8
infatti, che mentre i bambini delle bidonville di New Delhi devono aspettare la buona
volontà di due studiosi per poter avere a che fare con un computer, la maggioranza dei
bambini occidentali oggigiorno cresce circondato dall’onnipresenza della tecnologia. Il
digitale è ovunque e permea la vita quotidiana. I giovani occidentali cresciuti a cavallo
del cambio di millennio hanno sempre avuto esperienza di un mondo in cui è comune
l’utilizzo del computer. Tapscott (1997) ha denominato la generazione nata dopo il 1977
“growing up digital”. Holloway e Valentie (2001) hanno coniato il termine “cyberkids”
per descrivere i ragazzi per i quali la Rete è un ambiente quotidiano complementare e
altrettanto coinvolgente, se non di più, di quello reale.2
A child may be exposed to digital technology even before he or she is
exposed to books. Whereas the child of the recent past may have needed an
introduction to computers and digital information upon beginning formal
schooling, these things have very likely been a part of life of today’s child
from the beginning. One way that children learn is observing their parents.
Today’s child may see his/her parents using computer technology more
often than reading books. Digital technology has the potential to seduce
young children with color, movement, sound and interaction. It responds to
a child’s input in a most immediate e satisfying way.3
La dimensione mediatica della vita non viene più appresa, poiché è contestuale alla
stessa esistenza.4 Così come i bambini imparano a muoversi in autonomia tramite
l’esplorazione e il gioco, oggi l’universo di apprendimento è allargato al cyberspazio.
Un universo sterminato di informazioni ed opportunità, in cui i piccoli navigatori si
immergono per soddisfare i propri molteplici interessi.
L’approccio con il computer e l’alfabetizzazione informatica del bambino è
subordinata alla disponibilità degli adulti, genitori o insegnanti, a fornire ai bambini la
strumentazione adatta e le linee guida per l’utilizzo dell’hardware e del software. Non
2
Cfr. Dresang E. T. (2005)., The Information-Seeking Behavior of Youth in the Digital Environments,
“Library Trends”, Vol. 54, n° 2.
3
Cooper L. Z. (2005), Developmentally appropriate digital environments for young children, “Library
trends”, vol. 54, n° 2.
4
Per una carta dei diritti dei bambini e dei ragazzi in rete, documento a cura del Consiglio nazionale
degli utenti
9
mancano in questo senso i problemi legati al digital divide, ancora persistenti anche nei
Paesi più sviluppati: l’analfabetismo informatico delle famiglie e l’inadeguatezza
dell’istruzione scolastica incide fortemente sulla possibilità delle nuove generazioni di
avere accesso alle nuove tecnologie e alla Rete, con forti ripercussioni sulla formazione
del bambino.
National polls indicate widespread support for providing children with
access to computers to enable them to learn adequate computer skills and
improve their education. In surveys, most parents and children report that
they view computers and the Internet as a positive force in their lives,
despite concerns about exposure to inappropriate commercial, sexual, and
violent content. Most parents believe that the Internet can help children
with their homework and allow them to discover fascinating, useful things,
and that children without access are disadvantaged compared to those with
access. [...] in the minds of many parents and policymakers, “equality of
digital opportunity” is fast ecoming synonymous with “equality of
educational opportunity”.5
Ma la questione che più si vuole fare emergere con questo lavoro, nella speranza che
possa essere affrontata individuando soluzioni concrete, è la diffusa carenza ed
inadeguatezza degli spazi web per l’utenza infantile, che finisce per influenzare
indirettamente anche la possibilità di accesso a Internet o per limitare le opportunità
educative che la Rete può offrire. L’apprendimento autonomo dei bambini, infatti,
avviene o dovrebbe avvenire in spazi protetti, a volte sotto la supervisione di un adulto,
oppure in un ambiente appositamente creato per venire incontro alle esigenze di
sicurezza e di formazione propri dell’età infantile.
5
Shields M.K., Behrman R.E. (2000), Children and Computer Technology: Analisys and
Recommendations, in “The Future of Children”, vol. 10, n°2, The David and Lucile Packard Foundation,
pag. 5.
