6
fondamentale una sana integrazione nel segno del rispetto reciproco. In questo senso l‟accesso ai
servizi bancari si caratterizza come uno strumento ulteriore per favorire l‟attivazione di un circolo
virtuoso fra cittadinanza economica e cittadinanza sociale.
Due sono i versanti dell'accesso degli immigrati alla bancarizzazione: da un lato si tratta
dell'apertura di un mercato promettente ed in prospettiva redditizio, dall'altro però costituisce anche
un intervento importante per aiutare a superare i momenti difficili dell'immigrato facilitandone
l'integrazione. L‟immigrato abbandonato ed escluso dalle varie istituzioni pubbliche e private si può
trovare invece facilmente emarginato e sospinto verso situazioni di potenziale violenza suscettibili di
creare danni sociali estremamente gravi. La sua inclusione deve essere agevolata da tutte le istituzioni
pubbliche e private e anche dai singoli cittadini che molto spesso non comprendono la ricchezza
culturale ed economica che questi uomini e queste donne apportano al nostro paese.
Se queste considerazioni si possono applicare in generale a tutti i paesi, il problema della financial
exclusion o della popolazione unbanked è ancora più marcato in quelli in cui le necessità quotidiane
dei singoli sono molto spesso soddisfatte attraverso l‟uso di servizi bancari.
Il fenomeno della cosiddetta “bancarizzazione” 2 degli immigrati è un fenomeno a lungo non
considerato sia dai ricercatori che dalle banche. L‟interesse per l‟emigrato come operatore economico
sembra iniziare solo a partire dal 1998. In quell‟anno viene infatti realizzato il primo prodotto
bancario confezionato sui suoi bisogni. L‟iniziativa, presa dalla Banca popolare di Milano e
successivamente dal Monte dei Paschi di Siena, rimane però l‟unica di un certo peso fino al 2004
(vedi allegato). Soltanto a partire da questa data, soprattutto per volontà dell‟ABI e con i tavoli di
discussione voluti da Enzo Maria Napolitano intorno al welcome marketing, il migrant banking ha
cominciato ad entrare a pieno titolo nella realtà finanziaria italiana.
Oggi stiamo attraversando una particolare fase di transizione in cui il migrant banking si sta ormai
staccando dai connotati del social banking proiettandosi a pieno titolo come il mercato chiave per la
crescita del retail bancario in Italia. Su questo terreno si sta giocando la vera battaglia concorrenziale
delle banche italiane. Questa presenta proposte innovative di servizi bancarie affiancate e sempre più
ricercate leve commerciali per soddisfare i particolari bisogni bancari degli immigrati. Raro è il fatto
che fino ad oggi in una società in cui ci si sfida su nicchie tanto esigue da risultare poi asfittiche e in
cui se ne cercano sempre di nuove si siano dedicate così poche energie a questa realtà emergente.
Questa nostra tesi costituisce lo sviluppo di un nostro lavoro precedentemente pubblicato3 nel
quale avevamo cominciato a mettere a fuoco alcuni aspetti delle relazione tra banche e immigrati.
2
È questo il termine usato in letteratura, nonostante la sua incredibile cacofonia, per riassumere il concetto di inclusione
bancaria.
3
N.Borracchini, Banche e Immigrati:credito, rimesse e finanza islamica, Microplutografia, Pacini Editore, Pisa, 2007.
7
Indagini da noi successivamente svolte hanno permesso una analisi più approfondita del fenomeno
scoprendo diverse sfaccettature di quello che è un mercato in continua evoluzione sia dal punto di
vista quantitativo e che da quello qualitativo. Lo studio di best practices, di strategie aziendali,
insieme ad un impianto più comparativo mi hanno consentito di avere una prospettiva più ampia e
sviluppare nuove riflessioni sul migrant banking per tentare anche di comprendere le possibili
evoluzioni future di questo mercato.
