[angois], « désespoir », « nostalgie », « vide », « abîme », montre que la
condition militaire lui fut insupportable.
2
Per quanto ogni studioso di Céline abbia accennato alla guerra in un
numero più o meno limitato di pagine del suo lavoro, gli studi
espressamente e integralmente consacrati a questo tema si riducono a
tutt’oggi a Céline et la guerre, raccolta degli atti del simposio tenutosi a
Caen nel 2006 e, Le cuirassier blessé: Céline, 1914-1918 di Jean Bastier,
edito dalla casa editrice du Lérot nel 1999. Se da una parte non abbiamo
difficoltà a riconoscere il nostro debito nei confronti di questi lavori, ci
sembra opportuno segnalare come la ricerca del Bastier, che molto sembra
promettere fin dal titolo, si esaurisca poi di fatto in una ricostruzione
storica, comunque puntuale, soprattutto se si considera la ricostruzione
delle vicende della settima divisione di cavalleria, che annoverava fra le
sue file il nostro autore. Uno strumento certamente prezioso per chi, come
noi, consideri fondamentale il vissuto dello scrittore, ma onestamente poco
utile se si voglia porre al centro dell’attenzione il riflesso letterario, che il
Bastier lascia assolutamente in ombra.
E’ infatti nel capolavoro, come del resto in tutta l’opera di Céline, che
la guerra, conosciuta e vissuta da soldato, e non da osservatore, trasfonde
quei tratti significativi che qui tenteremo di analizzare, al fine di
dimostrarne l’importanza capitale: proprio quel mondo di ossessioni e di
tormenti determina in modo decisivo la struttura stessa del testo, plasmando
l’essenza di quel Céline scrittore, che come dice Frédéric Vitoux
allait naître a partir de cette première apocalypse.
3
Tratteremo perciò nel presente lavoro, che, pur condotto su una base di
mera compilazione, non rinuncia ad un intento di ricerca per quanto senza
ambizioni sperimentali di sorta, i temi correlati ad alcuni aspetti tipici del
cosiddetto “mestiere delle armi” che nel Voyage hanno colpito di più la
nostra attenzione, ripartendo la materia in capitoli che seguano da vicino i
momenti propri della vita di un esercito. Per mantenere un carattere
2
GIBAULT, François, Céline, Le Temps des espérances (1894-1932), première partie, Mercure
de France, Paris,1986, p. 127.
3
VITOUX, Frédéric, La vie de Céline, Gallimard, Folio n° 4141, Paris, 2004, p. 124.
5
organico alle nostre analisi abbiamo ovviamente tenuto in debita
considerazione i canoni della scienza militare e in particolare quelli
enucleati da un illustre capitano del Diciassettesimo secolo quale è
Montecuccoli
4
, utilizzando il più possibile in funzione di riscontro gli altri
testi celiniani che offrano collegamenti e rimandi agli argomenti trattati nel
Voyage.
Riferendoci dunque alle parti della scienza militare, parleremo di
“organica”, quando ci soffermeremo sulla ripartizione di personaggi in base
al grado, ruolo od allo status, di “operazioni” in riferimento alle azioni
della guerra descritte sempre con traslata puntualità biografica dall’autore
del Voyage, di “logistica” laddove tratteremo di tutto ciò che attiene ai
mezzi per assicurare la sussistenza e l’efficienza dei soldati e, infine, di
“disciplina” quando sviscereremo quegli aspetti del comportamento
militare, che le regole dei codici militari identificano come corretti oppure
come deviati. E’ infatti in questo contesto estremamente realistico e
descritto nelle sue pagine quasi con distaccata e scientifica cognizione di
causa che Céline si sforza di raggiungere quel bene supremo identificato
con la Libertà: ogni singolo momento della vita militare, fissato nel
romanzo in tutto il suo tragico rigore, trasmette nel lettore tutta l’energia
necessaria per mirare ad evadere dalla prigionia della costrizione e per non
cadere nella tentazione di considerare inesorabile quel destino di sofferenza
e di morte.
