INTRODUZIONE
Fin da quando ho iniziato il mio percorso accademico presso l‟Università
Cattolica del Sacro Cuore sono sempre stata interessata alle problematiche
inerenti il disagio infantile ed eventuali linee guida grazie al quale poter
relazionarsi ed attuare percorsi educativi in realtà difficili e delicate.
La scelta di attuare il tirocinio obbligatorio del secondo anno della laurea
specialistica nella comunità “Girotondo” non è nata esclusivamente dal fatto che
già conoscevo le persone che frequentano la comunità o per la vicinanza fisica
al luogo di lavoro che non avrei avuto intenzione di lasciare o di sacrificare.
In realtà fin dal primo anno della laurea triennale è sempre stato vivo in
me l‟interesse di poter fare un‟esperienza significativa in una comunità alloggio
per bambini con disagio sociale, con vissuti di maltrattamenti, abuso o incuria
famigliare.
Avendo conosciuto questa comunità per minori per motivi di convivenza
comune nella stessa struttura, siccome lavoro da 5 anni per un‟associazione
ONLUS che opera nel campo della disabilità infantile e ha sede nello stesso
palazzo, ho ritenuto opportuno chiedere alla cooperativa che ha in gestione la
comunità la possibilità di poter fare la tirocinante presso di loro.
I piani che separano il centro dell‟Abilità con la comunità “Girotondo”
sono solo quattro e all‟inizio non bastavano per nulla per permettermi di essere
pronta ad attuare degli interventi educativi e a mettermi in relazione con questi
bambini, ad accoglierli, ascoltarli, accettarli.
Rilevando questo limite, ho iniziato a riflettere su quale potesse essere
l'impostazione mentale, metodologica, da fare mia in modo da aprire il mio
mondo al loro e viceversa.
Frequentando le lezioni universitarie del Professor Giuseppe Vico e il
corso di formazione dell‟associazione Educatori Senza Frontiere – Exodus, di
6
cui Vico è stato Presidente, ho iniziato a conoscere la teoria educativa del
professore che vede l‟educazione e il percorso di crescita dell‟individuo come
un‟erranza, una ricerca, un percorso di cammino, un‟itineranza.
Fin da subito ho condiviso con il professor Vico la passione per questa
impostazione teorica, ritenendola vicina al mio modo di pensare ed interpretare
l'educazione e la relazione d'aiuto.
Riconoscendo la bellezza di questa teoria, ho iniziato a chiedermi se
fosse possibile attuarla in un contesto educativo come quello della comunità
alloggio per minori, in cui io stavo vivendo una situazione di crisi e di ricerca
professionale.
Per questo motivo ho scelto di fare della mia tesi specialistica una
grande occasione riflessiva, di crescita e di ricerca personale e professionale, in
relazione diretta alla mia esperienza con disagio infantile.
Il professor Vico ha accettato subito la mia proposta di ricerca,
accompagnandomi e avvicinandomi alla conoscenza dei suoi principi teorici in
relazione all‟erranza educativa.
Il percorso di tesi è strutturato a cerchi concentrici: il cerchio maggiore
riguarda il tema del disagio infantile, che viene poi analizzato attraverso la
teoria pedagogica dell’erranza educativa. Il focus poi si concentra su un
contesto specifico in cui incontrare il disagio ed attuare la linea teoria
dell‟erranza, la comunità “Girotondo”. Infine viene analizzato un specifico
aspetto dell‟erranza educativa in comunità, ovvero l‟aggressività, il momento di
sosta nel percorso.
Percorrendo questa spirare cercherò di riflettere sul vissuto
dell'educatore e di trovare i punti di forza all'interno della teoria dell'erranza
educativa che possono permettergli di rimanere con sicurezza accanto al
bambino e favorendo la sua crescita.