8
L‟IMMIGRAZIONE IN ITALIA
1.1 Il Macroambiente: aspetti quantitativi.
Il macroambiente è solitamente definito come il contesto generale all'interno del quale si muove
l'impresa. Esso è costituito da variabili esterne come l'ambiente economico, demografico, culturale,
politico, naturale e tecnologico (Grafico I). Di solito le aziende non hanno nessuna opportunità di
influenzare questi ambienti. Tuttavia vi sono alcuni casi in cui l'industria, intesa come insieme di
imprese, o addirittura una singola impresa possono modificare in maniera sostanziale lo stesso
macroambiente. Per attenerci ad un caso del mondo bancario basti pensare alla pesante ricaduta della
larga concessione di mutui sub-prime negli Stati Uniti.
Tutti gli uomini di marketing, compresi quelli delle banche, devono guardare attentamente al
macroambiente per capire appieno dove e come muoversi. Come vedremo in questo capitolo sono
state proprio le variabili esterne enunciate in precedenza che hanno posto in Italia il migrant banking
come il nuovo terreno di battaglia del mercato retail bancario. Ovviamente chi è riuscito ad
intravedere per primo le opportunità è riuscito a beneficiarne maggiormente e ad acquisire diversi
vantaggi competitivi.
L'importanza del macroambiente non può essere sottovalutata. Per comprendere appieno il
rapporto tra banche e immigrati sarà dunque necessario iniziare ad analizzare il fenomeno
migratorio in Italia adottando una prospettiva molto ampia. L'ovvia relazione tra dimensioni della
popolazione e numero di servizi bancari richiesti fa si che le dimensioni e le previsioni di crescita
siano assolutamente cruciali. Anche nella lettura dei dati statistici dobbiamo tuttavia ricordare che le
persone immigrate – uomini e donne – portano con sé storie e valori personali e collettivi che hanno
un peso a volte decisivo.
Comprendere e includere gli immigrati – anche nel settore del credito – è soprattutto una sfida
culturale. Per affrontare questo tema e per cogliere tutta la complessità di un fenomeno che non può
essere compreso se non considerato nella sua globalità è sicuramente necessario un approccio
multidisciplinare, capace di recepire l‟apporto di discipline quali la sociologia, la demografia,
l‟antropologia e le scienze della comunicazione.
9
Il macroambiente per il migrant banking (Grafico I)
Il fenomeno delle migrazioni è caratterizzato da una prima e fondamentale distinzione tra quelle
interne e quelle internazionali. Le prime derivano dalla cosiddetta mobilità interna, ossia da
movimenti di popolazione entro i confini dello Stato. Le seconde, alle quali è dedicato questo lavoro,
dalla mobilità internazionale. Nonostante vi siano elementi di analogia tra le due forme di mobilità
geografica, a partire dalle motivazioni che possono spingere alla migrazione ( per esempio la ricerca
di un lavoro) vi sono differenze fondamentali.
In primo luogo le migrazioni interne sono libere mentre quelle internazionali sono ormai soggette
a norme legislative stringenti in quasi tutte le economie sviluppate. Inoltre le migrazioni
internazionali hanno in genere un effetto più traumatico per il migrante e qui gli istituti di credito
possono fare molto per comunicare e offrire concretamente soluzioni per i differenti processi di
integrazione.
Il fenomeno delle migrazioni internazionali ha sempre accompagnato la storia dell‟umanità, ma
negli ultimi decenni ha assunto dimensioni quasi universali e significati sempre più complessi. Tutti i
10
governi - nessun continente escluso - sono stati chiamati a confrontarsi con esso e con le sue nuove
caratteristiche. Motivazioni e cause sono state oggetto di innumerevoli studi e convegni, che hanno
documentato e messo in luce gli effetti macroeconomici ma anche la drammaticità dei modi in cui
molte migrazioni avvengono.
Le attuali migrazioni transnazionali si configurano come un processo altrettanto dirompente delle
grandi migrazioni dei secoli XIX e XX. In questi anni i flussi migratori sono a loro volta parte e
frutto dell‟epoca della globalizzazione. Essi infatti arrivano a coinvolgere pressoché tutti i paesi del
mondo, accompagnano le trasformazioni interne delle economie capitalistiche e di conseguenza i
mutamenti sociali.
Questa globalizzazione del fenomeno migratorio trova riscontro nella diversificazione della
composizione per nazionalità della popolazione immigrata, nella dispersione degli immigrati della
stessa origine in diversi paesi. Volontariamente o per necessità costoro, hanno trasferito,
temporaneamente o in maniera definitiva, la propria residenza in un paese straniero e in base all'etnia
di appartenenza differenti saranno i modi di consumo, le abitudini e il bagaglio culturale compreso
quello finanziario.