Concordando con le considerazioni di Chuat, che mette in rilievo
come
L’expérience de la guerre a probablement déterminé sa double
vocation d’écrivain-médecin, qui lui a permis, sinon de surmonter ce
traumatisme, du moins d’en tirer parti. Sa vocation d’écrivain-aventurier
remonte aux Carnets du cuirassier Destouches,
5
rileggeremo il capolavoro céliniano soffermandoci sui passi nel quali
l’autore descrive la guerra in modo apparentemente indiretto. Sulla scorta
di queste pagine cercheremo di individuare nei dettagli quei tratti della vita
4
Raimondo Montecuccoli (1609-1680) è il primo a presupporre come l’organica e la logistica
debbano essere considerate a tutti gli effetti branche dell’arte militare.
5
AAVV, Céline et la Guerre, actes du seizième colloque international Louis-Ferdinand Céline,
Caen 30 juin – 2 juillet 2006, Société d’études céliniennes, Paris, 2007, p. 100.
6
militare che costituiranno per il Nostro, imprimendosi nel suo spirito con
tutta la potenza dell’esperienza vissuta, il punto di partenza per la sua
maturazione spirituale e, nel contempo, per l’affinamento della sua tecnica
narrativa.
Fisseremo dunque nel nostro lavoro le impressioni che abbiamo tratto
ripercorrendo il Voyage nella maneggevole edizione della collezione Folio,
il numero 28, senza tuttavia dimenticare, per una corretta prassi filologica,
di riscontrare il testo, ogni qualvolta ci è parso opportuno sia per questa che
per le altre opere di Céline, nell’edizione dei Romans stabilita per la
Bibliothèque de la Pléiade da Henri Godard
6
. Abbiamo tenuto presenti,
ovviamente, anche le principali traduzioni italiane, che riportiamo in
bibliografia, e che in qualche caso discutiamo nelle note.
I dati che più si prestano alla nostra analisi appaiono concentrati nei
primi nove capitoli del Viaggio, allorché si superi l’iniziale delusione di
fronte a un condensato di aridità testuale al quale ci rendiamo conto di
trovarci di fronte a dispetto di un argomento supposto inizialmente colmo
di azione. Ma l’analisi di ogni minimo e a prima vista insignificante
dettaglio riposa sulla convinzione che le parole, e segnatamente ogni
parola, rechino in sé l’eco di una esperienza significativa, in un contesto
narrativo nel quale verba et res, intimamente anche quando velatamente
connesse, sembrano offrire in modo sempre più insistente il motivo
fondamentale per iniziare questa ricerca.
Tralasceremo di conseguenza l’analisi di ogni “ventura e sventura” di
Ferdinand Bardamu o di altri protagonisti, né tanto meno indagheremo, a
riguardo dell’autore, su cosa mai possa avere spinto un intellettuale, un
letterato, a percorrere una via così accidentata muovendo dall’estremismo
quasi, per così dire, “interventista” per giungere a una visione
apparentemente “pacifista”, non senza passare per il rifiuto della gerarchia
e l’insofferenza all’autorità.
Non ci sembra quindi fondamentale considerare che il Nostro, al pari
della sua creatura letteraria, si sia in un primo tempo arruolato come
volontario, per assumere poi atteggiamenti “anarcoidi” (da “anarchico di
destra” se così si può dire), divenendo in fine un accanito detrattore della
guerra, e poco importa precisare, per quanto attiene ad un suo presunto
interventismo, come Céline, all’epoca non ancora affermato scrittore, di
6
CÉLINE, Louis-Ferdinand, Romans I, II, II, IV, édition présentée, établie et annotée par Henri
Godard, Gallimard, Paris, 2003, 2001, 1988, 2002.
7
fatto non prese “ufficialmente” posizione nel dibattito politico alla vigilia
dello scoppio della Grande Guerra.
E non ci inoltreremo nemmeno in modo compiuto sui sentieri dello stile di
questo scrittore che possiamo porre fra i grandi del secolo passato,
confortati anche da quanto sostiene – ma si tratta di una fra le tanti voci nel
mare magnum della critica – Pascal Ifri:
est aujourd’hui considéré en France pratiquement comme l’égal de
Proust
7
.
