Capitolo Secondo
1. Cause Sottostanti
Le cause che permettono di plasmare un bambino in soldato sono
molteplici e facilmente immaginabili. Farne un mero elenco senza
sottolinearne le caratteristiche intrinseche sarebbe inutile, perchè è la
compartecipazione di queste cause e la compenetrazione tra le lesioni
inferte ai diversi ambiti della vita del minore che attuano il processo di
“militarizzazione”, rendendo più facile, per il reclutatore, e più
diffuso, l'uso dei bambini soldato in conflitti armati, oggi prassi
considerata “standard” più che da mettere al bando con ogni mezzo.
Si possono comunque seguire tre principali linee guida che
consentono di schematizzare le suddette cause:
- il caos sociale e il mancato sviluppo dei paesi del c.d. “terzo
mondo”, con i quali la globalizzazione ha contribuito a creare un
divario incolmabile rispetto all'Occidente sviluppato;
- lo sviluppo tecnologico inarrestabile e il prezzo sempre più
economico delle “armi leggere”, facilmente accessibili e utilizzabili
dai bambini;
- il concetto, già esplicato precedentemente in questo lavoro, del
“nuovo conflitto” che è andato prendendo sempre più piede negli
ultimi decenni, e che vede un coinvolgimento a tutto tondo del
minore.
L'analisi singola di ogni complesso di cause è d'obbligo.
1.1. Il caos sociale
I paesi in via di sviluppo, c.d. del “terzo mondo”, costituiscono una
riserva infinita per il reclutamento dei bambini soldato.
La povertà, l'analfabetizzazione, la mancanza di strutture sociali e
degli elementi basici per la vita (cibo, acqua, casa), grava in maniera
esponenziale sul segmento più fragile della società, più esposta al
pericolo, ma anche più numeroso della storia umana fino ad oggi: i
bambini.
Dati alla mano, oltre un miliardo di persone vive in paesi ad alto
rischio di guerra civile, più di un miliardo e trecentomila persone vive
al di sotto della soglia di povertà e non può garantirsi nemmeno i beni
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primari, oltre novecento milioni di persone sono analfabete ed è
risaputo che la mancanza di istruzione favorisce la disinformazione e
l'incapacità di valutare il pericolo incombente; nei paesi in via di
sviluppo quattrocento milioni di persone vivono su terreni degradati e
oltre un miliardo in slum urbani con condizioni igieniche ampiamente
sotto il livello di guardia. La cosa ancora più sbalorditiva è il numero
di persone (oltre un milione e mezzo) che non ha accesso ad acque
sicure e soffre di denutrizione cronica.
Com'è immaginabile, tutta queste serie di concause non contribuisce
a creare un ambiente in cui il minore possa crescere serenamente e
formare la sua identità, anzi, l'esclusione è la condizione con cui
bambini e giovani si trovano a doversi confrontare quotidianamente, e
che li spinge a rivolgersi invece a “collettività includenti”, costituite
da associazioni del crimine organizzato e organizzazioni militari
illegali.
Lo stesso Juan Somavi
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ha osservato puntualmente che:
“abbiamo sostituito la minaccia della bomba atomica con la minaccia della
bomba sociale”.
21
C'è addirittura chi ha parlato di “collasso sincrono”, indicando con
esso la sempre crescente scarsità di risorse e di riserve di energie, in
concomitanza con l'incessante aumento della loro domanda da parte di
una popolazione mondiale estremamente numerosa; da questa
situazione di difficile stallo vengono via via a crearsi le condizioni per
un conflitto sociale sempre più estremo, che porta inevitabilmente alla
guerra civile (un'indagine ha, per esempio, rilevato che i paesi che si
prendono scarsa cura dell'ambiente hanno doppia probabilità di
sprofondare nella guerra civile)
22
.
In aggiunta a queste precarie situazioni appena esaminate, c'è da
considerare la piaga epidemica: sia le catastrofi naturali e le carestie
(che portano a epidemie), che le epidemie spontanee accentuano
20 Segretario Generale del World Social Summit
21 Michael Renner, “The Global Divide: Socioeconomic Disparities and International Security”,
cit. p.273
22 P.W. Singer, “I signori delle mosche. L'uso militare dei bambini nei conflitti contemporanei”,
Feltrinelli, 2006, cit. p.50.
22
ancora di più l'isolamento e l'indigenza nelle popolazioni che vi sono
sottoposte, contribuendo alla disarticolazione sociale e al collasso
delle identità dei più giovani.