Studiare a fondo e comprendere i numeri di questo fenomeno è di cruciale importanza per
comprendere il rapporto oggetto del nostro studio relativamente all'Italia.
Secondo l‟Istat al 1 gennaio 2008 gli immigrati regolari sarebbero stati 3,5 milioni di persone, il
5,8% per cento del totale dei residenti4 (Tabella I).
Popolazione straniera e bilancio demografico 31/12/2003-31/12/2007 (Tabella I)
Fonte: Istat 2008
4
ISTAT, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2007, RTI Poligrafica Ruggiero, Avellino, 2008.
11
Riportiamo di seguito anche la stima della popolazione immigrata residente in Italia della
Caritas/Migrantes, istituzione tra le più autorevoli in materia di immigrazione nel nostro paese,
aggiusta e rivede i dati dell'Istat principalmente per gli immigrati regolarmente presenti che non
hanno ancora completato l'iter burocratico relativo all'iscrizione all'anagrafe.
Stima Caritas/Migrantes della presenza straniera regolare, comunitaria e non comunitaria al
31.12.2007 (Tabella II)
Residenti stranieri al 31.12.2006 2.938.922
Pratiche di residenza in arretrato risolte nel corso del 2007 300.000
Nuovi occupati nel 2007 251.190
Nuovi lavoratori autonomi venuti dall’estero nel 2007 (comunitari e non) 1.600
Nuovi nati da entrambi i genitori stranieri nel 2007 (stima) 63.000
Minori non comunitari ricongiunti nel corso del 2007 32.744
Altri familiari non comunitari ricongiunti nel 2007 60.810
Soggiornanti non comunitari venuti per altri motivi nel 2007 45.886
Comunitari venuti per ricongiungimento familiare o per altri motivi nel 2007 92.960
Comunitari venuti nel 2007, senza registrarsi, in previsione di un loro insediamento 200.000
Stima presenze regolari totali al 31.12.2007 3.987.112
Fonte: Immigrazione dossier statistico 2008, Caritas/Migrantes 2008.
Tra i fenomeni che hanno contribuito al flusso migratorio nel 2007 quello di maggior rilievo
riguarda l'entità del saldo migratorio con l'estero dovuto ai nuovi occupati e ai comunitari, in
prevalenza romeni, venuti nel 2007 in previsione di un loro insediamento sfruttando anche i
network familiari/nazionali già presenti sul territorio italiano. Il saldo netto stimato per il 2007 è di
oltre circa un milione di unità, più che doppio rispetto a quello osservato nel 2007, 454.000, ed in
continua crescita rispetto agli anni passati (2006, oltre 220.000 unità, e nel 2005, oltre 250.000)5.
Si tratta del livello più alto in assenza di provvedimenti di regolarizzazione, ed è in gran parte il
risultato dei consistenti ingressi di cittadini neocomunitari, in particolare rumeni poiché il Governo
non ha utilizzato il regime transitorio messo a disposizione dell‟Unione Europea che permetteva una
limitazione per i flussi migratori provenienti da Romania e Bulgaria6.
La dinamica strutturale di questo fenomeno è però ancor meglio riscontrabile nell‟elevato
numero di domande presentate in occasione del Decreto Flussi che stabilisce le quote di ingresso
per i lavoratori extracomunitari: circa 701.000, a fronte di una quota massima programmata di
170.000 ingressi nel 2007. Sebbene sia possibile valutare quale sarà l‟impatto di quest‟ultimo
5
ISTAT, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2007, op. cit.
6
La direttiva comunitaria del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 (Direttiva 2004/38/Ce) sul diritto di
circolazione e soggiorno dei cittadini dell‟Unione e dei loro familiari è stata recepita dagli Stati membri con modalità
simili nella sostanza. L‟adozione di questa normativa, a regime, permetterà ai cittadini comunitari che esercitino
un‟attività lavorativa, o che dispongano di propri mezzi di sostentamento come pure ai familiari di cittadini che rientrino
nelle due precedenti categorie, di poter soggiornare liberamente in uno dei paesi dell‟Unione. In Italia la direttiva ha
trovato attuazione con il d.l. n. 30 del 6 febbraio 2007 entrato in vigore l‟11 aprile 2007.