Quello che ci affascina in particolare, e ha costituito per noi il punto di
riferimento sicuro, è esclusivamente quel suo modo tutto particolare, di
riportare il linguaggio parlato, destrutturandolo nell’espressione grazie ad
accorgimenti quali i puntini di sospensione e al frequente uso di termini
argotici come preludio a prolungate e, verrebbe da dire, verbose visioni.
Un tratto, questo, che anticipa quelle future frantumazioni del linguaggio
care, fra gli altri, a un Eugène Ionesco e che, come abbiamo già avuto
modo di rilevare altrove
8
, prelude a quella nuova forma di scrittura capace
di portare alla più riposta compiutezza addirittura la singola parola, che “da
significante unico e ben preciso si sdoppia, per la sua esplosione, in altre
dal significante nullo”, prive del senso logico ma non di quello sonoro.
Ebbene, in Céline, che proprio in questo appare acuto e geniale precursore,
non solo non si riscontra mai questa perdita di significato, ma, al contrario,
la parola viene così tanto calibrata anche tecnicamente, al punto da
stimolare in ogni momento a comprenderla in ogni suo significato più o
meno palese.
Si comprenderà quindi perché, presi dal nostro approccio, non
accenneremo nemmeno alla cosiddetta “questione ebraica”, anche se siamo
senza alcun dubbio convinti che essa sia di capitale importanza per
comprendere appieno la figura contraddittoria dell’autore, che non rifugge
da questa “scabrosa” problematica in tutta l’opera sua. Pur accettando di
considerare come “unitaria” tutta la produzione celiniana, e attribuendo
quindi un valore non secondario ai sui scritti cosiddetti politici, a
7
Céline et la Guerre, actes du seizième colloque international Louis-Ferdinand Céline, Caen 30
juin – 2 juillet 2006, Société d’études céliniennes, Paris, 2007, p. 185.
8
BATTAGLIA, Diego, Il linguaggio dell’assurdo nelle pièces La Cantatrice chauve,
Rhinocéros e Le roi se meurt di Eugène Ionesco, diss., Università degli studi di Verona facoltà
di Lingue e letterature straniere, Anno Accademico 2002-2003, p. 58.
8
cominciare dai pamphlets, preferiamo, in considerazione dei fini di questo
studio, non affrontare il discorso, non per questo liquidandolo come
marginale. Di fronte alle reazioni contrastanti che in seno al mondo
accademico suscitano le presunte posizioni “antisemite” dello scrittore, e
alla riprovazione che inevitabilmente finisce con l’esprimere chi si accosti
alla lettura di certi suoi testi, preferiamo fare nostro, in questa fase della
nostra ricerca, l’orientamento di Renato Barilli:
Di fronte a quest’opera, e agli altri pamphlets di uguale natura, è
senz’altro insostenibile l’atteggiamento di chi tenta, a discolpa
dell’autore, la carta dell’interpretazione estrinseca e accidentale: come se,
appunto, la polemica contro gli Ebrei fosse un “incidente”, un corpo
estraneo agevolmente espungibile, senza alcun danno per il volto
complessivo dell’autore. Molto più nel giusto quanti, Gide in primo luogo,
abbozzano un gesto opposto, immergendo anche l’episodio
dell’antisemitismo nel cuore dell’opera céliniana, tentando poi di
diminuirne la gravità con l’invocare la giustificazione della “finzione
letteraria […]
9
A parziale giustificazione di questa nostra solo apparente “reticenza”
potremmo servirci dello stesso explicit del Voyage
[…] qu’on n’en parle plus
10
,
che sembra assumere in questo contesto un significato paradossale:
ben lungi dal “seppellire” nel silenzio una questione così drammatica,
queste lapidarie parole sembrano infatti suonare come monito per le
generazioni future.
