INTRODUZIONE
banlieuesards la “feccia” delle periferie, descrivendo i rivoltosi come una massa
inferocita di teppisti pronta a distruggere tutto per vendicare i due giovani uccisi
(secondo loro per mano della polizia), ossia una sorta di “furia cieca” imbevuta di
nichilismo, che si sarebbe spenta da lì a poco. In seguito al fatto che le sommosse si
fossero estese a quasi tutte le città francesi, esso veniva spiegavano come un semplice
spirito di emulazione, un catartico gioco violento per giovani delinquenti.
Altri interpreti hanno cercato di spiegare quello che stava avvenendo in Francia
partendo da un'analisi storico sociale, attribuendo la causa della rabbia dei giovani a
motivazioni legate esclusivamente a fattori etnici, culturali e religiosi come
conseguenza del deteriorarsi del processo di integrazione dei popoli immigrati.
Un ultima grande spiegazione, che poggia le sue basi sull'analisi socio-economica,
affermerebbe invece che le rivolte delle banlieues sarebbero il frutto della spietata
esclusione dal mercato del lavoro dei giovani delle “zone urbane sensibili” (ZUS) e più
in generale di degrado nel quale vertono le periferie cementificate in cui sono
concentrati la gran parte dei cittadini giovani francesi.
La motivazione che però mi ha spinto emotivamente ad approfondire l'argomento è
stato un discorso di R. Prodi, in cui a grandi linee affermava che se non si prendono
provvedimenti in merito anche le nostre periferie italiane potrebbero esplodere in breve
tempo. Discorso che ho trovato allarmistico e lontano dalla realtà dei fatti poiché le
nostre periferie, non possono oggigiorno essere paragonate alle immense periferie di
Parigi o Lione, Marsiglia o Bordeaux; anzitutto per l'estensione, per la collocazione
logistica (per il fatto che i nostri “quartieri” sono interni alle città, mentre le banlieues
distano dal centro cittadino anche quaranta cinquanta chilometri) ed infine e soprattutto
per la diversa composizione etnica, (è vero che negli ultimi anni molte sono le famiglie
di immigrati che ricevono dal comune alloggi popolari, ma sono ancora una netta
minoranza rispetto agli italiani, a differenza delle banlieues abitate prevalentemente da
immigrati, di seconda e terza generazione).
In questi mesi ho così raccolto molto materiale sull'argomento utilizzando diverse fonti:
principalmente mi sono procurata i saggi tradotti in italiano e in lingua originale redatti
subito dopo gli avvenimenti, essenziali sono state le analisi di: H. Lagrange, M. Oberti,
J. Daniel, V. Le Goaziou, E. Quadrelli. Da Internet ho scaricato articoli e saggi di
2
INTRODUZIONE
sociologi e urbanisti e video-interviste a politici francesi e a giovani protagonisti della
rivolta, che mi hanno dato un quadro chiaro e dettagliato della ricezione dell'evento in
Francia. Inoltre molto utile è stata la visione di due film sulla condizione sociale nelle
periferie francesi: “La Haine” di M. Kassovitz (1995) e “L'esquive” di A. Kechiche
(2002), (basati quotidianità di giovani banlieuesards, le cui ambientazioni mostrano le
condizioni abitative, scolastiche e lavorative degli abitanti dei “quartieri sensibili”).
Altre fonti da me utilizzata sono stati i testi di canzoni Rap, vera colonna sonora della
vita nelle periferie. I cantanti rap essendo loro stessi banlieuesards, ben sanno
descrivere storie e sogni che provengono dalla miseria, dall'emarginazione, parlano
della mancanza di prospettive, del razzismo e delle discriminazioni quotidiane, della
repressione poliziesca e del vuoto politico.
Infine ho avuto anche la possibilità di visitare Parigi e vedere personalmente questi
agglomerati urbani chiamati banlieues, che mi ha reso l'idea della condizione generale
di esclusione abitativa e sociale.
Di tutto il materiale raccolto e analizzato ho voluto porre l'attenzione sui protagonisti di
queste sommosse: giovani e giovanissimi per la maggiora parte figli dell'immigrazione,
cercando di individuare le ragioni che li hanno spinti a ribellarsi, in modo così violento
e spettacolare, contro la Repubblica francese.
