5
rete Internet; il suo utilizzo, è letteralmente esploso in pochi anni e
racchiude, inoltre, potenzialità di sviluppo future sulle cui dimensioni
le stime abbondano e sono anche piuttosto differenti le une dalle altre,
concordando comunque, nel decretarne potenzialità eccezionali.
Negli ultimi anni si è assistito alla nascita della cosiddetta New
Economy, ossia l’insieme di tutte le iniziative economiche legate in
modo più o meno diretto alle Information Comunication Technology
(ICT) e ad Internet in particolare.
Il mondo bancario, in particolare quello italiano, è stato investito da
una duplice ondata di novità: da una parte l’evoluzione delle
condizioni competitive, dall’altra le opportunità e le minacce
provenienti dal mondo della New Economy.
Le banche si trovano davanti ad una sfida complessa e multiforme,
ricca di insidie ma anche di opportunità:
- cambia, o rischia di farlo, il tradizionale settore di business; è
possibile la comparsa di concorrenti nuovi, provenienti da
ambiti competitivi differenti; d’altro canto, le banche stesse
possono muoversi verso mercati che non sono loro propri,
sfruttando i punti di forza che possiedono (relazione con il
cliente ed autorevolezza della propria immagine innanzitutto) e
le occasioni che si creano in tali business;
- le nuove tecnologie, la cui adozione appare necessaria ed
obbligata impongono una revisione ed un adattamento dei
modelli di business consolidati, richiedono capacità culturali e
gestionali in parte nuove e diverse.
Il sistema bancario, sta gestendo il delicato momento di trasformazione
6
con ritmi sicuramente incrementabili: ci sono state modifiche nei
consumi, il cliente è diventato più esigente, più istruito, meno fedele e
quindi più difficile da soddisfare; da questo contesto sono derivati
mutamenti in termini di produzione, in quanto le banche non
sviluppano più i loro prodotti e poi cercano di suscitare un bisogno
nella clientela convincendola ad acquistarli, ma operano un
comportamento inverso. Esse effettuano grandi ricerche di mercato
(oggi anche la banca fa marketing), focalizzano i bisogni e poi cercano
di produrre servizi che rispondono alle esigenze della clientela.
Le informazioni, oggi, sono sempre meno riservate e riservabili quindi
una buona politica da parte degli istituti di credito è quella di
trasformare l’informazione in conoscenza, competenza, servizi che
abbiano un valore distintivo in relazione alla capacità concreta di
soddisfazione dei bisogni del cliente. Questo processo di analisi totale
di problematiche, esigenze ed aspettative della clientela è reso
possibile dall’elevato livello di tecnologie utilizzate, che permette tra
le altre cose di monitorare costantemente il grado di soddisfazione
dell’utenza, dato indispensabile per tarare eventuali interventi
correttivi alle strategie in essere.
Con l’avvento di Internet lo spazio economico diviene virtuale,
cambiando di conseguenza la geografia d’impresa e modificando la
relazione tra economia, società e organizzazione del territorio.
L’impresa appare" deterritorializzata " , a causa dei legami sempre più
intangibili con i diversi ambienti locali in cui opera. Essa sembra
svincolarsi, sempre di più, da un territorio specifico, grazie alla
possibilità di sfruttare conoscenze e competenze tratte dalle esperienze
7
locali per trasformarle in un vantaggio competitivo globale.
Profonde trasformazioni hanno toccato il settore finanziario perché la
sua attività e l’immaterialità dei suoi prodotti, che si fondano
sull’acquisizione, l’elaborazione e la disseminazione di informazioni,
costituiscono un terreno privilegiato per le applicazioni dell’ITC, la cui
funzione principale è quella di ridurre drasticamente i tempi,
annullando gli spazi, e di abbattere i costi.
Numerosi e rilevanti sono i benefici e le opportunità per le banche che
decidono di svolgere le loro attività on-line, in termini di riduzione dei
costi di transazione, di offerta di servizi e di prodotti più rispondenti
alle esigenze della clientela, d’accesso a nuove arre di attività, quali il
commercio elettronico e i servizi non finanziari, di rafforzamento degli
strumenti per la gestione delle informazioni disponibili. Tali
opportunità possono riflettersi positivamente anche sulla clientela che
viene a disporre di una gamma di servizi più ampia e, attraverso il
confronto delle offerte può scegliere i prodotti/servizi con le migliori
combinazioni qualità-prezzo.