Proporremo anche nel corso di questo lavoro tre riflessioni
comparatistiche con la letteratura italiana, non per dimostrazione di mera
erudizione ma perché intimamente convinti che
Non appena cominciamo a leggere attraversiamo dei limiti, operando
per associazioni e connessioni, senza rimanere all’interno di una sola
9
BARILLI, Renato, in, Il Verri, n. 26, Feltrinelli, Milano, 1968, p. 51.
10
CÉLINE, Louis-Ferdinand, Voyage au bout de la nuit, Gallimard, Folio n° 28, Paris, 2007 p.
505.
9
letteratura bensì muovendoci nel grande spazio aperto della «Letteratura»
con la «L» maiuscola, quella che Goethe definì Weltliteratur.
11
A nostro avviso, infatti, il XXI canto dell’Inferno di Dante, la poesia
Fratelli di Ungaretti e un brano tratto da Il deserto dei Tartari di Buzzati,
costituiscono uno stimolo per ulteriori approfondimenti nel campo della
ricerca letteraria: all’appartenenza a un medesimo “contesto” culturale,
quello delle letterature “neolatine”, fa riscontro l’emergere di un indirizzo
stilistico complementare, che trova nella rappresentazione “realistica”
della sofferenza umana la sua cifra comune.
Siamo consapevoli, e ne chiediamo venia, del fatto di avere condotto
la nostra analisi degli aspetti militari presenti nell’opera di Céline secondo
una prospettiva principalmente ermeneutica, tentando di trasporre il
significato degli episodi del Voyage nella cultura e nella mentalità
dell’oggi, magari mediandoli in un contesto tutto “italiano”, e utilizzando
con disinvoltura termini ed espressioni che danno per scontata la
padronanza quanto meno degli elementi della scienza militare. Solo
sporadicamente, laddove noi stessi ritenevamo oscuro un qualche concetto
entrato nella tradizione degli studi militari, abbiamo fatto riferimento alla
specifica letteratura, lasciando tutto il resto come mero dato acquisito: in
questa direzione ci ha portato, talvolta anche inconsapevolmente, la nostra
peculiare cultura acquisita nel corso degli anni, da giovani allievi ufficiali
presso l’Accademia a Modena prima, e nella vita professionale poi. E’
infatti con fierezza, pari alla consapevolezza di averne forse distorto il
senso letterale, ma non la problematicità intrinseca, che poniamo ad
epigrafe di questo lavoro le parole iniziali del De corona militis di
Tertulliano.
Ringraziamo il Service Historique de la Défense francese che ci ha
permesso di consultare nelle sue sale di lettura al Château de Vincennes gli
storici del 12
e
cuirassier, ed Émile Brami con il quale abbiamo avuto il
piacere di parlare appassionatamente di Céline nella sua “Librairie d’Un
Livre l’autre” della parigina rue Brea, avvalendoci anche con profitto del
suo Céline
12
e del suo Céline, Hergé et l’affaire Haddock.
13
Ringraziamo
anche alcuni amici ufficiali d’oltralpe, con i quali abbiamo approfondito
11
BASSNETT, Susan, Introduzione critica alla letteratura comparata, Lithos editrice, Roma,
1996, p. 20.
12
BRAMI, Émile, Céline, Écriture, Paris, 2003.
13
BRAMI, Émile, Céline, Hergé et l’affaire Haddock, Écriture, Paris, 2003.
10
alcuni aspetti di questo lavoro relativi al mondo delle armi francesi per
permetterci di proporre al relatore di questa nostra tesi, il Professor
Ruggero Campagnoli, e alla correlatrice, la Professoressa Anna Soncini,
un lavoro che fosse almeno non eccessivamente imperfetto.
11
SITUAZIONE
Una personalità letteraria contraddittoria e di così difficile
interpretazione come quella di Céline, personalità complessa quanto la sua
opera, che già avevamo incontrato durante il nostro cursus studiorum,
emerge in tutte le sue sfaccettature anche quando la si affronti da una
prospettiva particolare come quella che offre il tema della guerra
nell’ambito letterario.