La mia analisi è partita dunque dalla descrizione della composizione etnica dei rivoltosi
e delle differenze tra gli stessi (nordafricani e subsahariani), dal loro rapporto con la
violenza (bande giovanili) e con la propria religione d'origine (Islam). In secondo luogo
ho enucleato l'insieme delle cause strutturali della rivolta (disoccupazione e
segregazione scolastica) e del conseguente rapporto conflittuale con le forze dell'ordine
(stato di eccezione). In ultima analisi ho trattato delle modalità di organizzazione e
sviluppo della rivolta in se stessa e della comunicazione del fenomeno in generale da
parte dei mass medias, visto l'importanza essenziale non tanto dell'accaduto ma della
sua spettacolarizzazione, nella nostra società dell'immagine. Nel far ciò, ho dato un
taglio prettamente fenomenologico, ossia ho lasciato “parlare” i protagonisti della
rivolta, non tralasciando il controverso ruolo delle donne, parte attiva e integrante della
scena francese.
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INTRODUZIONE
In sintesi il messaggio che hanno voluto lanciare in coro questi giovani: “anche noi
esistiamo e siamo stufi di essere sistematicamente definiti, teppisti, feccia e ultimamente
integralisti, chiediamo rispetto”, li differenzia nettamente da altre rivolte urbane
avvenute in altri paesi. In quanto non è stata l'appartenenza etnica o religiosa ad
accomunarli, poiché i giovani che hanno partecipato ai tumulti non erano solo figli di
immigrati, ma anche di francesi, tantomeno si trattava esclusivamente di bande di
delinquenti, poiché all'interno vi erano anche gruppi politici organizzati. Ciò che li ha
uniti in questo forte gesto di ribellione è stato il sentirsi vittime comuni di un sistema
che li vuole esclusi quando sfruttati.
Oggi i giovani, principalmente i figli di immigrati, ma non solo, sono le prime vittime
delle politiche neoliberiste, che li relega in una condizione esistenziale che oscilla fra la
disoccupazione (e tutto ciò che comporta) e la precarietà lavorativa, che nega loro
qualsiasi possibilità di riscatto sociale e ne fa una massa acritica strumentale ai tempi
della produzione capitalista.
Dove sono andati a finire dunque i tanto sbandierati valori della fraternità, legalità e
dell'uguaglianza, che facevano della Francia la patria dell'integrazione e della
multiculturalità?
Tutto questo mi ha portato a riflettere sulle politiche sociali ed economiche, sui modelli
di democrazia e di cittadinanza che non toccano solo la Francia, ma tutti i paesi
occidentali. La crisi non riguarda una scontro tra culture e religioni diverse, bensì
l'implosione di un modello globale di sviluppo economico basato sull'esclusione e la
discriminazione sociale.
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CAPITOLO 1: BANLIEUES
CAPITOLO 1: BANLIEUES
1.1 Periferie: banlieues
«I caratteri più evidenti della segregazione urbana rafforzano l’impressione di una realtà
polarizzata, duale, delle metropoli, in cui i quartieri più ricchi contrastano con quelli più
poveri, che in Francia coincidono con i grandi complessi residenziali di edilizia
popolare Hlm (Habitation à loyer moderé) situati nelle periferie urbane.»
[M. Oberti 2006: pp 186]
Banlieue: termine nato nel 1185. Composto dalla radice ban e da lieu, ban designava la
giurisdizione esercitata dalla sovranità, lieu la distanza spaziale.
Banlieues era lo spazio intorno ad una città sul quale si esercitava la sovranità.
Nel passato feudale erano i luoghi dove il re reclutava vassalli per la guerra, o anche il
luogo dove si veniva “banditi”, messi al bando.
Nel corso del XVII e XVIII secolo il termine banlieue subisce ancora un’evoluzione,
che va di pari passo con quella del paesaggio urbano: territorio e insieme di località
circondanti una grande città.
Nel 1989 appare il derivato banlieuesard, ideato per designare in maniera dispregiativa
gli esuli dei comuni suburbani e che ormai si attribuisce principalmente agli abitanti
delle banlieues parigine.
All’oggi il senso della parola banlieue è: “uno spazio che si situa lontano dal centro, alla
periferia, ma che nondimeno è sotto la dipendenza del potere centrale.1
Dopo la II Guerra Mondiale, la Francia è in gran parte distrutta dai bombardamenti e la
crisi abitativa è uno dei problemi principali, a cui dover porre un immediato rimedio.