10
Children develop and learn best in the context of a community where they
are safe and valued, their physical needs are met, and they feel
psychologically secure6
Pensiamo ad esempio alla sezione per ragazzi di una biblioteca: nel rispetto di regole
condivise, i bambini possono cercare liberamente il materiale che risponde alle proprie
necessità informative e ludiche, senza pericolo che i libri presi dagli scaffali, sfogliati
o presi in prestito nascondano “insidie” come contenuti troppo difficili o inadatti
all’infanzia. La stessa organizzazione della biblioteca per ragazzi può tener conto delle
differenti fasce d’età dell’utenza infantile, predisponendo sezioni dedicate ai più
piccoli, mentre l’attività di ricerca può essere agevolata da una catalogazione
semplificata che utilizza i colori invece dei codici Dewey. Lo stesso patrimonio librario
veicola significati di selezione dell’utenza mediante il formato (un cartonato o un
oggetto-libro si rivolgono ai più piccoli), la lunghezza del testo e l’uso delle immagini,
e spesso anche indicando esplicitamente a quale fascia d’età si rivolge il prodotto.
Una simile organizzazione sarebbe auspicabile anche per il World wide web, ormai
diventato una delle principali fonti informative per grandi e bambini. E nonostante gli
appelli di molti insegnanti per la supremazia qualitativa della carta stampata,
un’improvvisa disaffezione per le ricerche in rete sembra sempre più lontana.
Today children expect to find computers in libraries as much as they
expect to find books. [...] Various studies show that young people (ages
three to thirteen) have an extremely positive view of new technologies
and believe that these digital tools con help them in defining their
personal and cultural identities.7
6
National Association for the Education of Young Children (NAEYC), (1997), Principles of child
development and learning thet inform developmentally appropriate practice, Washington DC.
7
Druin A. (2005), The digital landscape for children, “Library trends”, vol. 54, n° 2, pp. 173-177.
11
Nonostante le opportunità educative della rete per i più piccoli siano riconosciute da
genitori, insegnanti e politici8, queste vengono spesso oscurate dalle preoccupazioni
per i pericoli che l’assenza di controllo e l’interattività favorita da Internet possono
costituire per i bambini. Il tema della sicurezza on line dell’infanzia tocca diversi
ambiti che saranno trattati in seguito: dall’educazione a comportamenti prudenti, alla
tutela dell’anonimato e della privacy, fino all’utilizzo di software appositi per limitare
la navigazione a siti internet selezionati e protetti e a politiche di autovigilanza delle
pubblicazioni on line. Ma tali accorgimenti prevedono innanzitutto la consapevolezza
di genitori e insegnanti. Se questa manca, l’atteggiamento protettivo (giustificato, in
quanto il pericolo della pedofilia on line, dell’abbondanza di contenuti pornografici e
violenti e di tecniche di marketing al limite della truffa sono decisamente concreti) può
portare a una diffidenza diffusa verso Internet e al conseguente divieto di utilizzo per i
bambini, o a una forte limitazione delle opportunità che il mezzo può offrire.
Sono convinto che, al di sotto del pericolo contenutistico paventato, l'insidia
che l'adulto sente come più inquietante stia nella qualità del rapporto che "il
soggetto da educare" intrattiene con i media: lui, il ragazzo, appunto, li
abita, ci sta dentro, li fa suoi; l'adulto, invece, condizionato da una
modellizzazione scrittoria (o, se vogliamo, libresca) dell'esperienza, pensa di
poterli (o doverli) "leggere", i media, e quindi sopporta il ricatto di questa
sua rappresentazione locale e riduttiva.
Ma poiché la barra dell'azione educativa è fermamente nelle sue mani di
adulto, ecco che il ricatto subìto viene automaticamente proiettato sul
giovane stesso, e diventa azione ricattatoria (vale a dire censoria): l'accesso
ai media va regolamentato perché la loro azione è negativa, in quanto
veicolatrice di contenuti negativi. Non ci si chiede, come invece si
dovrebbe, se sia possibile, sempre (vale a dire in tutti i contesti tecnologici,
e come, in linea di principio, avviene nel contesto tecnologico della "forma
libro"), dissociare contenuto da forma, oggetto da soggetto del conoscere,
8
Curiosamente, anche i genitori dei piccoli indiani protagonisti dello studio di Mitra e Rana giudicavano
positivo per i figli l’accostarsi allo sconosciuto strumento informatico.