Indagare il personaggio da questa angolatura costituisce anche una sorta di
sfida, allorché si cerchi di portare alla luce ciò che appare come una
paradossale evidenza: è infatti l’uomo con il suo carattere e con le sue
scelte di vita che nasconde e si palesa nel contempo nelle forme spesso
faticosamente afferrabili della sua prova letteraria. E’ la ricerca quasi
“fenomenologica” di questa che rappresenta per noi, a detta di Henri
Godard
le point névralgique de notre expérience actuelle de la littérature.
14
Già il fatto che Céline sia considerato dalla maggior parte dei critici
come scrittore di difficile comprensione, la cui lettura non mette di certo,
almeno di primo acchito, il lettore a suo agio, ma al tempo stesso, come un
narratore fra i più grandi, se non l’inventore di un genere letterario e
linguistico che rompe con la tradizione classica del romanzo
15
, pone di per
sé non pochi problemi ermeneutici. In cosa consiste la “grandezza” di
Céline? Rimanendo nei limiti del nostro tema, potremmo rispondere che le
necessità della vita, e in modo particolare quelle connesse con
un’esperienza così particolare come quella della guerra si traducono in un
sistema letterario e stilistico coerente che si esprime, come fa notare
Pierre Drieu La Rochelle
[...] au-delà meme de ce très haut surréalisme qui éclate dans certains
épisodes
16
du Voyage au bout de la nuit [...]
17
.
14
GODARD, Henri, Céline scandale, Gallimard, Paris, 2000, p. 157.
15
LALANDE, Bernard, Voyage au bout de la nuit, Louis-Ferdinand Céline, Collection Profile
Littérature dirigée par George Décote, Série Profil d’une œuvre, n° 50, Hatier, 2004, p. 5.
16
Si pensi all’episodio del Voyage in cui Bardamu compera contrattando da una famiglia ai
quali i tedeschi hanno appena ucciso il figlioletto e prosciugata la cantina, del vino bianco per
dissetarsi.
12
Con metodo implacabile Céline analizza l’uomo, per proporcelo
scevro degli aspetti psicologici caratteristici della precedente tradizione
romanzesca, tratteggiatolo durante il suo peregrinare a mo’ di marcia in un
mondo che lo aggredisce e lo respinge.
Per comprendere meglio la dimensione oltremodo concreta alla quale
lo scrittore attinge in ogni momento, è opportuno premettere un quadro
della “situazione”, evidenziando quei lineamenti che riteniamo siano stati
determinanti nel contribuire a far concepire allo scrittore, come direbbe
Paul Bourniquel a proposito di Voyage au bout de la nuit, il suo “romanzo
di guerra”:
Il y a en fait dans ce volume quatre romans: un roman de guerre, un
roman colonial, un américain et un médical.
18
Della Grande Guerra, alla quale Loius Ferdinand partecipa ancora
ventenne, non abbiamo più di fatto, per dirla con Godard, una memoria
diretta:
Plus personne parmi nous n’a connu la vie d’avant 1914, mais nous
savons de science certaine que rien, ni la sensibilité, ni les idées, ni les
repères, ni les mœurs ni les techniques, ni les arts, n’y était tout à fait
semblable à ce avec quoi nous vivons.
18
Resterà quindi almeno in parte inafferrabile quella rottura dell’ordine
naturale delle cose, che la visione “eroica” imposta dall’alto e impressa
nella mente del giovane combattente non riesce ad attutire, e che costituisce
l’ambiente principale nel quale lo scrittore redige non solo il testo de il
Voyage ma l’intera opera sua, facendo rivivere il suo “viaggio”, e
l’esperienza traumatica che ne deriva, nel viaggio di Bardamu.
Nato nel 1894 a Courbevoie, un sobborgo di Parigi, Louis-Ferdinand
Destouches vive con la famiglia e di modesti impieghi fino a quando, il 3
17
In DAUPHIN, Jean-Pierre, a cura di, Les critiques de notre temps et Céline, Garnier, Paris,
1976, p. 99.
18
Ibidem, p. 27.
18
GODARD, Henri, Céline scandale, Gallimard, Paris, 2000, p. 47.
13