L’imperante bisogno di alloggi, è inoltre accentuato da una forte crescita demografica, il
famoso baby boom, inedito fino ad allora. Le banlieues nel senso che intendiamo qui,
sono il risultato della formidabile impresa di ricostruzione e di rinnovamento che è
cominciato negli anni cinquanta e proseguirà lungo tutti i “Trente Glorieuses” 2
1
Nostra traduzione da V. Le Goaziou e C. Rojzman 2006, pp 9
2
Cfr.: Ibidem, pp 15
5
CAPITOLO 1: BANLIEUES
Le prime abitazioni collettive sono costruite attorno ai grandi centri industriali, lontane
dai centri cittadini. La loro costruzione è ispirata alle teorie urbanistiche di Le
Corbusier, alla sua utopia naturalista.
In quelli che saranno chiamati “grands ensembles”, gli alloggi sono nuovi, spaziosi e
luminosi, costruiti in tal modo per attrarre i cittadini francesi che in quel periodo vivono
un generale miglioramento delle loro condizioni di vita, dato da un maggior potere
d’acquisto.
Infatti i primi abitanti sono di origine sociale differenti: giovani coppie, professionisti,
persone stanche dell’asfittica vita cittadina, etc… gli immigrati arriveranno dopo.
I nuovi abitanti, però, hanno sì delle case ben fatte, ma tutto attorno non ci sono scuole,
ospedali, servizi e mancano assolutamente i trasporti pubblici. Si rimedierà in seguito,
con una “perversa” risoluzione al problema dell’assenza di servizi, fornendone in
quantità, ma privandoli di ogni aspetto qualitativo.
Con il passare degli anni, le banlieues diventano l’unico luogo in cui le famiglie
disagiate in genere, riescono a trovare un’abitazione, diventando così un luogo-simbolo
di iniquità e malessere sociale. Esse si trasfigurano in luoghi invivibili, in cui ci sono
parcheggi e garage ma mancano bar, negozi, ed essenzialmente sono privi di spazi di
socialità. I cittadini delle classi benestanti, torneranno così ad abitare i centri cittadini.
La crisi economica degli anni settanta e ottanta bloccherà nelle banlieues tutti coloro
che non possono permettersi di andare a vivere in città, a causa del forte aumento dei
prezzi degli alloggi privati. Nasce in questi anni il sistema di assegnazione di case a
prezzi popolari per le categorie svantaggiate, famiglie immigrate per la maggior parte.
Il gigantismo privilegiato rispetto all’aspetto qualitativo delle abitazioni, ha determinato
il malessere sociale imperante nelle banlieues, di cui sono responsabili oltre ai politici,
agli investitori pubblici e privati, principalmente gli architetti e gli urbanisti.3
Casermoni di edilizia popolare, HLM, edifici alti sviluppati orizzontalmente, un insieme
smisurato e monotono, chiuso, progettato per essere autosufficiente, dove regna un
ordine spaziale simile ad una prigione, così sono percepite le dai suoi abitanti.
Se un tempo il termine banlieues indicava i quartieri ai margini della città, verso la
campagna, dagli anni settanta le nuove periferie sono state costruite ai margini di quelle
3
Cfr.: Ibidem, pp17
6
CAPITOLO 1: BANLIEUES
già esistenti, a chilometri di distanza dalle città. Oggi giorno il termine indica i quartieri
ai margini dei margini.
«Oggi vengono distinti quattro tipi di banlieues:
Le grandi citées4 di edilizia popolare, ristrutturate o meno, degli anni sessanta e settanta
(caratterizzate da una popolazione giovane, da una forte presenza di stranieri).
Le citées minerarie e industriali del Nord e dell’Est della Francia (con meno immigrati e
più pensionati)
Le citées di edilizia popolare di piccole dimensioni, spesso più recenti e meno isolate,
che annoverano al loro interno un numero maggiore di categorie intermedie.
Vecchi quartieri di certe città del Sud (ambiente urbano molto degradato e forte
presenza di immigrati anziani)
Le sommosse hanno interessato soprattutto il primo tipo di banlieue classificati come
Zus (Zone urbane sensibile).» [M. Oberti 2006, pp189]
A peggiorare la situazione, in questi ultimi anni sono stati emanati una serie di
provvedimenti legislativi in materia urbanistica, che si sono rivelati fallimentari, come
ad esempio una legge redatta del 2005, che prevede la demolizione di 250.000
abitazioni e la ristrutturazione di 400.000, di cui il 16% si trova nelle zone denominate
Zus5, ha provocato il trasferimento delle famiglie che vivevano in questi alloggi in altre
case popolari in attesa della fine dei lavori, con non poco turbamento da parte delle
stesse già vessate dalla precarietà e vulnerabilità sociale.