12
contesto da testo. No, si va diritto all'obiettivo, che è quello di imbrigliare,
regolamentare, segmentare, settorializzare9
La Rete si differenzia dagli altri mezzi di comunicazione di massa per le molteplici
possibilità di utilizzo che offre ai propri utenti10. Se da una parte rimane importante la
funzione comunicativa della pubblicazione di contenuti on line (e conseguentemente
una fruizione per soddisfare i propri bisogni informativi da parte degli utenti), fin dagli
albori del World wide web hanno avuto straordinario successo gli strumenti per
l’interattività, come chat, forum, newsgroup e newsletter. E proprio negli ultimi anni
sembra essersi sviluppata la tendenza ad un uso sempre più partecipativo del Web:
anche grazie all’innovazione del software e alla realizzazione di siti web dinamici e
sempre più complessi, sono proliferati gli strumenti che permettono all’utente di
lasciare sempre una traccia di sé nelle tappe della navigazione. Traccia che spesso
diventa la vera attrattiva del sito, elevandosi a rango di content. Naturale fare
riferimento ai blog, fenomeno esploso nel 2003: in essi lo sviluppo della conversazione
nei “commenti” non è meno importante dello stesso “post”, che se non servisse da
stimolo per un dibattito diacronico con gli utenti risulterebbe un effimero segno fine a
se stesso. L’opzione “Lascia un commento” è sempre più presente anche nei siti che
raccolgono materiale creativo, come scritti e disegni. Il successo di molti spazi web è
determinato proprio dal fatto che l’utente è sempre meno uno spettatore passivo,
fruitore di contenuti pubblicati in modo unidirezionale, ma viene sempre più spesso (e
continuativamente) chiamato a partecipare allo sviluppo del content con contributi
originali o ad esprimere un giudizio in merito. Fine ultimo di tale invito
all’interattività, è ovviamente la formazione e la consolidazione di una community on
line che riunisce persone di tutto il mondo nella condivisione e nella comunicazione. A
metà del primo decennio del nuovo millennio, la metamorfosi dell’utente in Internet
che si giostra con naturalezza tra fruizione e produzione di web content ha persino
“conquistato” la copertina del TIME dedicata all’uomo dell’anno 2006. Un
riconoscimento che non ha portato alla ribalta mondiale politici, premi nobel o
9
Maragliano R. (2001), Dovete smetterla, cari adulti, di voler "addomesticare la bestia", “Telèma”, n°
24, Primavera 2001.
10
Bertolini P., Manini M., Balduzzi L., I bambini nel regno dei media: televisione, videogiochi, internet,
“Studium Educationis”, n° 3.
13
imprenditori, ma la creatività (e in alcuni casi il genio) di tutte le persone che ogni
giorno inventano la Rete apportando contributi originali e mantenendo vivi scambi e
dialoghi.
Purtroppo, se da una parte la condivisione di opinioni, esperienze, informazioni e
materiale digitale con altre persone è diventato uno degli aspetti più fruttuosi del web, i
bambini ne rimangono spesso esclusi per gli evidenti pericoli che l’interattività con
sconosciuti comporta. I genitori possono essere disposti a chiudere un occhio sulla
scarsa qualità dei contenuti web proposti ai minori11, ma non sul pericolo che i loro
figli possano fare brutti incontri in Rete, soprattutto grazie a una comunicazione
sincronica (chat) difficilmente controllabile.
Il web dà a genitori e insegnanti l’immagine di un immenso mare in cui un bambino
può facilmente perdersi, soprattutto perché è ancora scarsissima la presenza di siti di
qualità pensati e progettati per i più piccoli, e con obiettivi più profondi che vendere
loro qualcosa.
I bambini che utilizzano internet per i propri bisogni informativi e ludici devono fare i
conti con una Rete pensata da adulti per adulti.
Not surprisingly, the effects of computer use vary significantly by the type of
activity and the quality of content. The experiences of children playing
violent computer games are quite different from those playing educational
games; the experiences of children visiting informa-tive, nonprofit Web sites
are quite different from those logging on to sites sponsored by media
conglomerates and toy companies; and the experiences of children
exchanging e-mails with friends and family are quite different from those
communicating with strangers in MUDs and chat rooms12.
11
Molti siti per bambini dalla grafica accattivante, ricchi di contenuti multimediali, fanno parte della
strategia di marketing di prodotti per l’infanzia e sono, in concreto, poveri di contenuti di qualità e
“disinteressati”. Anche in Tv, nella pubblicità “tradizionale”, è strettissimo il rapporto tra
intrattenimento dei bambini e il merchandising a loro rivolto.