12
provvedimento sull‟incremento della popolazione straniera regolare (al momento non sono state
previste misure per l‟ampliamento delle quote disponibili), occorre sottolineare il numero
elevatissimo di richieste e – presumibilmente – il corrispondente potenziale di immigrati regolari
presenti in Italia.
Popolazione Immigrata per nazionalità e sesso (Tabella III)
Fonte: Istat 2008
Tra dieci anni l‟incidenza dell‟immigrazione sarà raddoppiata e verranno superati i valori che
oggi si riscontrano in Germania, soprattutto a causa dell‟evidente calo demografico. In questa sede
non è possibile affrontare in dettaglio il fenomeno demografico, anche se uno sguardo più
approfondito sarebbe indubbiamente di grande interesse. Per comprendere in breve quali saranno in
futuro il peso e l‟importanza dell‟immigrazione per il nostro paese, e dunque di riflesso anche per gli
istituti di credito, è peraltro opportuno riportare almeno qualche dato estremamente significativo.
13
Non dimentichiamo che uno dei motivi che ha portato all‟importanza della componente straniera
nel mercato del lavoro è il progressivo invecchiamento della popolazione italiana il cui indice di
vecchiaia è cresciuto repentinamente7. Nel 2005 esso registrava di 138 anziani per 100 giovani, al 1
gennaio 2007 era cresciuto a 139,9 e si prevede che nel 2030 arrivi a 222 e nel 2050 a 264. Questo
significa che nel 2050 la popolazione sarà composta dal 33,6% di ultrasessantacinquenni e che i
giovani sotto i 14 anni saranno appena il 12,7%8. Questa proporzione sarà anche dovuta al basso
tasso di fecondità delle donne italiane,1,3 figli per donna 9, ben sotto al cosiddetto tasso di ricambio di
2,0. Da questo punto di vista l’immigrazione è fondamentale e avrà un peso sempre crescente – sia per
importanza strategica che per quantità – nel tentativo di allargare la sempre più stretta base di quella
piramide rovesciata che sarà la nostra struttura demografica per età. Il ruolo ricoperto
dall’immigrazione sarà vitale per una futura crescita economica del nostro paese e di riflesso per
tentare di risolvere o quantomeno di arginare il problema pensionistico che una piramide demografica
così sbilanciata comporta.
Piramide demografica e previsioni demografiche (Grafico II e II bis)10
Fonte: Istat, 2007.
7
La formula per calcolare l‟indice è: (Persone≥65 anni/Persone ≤14 anni)*100
8
Istat, Statistiche Demografiche, 2007.
9
Tutti questi dati e le relative previsioni sono tratti da ISTAT, 2006.
10
Le prime due figure sono tratte del rapporto ISTAT 2006; Le ipotesi di previsione per la popolazione in Italia 2005-
2050 sono tratte dalla sezione demografica dell‟ONU: in quest‟ultimo grafico sono presentate le stime secondo una
visione alta, media e bassa della crescita demografica del nostro paese. La stessa fonte ONU ed il “consensus” tendono a
optare per una stima che coincide con la media. La maggior parte dei demografi tuttavia sostiene che il flusso di
immigrazione netta sia ben superiore alle 120.000 persone all‟anno e soprattutto che questo dato sia in continua crescita
sia per il maggiore tasso di natalità sia per i nuovi flussi destinati a crescere in maniera inversamente proporzionale alla
diminuzione della popolazione italiana in età lavorativa.
14
Si tratta dunque di un fenomeno vistoso e repentino: solo nel 1970 gli immigrati in Italia erano
infatti appena 144.00. Ma dal 2001 a oggi il tasso di incremento è stato del 230%. Secondo le
ultime stime nel 2016 il numero di immigrati in Italia potrebbe oscillare tra un minimo di 5,5
milioni a un massimo di circa 7 milioni 11. Questo drastico aumento sarà determinato anche dalle
nascite destinate - tra gli immigrati- a raddoppiare o anche a triplicare. Secondo le ultime stime i
minori immigrati dovrebbero oscillare sempre nel 2016 tra un minimo di 1,395 milioni e un
massimo di 1,720 milioni. Significativo è dunque l‟alto tasso di natalità (Tabella IV).