Questa tesi non ha la pretesa di individuare dei principi operativi in
relazione all‟educazione in comunità con bambini disagiati, ma vuole essere
un‟occasione di riflessione e di crescita soffermandosi sulle difficoltà che si
incontrano nella quotidianità educativa e nella relazione con bambini un po‟
speciali, ma pur sempre bambini in cammino.
7
1
IL DISAGIO INFANTILE:
LE POSSIBILI INTERPRETAZIONI
[…]
Dimmi, o luna: che vale
al pastor la sua vita,
la vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?
G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia
1.1 Introduzione
Le società del Nuovo Millennio si manifestano come delle società
multiformi, complesse, interconnesse tra loro, caratterizzando uno scenario
difficile da conoscere e da interpretare e le cui interrelazioni hanno effetto su
tutto il pianeta.
Questo mondo ha generato, riducendo i tempi e accorciando gli spazi, un
processo di globalizzazione economica, culturale, sociale, ecc. che ha portato
1
molte conseguenze sulla vita delle persone.
La comprensione di questi fenomeni è possibile solo se si fa proprio il
paradigma della complessità come strumento di lettura della realtà. Come è
emerso, la complessità è la caratteristica distintiva che meglio evidenzia
2
l‟estrema articolazione raggiunta dalla nostra società:
- l‟ambivalenza del mondo, cioè l‟impossibilità di ricondurre
atteggiamenti, azioni, pensieri, a schemi condivisi e comuni;
- la caduta dei miti (religione, ragione, scienza, tecnica,…), che ha
generato la perdita di un modello-guida culturale e valoriale valido che fosse
1
Z. BARMAN, Dentro la globalizzazione, le conseguenze sulle persone, Laterza, Bari, 1999, pag
31.
2
G. MANCA, DISAGIO, Emarginazione e devianza nel mondo giovanile, Bulzoni, Roma, 1999,
pag. 89 e Z. Barman, Dentro la globalizzazione, le conseguenze sulle persone, pag. 46
8
condivisibile tra tutti gli uomini. In particolare la religione ha ricoperto nella storia
dell‟umanità la funzione di orizzonte di riferimento fondamentale per permettere
alle società e agli individui di muoversi nelle scelte comuni e non in modo
abbastanza chiaro e comune.
- l‟aumento di flussi migratori da uno stato ad un altro, da un
continente ad un altro, dal Terzo Mondo al Primo Mondo. All‟interno della
stessa società ora è facilmente rilevabile la presenza di gruppi etnici molto
differenti tra loro per cultura, religione, ideologie, provenienza, ecc.;
- l‟incessante velocità degli avvenimenti, acceleramento dei
processi di sviluppo e produzione;
- l‟esplosione delle conoscenze, con la coesistenza di progresso e
ambiguità. Sono state così modificate le modalità di apprendimento e di
relazione tra gli individui (internet, web, e-mail, cellulare,…);
- l‟aumento della complessità sociale, cioè maggiore imprevedibilità
dei fenomeni che accadono, aumento del caos e del disordine percepito,
difficoltà di analisi della società, ecc.
Questi fatti, associati a differenze comuni ad ogni epoca storica, cioè
differenze di genere, sociali e individuali, ci restituiscono una società che fa
fatica ad offrire in egual misura ad ogni suo componente dei punti stabili di
riferimento, uguali diritti e doveri e la possibilità di sviluppo pieno del pensiero e
3
della personalità.
Tutto ciò ha inevitabili conseguenze sulla strutturazione e sulla qualità
dei rapporti interpersonali, soprattutto sulle relazioni educative. In un clima
determinato da tali incertezze il solo rifugio si trova nella quotidianità, cioè
investendo il meno possibile sul futuro, che è guardato con preoccupazione e
diffidenza.
In uno scenario di questo tipo non ci si deve affatto stupire se individui
adulti e non si sentano esclusi e quindi vivano uno stato di disagio
esistenziale.
Il disagio, quindi, si presenta oggi come uno dei temi di ricerca più carichi
di motivazioni siccome, visto come espressione di un sentimento di malessere
3
A. GIDDENS, Il mondo che cambia, Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, Il Mulino,
Bologna, 2000, pag. 35-38.