Un esempio lampante è il continente africano, in particolare l'Africa
sub-sahariana, in cui il carattere perdurante dell'epidemia di AIDS fa
si che questa regione del mondo sia diventata l'epicentro del fenomeno
dei bambini soldato. Come sottolineato anche da Singer, nel suo
saggio in merito:
“La malattia sta alterando la stessa demografia della regione, con
conseguenze terrificanti sul piano della stabilità quanto su quello della
sicurezza”.
23
Ciò avviene per una motivazione precisa, legata a doppio filo con il
morbo dell'AIDS: la malattia miete vite in età adulta, perlopiù, che
favoriscono il contagio con rapporti sessuali non protetti. Questo fa si
che le curve demografiche si modifichino, e che la “mezza età”
sparisca letteralmente dalla curva, in controtendenza alla tanto
paventata “mortalità infantile”: è comprovato da non pochi studi che
le esplosioni maggiori di violenza si sono avute in paesi funestati da
un imponente tasso di mortalità adulta; infatti, dove la numerosità di
giovani maschi, membri psicologicamente più aggressivi della società
e più facilmente sobillabili dai “Signori della Guerra”, si fa troppo
sproporzionata rispetto ad altre fasce della società, i gruppi ribelli non
faticano a trovare facili reclute tra le strade affollate di livore e
povertà.
Oltre ai giovani uomini, l'AIDS sta contribuendo a creare una nuova
fascia sociale, troppo numerosa e troppo soggetta a facili
strumentalizzazioni: gli orfani.
Senza strutture sociali deputate alla loro cura, senza genitori che se
ne occupino, senza cultura e in una società avvezza ad ogni tipo di
aberrazione, questi giovanissimi non hanno altra scelta, per
sopravvivere, se non quella di entrare tra le schiere dei gruppi militari
irregolari, che perlomeno garantiscono loro un pasto al giorno e quella
famosa “inclusione” sopracitata, l'idea di poter essere parte di
23 P. W. Singer, op. cit., cit. p.50
23
qualcosa e che qualcuno si prenda cura di loro: non avendo mai
conosciuto la struttura “famiglia”, non possono valutare cosa sia
giusto o sbagliato, e da loro, vittime incolpevoli e prive di educazione
etica e morale, non ci si può certo aspettare che sappiano discernere il
male dal bene.
Questa massa di orfani è proprio quella che viene indicata come
“generazione perduta”, perchè priva di prospettive per il futuro,
malnutrita, ineducata, vessata da abusi fisici e psicologici, a rischio di
trasformarsi ogni giorno in un ingranaggio della macchina bellica:
questi bambini hanno visto morire fratelli e genitori nel peggiore dei
modi, sorelle stuprate di fronte ai loro occhi, sono costretti a vagare in
cerca di cibo e acqua, sradicati dalla loro terra (si stima che siano
venticinque milioni i bambini trasformati in rifugiati extraterritoriali o
IDP – internally displaced persons), ritengono di non aver più niente
da perdere e che entrare in guerra non sia poi la peggiore della
soluzioni.
Sono bambini che vivono in società già provate da guerre logoranti e
violente e che, crescendo in un clima simile, lo considerano l'unico
modo di vivere possibile, non vedendo alternative praticabili. La
maggior parte di loro nasce in un clima di guerra, civile o meno, e in
quello o per mano stessa del conflitto, muore, senza vedere mai un
barlume di stabilità sociale.
In queste disperate condizioni, i bambini che vengono reclutati
forzatamente appartengono perlopiù ai medesimi gruppi da cui
provengono i minori che scelgono l'arruolamento volontario per
sfuggire all'inimmaginabile miseria, alla violenza della strada e
all'alienazione prodotta dalla mancanza di strutture sociali adeguate;
sono individui cresciuti nella violenza più estrema e che vedono nella
partecipazione a gruppi irregolari la possibilità di controllare in
qualche modo il caos della loro esistenza, di normalizzare la loro vita,
di ottenere una sorta di protezione e inclusione e uno status sociale
diverso da quello di “orfano”, senza contare che la maggior parte di
loro considera l'arruolamento l'unica possibilità di sopravvivere.
L'inarrestabile ciclo di violenza pervade le generazioni, dando luogo
a nuovi scenari di morte, sempre più aberranti.
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1.2. L' “epidemia” delle Armi Leggere
Si stima che nel mondo siano presenti circa cinquecento milioni di
armi cosiddette “leggere”
24
, circa una ogni dodici abitanti del globo.
