3
Introduzione
Fin da bambina ho sempre amato stare all’aria aperta, essendo cresciuta in una casa circondata dalla
natura e avendo avuto la fortuna di avere del tempo per giocare all’aperto, non solo nel mio giardino
ma anche a scuola. Ho avuto in questo modo la possibilità di assaporare e sperimentare in prima
persona il piacere, la gioia e il benessere trasmessi dalla natura. Ricordo paesaggi di montagna,
boschi, sentieri da percorrere, cespugli e alberi dietro ai quali nascondersi, giardini da esplorare,
colori, profumi e la libertà che mi era concessa di giocare, correre e qualche volta persino farmi
male. Oggi mi accorgo di come il contatto fisico concreto con la natura mi abbia dato occasioni di
apprendimento che sono state importanti per il mio sviluppo non e la mia crescita personale in
generale. La natura non dà solo la possibilità di conoscere e acquisire sicurezza con il proprio corpo
ma ci insegna anche ad amarla e rispettarla, in tutte le sue sfumature e durante tutte le stagioni.
L’idea per questo progetto di tesi nasce dunque dall’unione della mia esperienza personale
di bambina, che mi ha portata a seguire il percorso per aspirare a diventare educatrice di nido per
l’infanzia, ma anche da ciò che ho avuto modo di sperimentare con i bambini durante il mio
tirocinio presso un nido del Comune di Carpi. All’interno del nido era stato avviato (già a partire
dall’anno precedente) un percorso di outdoor education, mirato ad instaurare e approfondire i
rapporti tra bambini e natura. In questa sede ho preso parte al progetto outdoor, che ha inoltre lo
scopo di riportare la natura all’interno delle scuole (partendo proprio dai nidi) e quindi anche nelle
vite dei bambini. È stato interessante ed emozionante allo stesso tempo vedere reazioni così diverse
da parte dei bambini, oggi così abituati a passare molto tempo in casa, nel momento in cui entrano
in contatto con la natura. Questa esperienza ha fatto nascere in me l’idea di trattare in modo
dettagliato all’interno della mia tesi il tema dell’outdoor nella fascia 0-6 anni dal punto di vista
teorico, progettuale ed esperienziale in quanto argomento attuale e concreto, di cui possiamo trovare
traccia all’interno della nostra vita quotidiana.
All’interno del primo capitolo ho analizzato la situazione in cui si trovano a vivere i bambini
oggi, cercando di mettere in evidenza le differenze che si possono riscontrare oggi nel rapporto
uomo-natura, trattando temi come l’esclusione della natura dalla vita quotidiana dell’uomo, i “nativi
digitali” (così definiti da R. Louv
1
), bambini che sono nati nell’era dei pc e degli smartphone e che
li padroneggiano in maniera autonoma già dall’infanzia e che per questo vivono in maniera
differente rispetto alla precedente generazione che ha avuto la possibilità di vivere maggiormente
all’aperto e che ha conosciuto queste tecnologie solo in un secondo momento.
Per poter meglio definire l’importanza che ha il contatto con la natura per i bambini, ho
affrontato il tema dell’educazione ambientale anche offrendo il punto di vista di alcuni importanti
1
R. Louv, L’ultimo bambino nei boschi: come riavvicinare i nostri figli alla natura, Milano, Rizzoli, 2006
4
pedagogisti come: Rousseau, Frobel, Montessori, Dewey e Malaguzzi, che per primi hanno
riconosciuto l’importanza che ha il rapporto dei bambini con l’ambiente per lo sviluppo formativo.
Nello svolgimento di questo capitolo è stata poi puntata l’attenzione su quello che può essere oggi
l’incontro con la natura per i bambini del XXI secolo, su quali difficoltà possano incontrare
all’interno della vita quotidiana, ma anche su quali benefici ne possano trarre.
Nel secondo capitolo ho tentato di evidenziare quali sono le false credenze che bloccano lo
sviluppo di questo tipo di educazione e quali progetti sono stati attuati in Italia per cercare di far sì
che lo spazio esterno e quello interno possano incontrarsi, o come far effettivamente toccare con
mano ai bambini la natura (agrinidi, fattorie didattiche…). Inoltre sono stati sottolineati quelli che
sono i valori ed i bisogni che oggi sostengono la necessità di predisporre e attuare un’educazione di
tipo outdoor. Infine si tenta di capire come sia possibile far sì che natura e servizi per l’infanzia
possano incontrarsi, valutando quale potrà o dovrà essere il ruolo dell’educatore che deve
concretamente permettere che avvenga questo incontro natura-bambini. L’educatore cercherà di
comprendere come dovrà porsi nei confronti della natura e quali saranno gli accorgimenti e le
libertà che dovrà usare nel rapporto diretto con i bambini, specificando perciò quale sarà il ruolo
che dovrà sostenere a seconda della situazione per far sì che l’esperienza fatta all’aperto non resti
fine a se’ stessa ma possa essere fonte di formazione, sviluppo e apprendimento per i bambini che la
vivono in prima persona.