Nuovi nati da genitori regolari. (Tabella IV)
Anno Nuovi nati da immigrati % sui nuovi nati in Italia
2001 25.916 4,8%
2002 29.600 5,5%
2003 32.800 6,1%
2004 33.691 6,2%
2005 51.971 9,4%
2006 58.000 10,3%
2007 64.000 11,3%
Fonte: Caritas Migrantes 2005 e Istat 2008.
Questo dato va letto anche alla luce del trend opposto che vede le nascite da madri italiane in
11
XII Rapporto ISMU sulle immigrazioni 2006.
15
continua diminuzione a livello nazionale riducendosi, rispetto al 1995, di 30.400 unità mentre le
nascite da madri straniere aumentano di 64.300 unità.
Variazioni annuali delle nascite per cittadinanza della madre, Anni 1995-2006 (valori assoluti).
(Grafico III)
Alla Tabella IV si devono aggiungere i figli nati da coppie in cui almeno uno dei genitori non sia
di cittadinanza italiana (22.000 circa il 14,3%): una delle novità più interessanti emerse in Italia
nell‟ambito dei comportamenti familiari. La maggior parte di questi figli - più precisamente 2 su 3 -
nasce all'interno di un matrimonio misto. Si tratta di un fenomeno ancora contenuto – riguarda infatti
il 12,5% di tutte le celebrazioni del 2005 e ben il 14,6% del 2006 (246.000) – ma di grande rilievo
sia per il continuo e rapido incremento (erano solo il 4,8% del totale nel 1995)12, sia perché
rappresenta uno degli indicatori più significativi del processo di integrazione delle comunità
immigrate nel nostro Paese. All'interno di questo fenomeno si devono segnalare anche i matrimoni in
cui l'uomo italiano sposa una donna che non lo è. Si tratta di circa 19.000 matrimoni nel 2006, e
interessa prevalentemente donne dell'Est Europa (48,2%)13.
Questi dati, associati al dato dell‟età media (30,4 anni per gli uomini e 31,4 per le donne contro i
rispettivi 40,1 e 43 di uomini e donne italiani14), ci suggeriscono di adottare un‟ottica di più lungo
periodo e mettono maggiormente in evidenza il peso che gli immigrati avranno in Italia nei prossimi
anni. Lo stesso ex-Ministro Ferrero in occasione della Assemblea Parlamentare Euro-Meditteranea
(APEM) tenutasi a fine febbraio 2007 sostenne che l‟Italia ha bisogno di 250-300.000 immigrati
l‟anno soprattutto a causa del ridotto tasso di natalità e che a fronte di questa emergenza le leggi in
materia di immigrazione devono essere infinitamente. Gli obiettivi sono quelli di facilitare l‟incontro
tra offerta e domanda di lavoro e far sì che “l‟immigrazione non sia un incidente di percorso ma un
12
ISTAT, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2007, op. cit., 2008.
13
ISTAT, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2007, op. cit., 2008.
14
ISTAT, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2007, op. cit., 2008.
16
fatto strutturale” 15.
Significativa è anche l‟incidenza percentuale dei paesi di provenienza, che più avanti ci aiuterà a
comprendere il peso dei gruppi etnici e il ruolo delle comunità.
Siamo di fronte ad un puzzle etnico e culturale che nella storia del nostro paese non ha
precedenti. Tanta ricchezza di varietà culturali non si riconosce più nel melting pot ma ostenta la sua
cultura anche nei consumi. Di questo mercato le banche dovranno tenere conto.
Incidenza percentuale dei paesi di provenienza (Grafico IV)
Il dato di genere merita uno sguardo specifico. Non si deve infatti trascurare il fatto che la
componente femminile ha addirittura un inaspettato tasso di occupazione del 51,2%16. La
regolarizzazione del lavoro domestico ha infatti avuto l'effetto anche di accrescere le comunità a
prevalenza femminile.
