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Introduzione
L’Europa sta sperimentando una rivoluzione nelle strutture e nei comportamenti
familiari che Donati denomina “morfogenesi della famiglia”
1
. Cresce il numero
d’individui con famiglie spezzate e frammentate (separati e divorziati). Aumentano
le famiglie in cui i figli vivono con un solo genitore. Si allarga il numero dei figli che
vede raramente il genitore non affidatario. Cresce il numero di bambini che, con una
valigia in mano, vanno avanti e indietro dalla casa del padre o della madre. Si
diffondono le famiglie miste che intrecciano varie etnie. Questi cambiamenti creano
delle reti parentali differenti dal passato e che presentano nuovi problemi e nuove
sfide, poiché queste nuove famiglie, ricostituite, spezzate o miste si caratterizzano
per un’elevata conflittualità che potrebbe sfociare nel triste fenomeno della
sottrazione di minori: cioè nel rapimento del bambino compiuto da uno dei genitori,
con conseguente permanenza del minore, per effetto della sottrazione stessa, in uno
Stato diverso da quello della sua abituale residenza.
Tale fenomeno è in campo internazionale identificato tramite la locuzione del legal
kidnapping e indica sia il trasferimento illecito del minore all’estero, sia la mancata
restituzione dello stesso nel suo Paese di residenza abituale, a seguito di un
temporaneo e legittimo trasferimento all’estero. La fattispecie di sottrazione
internazionale di minori si caratterizza inoltre per il tipico atteggiamento del genitore
che sottrae il proprio bambino ritenendo di agire in conformità alla legge, al fine di
esercitare un proprio diritto naturale. Si spiega in questo modo l’aggettivo legal.
Dall’obiettivo di tutelare l’interesse del minore sono nate alcune Convenzioni di
portata internazionale (Convenzione di Lussemburgo 20.05.1980; Convenzione de
L’Aja 25.10.1980) con lo scopo di conformare gli ordinamenti dei singoli Stati
aderenti ad alcuni principi di tutela generale dei minori. L’aspetto comune alle
Convenzioni è ripristinare con celerità la situazione socio – affettiva quo ante la
sottrazione stessa.
1
P. Donati, Le politiche familiari in Italia: problemi e prospettive, Conferenza Nazionale della
Famiglia, Milano, 8 – 10 novembre 2011.
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Tali Convenzioni sono state ratificate dall’Italia con la legge n. 64 del 1994 che ha
designato come Autorità Centrale, per entrambe le Convenzioni, il Dipartimento di
Giustizia Minorile – Ministero della Giustizia. Codesto Dipartimento si avvale degli
Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni per agevolare la restituzione del minore o
l’esercizio del diritto di visita.
L’attualità del fenomeno della sottrazione internazionale di minori, ancora poco
esplorato, la presenza di una normativa in continua evoluzione, poco conosciuta, e il
ruolo chiave svolto dall’assistente sociale in quest’ambito, nel contemperare le tre
dimensioni del suo essere professionista (mandato istituzionale, sociale e
professionale), sono le motivazioni alla base di questo lavoro. L’obiettivo che
s’intende raggiungere è quindi una maggiore conoscenza del fenomeno e delle
risposte che il Servizio Sociale minorile fornisce per la risoluzione di tali casi,
evitando che il minore si trasformi in un bambino con la valigia.
*
Il presente lavoro si articola in due parti: la prima, teorica, riguarda l’analisi della
normativa che ha visto progressivamente affermarsi la figura del minore come
soggetto di diritto e pertanto degno di tutela soprattutto all’interno della famiglia
stessa; la seconda, mira a rilevare – attraverso l’analisi dell’esperienza raccolta
tramite la somministrazione di interviste agli assistenti sociali dell’Ufficio di
Servizio Sociale per i Minorenni di Catania e agli educatori dell’USSM di Ragusa –
come il Servizio Sociale dell’Amministrazione della Giustizia esegue, nella pratica,
il provvedimento del Tribunale per i Minorenni sulla sottrazione internazionale di
minori.