La loro diffusione senza posa, che si è verificata in special modo negli
ultimi due decenni, è una delle cause fondamentali del fenomeno
crescente dei bambini soldato.
La loro storia è molto semplice, e quasi paradossale: dopo la Caduta
del Muro di Berlino, si verificò un'ingente eccedenza di armi, per
milioni addirittura; invece di distruggerle, si palesò come ipotesi più
vantaggiosa quella di riversarle sul mercato mondiale a prezzi
stracciati e oltremodo concorrenziali. Tuttavia, questo sovrappiù non
ha impedito che la produzione di armi continuasse a ritmo sostenuto.
Ecco quindi che tonnellate di armi leggere sono da due decenni alla
portata di chiunque: basti pensare che, ad oggi, le organizzazioni
illegali ne detengono una percentuale tra il 40 e il 60 per cento.
Ciò che è sconcertante, alla luce di questa capillare diffusione in
ogni parte del mondo, è l'effetto di “militarizzazione della società” che
ha contribuito a creare: le armi sono ora alla portata di tutti, fanno
parte della vita quotidiana della società e sono in grado di trasformare
anche il conflitto più defilato in una faida.
Queste armi sono il frutto di uno sviluppo tecnologico inarrestabile
che rende possibile il reclutamento di sempre più bambini nelle file
dei gruppi armati: sono definite “armi leggere” o “di piccolo calibro” i
revolver, le pistole, le carabine, le granate, i fucili, mitra leggeri, mine
antiuomo, mortai leggeri; sono adatte ad essere usate in qualunque
tipo di conflitto e hanno causato la morte del 90 per cento delle
vittime totali dei conflitti più recenti.
Cito Singer:
“Le armi leggere sono in grado di lacerare il tessuto della società civile
meglio di qualsiasi altra arma: grazie a loro, un gruppuscolo relativamente
debole può trasformare senza difficoltà un paese pacifico in una catastrofe
24 Armi leggere: con questo termine si fa riferimento a tutte le armi incluse nella definizione
adottata da un gruppo di esperti convocati dalle Nazioni Unite nel 1997: "sono armi leggere e
piccole armi quelle che possono essere trasportate facilmente da una persona, da un gruppo di
persone, a trazione animale o con veicoli leggeri". (ONU, New York, 1997)
25
umanitaria.”
25
La loro trasportabilità e la semplicità di utilizzo rendono possibile il
loro uso anche per un bambino di dieci anni; validi esempi si trovano
digitando su qualunque motore di ricerca di internet “kalashnikov AK-
47”: quest'arma, un fucile d'assalto di fabbricazione russa,
estremamente robusta, pesa appena 3 kg e avendo solo 9 parti mobili è
facilmente componibile, tanto che è stato osservato che un bambino ci
mette appena mezz'ora per imparare ad usarlo. In Mozambico, paese
che possiede il più alto numero di AK-47, questo è addirittura
raffigurato nella bandiera nazionale. Ricorro inoltre ad alcuni esempi
per dare la misura del costo di un AK-47 in varie regioni del mondo:
in Uganda e Sudan il fucile può essere acquistato al prezzo di un
pollo, mentre in Kenia a quello di una capra (5 $ circa).
In questo contesto, in cui le armi, come abbiamo sottolineato, sono
di facile reperibilità, anche le strutture di potere sociale vengono
minate alle fondamenta, poiché il potere, una volta nota distintiva dei
“capi anziani”, viene dato ora in mano ai “giovani anziani”: questi
sono i ragazzi cresciuti nei gruppi irregolari, possiedono le armi con le
quali si impongono sugli ex capi tribù, ma non hanno alcuna
esperienza del vivere, dell'autorità e della responsabilità, e queste
mancanze conducono ad alterati livelli di violenza e a un nuovo
modus sanguinario di condurre i conflitti.
Tutta la situazione appena descritta va a discapito dello Stato, e anzi,
contribuisce al suo indebolimento: in paesi in cui un piccolo gruppo
irregolare, reclutando giovani privi di prospettive future e con pesanti
memorie sulle spalle, e fornendo loro armi da quattro soldi, è in grado
di destabilizzare la società e la pace dei paesi vicini al proprio, lo Stato
è una figura del tutto assente, “sotto scacco”, incapace di far fronte
all'escalation di violenza e di resistere alla sua forza distruttiva.
1.3. Natura del “Nuovo Conflitto”
Sebbene l'uso dei bambini nei conflitti sia sempre stato in qualche
25 P. W. Singer, op. cit., cit. p.55
26
modo perpetrato, solo negli ultimi decenni questo fenomeno ha preso
piede in maniera esponenziale, coinvolgendo anche le istituzioni
internazionali e l'opinione pubblica.