Il terzo e ultimo capitolo è suddiviso in due parti: nella prima parte ho trattato la
progettazione degli spazi verdi nei servizi per l’infanzia. Ho tentato di delineare l’importanza di
pensare e progettare lo spazio aperto così come si farebbe per l’ambiente interno della sezione.
Sono inoltre elencate alcune differenti attività che possono essere realizzate in modo semplice ed in
uno spazio ben organizzato, che vedono l’area verde trasformarsi in un vero e proprio laboratorio
per bambini. Nella seconda parte invece ho riportato l’esperienza concreta del Comune di Carpi in
relazione all’outdoor education. Ho riportato parte del progetto pedagogico cercando di
evidenziarne obiettivi e finalità, passando anche attraverso il significato e l’importanza dati alla
progettazione, osservazione e documentazione. Ho concluso il capitolo con l’analisi della duplice
intervista da me effettuata, ad una pedagogista e ad un’educatrice coinvolte nella progettazione e
messa in opera del progetto outdoor all’interno dei nidi e delle scuole d’infanzia del Comune di
Carpi.
“Non dimenticate che la terra si diletta a sentire i vostri piedi nudi e i venti desiderano
intensamente giocare con i vostri capelli” (K.Gibran)
6
1
RIPENSARE ALL’INFANZIA
“Mi piace di più giocare in casa perché
fuori non ci sono prese di corrente”
(Un alunno di San Diego)
1.1 Essere bambini nel XXI secolo
Se parliamo di bambini oggi quale immagine ci viene in mente? Sicuramente un’immagine molto
diversa rispetto a quella delle precedenti generazioni. Negli anni passati avevamo bambini che
amavano giocare con le bambole e le costruzioni, che passavano del tempo anche davanti alla
televisione, ma non mancava loro il tempo di correre, saltare, arrampicarsi, respirare i profumi della
natura e a volte di sbucciarsi le ginocchia o di trovarsi faccia a faccia con qualche strano tipo di
animale o di insetto (strano proprio perché diverso da quello domestico, che i bambini non sono
abituati a vedere normalmente come rane, grilli, cavallette…). Erano più interessati a scoprire il
giardino di casa o gli angoli più segreti del parco, che non ad interagire con uno schermo colorato e
luminoso.
Come scrive Penny Ritscher
2
:
Questi spazi e paesaggi potevano apparire, allora, immensi. Qui, per la prima volta, abbiamo
toccato erba e terra; qui, siamo caduti e ci siamo rialzati sostenendoci ad un ramo o ad una mano
che ci mostrava stranezze, che ci faceva annusare o assaggiare un sapore. Qui abbiamo raccolto
sassi e nascosto i primi doni per evitare che altri bambini ce li rubassero. Qui giochi e incerti
pensieri hanno iniziato a prendere forma, a disegnarsi, oltre le stanze della casa, oltre i vetri
dell’auto, oltre i rituali domestici. Qui, ci siamo serviti dei diversi giardini per addestrarci ad
imparare, pian piano staccandoci dalle ombre rassicuranti degli adulti. I giardini sono stati
scenari, teatrini, laboratori dell’intelligenza allo stato nascente, del corpo, dell’arte di
patteggiare con il prossimo.
La possibilità che avevano i bambini proprio fino a qualche decennio fa di poter entrare
completamente in contatto con la natura, facendone un’esperienza sensoriale, potendola scoprire,
toccare in maniera autonoma e pagando qualche volta il prezzo di un’avventura troppo ardita con un
ginocchio sbucciato, oggi non c’è più perché le città sono cambiate, così anche il modo di vivere e
di pensare degli uomini è diverso da quello che era un tempo.
2
P.Ritscher, Il giardino dei segreti: organizzare e vivere gli spazi esterni nei servizi per l’infanzia, Azzano San Paolo,
Edizioni Junior, 2002, p.9
7
Questo cambiamento è stato agevolato dall’evolversi dei mezzi di mobilità e comunicazione, oltre
che da un nuovo benessere che ha intriso la società, spesso a discapito dell’ambiente naturale. Se ne
sente parlare ogni giorno, l’uomo inquina nei più svariati modi possibili, inquina l’aria e l’acqua
con conseguenze che si ripercuotono sull’ambiente, basti pensare al buco nell’ozono, ma anche
sull’uomo stesso, in quanto le stesse attività agricole vengono compromesse. Ma non ci si limita
solo a questo, troppe volte si sente parlare di deforestazione (cioè il disboscamento incontrollato,
che non lascia il tempo agli alberi di rigenerarsi)con lo scopo di incrementare l’urbanizzazione,
sottraendo sempre più spazio alla natura.
L’uomo è consapevole del legame che da sempre ha con la natura, come è a conoscenza del
fatto che la natura influisce sulla sua vita ma, nonostante tutto ogni giorno cerca di piegare la natura
ai propri scopi.