12
Druin A. (2005), op. cit.
14
Il fatto che tra miliardi di pagine web le “oasi” dedicate al bambino utente si contino
nell’ordine delle centinaia, soprattutto in Italia, è imputabile a una mancanza di
consapevolezza che investe in primo luogo le istituzioni pubbliche e culturali. La
buona volontà degli insegnanti che cercano di avvicinare i piccoli all’alfabetizzazione
informatica e al corretto utilizzo di Internet, infatti, trova un limite nella mancanza di
spazi on line che tengano conto delle esigenze dei bambini e che permettano in seguito
una navigazione autonoma e ricca di proposte. Nel momento in cui l’amministrazione
pubblica si fa carico della realizzazione di una società informatica (ossia della
diffusione delle nuove tecnologie e del loro utilizzo in tutte le fasce della cittadinanza)
non può tralasciare la formazione dell’infanzia. Come vedremo, le problematiche della
navigazione dei più piccoli sono riconosciute anche a livello istituzionale e non
mancano le proposte per la formazione e la sicurezza dei giovanissimi esploratori del
web. Mentre risulta appena accennata l’esigenza di proporre direttamente e
concretamente contenuti e spazi virtuali adeguati all’infanzia, nonostante questo strida
con la reiterata attenzione a non escludere le fasce deboli della società dall’accesso a
Internet.
Le questioni sollevate possono essere affrontate in modo concreto secondo direzioni
che investono diversi settori, tutti egualmente importanti e nessuno esclusivamente e
definitivamente esaustivo. Il problema della sicurezza è quello forse sentito come più
rilevante e urgente da parte degli adulti, e in questo settore non sono mancate le
proposte da parte delle istituzioni italiane. Molto si è fatto anche per diffondere
l’utilizzo degli strumenti informatici nelle scuole di ogni grado, secondo direttive
europee messe in atto nei primi anni del decennio. Oggi, come vedremo dalle più
recenti indagini di istituti di ricerca nazionali, la navigazione infantile è una pratica in
crescita e sempre più caratterizzata da una forte autonomia. Una nuova questione
dovrebbe quindi essere indagata: il web è “child-friendly”? Ossia, il design dei siti
rivolti ai bambini è davvero adatto alle esigenze dell’infanzia in termini di usabilità e
preferenze?
Lo sviluppo di un progetto per un sito web è infatti un processo step-by-step che
richiede la definizione di punti fermi generali che dovranno essere tenuti presenti man
15
mano che il team di lavoro procede in ogni fase della realizzazione. Sono tre i fattori
alla base di ogni pianificazione13:
Scopo – individuazione del committente e delle sue richieste e della
tipologia di prodotto che si vuole realizzare
Utenza – individuazione del pubblico cui si rivolge il sito web, sia nella sua
veste di target primario che di utenza generale, e delle diverse necessità
Obiettivi – lista di obiettivi compilata sulla base delle esigenze di
committenti e utenti, il cui raggiungimento determinerà il successo del sito
La proposta che andremo a sviluppare è quella della progettazione di un portale
istituzionale e culturale per i bambini di Parma. La definizione dei punti sopraelencati
partirà da un’analisi approfondita degli attori chiamati in causa: gli enti istituzionali
locali come mittente, il portale come tipologia di prodotto e il pubblico infantile come
utenza. Perché questa scelta? In primo luogo, la pubblicazione da parte di enti
istituzionali e culturali dovrebbe essere garanzia del rispetto di norme di sicurezza e
standard di qualità alti, obiettivi che possono essere raggiunti tramite uno studio
accurato di tali problematiche e delle relative soluzioni.
Il primo aspetto che sarà preso in considerazione è quindi quello dell’attuale presa di
coscienza del fenomeno della navigazione infantile da parte delle istituzioni italiane e
degli organismi di garanzia, per rimarcare come a dichiarazioni e documenti non sia
seguito un piano organico di politiche attive per la promozione e lo sviluppo di ambienti
digitali per bambini. In particolare, come detto, l’impegno delle istituzioni si è
soffermato soprattutto sull’aspetto della sicurezza, delegando alla buona volontà dei
privati la pubblicazione di pagine web adatte all’infanzia. Il risultato è che il panorama
italiano dei siti per bambini è pieno di prodotti scadenti, di siti commerciali e di “web
vetrina”14, cioè dalla grafica accattivante ma povere di contenuto. Una tendenza che
contrasta con la volontà di creare una “Società dell’Informazione” e in particolare con la
13
www.usability.gov, sito sull’usabilità promosso dal governo Usa.