Ciò è avvenuto come conseguenza alla trasformazione del
“conflitto” in genere: la logica politica e strategica in base alla quale i
conflitti si generano e si evolvono è sotto assedio, si assiste
quotidianamente a un nuovo corso dello scontro, alla cosiddetta “crisi
dell'onore del guerriero”.
Se un tempo, la “guerra” era vissuta come una contrapposizione
armata esclusiva tra Stati, basata su codici d'onore più o meno
discutibili, e su una falsa riga di etica e valori, di politica e religione,
ad oggi la sua natura è notevolmente cambiata: oggi il conflitto è più
cruento, più “sporco” e più criminale.
La guerra odierna è mossa perlopiù da interessi economici, la leva è
quella del “profitto privato”, la linea guida è la logica
“dell'appropriazione”: di traffici illeciti, di risorse minerarie, di zone
strategiche; la guerra, ad oggi, è un fine, non un mezzo.
Molto semplicemente, ciò significa che il conflitto, sopratutto
quando si tratti di una “guerra civile”, funziona come un generatore di
profitto e potere che fa comodo a tutte le parti in causa: per esempio,
in situazioni come quelle dell'Angola, della Sierra Leone e della
Repubblica Democratica del Congo ciò che è interessante è che
sconfiggere il nemico sia un obiettivo secondario, mentre lo scopo
principale è quello di ottenere profitto dal caos generale che la guerra
stessa produce.
Si capisce bene che in situazioni del genere, chi ne fa le spese sono
ovviamente i minori: con l'affievolirsi del concetto tradizionale di
guerra, anche il concetto del rispetto dei diritti umani viene
immancabilmente meno.
Non ci si può certo aspettare che i cosiddetti “Signori della Guerra”,
interessati al loro profitto, da qualunque traffico illecito esso
provenga, si preoccupino dei bambini di cui, loro stessi, mettono a
repentaglio la vita, ma anzi, nella logica del nuovo modus di far
guerra, l'utilizzo dei minori nei conflitti è una parte fondamentale:
la popolazione rimane atterrita nel vedere questi giovanissimi
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commettere atrocità così efferate, si instaura una psicologia perversa
per cui si teme il “bambino”, incapace di valutazioni razionali, privo
della cognizione di bene e male, e si paventa l'eventuale reclutamento
o rapimento dei propri figli.
E' ovvio che far combattere ai bambini le guerre degli adulti è una
pratica aberrante e crudele, che sconvolge la società nelle sue radici
più profonde poiché altera i valori tradizionali di fiducia e cura
dell'infanzia nel momento stesso in cui si arriva a ritenere che ogni
bambino possa diventare un pericoloso assassino.
2. Reclutamento e Indottrinamento
2.1. Reclutamento (Volontario e Forzato): al cuore del problema
Al contrario di ciò che comunemente si pensa, non sempre il
reclutamento è forzato, ma anzi, gli studi dimostrano che molti
bambini si arruolano in maniera del tutto “volontaria”(aggettivo da
considerare nel particolare contesto sociale in oggetto), atteggiamento
riconducibile a innumerevoli ragioni, da ricercare nel tessuto sociale:
studi sulle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia, da ora
FARC
26
, in Colombia, dimostrano che è circa il 60% dei bambini
soldato ad arruolarsi volontariamente, in Asia orientale si parla
addirittura del 64 per cento; nella Repubblica Democratica del Congo,
nel '97, dai 4000 ai 5000 giovani hanno aderito all'invito di
arruolamento fatto via radio.
Sono dati e percentuali che fanno riflettere, ma mostrano solo la
faccia più superficiale del fenomeno: non si può definire “volontaria”
la scelta di un individuo considerato “bambino”.
Infatti, per definizione e come abbiamo visto nel primo capitolo, un
“bambino” è considerato tale non solo in base a un corollario di
specifiche caratteristiche fisiche, ma sopratutto in base alla sua età
anagrafica e alla sua notoria incapacità di prendere decisioni, poiché il
suo sviluppo psico-fisico non è ancora tale da consentirlo: come,
dunque, si può definire volontaria una scelta, ad opera di un fanciullo,
26 Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo (Forze armate
rivoluzionarie della Colombia, un'organizzazione guerrigliera comunista clandestina della
Colombia, di ispirazione bolivariana fondata nel 1964)
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