9
esistenziale e sociale, sembra colpire in modo più o meno significativo tutti i
soggetti dell‟età contemporanea.
Per questo motivo il disagio si manifesta attraverso numerose
caratteristiche e sfaccettature che si cercherà di analizzare e approfondire nelle
pagine seguenti.
1.2 Un'analisi storica
Il termine “disagio”, che attualmente è molto presente nel linguaggio
comune e in quello dei professionisti, non appartiene direttamente ad un
vocabolario pedagogico o psicologico. Il disagio, infatti, non gode di uno statuto
scientifico, non è un termine tecnico ma viene usato nel lessico comune.
Tuttora non esiste una teoria psicologica o sociologica del disagio e su
4
questo argomento gli studiosi non sono affatto omogenei.
Cercando su un dizionario o in una comune enciclopedia on-line il
significato di questa parola, il disagio, si possono leggere definizioni simili a
5
questa:
disagio: [di-ʃà-gio], s.m. (pl. -gi)
1 Mancanza di agio, di comodità: condizione, situazione di d.; i
disagi di un lungo viaggio
‖ Fatica, privazione: i molti disagi della vita
2 Imbarazzo, difficoltà: essere, sentirsi, trovarsi a d.
‖ Mettere a disagio, mettere in imbarazzo
6
Per la lingua italiana il disagio è una situazione di mancanza, di
malessere, che è causata da fattori differenti. Una persona può sentirsi
4
G. FROGGIO, Psicosociologia del disagio e della devianza giovanile, Laurus Robuffo, Roma,
2002, pag. 18.
5
A. GABRIELLI, Grande dizionario italiano Hoepli, Hoepli, 2008, pag. 345.
6
Ho voluto specificare nella lingua italiana perché nelle lingue anglosassoni non esiste un
termine di simile significato. Infatti è molto spesso utilizzato il termine “disadattamento” o
“devianza” per indicare situazione sociali simili a quelle descritti in italiano con la parola
“disagio”.
È stata presa come riferimento la lingua anglosassone siccome i principali studi sociologici e
psicologici sulle condizioni di disagio giovanile sono di origine anglosassone. L‟idea di disagio
10
disagiata per motivi economici, culturali, oppure può sentire emozioni sgradevoli
in relazione agli altri che la circondano o infine per motivi prettamente fisici di
malessere.
Il termine “disagio” riguarda un‟amplissima sfera di discipline umanistiche
7
ed è il comune oggetto materiale di analisi e si tratta di una disciplina che ha
storia molto recente. Questo termine è stato introdotto per la prima volta nel
linguaggio tecnico e poi comune dalla sociologia.
Per la sociologia, che fino ad ora è stata la disciplina che più ha studiato
8
e analizzato questo tema, il disagio riguarda soprattutto le giovani
9
generazioni. La sociologia ha infatti come obiettivo di studio il riuscire a
descrivere e interpretare i comportamenti e gli stili di vita delle persone nei
diversi periodi storici. Il concetto di disagio è stato introdotto per descrivere i
giovani degli ultimi decenni.
Dagli anni ’60 il mondo giovanile cambia in modo molto radicale,
passando da atteggiamenti piatti e conformisti ad un inversione completa di
tendenza: i giovani cominciarono ad attirare l‟attenzione del mondo adulto
attraverso degli atteggiamenti esteriori non convenzionali (abbigliamento,
musica, linguaggio,…).
Furono numerose le espressioni del mondo giovanile, che rimase solo
provocazione innocente fino al biennio del ‟67-‟68, in cui esplose la
contestazione al sistema adulto nella forma più rabbiosa ed evidente.