14
Cherubini Mauro (2001), The kid factor. Usabilità ed ergonomia dei siti web per bambini, tesi di
laurea, www.tesionline.it.
16
forte attenzione riservata alle problematiche dell’accessibilità delle tecnologie
informatiche da parte di persone con disabilità o anziani.
Poi, l’aspetto che connoterà maggiormente il progetto di sviluppo: il target infantile, con
le specifiche esigenze dei navigatori bambini, tema che solleva diversi problemi in
ambiti differenti. In primo luogo, sarà fornita una fotografia dell’utente bambino,
quantitativa e qualitativa, così come è stata rilevata dalle più recenti ricerche
sociologiche a livello nazionale. Saranno quindi analizzate le caratteristiche proprie
delle diverse fasce dell’età infantile a livello di sviluppo fisico, cognitivo ed emotivo,
secondo diverse prospettive delineate nel settore della psicologia dello sviluppo, al fine
di individuare i principali problemi che bambini di differenti età possono incontrare
nell’interazione con un ambiente digitale. Le ricerche su tali aspetti sono recenti: da una
parte, teorie e pratiche della developmentally appropriate practice, cioè dell’approccio
che tiene conto dei livelli di sviluppo, sono state applicate ai principi del design di siti
web. Dall’altra, non sono mancati gli studi che hanno coinvolto direttamente i bambini
nel processo progettazione di strutture e interfacce digitali, per poter osservare e definire
difficoltà e predilezioni di questa specifica fascia d’utenza nell’interazione uomo-
macchina. Un’ampia trattazione sarà dedicata allo sviluppo di design di siti web adatti
all’infanzia così come è stato definito da studi di usabilità che hanno coinvolto
direttamente i piccoli utenti, secondo differenti modalità.
Quindi, le considerazioni generali nell’affrontare tali questioni verranno riferite al
panorama sociale e culturale della città e della provincia di Parma, con particolare
attenzione ai siti web istituzionali e culturali proposti, nel quale andrebbe a collocarsi il
portale per bambini una volta completata la realizzazione. La scelta di circoscrivere
geograficamente il panorama di riferimento è dovuta alla necessità di individuare scopi
e obiettivi concreti e per poter proporre anche esempi di sviluppo pratici, che potrebbero
costituire un modello applicabile anche da altre realtà locali.
La ricerca sarà affrontata su diversi fronti: da una parte, l’analisi della letteratura, che si
concentrerà in particolar modo sui problemi di usabilità dei siti Internet da parte dei
navigatori bambini e sugli studi di design per la creazione di spazi web specificamente
rivolti all’infanzia. Dall’altra, prendendo come riferimento il panorama sociale,
istituzionale e culturale di Parma, nonché la sua presentazione sul collettore di siti web
promosso dalla Provincia “Portale Parma” e mediante un’analisi degli strumenti per
17
l’interazione virtuale proposte dal portale delle scuole dell’Emilia Romagna ScuolaEr,
verranno elaborate proposte concrete per la creazione, la gestione e la promozione del
prodotto digitale.
19
Capitolo I
Il ruolo degli enti istituzionali e culturali
nella pubblicazione di siti web per bambini
1.1 – Qualità e autorialità delle pubblicazioni web, il ruolo delle istituzioni
La questione della Rete a misura di bambino non riguarda esclusivamente che cosa
viene pubblicato (punto fondamentale e complesso per le problematiche di adattamento
dei contenuti e della loro presentazione alle esigenze di apprendimento dei bambini)
ma anche chi lo pubblica.