«Il processo di segregazione investe almeno una cinquantina di quartieri nei comuni
della regione parigina e riguarda da centocinquanta a duecentocinquanta quartieri in
tutto il paese. Nel condurre un vasto programma di demolizione/ricostruzione - ridurre
la concentrazione delle abitazioni più degradate – ma senza il necessario
accompagnamento sociale, si sono trasferite sui più poveri le spese del cambiamento
della nostra organizzazione urbana, senza riuscire a creare nuove forme di solidarietà. In
4 Termine francese per indicare interi isolati composti unicamente di edifici Hlm (habitation à loyer
moderé), o case popolari riconoscibili come unità residenziali a cui fanno riferimento gli abitanti e in
particolare i giovani.
5
Dopo l’introduzione negli anni ottanta di una politica incentrata sullo sviluppo delle aree territoriali
“prioritarie”, queste zone sono state di volta in volta definite come “quartieri degradati” “rioni
sensibili”, “quartieri in difficoltà, e nel 1996 , all’interno della legge sul patto di rilancio delle zone
urbane sensibili, sono state così definite. [M. Oberti 2006, pp 191].
7
CAPITOLO 1: BANLIEUES
questo modo si è preparato il terreno all’esplosione delle sommosse.»
[M. Oberti 2006, pp.243].
L’altro perno della politica nazionale è il principio della mixité, ossia la creazione di
interi quartieri, riqualificando quelli vecchi, in cui possano vivere insieme classi e
gruppi sociali differenti.
Questa forma trova, tra i ricercatori urbani e sociologi, critici che pongono l’accento sul
fatto che non è detto che la prossimità spaziale si trasformi automaticamente in sociale;
che le classi sociali non si adattano di buon grado ad una convivenza con immigrati;
poiché portando sul mercato dell’alloggio popolare chi ha disponibilità economiche
maggiori, si allontanano quelli con meno possibilità di concorrenza sul canone o
sull’acquisto di nuove abitazioni.
C’è quindi una forte correlazione tra la localizzazione dei comuni interessati dalle leggi
nazionali e quella dei comuni che sono stati teatro delle sommosse.
È in questi quartieri periferici, citées, banlieues, che nell’ottobre 2005 è scoppiata
l’ennesima rivolta che ha allarmato politici e sociologi di tutta Europa, dando visibilità
al malessere sociale che attraversa gran parte delle realtà urbane dei paesi
industrializzati.
1.2 Rivolte nelle banlieues
La periferia di Parigi è costellata da quartieri, citées o banlieues, che più volte negli
ultimi venti anni sono stati teatro di scontri e devastazioni: La Courneuve, Le Blanc
Cesnil, Argenteuil, Aulnay sous Bois, Clichy sous Bois, solo della cintura nord di
Parigi. Ci sono poi le periferie di Lione, come Vaux en Velin, o quelle di Strasburgo e
Marsiglia, che pur nella loro diversità, sono accomunate dallo stesso sentimento di
esclusione e di rivolta.
«La storia delle rivolte scoppiate nelle periferie francesi nel corso dell’ultimo quarto di
secolo, descrive del resto una condizione analoga a quella che si è verificata a Clichy
sous Bois. Sono le bavures della polizia, gli eccessi violenti degli agenti, spesso la
morte in circostanze poco chiare di un giovane delle banlieues a dare il via a scontri e
incidenti.
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CAPITOLO 1: BANLIEUES
Possiamo fissare come data simbolica delle prime rivolte nelle banlieues, quella
dell’estate del 1979, avvenuta a Vaux en Velin, nella periferia di Lione. La polizia
intervenendo brutalmente per arrestare un giovane del quartiere, si ritrova a dover
fronteggiare l’intero quartiere in rivolta contro di loro; giovani, vecchi e donne, lanciano
oggetti contro gli agenti che saranno costretti alla fuga.