La banca virtuale nasce da un’esigenza di trovare da una parte nuove
fonti di profitto per la banca e dall’altra soluzioni per cercare di
soddisfare le esigenze della clientela. Ma la banca virtuale è stato solo
il primo passo per andare incontro alle nuove esigenze del mercato, il
passo successivo sarà quello di cercare di sfruttare le potenzialità che
oggi sono offerte dalla New Economy, per questo si è cercato di
analizzare nel presente lavoro come la banca deve far fronte a questi
repentini mutamenti per non restare ancorata al passato e perdere di
conseguenza clientela e quindi fonti di profitto.
8
CAPITOLO 1
DALLA BANCA TRADIZIONALE ALLA BANCA VIRTUALE
1.1)La struttura distributiva tradizionale: lo sportello
L’EVOLUZIONE NORMATIVA
Il sistema finanziario italiano ha negli ultimi anni attraversato un
periodo di profondi cambiamenti, culminati con il Decreto Legislativo
385 del 1 settembre 1993, detto Testo Unico in materia finanziaria e
creditizia, che costituisce il traguardo di una rivoluzione silenziosa che
ha trasformato la struttura bancaria del nostro paese, in modo da
renderla più competitiva a livello europeo.
La situazione antecedente alla legge bancaria del 1926 era
caratterizzata da una legislazione praticamente inesistente in
conseguenza della quale si aveva una crescita confusa e disordinata del
numero delle banche. Con la legge del ‘26 il potere autorizzativo,
riguardo all’apertura dei nuovi banche e filiali, spettava al Ministero
delle Finanze; si trattava di un potere molto ampio, tant’è che qualora
il Ministero non avesse riconosciuto "l’utilità e la convenienza di
accordare l’autorizzazione" esso non l’avrebbe concessa.
Con la successiva legge bancaria del ‘36 (R.D.L. 12 marzo 1936, n.
375) tale potere autorizzativo passò nelle mani dell’Ispettorato, per poi
passare negli anni successivi al Ministero del Tesoro e alla Banca
d’Italia; senza però andare a modificare il metro di giudizio per la
9
concessione dell’autorizzazione.
La legge del ‘36 non introdusse però, solo un cambiamento in tema di
organo preposto al potere autorizzativo, ma portò molti altri
cambiamenti nell’ordinamento bancario.
Prima del ‘36 vigeva una netta distinzione tra aziende dedicate alla
raccolta del risparmio e al suo impiego in forme poco rischiose
(obbligazioni, finanziamenti al settore pubblico…) e aziende a
vocazione commerciale che assistevano la finanza d’impresa in ogni
sua forma (credito a breve, medio e lungo termine, partecipazioni al
capitale…). Questo aveva creato la cosiddetta banca "mista" cioè una
situazione in cui la banca deteneva quote nelle imprese e viceversa.
Fu proprio a causa di queste reciproche partecipazioni che la crisi
industriale degli anni ‘30 comportò il dissesto, non solo del settore
industriale, ma anche del settore bancario. Il mercato revocò la fiducia
alle banche chiedendo la restituzione dei depositi; le banche però non
erano in grado di soddisfare la domanda di liquidità e questa illiquidità
portò alla bancarotta e al fallimento della banca "mista".
La situazione che si era venuta a creare rese necessario l’intervento
dello Stato, prima nel 1931 con la creazione dell’IMI
1
e poi nei 1933
con la creazione dell’IRI
2
cui furono trasferiti i pacchetti azionari e
tutti i crediti prolungati contratti dalle banche.
La crisi e il successivo intervento statale per il risanamento del sistema
1
IMI: Istituto Mobiliare Italiano, aveva il compito di concedere mutui garantiti di durata non
superiore ai dieci anni e di assumere partecipazioni azionarie non di controllo nelle imprese. Il suo
scopo era quello di fornire una fonte alternativa, complementare al canale bancario.
2
IRI: Istituito per la Ricostruzione Industriale; all’IRI furono trasferiti i pacchetti azionari e tutti i
crediti prolungati delle banche.
10
bancario costituiscono le premesse per la legge del ‘36, che si fonda
sull’enunciazione del principio di "specializzazione". Secondo il
legislatore in questo modo si sarebbe ristabilito l’equilibrio tra
operazioni di raccolta e impiego; equilibrio "rotto"in seguito al fatto
che il risparmio a breve, cioè i depositi, venivano convogliati in
investimenti a medio-lungo termine.
Analizzando in dettaglio gli eventi che anticiparono la riforma del ‘36,
si può osservare che le banche avevano già tacitamente adottato il
principio di specializzazione.
Con la normativa del ‘36 si arrivò innanzi tutto ad una distinzione tra:
- aziende di credito ordinarie per il finanziamento delle
necessità di circolante;
- istituti di crediti speciale (ICS) per il sostegno del capitale
a carattere durevole.