La condizione sociale di questo nuovo gruppo di giovani era
caratterizzata dalla marginalità, infatti vivevano in uno status sociale
completamente differente rispetto agli adulti, avevano meno diritti, meno
responsabilità, meno possibilità di partecipazione alla vita collettiva e alle
decisioni sociali. Inevitabile fu poi l‟associare questa condizione di marginalità a
10
quella di devianza, fino a definire il ‟68 “una forma di devianza di massa”.
Negli anni ’70 il movimento giovanile si spegne e il gruppo si divide in
molti sottogruppi, con identità e obiettivi differenti, scollegati tra loro.
nasce nel mondo austro-ungarico ad inizio „900, e viene identificato con il termine unbehagen
(spaesamento).
7
A. PESSINA, Appunti di filosofia della persona, A.A. 2007/08.
8
In tutto l‟elaborato il termine “giovane” riguarderà gli individui in età di sviluppo.
9
G. FROGGIO, Psicosociologia del disagio e della devianza giovanile, pag. 19-20.
10
Ivi, pag. 20.
11
All‟inizio degli anni ’80 la condizione giovanile risulta, agli occhi degli
studiosi, frammentata in una molteplicità di vissuti soggettivi e privati, che fu
chiamata “soggettivismo”: i giovani sentono di vivere in una società altamente
complessa e decidono di vivere ai margini, prendendo posizioni sempre più
11
deboli e silenziose, siccome il grande sogno di poter cambiare il mondo che
aveva animato le generazioni dei decenni precedenti era fallito.
In questi anni iniziò ad essere utilizzato dai ricercatori che osservavano e
studiavano questi fenomeni sociali una nuova categoria come chiave di
comprensione: il disagio.
Questa nuova categoria sostituì le precedenti chiavi interpretative
utilizzate siccome era possibile generalizzarla ad un maggior numero di
individui in modo superiore rispetto alle categorie della devianza o del
disadattamento.
Con il termine disagio si cerca tutt‟ora di analizzare una condizione di
sofferenza sociale, economica e psicologica che potrebbe sfociare in
comportamenti sociali inadeguati come l‟aggressività.
Come in ogni comportamento sociale positivo o negativo, è impossibile
conoscere a priori l‟esito di questa condizione, si pone infatti in una posizione
intermedia tra il normale (a patto che possa essere individuata la normalità…) e
il patologico.
Ma la condizione di disagio giovanile di questi anni non può essere letta
solo sotto un‟ottica negativa, non è stata solo mera protesta contro la società e
il “mondo degli adulti”.
Gli anni ‟60 e ‟70 in Italia sono stati anni di effervescenza e di
maturazione della riflessione sulle istituzioni e sul loro ruolo fondamentale nella
società.
Grazie a questa ribellione e protesta esplicita contro le istituzioni, in ogni
loro forma, ha facilitato in un evolversi positivo la riflessione sull‟educazione e
sulle sue espressioni attraverso gli strumenti dello Stato e della società.
Gli anni ‟70 hanno visto le più importanti evoluzioni legislative riferite alle
istituzioni:
11
Ivi, pag. 22.
12
- Legge 381/70, Aumento del contributo ordinario dello Stato a
favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e
delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti;
- Legge 118/71, si riconosce per la prima volta il diritto all’istruzione
nella scuola comune e si dispongono provvedimenti per assicurarne la
frequenza. Per i mutilati e invalidi civili, che frequentano la scuola
dell‟obbligo o i corsi di addestramento professionale finanziati dallo
Stato, si prevede il trasporto gratuito, l‟eliminazione delle barrire
architettoniche nelle sedi scolastiche e l‟assistenza durante gli orari
scolastici per i casi più gravi.
La legge 118/71 è la prima legge, non settoriale, che predispone in
maniera organica norme per la frequenza nella scuola comune e in
quanto tale sarà il punto di riferimento per le successive disposizioni in
materia;
- Legge 517/77, Integrazione scolastica di soggetti portatori di
handicap (4 agosto 1977). La legge sottolinea l‟importanza di interventi
educativi individualizzati e finalizzati al pieno sviluppo della personalità
degli alunni, prevede attività di gruppo anche fra classi diverse, consente
di svolgere attività integrative nell‟ambito della programmazione
educativa e indica criteri per l‟utilizzazione degli insegnanti di sostegno.