Ma è nell’estate del 1981, che si giunge al primo grande incendio nelle periferie
francesi. Sono due omicidi a sfondo razziale a dare fuoco alle polveri; un giovane di
origine algerina viene infatti ucciso da un uomo solo perché “faceva troppo rumore”, ed
un altro viene ammazzato a colpi di fucile da un pensionato “giustizionalista”.»
[G. Caldiron 2006, pp.14]
Gli scontri durano per più di due mesi, in cui vengono incendiate centinaia di auto e la
polizia è presa di mira, quale responsabile del mantenimento dello stato di degrado e
violenza generale nei quartieri.
Di nuovo nel 1983 sempre nei dintorni di Lione con le medesime forme, ancora scontri
con le forze dell’ordine e vetture date alle fiamme, ma ancora non viene data loro
un’attenzione mediatica di grande rilievo.
Solo nel 1990 i mass media cominciano a dare risalto anche agli incidenti meno gravi.
Si registrano sommosse nel 1991, nel 1993 ed ancora nel 1997 e 1998.
Negli anni novanta come nei precedenti ci saranno ancora vittime tra i giovani
banlieuesards, seguite a volte da manifestazioni pacifiche, ma più spesso da scontri e
incendi nei quartieri delle citées.
A Vaulx en Velin (Lione), solo per fare un esempio, in dieci anni sono morti quattordici
ragazzi per lo più per mano delle forze dell’ordine.
L’alternanza politica al potere non cambia essenzialmente le cose. La destra succede
alla sinistra e viceversa, ma nelle periferie francesi lo Stato è rappresentato, a detta degli
abitanti, solo dalla polizia (dunque esclusivamente nella sua forma repressiva).
Con il passare degli anni le rivolte si sono estese a tutto il territorio francese; anche nei
centri di provincia e non solo nelle grandi città.
Dal 2000 l’unica novità registrata, è ch’è divenuta pratica usuale festeggiare il
capodanno nelle banlieues, dando alle fiamme il maggior numero possibile di
autovetture.
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CAPITOLO 1: BANLIEUES
1.3 Novembre 2005
Per la loro estensione e durata gli incidenti e le sommosse del 2005, prendono un rilievo
singolare che le distingue sia da quelle urbane dei primi anni ottanta, sia da quelle che
si sono sviluppate nel corso dei primi anni novanta.
Nell’insieme, queste le tre settimane di guerriglia urbana costituiscono la rivolta più
imponente avvenuta in Francia dal Maggio 1968.
Le rivolte nelle banlieues francesi sono iniziate nella città di Clichy sous Bois,
periferia nord di Parigi, in una della più grandi banlieues della città, nel dipartimento6
Seine Saint Denis.
L’antefatto è così sintetizzabile: il 27 ottobre un gruppo di ragazzi black-blanc-beur 7
stazionava vicino ad un cantiere e qualcuno vedendoli, si insospettisce ed avverte la
polizia. All’arrivo delle volanti i giovani cercano di scappare. Alcuni vengono subito
presi, mentre tre di loro Bouna Traorè, (di quindici anni), Zyed Benna e Muttin Altun,
(entrambi di diciassette anni), riescono a scappare e a nascondersi in una centralina
dell’Edf (Azienda Elettrica Francese); ma un fatale corto circuito provoca la morte di
due dei tre. Si salva solo Muttin Altun.
La notizia della morte dei due ragazzi si diffonde in breve tempo, in tutta la periferia e
come immediata reazione, vengono incendiate auto e bidoni dell’immondizia e s’
ingaggiano scontri con le forze dell’ordine da parte dei giovani abitanti di Clichy sous
Bois. Sabato 29 ottobre viene organizzata una marcia silenziosa per commemorare le
due giovani vittime. I partecipanti al corteo indossano una maglia con su scritto “mort
pour rien”, morto per niente. Il sindaco di Clichy chiede ufficialmente al Ministro degli
Interni Nicola Sarkozy, di aprire un inchiesta sui fatti avvenuti. Alla manifestazione
partecipano migliaia di persone.
L’indomani si diffonde la notizia che la polizia intervenendo contro giovani del
quartiere, ha sparato un lacrimogeno all’interno di una moschea, durante la notte del
Ramadan; il capo della polizia nazionale francese dichiara l’intenzione di proseguire
6
I dipartimenti sono circoscrizioni amministrative interne alle regioni
7
Black-blanc-beur usato dalla stampa per mettere in evidenza la loto identità “mista”, simile a quella
della popolazione di buona parte delle periferie del paese
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