La specializzazione venne individuata come meccanismo per:
- garantire l’equilibrio finanziario degli intermediari,
rispettando in questo modo il principio della rigida
sincronizzazione tra durata delle operazioni attive e
passive;
- ottenere la massima separazione gestionale tra banca e
impresa, evitando sia il coinvolgimento delle banche nella
funzione imprenditoriale, sia la possibilità di scalate degli
istituti di credito da parte degli imprenditori;
- ottenere il controllo complessivo dell’economia
3
.
3
Per questo motivo gli ICS vennero abilitati e indirizzati a compiere operazioni di impiego verso
particolari soggetti in settori predeterminati e rispondenti a specifici requisiti.
11
Le banche ordinarie hanno svolto un ruolo molto importante sia dal
lato della raccolta, tramite l’emissione dei depositi, sia dal lato dei
prestiti, tramite i finanziamenti erogati.
Proprio questi finanziamenti raggiungevano una quota molto alta del
totale passivo delle aziende; questa circostanza era favorita dal
modello di sviluppo delle nuove imprese, prive di un’ampia e solida
base di capitali propri. La necessità di capitali permanenti manifestata
da queste imprese eccedeva la capacità degli ICS e questo indusse le
banche ordinarie a svolgere una funzione di supplenza attraverso la
doppia intermediazione, cioè il finanziamento, spontaneo o forzoso,
agli ICS tramite l’acquisto delle loro obbligazioni e tramite
l’estensione dei prestiti a breve in prestiti a medio-lungo termine.
4
Quindi a fronte dell’importante ruolo delle banche ordinario si osserva
un ruolo più modesto degli ICS, rispetto a quello che era stato
prospettato nel disegno originario della legge. Questa categoria di
intermediari si dimostrò atrofica, soprattutto dal lato della raccolta;
infatti, pur con alterne fortune il classamento dei titoli obbligazionari
presso i risparmiatori non fu sufficiente a garantire l’indipendenza di
questi istituti.
In conclusione si può affermare che il principio di specializzazione
funzionò fino agli anni ‘50, da qui in poi e fino agli anni ‘80, si è
verificato un processo evolutivo che ha innovato l’originario assetto
dei crediti speciali e i loro rapporti con le aziende di credito ordinarie.
In seguito agli eventi delineati si è reso necessario il riordino del
4
Si aveva cioè un sistematico rinnovo delle passività con scadenza ravvicinata che ne consentiva
l’utilizzo in luogo dei capitali permanenti per finanziare il capitale fisso.
12
sistema finanziario; tale azione ha avuto una forte accelerazione con il
DPR 350 del 27 giugno 1985 che ha recepito la 1° direttiva
comunitaria (77/780/CEE), con il quale si abbandonò la concezione
dell’attività creditizia quale funzione di interesse pubblico, per
definirla attività d’impresa e con il quale si sancì il principio del mutuo
riconoscimento.Con questa direttiva cambiò anche il metro di giudizio
per la concessione dell’autorizzazione all’apertura di nuove banche e
filiali, la direttiva prevedeva, infatti, che le domande di costituzione e
di espansione territoriale delle banche, non fossero più esaminate in
funzione delle esigenze economiche del mercato. Nel 1978 l’Italia
inizia l’espansione del numero degli sportelli tramite il primo piano
sportelli e nello stesso anno, il CICR stabilisce le regole a cui la Banca
d’Italia deve attenersi per autorizzare l’apertura o il trasferimento degli
sportelli: "favorire i trasferimenti di sportelli da aree sopraservite ad
aree sottoservite avendo cura, nei limiti del possibile, di non privare
dei servizi bancari le piazze dotate di uno sportello; favorire
un’integrazione delle infrastrutture bancarie nelle zone non
sufficientemente servite, in relazione alle necessità di sviluppo attuali e
prospettiche delle singole aree, favorire un più omogeneo grado di
concorrenza nelle varie arre di mercato, tenendo conto del numero o
del tipo di aziende presenti in ciascuna di esse; favorire l’offerta di una
completa gamma di servizi bancari nelle singole aree".
5
Nel marzo 1990 si arriva alla liberalizzazione guidata degli sportelli:
l’apertura di dipendenze bancarie è regolata dalla procedura
5
Cfr.: Costi R., L’ordinamento bancario, 1994.
13
autorizzativa del silenzio-assenso in sessanta giorni; l’apertura di
nuovi sportelli è subordinata ad una sola condizione cioè alla presenza
di requisiti di ordinato funzionamento e di idonea struttura tecnico-
organizzativa.