Tra i vari criteri per valutare la qualità di un sito web, che a differenza della
pubblicazione cartacea non ha il “filtro” dell’editore più o meno rinomato che si fa
garante di una selezione accurata e di un controllo dei contenuti, c’è sicuramente il
riconoscimento dell’autorialità. Oggi, la maggior parte dei siti web presenta contenuti
non firmati e la funzione di identificazione del mittente viene svolta dall’intestazione,
che assume il ruolo di marchio “di fabbrica”. L’intestazione trasmette a tutte le pagine
del sito e a tutto il content i valori aziendali, culturali o istituzionali che veicola. Non
sempre dietro a una pubblicazione on line è necessaria un’istituzione riconosciuta per
stimolare fiducia nell’utente: alcuni dei più importanti prodotti l’hanno costruita negli
anni grazie all’originalità e alla qualità del servizio offerto. In questi casi l’intestazione
diventa marchio dell’ormai consolidata funzione, popolarità ed eccellenza di un sito
nel panorama del web (si pensi a Google o a Wikipedia). Si tratta in ogni caso di casi
particolari e non facilmente ripetibili con una progettazione a tavolino, in quanto il web
è in continua e multiforme crescita ed molto difficile, se non impossibile, prevedere le
direzioni che gli utenti vorranno seguire, determinandone il successo.
L’autorialità di un sito è quindi un elemento fondamentale perché l’utente possa
riconoscere l’autorevolezza delle fonti e quindi avere fiducia nella qualità del
contenuto. E soprattutto i bambini, che tendono ad usare Google come un oracolo,
devono essere educati a un uso consapevole e critico delle risorse che trovano in rete.
20
Molti insegnanti sono giustamente preoccupati dal crescente fenomeno del download
di elaborati da Internet, che vengono poi sfacciatamente consegnati dagli studenti come
frutto del proprio lavoro. D’altra parte, un simile comportamento è facilmente
arginabile, ma anziché ricorrere al divieto assoluto di reperire materiale in Internet,
sarebbe più utile insegnare agli alunni le tecniche di ricerca di contenuti attendibili
tramite la valutazione delle fonti (e, ovviamente, il corretto uso per le attività di
studio). Si ripresenta però il problema della carenza di siti di qualità adatti ai più
piccoli, come vedremo è riconosciuta anche a livello istituzionale, senza che però siano
stati attuate proposte per invertire questa tendenza. Lasciare alla buona volontà dei
privati il compito di fare fiorire spazi web adatti ai bambini non è certamente una
politica adeguata. Con questo non si vuole sminuire in nessun modo l’importanza
fondamentale dell’iniziativa dei singoli per la crescita e lo sviluppo del web, ma tale
considerazione tiene conto di alcune difficoltà oggettive che possono presentarsi nello
sviluppo di un sito web per bambini.
Non è un luogo comune che il World Wide Web abbia rivoluzionato il mondo della
pubblicazione e della comunicazione di contenuti, introducendo un fondamentale
elemento di democratizzazione. Chiunque abbia un minimo di familiarità con la
navigazione online, infatti, si sarà imbattuto nella possibilità di passare dal ruolo di
lettore a quello di autore di prodotti web, senza che fossero necessarie particolari
competenze tecnologiche o editoriali o investimenti economici, né minimi né onerosi.
Prima ancora che infuriasse la moda dei “blog”, che altro non sono che siti che
permettono un facile e continuo aggiornamento e l’immediata interattività con gli utenti,
diversi service provider offrivano agli utenti, oltre al servizio e-mail, una certa quantità
di spazio web gratuito per l’archiviazione di propri documenti digitali, ma soprattutto
per la pubblicazione di pagine web. A chi non avesse familiarità con i pochi tag html
necessari per la costruzione di un semplice sito, viene spesso messo a disposizione un
tutorial on line per la realizzazione di pagine web step-to-step. Il prodotto di questa
“democratizzazione” è sotto gli occhi di tutti: la rete, formata da miliardi di pagine web
che ogni giorno nascono e cambiano. E che ogni giorno muoiono. Un termine che,
applicato alle pubblicazioni digitali, non significa soltanto la dismissione off-line. Ma
anche l’abbandono, la mancanza di aggiornamento, la perdita progressiva di traffico di
utenza per mancanza di interesse o per l’impossibilità di trovare il sito nel labirinto della
21
rete, o forse perché il link non è più attivo o il server ospitante è down, magari senza che
l’autore se ne fosse accorto. Rischi che aumentano in modo esponenziale se il sito è
frutto di una improvvisazione editoriale. L’estrema facilità con cui si può realizzare e
mettere on line un prodotto digitale ha infatti trasformato la pubblicazione di siti web in
un hobby come un altro. Hobby che può facilmente essere abbandonato quando cala
l’interesse dell’autore o quando l’investimento per mantenere o attrarre nuovi utenti
diventa troppo dispendioso in termini di tempo e denaro. La “morte” digitale non è
grande danno, ovviamente, quando si parla di siti amatoriali. Ben diversa è la situazione
per prodotti digitali che hanno richiesto forti investimenti in campo tecnologico e
creativo e il cui insuccesso comporta un danno in termini economici ma anche di
immagine per il privato, l’istituzione o l’azienda committente. In questo caso, infatti, la
pubblicazione di contenuti digitali perde il suo aspetto ludico per entrare a pieno titolo
in un processo di comunicazione editoriale, con ruoli e attori ben definiti da diverse
professionalità che cooperano per la realizzazione di un prodotto di successo.
