati da un�unica popolazione iniziale di topi selvatici, sulla
base della latenza d�attacco nei confronti di un maschio avversario in un "resident-
intruder test" (Stork et al.,2000). I maschi SAL che presentavano una latenza
d'attacco breve, furono accoppiati con sorelle di maschi con latenza d�attacco
breve, mentre i maschi LAL (con lunga latenza d'attacco) furono accoppiati con
sorelle di maschi simili. La caratteristica di latenza di attacco breve si selezion�
sin dalla prima generazione, mentre la caratteristica di latenza d'attacco lunga si
selezion� stabilmente solo dopo la quarta generazione.
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I pattern comportamentali di tipo LAL e SAL sono paradigmatici di due
modalit� che possono osservarsi anche in condizioni naturali nelle comuni
popolazioni di topi selvatici, suggerendo che questi comportamenti possono essere
adattativi in condizioni ambientali differenti. Infatti un comportamento di tipo
LAL potrebbe essere adattativo quando i maschi hanno una famiglia stabile,
mentre il comportamento di tipo SAL � utile al topo quando esso deve mantenere
attivamente un nuovo territorio. Infine, i due ceppi LAL e SAL, differiscono tra
loro nei livelli di testosterone perinatale e adulto, nonch� nella sensibilit� tissutale
al testosterone.
L�aggressivit� offensiva delle femmine di topo � stata valutata tramite test
basati sulla competizione per il cibo, dopo un periodo di deprivazione. I ceppi a
tal fine studiati sono stati il BALB/c e il C57BL10. In analogia a quanto �
osservato nei maschi, anche alcune femmine mostravano un comportamento
aggressivo. In questi test non competitivi il punteggio di aggressivit� veniva
stabilito su una scala a 7 punti e successivamente anche in questa selezione, le
femmine selezionate furono accoppiate con il protocollo sopra esposto di
mantenimento dell�outbreeding. Questi studi, inoltre, hanno evidenziato il
comportamento aggressivo delle femmine dipende sia da fattori genetici che da
fattori socioambientali postnatali. Le femmine ad esempio, tendono ad essere pi�
combattive se cresciute in gruppo rispetto al maschio, e mettono in atto
comportamenti di natura aggressiva simili a quelli dei maschi che dopo lo
svezzamento vengono messi in isolamento.(Miczek et al., 2001).
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1.3.2. I paradigmi sperimentali per lo studio del comportamento aggressivo nel
topo
I paradigmi tradizionalmente usati in laboratorio per studiare il
comportamento aggressivo nel topo consistono di varie situazioni sperimentali,
quali:
a) Analisi dell�aggressivit� di tipo difensivo: consistente nell�isolamento di un
singolo topo residente in una gabbia per un certo periodo di tempo e in tempi
successivi l'aggiunta nella stessa gabbia di un secondo animale "intruso", con
osservazione della reazione aggressiva del topo residente (Puglisi-Allegra, 1994).
b) Esposizione a stimoli dolorosi: uno shock elettrico viene somministrato
all'animale e se ne osserva la risposta difensiva aggressiva (Andrade de Frias et
al.,1987,1988; Zucchi et al., 1994).
d) Esposizione di femmine in allattamento ad un intruso: si osserva la reazione di
femmine che allattano i loro piccoli all'introduzione di topi maschi nello stesso
ambiente(Palanza et al., 1994; Rosenblatt et al., 1994).
e) Competizione scaturita da una condizione di deprivazione di cibo, per lo studio
dell�aggressivit� predatoria (Blanchard and Rogers, 1990; Zagrodska et al.,
1989).
f) Analisi all'interno del gruppo della coesione sociale di una colonia di topi, per
lo studio dell�aggressivit� all'interno del gruppo (Aureli et al., 1995; Gordon and
Gust, 1993; Pellis and Pellis, 1993; Rosvold et al., 1954).
Questi paradigmi utilizzano e considerano variabili diverse, analizzando
tipologie di aggressivit� diverse e usando tipi di contesti diversi, nonch� diversi
ceppi murini.
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1.4. L’uso del gatto come modello per lo studio dell'aggressività
Il gatto rappresenta un altro modello animale di grande utilit� per lo studio
dell�aggressivit� il cui utilizzo, grazie alla vasta conoscenza della neurofisiologia
di questo animale, permette di correlare direttamente un dato comportamento con
i centri neuronali e con i sistemi di neurostrasmettitori che lo regolano.
Nel gatto, lo studio sull�aggressivit� si basa essenzialmente su concetti ben
definiti di comportamento aggressivo: il comportamento predatorio, o di attacco,
e il comportamento difensivo (Siegel, 2001). Entrambi questi comportamenti
rappresentano modelli di grande utilit� per lo studio dell�aggressivit�, grazie al
loro significato etologico e alla loro replicabilit� nell�ambito sperimentale.
I contributi forniti dallo studio sul gatto sono stati di grande utilit� per la
comprensione della neurobiologia dell�aggressivit� umana, permettendo di
indagare l�importanza dei circuiti neurali e dei neurotrasmettitori connessi con
questo comportamento.
1.4.1. Il comportamento aggressivo offensivo
L� �attacco predatorio�, di natura offensiva � generalmente diretto contro
un animale di piccola taglia come un topolino, e di norma non � mai
accompagnato da un�esibizione violenta di rabbia. Sebbene un gatto appaia
eccitato mentre si scaglia su un topo e lo morde, esso non mostra segni di rabbia e
perpetra l�attacco a sangue freddo e in modo spietato.
Le caratteristiche salienti di questo tipo di comportamento del gatto sono
l�aria circospetta, il suo stato di allerta e il movimento rotatorio che esso compie
attorno all�oggetto da attaccare. Nell�inseguire furtivamente un topolino, il gatto
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balza repentinamente su di esso, indirizzando potenti morsi alla testa e alla
regione del collo. Il gatto non ringhia o strepita e smette di attaccare appena la
preda cessa di muoversi.
Sebbene la predazione serva a procurare cibo, molti studi rivelano che i
meccanismi cerebrali che organizzano il comportamento predatorio nel gatto non
coincidono con quelli che controllano il comportamento nutritivo. Questi due
gruppi di meccanismi possono infatti essere stimolati indipendentemente l�uno
dall�altro. Come tutti sappiamo un gatto pu�, spesso, braccare e uccidere roditori
o uccelli anche se non � affamato e sembra dilettarsi in questa attivit�,
indipendentemente dalla sua utilit� nel procacciare cibo.
1.4.2. Il comportamento aggressivo difensivo
Nel corso di un�esibizione difensiva, il gatto manifesta alcuni tipici segnali
comportamentali, quali l�inarcamento del dorso, l�irrigidimento del pelo (in tal
modo apparendo di grandi dimensioni), l�appiattimento delle orecchie, lo
sfoderamento degli artigli e l�emissione di brontolii e di sbuffi. Durante questi
tipi di comportamenti le pupille si dilatano e i battiti cardiaci e la pressione
sanguigna si accelerano.
In condizioni naturali, questo tipo di comportamento � diretto contro un
animale della stessa specie, o di specie differente, ed ha natura difensiva nei
confronti del proprio territorio o dei propri cuccioli. Il sibilo, in particolare, � un
comportamento tipico che il gatto usa anche per mantenere la dominanza sociale.