L‟incremento degli ingressi per ricongiungimenti familiari ha contribuito all‟aumento delle
donne anche nelle comunità a prevalenza maschile. Nel 2007 si è raggiunto l‟equilibrio tra i sessi per
il complesso dei cittadini stranieri residenti in Italia, anche se sostanziali differenze tra le comunità
rimangono e in alcuni casi addirittura si accentuano rispetto al passato,. I cittadini provenienti
dall‟Ucraina, dalla Moldova, dall‟Ecuador e dal Perù mostrano una netta prevalenza femminile,
dovuta al gran numero di donne impiegate in attività di assistenza o lavoro domestico presso le
famiglie, mentre tra i residenti africani e asiatici il rapporto è rispettivamente di 160 e 120 maschi per
100 cittadine straniere.
15
Dichiarazione del Ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero in occasione della Assemblea Parlamentare Euro-
Meditteranea (APEM), Roma, 26 febbraio 2007.
16
ISTAT, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2007, op. cit., 2008.
17
Un gruppo etnico è caratterizzato da un segmento di persone che hanno in comune esperienze
collettive e tradizioni e partecipano insieme a varie attività sociali nelle quali l‟origine culturale ed
il luogo di nascita sono prerequisiti decisivi. Il fitto interscambio tra membri della stessa comunità
crea uno spazio relazionale e sociale privilegiato che le banche potranno utilizzare per inserirsi e
diffondersi all‟interno delle comunità stesse comprendendo e rispettando i diversi bisogni e i timori
che queste persone possono provare nel loro processo di integrazione.
La diffusione sul territorio è decisamente influenzata dall‟offerta di lavoro, la cui ricerca
costituisce la spinta principale all‟emigrazione.
Diffusione sul territorio della popolazione immigrata (Grafico V)
Fonte: Istat, Rapporto annuale. La situazione del paese nel 2007.
Allo scopo di valutare il differente impatto dell‟immigrazione sul territorio è opportuno
misurare l‟incidenza della popolazione straniera sul totale dei residenti. Tale incidenza, che a livello
18
medio nazionale è pari al cinque per cento al 1° gennaio 2007, è massima nel Nord-est (7,2 per
cento), leggermente inferiore nel Nord-ovest (6,8 per cento) e più ridotta al Centro (6,3 per cento).
Nel Mezzogiorno il valore è molto più contenuto e pari all‟1,6 per cento.
Un aspetto poco conosciuto dell‟immigrazione è il livello di istruzione degli immigrati dal quale
risulta che questi ultimi sono mediamente più istruiti degli italiani. Lo si può affermare con certezza
sulla base dell‟ultimo censimento: tra i residenti stranieri i laureati sono il 12,1% mentre tra gli italiani
sono solo il 7,5%; i diplomati il 27,8% contro il 25,9% e coloro che hanno conseguito la licenza
media il 32,9% contro il 30,1% 17. Tra le sole donne immigrate, poi, il livello di istruzione è persino
più alto.
Queste competenze tuttavia non sono adeguatamente valorizzate dato che il maggior numero di
assunzioni è nel settore della produzione e dei servizi a basso valore aggiunto.
In Italia l'occupazione totale nel corso del 2007 è cresciuta, rispetto al 2006, dell'1,0% nel Nord
Italia, con 118.000 unità in più. Di queste il 70%, circa 82.000, sono ascrivibili ai lavoratori stranieri.
Per quanto riguarda il Centro, invece, la crescita è stata maggiore e pari al 2,5% con 116.000 unità,
di cui gli stranieri sono poco meno della metà cioè 54.000. Dopo il marcato trend di crescita che ha
contraddistinto il 2006, il tasso di occupazione degli stranieri è sceso dello 0,2 % attestandosi al
67,1%. In particolare per gli uomini è stata registrata una flessione di meno 0,9% con un tasso di
occupazione medio dell'83,3%. Per le donne straniere invece c'è stata una crescita delle assunzioni di
0,6%, e l'occupazione si è così attestata al 51,3%18.
Secondo uno studio Unioncamere 19 nel 2006 un posto di lavoro su quattro era destinato a
lavoratori immigrati. Lo stesso rapporto è confermato anche per il 2008 dalla Caritas Migrantes20.