Si introduce per la prima volta il termine integrazione; inoltre, non ci si
riferisce più a distinte categorie di disabili, ma a tutti i portatori di
handicap.
In questa disposizione amministrativa si prescrive: la presenza
dell‟insegnante di sostegno ogni quattro alunni con handicap; la non
utilizzazione di insegnanti senza qualifica o esperienza nel campo
dell‟handicap; la piena partecipazione dell‟insegnante di sostegno a tutte
le attività connesse con la programmazione didattica; la necessità di
disporre di una specifica descrizione di situazione e di comportamento
dell‟alunno con handicap.
Viene evidenziato, inoltre, nella collaborazione tra scuola e servizi del
territorio le condizioni necessarie per la piena realizzazione dei processi
d‟integrazione scolastica; assegna ai distretti scolastici compiti di
programmazione in relazione alle diverse forme di sostegno da
13
predisporre nella scuola; ribadisce i compiti dei gruppi provinciali di
lavoro costituiti presso i provveditorati agli studi.
Questa legge pone le basi più salde per la stesura successiva della
legge quadro sulla disabilità del 1992, la legge 104/92.
- Legge 180/78, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e
obbligatori (13 maggio 1978): meglio nota come legge Basaglia, dal suo
promotore in ambito psichiatrico, Franco Basaglia, è una nota e
importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e
regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di
igiene mentale pubblici. Successivamente la legge confluì nella legge
833/78 del 23 dicembre 1978, che istituì il Servizio Sanitario Nazionale.
La legge fu una vera e propria rivoluzione culturale e medica, basata
sulle nuove e più "umane" concezioni psichiatriche, promosse e
sperimentate in Italia da Franco Basaglia.
Prima di allora i manicomi erano poco più che luoghi di contenimento
fisico, dove si applicava ogni metodo di contenzione e pesanti terapie
farmacologiche e invasive, o la terapia elettroconvulsivante.
Le intenzioni della legge 180 erano quelle di ridurre le terapie
farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani
rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la
necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori
territoriali.
La legge 180 demandò l'attuazione alle Regioni, le quali legiferarono in
maniera eterogenea, producendo risultati diversificati nel territorio. Nel
1978 solo nel 55% delle province italiane vi era un ospedale psichiatrico
pubblico, mentre nel resto del paese ci si avvaleva di strutture private
12
(18%) o delle strutture di altre province (27%).
Di fatto solo dopo il 1994, con il Progetto Obiettivo e la razionalizzazione
delle strutture di assistenza psichiatrica da attivare a livello nazionale, si
completò la chiusura effettiva dei manicomi in Italia.
Nonostante critiche e proposte di revisione, la legge 180 è ancora la
legge quadro che regola l'assistenza psichiatrica in Italia.
12
edscuola.it, Dossier sulla legge Basaglia, 2003.
14
L‟analisi della produzione legislativa degli anni ‟70 sottolinea come il
disagio giovanile del ‟69 e del periodo successivo non sia stato solo
contestazione e protesta ma che è stato anche motivo di grande riflessione e
ristrutturazione delle istituzioni pubbliche e della riflessione sull‟importanza
dell‟uguaglianza e dell‟integrazione.
Tutto ciò non fa che ulteriormente sottolineare l‟importanza
dell‟osservazione e dello studio del disagio per poter permettere ad ognuno e
alla società di riflettere su particolari problematiche e di trovare una soluzione
ideale alle nuove esigenze emerse.
1.3 Le possibili interpretazioni
La vita dell‟uomo, di ogni uomo, è così complessa e ricca di sfumature
che risulta quasi impossibile analizzarne un aspetto in modo univoco, attraverso
un‟unica analisi.