Un’altra variabile importante che ha prodotto notevoli cambiamenti nella vita (soprattutto
sociale) dell’uomo è il consumismo. Pensiamo solo al fatto che fino a qualche anno fa i bambini
non vedevano l’ora di scendere in cortile per poter incontrare altri bambini e nuovi compagni di
gioco, mentre oggi sono maggiormente attratti dai giochi che è possibile fare rimanendo
comodamente seduti all’interno delle loro case. Grazie alle nuove tecnologie e ad internet è sempre
più facile trovare ragazzi incollati ai videogames, piuttosto che in cortile a giocare a pallone con un
amico, in quanto è possibile fare tutto questo anche in modalità virtuale, basta avere solo lo
strumento adatto e la connessione ad internet ed è possibile giocare insieme ai propri amici mentre
si è comodamente seduti ognuno sul proprio divano.
Tutto questo porta ad una mancanza di contatto umano, di fantasia e creatività e priva il
gioco di una delle sue caratteristiche principali, l’avventura, non quella che si trova nei nuovi giochi
elettronici, ma quella che nasce dalla fantasia e permette a bambini e ragazzi di fare giochi di
movimento, comunicazione e socializzazione.
Ma se da una parte si è data tantissima importanza alla costruzione di quartieri sempre nuovi
(e sempre più pieni di cemento), senza tenere conto di quelle che sono le esigenze di crescita di
bambini e ragazzi. Quartieri che sono stati edificati tenendo conto solo delle esigenze abitative e
solo in alcuni di questi possiamo trovare qualche fazzoletto di verde, di cui purtroppo non è sempre
possibile usufruire totalmente in quanto negli orari “di punta” si fanno vere e proprie full immersion
nei gas di scarico e nell’inquinamento.
Dall’altra parte è possibile notare come alcune città oggi si rendano disponibili ad aprirsi a
quelle che sono le esigenze dei più piccoli e a dare loro la possibilità di vedere soddisfatti i loro
bisogni. Un valido esempio può essere il progetto che è stato promosso a Carpi (MO), dal titolo
8
“Carpi, città amica delle bambine e dei bambini” che prende spunto da altre iniziative promosse sul
territorio italiano e approvato dal Comune di Carpi nel 1998.
L’amministrazione intende favorire in modo positivo il rapporto che i “piccoli cittadini” hanno
con la loro città e l’ambiente in cui vivono, proponendo iniziative e percorsi diversi che non
riguardano soltanto i bambini e le bambine, ma le loro famiglie, la scuola, l’organizzazione dei
tempi, la qualità degli spazi. […] rappresenta un processo educativo, culturale e metodologico
mirato al coinvolgimento diretto delle persone nel cambiamento di particolari spazi urbani e/o
ambienti. […] Aree verdi da ristudiare, spazi cittadini da scoprire e riorganizzare, cortili
scolastici da rendere più funzionali ai bisogni infantili, costituiscono alcuni esempi su cui
intervenire insieme ai bambini per migliorare l’ambiente circostante.”
3
Gli enti (come il Comune di Carpi) mettono in atto questi progetti proprio perché ci si comincia a
rendere conto di quanto la natura sia indispensabile per l’uomo soprattutto nelle prime fasi della sua
vita.
Oggi tutti i bambini del nuovo secolo crescono in un ambiente saturo di tecnologia (tv,
internet, chat, pc), proprio per questo sono bambini che apprendono attraverso il gioco statico, è
difficile vederli giocare all’aperto (se non in alcune stagioni o in particolari occasioni), fare giochi
di movimento, scoperta e completa immersione all’interno dell’ambiente.
Le nuove tecnologie continuano a crescere a dismisura e fanno irruzione nella vita
quotidiana di ogni famiglia, tanto che sembra proprio di non riuscire più a farne a meno. Questo
porta i bambini ad essere molto più svegli e capaci di usare questi sofisticati software che
presentano interfacce sempre più semplici da usare. Ma siamo sicuri che tutto questo sia positivo?
Cosa si perdono questi bambini mentre trascorrono ore davanti alla televisione o fanno giochi ideati
appositamente per loro sul computer di casa?
Questi bambini, oggi sempre più tecnologici, diventano in realtà “menti assopite” che
faticano a svolgere attività semplici, come ad esempio allacciarsi le scarpe o andare in bicicletta
4
.
Attività che fino a pochi anni fa ricevevano grande interesse da parte dei bambini, oggi vengono
sempre più spesso trascurate. Era quasi una magia riuscire ad annodare insieme quei due cordini
sulle scarpe, mentre la mamma o il papà tentavano di spiegare il modo più semplice per farlo. Oggi
quei due cordini per i bambini più piccoli spesso non esistono neanche più, il frenetico ritmo di vita
a cui si è abituati non permette di perdere neanche un momento. Ed ecco apparire per risolvere
questo fastidioso problema del nodo a farfalla, le scarpe con lo strap, molto più pratiche e che
necessitano sicuramente di meno tempo e spiegazioni. Tutti i bambini imparano in fretta e senza
difficoltà (ma attenzione, questo è un problema che viene solo rimandato).
3
Carpidiem, servizi istruzione, progetti educativihttp://www.carpidiem.it/html/default/_d/159/159251.html
4
La Repubblica, 26 maggio 2014, Infanzia digitale, Vera Schiavazzi (pp.32-33)