Confrontando i valori con il dato di un immigrato su 3 lavoratori assunti nel 2003, anno in cui ebbe
luogo una massiccia regolarizzazione tale studio suggerisce che “questa dinamica potrebbe essere
indicativa di una maggior cautela e di un maggior realismo nella valutazione effettuata dalle imprese
delle opportunità offerte dal lavoro immigrato. I valori del 2006, confermano comunque, il carattere
strutturale della domanda di lavoratori immigrati e indicano una propensione ad assumere lavoratori
stranieri ben superiore alla stessa incidenza percentuale della manodopera immigrata sulla
popolazione in età lavorativa (pari al 6,1%)”21. La pesantezza delle mansioni da svolgere, la mobilità
17
I. Cagnazzo - F. Miglietta - A. Omarini, Il Migrant Banking: esigenze della clientela immigrata e modelli di servizio
per l‟offerta, Roma, Bancaria editrice, 2006.
18
Fonte Dossier n. 23 di luglio 2008 del Servizio studi del senato sul mercato del lavoro.
19
Fonte www.unioncamere.it.
20
Dossier Caritas Migrantes 2006
21
Indagine Unioncamere, 2006.
19
dovuta allo spostamento dei cantieri di lavoro, l‟esposizione ai fattori climatici, la relativa
insicurezza dell‟impiego e lo stereotipo di lavori socialmente degradanti allontanano da questi
comparti i giovani italiani, anche quando siano privi di titoli di studio medio - alti, generando e
ampliando il bisogno di nuovi lavoratori immigrati per il nostro sistema produttivo. Ricordiamo poi
che soprattutto nell‟edilizia e nel settore agricolo vi sono altissimi tassi di sommerso che non
compaiono in questi dati. Esclusi questi lavori irregolari si parla sempre del 9% della forza lavoro in
Italia.
Nonostante questi lavori pesanti, i lavoratori stranieri in fabbrica si sentono accettati dai colleghi
e apprezzati dal capo. Dicono però di essere sottoutilizzati rispetto alla propria professionalità e
lamentano l‟assenza di percorsi di carriera. Addirittura su un campione di mille lavoratori extra-
comunitari il 74% dichiara di sentirsi perfettamente integrato nel lavoro 22.
L‟inserimento nel mercato del lavoro – e ancora di più nel lavoro irregolare – è molto spesso
condizionato dal network costruito dagli stranieri nel paese ospitante. Questo sistema di legami
provvede non soltanto a procurare offerte di lavoro al nuovo arrivato ma anche a fare da garante
presso il datore di lavoro, soprattutto verso persone dello stesso gruppo etnico. È inoltre ovvia la
preferenza per individui legati da valori affettivi e cioè da legami di parentela o da rapporti di amicizia
che esistevano già nel paese di origine. Queste reti suppliscono anche a forme di discriminazione
come emerge da una indagine condotta dall‟IOL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che ha
evidenziato un dato che non può non sorprendere negativamente: nel nostro paese un magrebino deve
presentare domanda e documentazione per un posto di lavoro almeno tre volte in più di un cittadino
europeo, per avere una risposta sull‟avanzamento della sua candidatura, pur possedendo le identiche
qualifiche di un italiano. Quanto alle seconde generazioni, al momento di presentare domanda di
candidatura anch‟esse vengono discriminate sulla base del loro cognome nonostante siano a volte già
cittadini italiani.
L‟attitudine dell‟immigrato nei confronti del mercato del lavoro sta però cambiando radicalmente.
Fino al 2004-5 l‟immigrato riteneva che il lavoro irregolare fosse un‟ottima maniera per guadagnare
in fretta per poi tornare velocemente nel suo paese di origine con un capitale. Oggi anche nel caso di
periodi di breve permanenza prevale il tentativo di farsi regolarizzare il prima possibile sia per potere
usufruire dell‟assistenza medica – molto importante per la tipologia di lavoro prevalentemente svolta
dall‟immigrato – sia perché l‟idea di stabilirsi in Italia si sta sempre più radicando e il lavoro regolare
rappresenta una prima importante tutela contro sfruttamento e precarietà che possono ostacolare il
raggiungimento dell‟obiettivo del progetto migratorio.
22
Ricerca IRES- CGIL, Marzo 2007.