Anche il disagio può quindi essere letto attraverso lenti differenti e grazie
ad ognuna di esse si cercherà di meglio comprendere questa area di analisi del
vissuto dell‟uomo, di ogni uomo.
13
1.3.1 Il disagio letto attraverso l‟arte e la letteratura del novecento
Da sempre l‟arte, la letteratura, la filosofia, la musica e ogni altra forma di
espressione del pensiero umano è stata uno strumento per riflettere, sfogare e
dare luce ad ogni forma di esistenza possibile, quindi anche a situazioni di
disagio proprie di tutti gli esseri umani, in ogni fase della loro storia.
Per questo è possibile individuare espressioni del disagio esistenziale in
ogni corrente artistica e di pensiero che ha caratterizzato e caratterizza ora
l‟umanità, come il romanticismo o il decadentismo.
13
Paragrafo steso grazie alla collaborazione con Angelo Crippa, docente di Lettere e Filosofia
presso l‟Istituto “Villa Greppi” di Casatenovo (LC).
15
Ho scelto di concentrare la mia riflessione sull‟epoca contemporanea,
essendo quella che ha maggiore influenza sul tempo presente. l punto di
partenza è una lirica composta a Recanati nella primavera del 1830 da un
grande scrittore della letteratura italiana: Giacomo Leopardi.
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mira queste valli?
Somiglia la tua vita
La vita di un pastore.
[…]
Dimmi, o luna: che vale
Al pastor la sua vita,
la vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, G. Leopardi
Il poeta veste i panni primitivi del pastore per ammirare con ingenuo
stupore l‟universo e per lanciare alla luna angosciosi interrogativi sulla vita e sul
destino del mondo, rappresentando attraverso la poesia lo smarrimento e
14
l‟angoscia del cuore umano.
Tutta la produzione letteraria di Leopardi e di altri autori dell‟800, insieme
agli scritti filosofici di Nietzsche e Kierkegaard, saranno i punti di riferimento
della riflessione artistico - letteraria della prima metà del XX secolo, in
particolare negli anni tra le due guerre mondiali. Essi vengono recuperati e
ritornano molto di moda negli ambienti culturali di questo periodo.
Questi anni vedono un grande disagio diffuso in tutte le generazioni e i
motivi storici di questa sensazione sono evidenti: il primo grande conflitto
mondiale della storia dell‟umanità sconvolge tutti in primo luogo perché si era
arrivati a pensare che le guerre, grazie alla tecnologia, sarebbero state
esclusivamente scontri brevi tra eserciti regolari. In realtà si rivela una
carneficina di civili e militari.
14
G. LEOPARDI, Canti e operette morali, Ed, Fabbri, Milano, 1968, pag. 103.
16
Inoltre la condizione politico-economica che segue porta confusione e
incertezza tra i popoli, fino alla creazione di gruppi di pensiero estremista che
porteranno alle contraddizioni e alle tragedie della seconda guerra mondiale.
Questa condizione è maggiormente percepita dagli stati austroungarici e
la parola che meglio sintetizza questo sentimento è Unbehagen: è una
situazione psicologica di straniamento, di “sentirsi fuori posto”, di disagio, di
spaesamento.
Nietzsche stesso esprime l‟ideale del super-uomo (ubermensch), di colui
che non ha paura di nulla, diventando attraverso Freud il filosofo
dell‟inquietudine, dell‟incertezza, della difficoltà di vivere.
In lingua tedesca scrive F. Kafka, un ebreo di Praga, che vive in una
condizione di disagio e spaesamento per molti motivi: è ebreo in un periodo
storico in cui era un grosso problema esserlo, soprattutto se di lingua tedesca,
scrive le sue opere subito dopo la caduta dell‟impero austroungarico quindi vive
in pieno la crisi politica.
Oltre a Kafka si afferma l‟opera di Freud, per il quale la vita nasce da
una condizione infantile in cui tutte le caratteristiche umane sono ancora
indistinte e indefinite, e col passare del tempo, col l‟esperienza di vita si
definisce la propria identità. Quindi sostiene la vita come ricerca di sé.