L’esigenza di rendere competitivo il nostro sistema creditizio ha
portato, dopo il recepimento della prima direttiva, al completamento
del processo di rinnovamento legislativo attraverso varie tappe:
- Legge 218 del 30 giugno 1990 detta Legge Amato-Carli che
prevedeva la trasformazione degli enti creditizi pubblici in
SPA, ribadendo il carattere imprenditoriale e non
pubblicistico dell’attività bancaria;
- Decreto legislativo 481 del 14 dicembre 1992 con il quale si
ha il recepimento della 2° direttiva Comunitaria
(89/646/CEE), cui spetta il merito di aver consentiti il
definitivo superamento della distinzione temporale tra
aziende ordinarie e ICS. Questa direttiva introduce due
principi molto importanti: l’autorizzazione unica e l’Home
Country Control
6
. Con il recepimento di questa direttiva si
può parlare di despecializzazione operativa e cioè della
possibilità per le banche di svolgere in aggiunta all’attività
bancaria anche "una o più delle attività ammesse al beneficio
del mutuo riconoscimento"
7
. Con queste direttiva si è
cercato, in pratica di coordinare all’interno dei paesi aderenti
alla C.E. le disposizioni legislative, regolamentarie e
6
Vigilanza da parte del paese di origine.
7
Per approfondimenti vedere Allegato I alla Dir. 89/646/CEE.
14
amministrative riguardanti l’accesso all’attività degli enti
creditizi;
- Decreto legislativo 385 del 1 settembre 1993 (TU), in cui
vengono ribaditi i principi che hanno ispirato la riforma
dell’ordinamento del credito a partite dagli anni ‘70 e vale a
dire: natura imprenditoriale dell’attività bancaria,
despecializzazione istituzionale, temporale e operativa.
Il riconoscimento dell’attività bancaria, intesa come attività
impresa, rappresenta un fatto di essenziale importanza per
comprendere le linee di evoluzione strategica e competitiva
delle banche italiane. L’approccio dell’Unione Europea in
tema di regolamentazione del mercato bancario, inoltre, è
sempre stato caratterizzato da una grande flessibilità mirante
a costruire uno spazio (il mercato unico) nel quale fossero le
forze del mercato a determinare le linee di sviluppo e di
competizione. Pur definendo la caratterizzazione
imprenditoriale dell’attività bancaria e l’assetto giuridico con
il quale esercitarla, viene definito che le banche possono
allargare il proprio spettro di attività esercitando “oltre
all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la
disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o
strumentali”
8
. Tale elemento è senz’altro un’ ulteriore leva a
disposizione delle banche per far fronte all’evoluzione del
contesto concorrenziale nel quale sono chiamato ad operare.
8
Cfr.: art. 10, co. 3 D. Lgs. 1.9.1993, n. 385.
15
- Il Testo Unico disciplina allo stesso tempo un altro aspetto
dell’ operatività. Dopo aver pressoché eliminato, infatti,
i vincoli sulle tipologie di attività da svolgere, si occupa di
rimuovere i vincoli sull’operatività delle banche da un punto
di vista temporale. L’ erogazione del credito a medio e lungo
termine non è più appannaggio esclusivo degli istituti con
raccolta a medio e lungo termine. Così come la raccolta a
breve termine non si concilia soltanto con l’attività di
impiego con pari scadenza. Gli istituti con forte vocazione al
medio e lungo termine sono ora in competizione con gli
istituti fino a qualche tempo prima impegnati solo su attività
commerciali in senso stretto. Gli effetti che emergono sono
di banche con un profilo temporale delle attività tale da poter
competere su tutte le scadenze dell’ intermediazione
creditizia, in modo da incontrare meglio le esigenze della
clientela.
Importanti effetti sul funzionamento delle banche e , di conseguenza
sulla struttura del sistema bancario e finanziario derivano da norme
che non hanno mirato a disciplinare direttamente le aziende bancarie,
ma che vanno a regolamentare alcune tipologie di attività di
intermediazione finanziaria e , in particolare, mobiliare.
- Nel luglio del 1996, è stato emanato il decreto legge Eurosim
attuativo della direttiva comunitaria 93/22 sui servizi di
investimento. Questo decreto, oltre a rappresentare un
fondamentale testo di riforma dei mercati finanziari
regolamentati, ha un effetto importante sull’operatività delle
16
banche nell’ambito dei servizi di intermediazione mobiliare.