Internet è piena di e-mail che prima si accumulano, poi restano inevase fino
a quando gli utenti comprendono che quell’interazione tanto promessa, quel
canale diretto così ricco di aspettative non funziona e non funzionerà mai
[…] l’interazione inevasa non perdona. In questo scenario, la formazione è
fondamentale per governare, traendone i massimi vantaggi, la svolta
culturale. 15
Questo non significa che un prodotto amatoriale, magari realizzato da un singolo senza
cospicui investimenti e senza alcuno scopo di lucro, non possa avere successo: lo
dimostra la grande popolarità raggiunta da alcuni blog. Tuttavia, non è possibile
generalizzare il concetto di “successo”: ogni pubblicazione si pone degli obiettivi e ha
raggiunto i propri scopi quando quegli obiettivi sono raggiunti e mantenuti.
Questo capitolo si propone di affrontare il tema del ruolo delle istituzioni nella
promozione dell’utilizzo di Internet in ogni fascia della società, impegno determinato a
livello legislativo e da direttive dell’Unione Europea. Vedremo come tra i punti
15
Toschi L. (2001), Testo, multimedia e Web, saggio introduttivo di Web: Guida di stile. Progettazione
dei siti Web di Patrick J. Lynch e Sarah Horton, Apogeo, Milano, pag. XII.
22
prioritari vi sia l’alfabetizzazione informatica delle nuove generazioni e quali siano stati
finora gli interventi governativi in questo senso. Oltre a politiche per la diffusione di
nuove tecnologie nelle scuole e tra i privati, la Società dell’Informazione deve essere
sostenuta tramite la realizzazione di siti web istituzionali che consentano il dialogo con i
cittadini a livello nazionale e locale, fornendo a portata di click informazioni
fondamentali e servizi amministrativi. I siti istituzionali devono ovviamente seguire
standard di usabilità, accessibilità e qualità dei contenuti per non escludere le fasce
deboli della società dalla fruizione dei contenuti digitali. Se da una parte viene
riconosciuto il diritto dei bambini all’accesso a Internet, dall’altra manca una
formalizzazione legislativa per la promozione di pubblicazioni web adatte ai più piccoli.
Servizi e contenuti per bambini dovrebbero infatti garantire sicurezza e un’alta qualità
di contenuti multimediali, così come struttura e interfaccia del sito dovrebbero essere
attentamente progettati per permettere la navigazione autonoma. Realizzazioni di questo
livello difficilmente possono essere alla portata economica di privati. E’ inoltre richiesto
il lavoro di specialisti per la divulgazione di contenuti controllati e corretti: in questo
senso, è importante l’impegno degli istituti culturali pubblici, come biblioteche e musei,
per una divulgazione on line del proprio patrimonio adattata alle esigenze dell’infanzia
in termini di information retrieval e ricezione dell’informazione.
1.2 – La Società dell’Informazione per le nuove generazioni
A Lisbona, nei giorni 23 e 24 marzo 2000, il Consiglio d'Europa discute "eEurope,
Una società dell'informazione per tutti", documento in cui vengono delineati i
campi d’intervento per la costituzione di una Società dell’Informazione a livello
europeo. In particolare, come punti di debolezza e di arretratezza vengono indicati
l'accesso ad Internet e al commercio elettronico è generalmente costoso, lento
e non sicuro;
la popolazione degli utilizzatori on-line a loro agio con gli strumenti digitali è
ancora troppo ridotta;
manca una cultura abbastanza dinamica, imprenditoriale e orientata ai servizi;