In lingua francese troviamo Proust, ebreo, che sostiene l‟idea di Freud di
ricercare il sé nell‟infanzia, nella nostalgia del passato e delle proprie origini.
In Italia abbiamo come principali scrittori L. Pirandello e I. Svevo i “due
grandi solitari del Novecento” che scrivono per lunghi anni nel silenzio della
critica, cercando di creare una anti-letteratura in definitiva rottura con gli stili
15
consueti.
La Coscienza di Zeno è il libro della ricerca del sé, il libro dell‟uomo che
ha perso ideali, obiettivi e riferimento e che quindi cerca se stesso e ricerca un
senso nella sua vita.
Sei personaggi in cerca d’autore può essere letto come l‟espressione
della spersonalizzazione, della mancanza e quindi della continua ricerca di una
propria identità, di un senso nel mondo. È un romanzo “da fare”, da costruire
dal nulla. I protagonisti degli scritti pirandelliani non sono che incompresi,
15
P. DI SACCO, L‟epopea del personaggio, uno studio sul teatro di Pirandello, Ed. Lucarini,
Roma, 1984, pag. 8-10.
17
16
uomini perdenti e derisi, che stanno al limite della società e in continua lotta
per la sopravvivenza e la ricerca, in un continuo errare.
Se il nome è una cosa; se un nome è in noi il concetto di
ogni cosa posta fuori di noi; e senza nome non si ha il
concetto, e la cosa resta in noi come cieca, non distinta e
non definita; […]
Volto subito gli occhi per non vedere più nulla fermarsi
nella sua apparenza e morire. Così intanto posso vivere,
ormai. Rinascere attimo per attimo. Impedire che il
pensiero si metta in me di nuovo a lavorare, e dentro mi
faccia il vuoto delle vane costruzioni.
Uno, nessuno, centomila, L. Pirandello
Entrambi gli autori sono tornati molto di moda negli ultimi anni,
certamente per un‟affinità di pensiero e di riflessione in riferimento ai vissuti
delle nuove generazioni, siccome con la globalizzazione è riemersa la
percezione di uno spaesamento, di una mancanza di orizzonte di riferimento
conosciuto e conoscibile.
L‟arte figurativa ha come suo grande portavoce del disagio P. Picasso:
anche la bellezza e l‟estetica sono messe in discussione e non vi certezza
nemmeno di ciò che possiamo vedere e giudicare bello, come ne Les
damoiselles de Avignone.
Dopo la seconda guerra mondiale, con l‟avvento anche delle nuove
tecnologie, il cinema e la televisione diventano innovativi canali di
comunicazione con le masse, per raccontare al mondo il proprio disagio.
Un grande artista del Novecento italiano utilizzerà proprio il cinema come
principale mezzo di espressione: Pier Paolo Pasolini.
Pasolini è molto importante perché è stato un polemista verso la società,
ad esempio la critica verso la scuola media o verso la televisione (“Niente di più
17
feroce della banale televisione”). In generale fa una critica verso la società dei
consumi accusandola di omogeneizzare gli individui attraverso la pubblicità e
l‟acquisto.
Gli anni ‟60 e ‟70, momento della vera esplosione del disagio giovanile
che parte dagli Stati Uniti fino a raggiungere l‟intera Europa, fa della musica il
proprio urlo di aiuto.
16
Ivi, pag. 72.
17
www.youtube.com
18
Questi sono gli anni della beat generation, di J. Kerouac e di A.
Ginsberg, degli hippies, delle marce contro la guerra in Vietnam e della musica
18
pop e rock.
In Italia è l‟epoca dei grandi cantautori, molti con le note intrise di politica
e di protesta. Tra tutti emerge la figura di F. De Andrè, genovese, chitarrista e
cantautore, che spesso riesce a lasciare da parte l‟aspetto sociale e politico per
esprimere il disagio esistenziale degli anni in cui vive.