Elimina, infatti, una rendita di posizione che la legge 1/91 aveva
introdotto con riferimento all’accesso delle SIM ai mercati
ufficiali delle contrattazioni
9
. Pone, quindi, le basi per un
accesso alle negoziazioni consentito a tutti gli intermediari
autorizzati e, fatti salvi i requisiti del caso, anche alle banche.
Questo è, ancora una volta, un elemento di grande significato,
poiché, anche se in modo indiretto, allarga gli ambiti in cui le
banche possono operare direttamente senza vincoli e senza
dover ricorrere a società controllate che fungano da “bracci
operativi”. Rimanga inteso che tutto ciò è valido a meno che non
vi siano delle considerazioni di tipo strategico ed organizzativo
che spingono a soluzioni di esternalizzazione.
- Testo Unico della finanza
10
. Tale considerazione è verificata
con riferimento almeno a quelli che sono i profili economici
dell’attività delle banche. È opportuno rilevare come il Testo
Unico della finanza con l’istituzione delle Società di Gestione
del Risparmio (SGR) fornisca ulteriore linfa alle banche in un
momento in cui l’attività di gestione del risparmio diviene una
delle attività critiche sulle quali fondare le basi per il successo. È
evidente che ogni banca deve guardare alle Società di Gestione
del Risparmio in funzione delle proprie specifiche
caratteristiche, ad esempio, interrogandosi su quanto vuole
9
Cfr.: legge 2.1.1991 n. 1, Disciplina dell’attività di intermediazione mobiliare e disposizioni
sull’organizzazione dei mercati mobiliari.
10
D. lgs. 24.02.1998 n. 58, Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione
finanziaria.
17
realmente impegnarsi direttamente nella gestione, o quanto
vuole delegare all’ esterno fungendo solo da promotore, o su
quanto vuole estendere la propria gamma di prodotti e servizi di
gestione del risparmio, allargando l’offerta su prodotti estesi a
livello mondiale piuttosto che circoscritti solo all’area dome-
stica.
L’introduzione delle Società di Gestione del Risparmio è da
interpretarsi come fattore positivo da un punto di vista strategico
ed economico per le banche. Esse possono rappresentare delle
strutture, che, pur staccate dalla banca, consentono a
quest’ultima un’ottima interazione con il mercato e con le
mutevoli esigenze della clientela.
La produzione normativa è stata nel corso degli anni Novanta
estremamente intensa sia in termini quantitativi che in termini di
impatto sulla struttura del sistema, e sull’operatività e sulla
funzionalità delle banche. La filosofia di fondo, che ha pervaso
l’azione del legislatore, è radicalmente mutata. Se inizialmente il
legislatore era visto come un soggetto che disciplinava esattamente
cosa si poteva fare e cosa, invece, non si poteva fare, successivamente
questa natura è venuta meno e l’azione legislativa è divenuta sempre
più permissiva e liberista, garantendo di fatto alle banche la possibilità
di fare tutto quando non espressamente vietato. E’ stato introdotto un
approccio basato sulla liberalizzazione dei comportamenti con un
principio ispiratore di fondo secondo il quale devono essere le forze
della concorrenza a determinare le condizioni per la creazione e lo
18
sviluppo di un mercato unico a livello europeo
11
.
LA DISTRIBUZIONE DEI SERVIZI BANCARI
Le mutate condizioni degli anni più recenti tendono a sottolineare e ad
esaltare il ruolo della variabile distributiva nell’ambito delle strategie
delle aziende bancarie.
Alcune circostanza, quali l’innovazione tecnologica, le sempre più
diversificate esigenze dell’utenza, nonché il progressivo allentamento
vincolistico in tema di sportelli, fino alla liberalizzazione degli stessi,
inducono a riconsiderare la valenza strategica della variabile
distributiva per il mantenimento e lo sviluppo dei segmenti già
acquisiti, o di quelli di nuovo insediamento.
In tal senso lo sportello bancario tradizionale è stato in questi anni
oggetto di una rivisitazione e di una riorganizzazione volte a
conseguire una migliorata efficacia competitiva.
Il prodotto bancario e la sua distribuzione assumono connotazioni
specifiche per due ordini di motivi, il primo riconducibile alle
peculiarità delle funzioni svolte dalle aziende di credito ed al rapporto
di natura fiduciaria tra banca e cliente e il secondo relativo al carattere
di servizio proprio dell’output bancario
12
.
11
cfr.: .: Bracchi G., Francalanci C., Giorgino M., in “ Internet banking: tecnologia
organizzazione e valutazioni economiche”, EGEA, Milano, 2000.
12
Cfr. Cappiello A., “Evoluzione dei canali distributivi bancari”, Giuffrè, Milano, 1993, pagg. 9 e
seg.