Non è possibile tralasciare questo grande cantautore, il più grande,
nell'anno del decennale della sua scomparsa. Ha cantato le vere persone
disagiate della sua epoca: rivoluzionari, prostitute, anarchici, poveri, pazzi, soli.
La validità del pensiero degli artisti fin qui citati è stata confermata anche
dal tempo, rimanendo sempre attuale nella riflessione umanistica
contemporanea.
Avvicinandoci ai giorni nostri, moltissimi sono gli autori che denunciano
un disagio, personale o sociale, attraverso numerose forme artistiche. Ancora il
tempo non li ha consacrato ma sono certo un grande, grandissimo stimolo di
riflessione per questa generazione e quelle future.
1.3.2 Il disagio come ricerca di identità ed erranza umana
Il disagio è, per ogni individuo e in ogni età della vita, quella situazione di
spaesamento, di tensione interiore che porta la persona a riflettere sulla sua
condizione, sulla sua vita, cercando attraverso questi pensieri una via migliore
per la propria esistenza.
Questa condizione è necessaria per la strutturazione della propria
identità, Queste riflessioni somigliano alle soste necessarie quando si è alla
guida di un‟auto in un lungo viaggio: è fondamentale fermarsi per rifocillarsi,
controllare che la strada intrapresa sia quella esatta per raggiungere la meta,
18
AAVV, Enciclopedia della musica, Ed. Garzanti, Milano, 2003, pag. 1037.
19
verificare il carburante ancora disponibile,… Questo è il tempo in cui ci si
riposa, in cui si possono anche fare incontri nuovi, in cui ci si ritrova.
L‟identità di una persona rappresenta l‟attrezzatura con cui essa sceglie
e si impegna ad affrontare il mondo e la vita e costruisce a ragione un nucleo di
resistenza per proteggersi dagli attacchi che vengono dall‟esterno.
Il concetto di identità si presenta come l‟interazione di più fattori, che la
19
modificano o la stabilizzano sotto la loro influenza:
fattori biologici (età, sesso,…)
fattori sociali (classe sociale, background originario, etnia,…)
fattori ambientali (contesto socio-economico, città,…)
fattori psicologici (emotività, affettività, motivazioni,…)
Su questi fattori agiscono degli elementi attivi, come ad esempio i modelli
genitoriali, formazione ed istruzione, esperienze particolari, rapporto con gli altri,
programmi di politiche sociali; e l‟identità di una persona, sia del bambino molto
piccolo che dell‟anziano, si presenta come un sistema complesso che va dal
fisico allo psichico, passa attraverso l‟esperienza quotidiana di vita e costituisce
il suo essere più profondo.
La strutturazione dell‟identità personale avviene dunque attraverso la
strutturazione interiore delle componenti cognitive, affettive e relazionali che
ogni soggetto realizza attraverso un processo di crescita lungo e complesso.
Ricoeur propone di considerare l‟identità personale come un‟identità
narrativa, ovvero un tessuto di storie, di relazioni e di eventi di uomini e
comunità: non basta disegnare se stessi come autori dei propri atti, ma è come
20
se si rispondesse agli altri che mi interpellano e che contano su di me.
Il soggetto, infatti, è una persona in relazione, non nasce solo su un‟isola
ma in una società complessa e definita, in cui deve cercare un senso e un
posto da occupare.
Nella relazione con gli altri vi è la propria affermazione. Sono gli altri,
infatti, che ci forniscono i feedback necessari alla crescita e alla definizione
della nostra identità.
19
S. CALAPRICE, Alla ricerca d‟identita‟, per una pedagogia del disagio, La Scuola, Brescia,
2004, pag. 19.
20
P. RICOEUR, Le temps raconte‟, Parigi, 1985 in S. CALAPRICE, Alla ricerca d‟identità, per una
pedagogia del disagio, pag. 21.
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