Il filo conduttore che lega le due parti del lavoro è rappresentato dalla necessità di
cogliere il contesto in cui si muove l’intervento degli operatori secondo i principi, i
metodi e le tecniche del Servizio Sociale, individuandone i punti di forza e gli aspetti
di debolezza.
Nello specifico gli aspetti salienti affrontati riguardano:
A) Parte prima
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L'evoluzione del diritto a tutela del bambino e a livello internazionale e
relativamente all’ordinamento del nostro Paese.
La descrizione generale del fenomeno della sottrazione di minori.
La trattazione degli strumenti che permettono di prevenirla e arginarla dal
punto di vista legislativo, focalizzando l’attenzione sulla Convenzione sugli
aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a
L’Aja il 25 ottobre 1980.
Il confronto tra la suddetta Convenzione e la Convenzione di Lussemburgo
del 20 maggio 1980, evidenziando gli aspetti comuni e le divergenze.
Il Regolamento CE n. 2201/2003, che dimostra l’interesse che la Comunità
Europea rivolge, negli ultimi anni, a questo fenomeno in crescita.
L’intervento del Ministero degli Affari Esteri nei casi di sottrazione
internazionali di minori tra Stati non firmatari delle Convenzioni.
Dati statistici in serie storiche e relativi all’anno 2011 riguardanti il numero di
casi attivi e passivi trattati dall’Autorità Centrale italiana.
B) Parte seconda
Il ruolo svolto dall’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni nell’ambito
della sottrazione internazionale di minori, secondo quanto previsto dalle
Convenzioni e dalla legge n. 64/94.
Definizione degli obiettivi generali e specifici che s’intendono raggiungere
attraverso lo strumento dell’intervista, per approfondire la prassi operativa del
Servizio Sociale inerente a tale fenomeno.
Riflessioni sui dati emersi dalle interviste.
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Parte prima
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CAPITOLO PRIMO
L’evoluzione del diritto a tutela del bambino.
§ 1.1. La tutela dei minori a livello internazionale.
L’attenzione all’infanzia e ai suoi diritti è un’acquisizione relativamente recente. Per
diversi secoli, infatti, il mondo del bambino è stato dimenticato dagli adulti. La
collettività riteneva che il minore vivesse in una condizione d’inferiorità e
d’incompiutezza che lo rendeva dipendente dagli altri e che, per divenire persona al
pari degli adulti - soggetto di diritti, fosse necessario educarlo e plasmarlo.
Di fronte a questa considerazione non sorprendono le dichiarazioni di alcuni illustri
nomi del passato. Così se per Voltaire era normalissimo che i suoi figli stessero in
orfanotrofio, Bousset sosteneva addirittura che “il bambino è solo un animaletto che
non conta nulla” e Cartesio proponeva come soluzione: “Liberarsi dell’infanzia come
ci si libera dal male, perché dal fatto che ogni uomo è dovuto essere prima un
bambino dipendono i suoi errori una volta divenuto adulto”.
Sembrerebbe una contraddizione, eppure il minore, considerato un essere inferiore e
incompleto, era giudicato un potenziale pericolo per la società. A tale proposito, è
indicativo che nel 1833 la Corte Centrale Criminale di Londra avesse condannato un
ragazzino di nove anni all’impiccagione per aver sfondato una vetrina
2
.
Sul finire dell’ottocento tuttavia, grazie al diffondersi di nuove conoscenze
sociologiche, pedagogiche e psicoanalitiche, nasce e si sviluppa, nella coscienza
sociale dell’Occidente, la percezione dell’alterità del bambino e dei suoi particolari
bisogni di protezione. Ed ecco che dai primi anni del secolo scorso furono introdotte
le prime innovazioni legislative per rispondere alle particolari esigenze di tutela del
minore a livello internazionale (in precedenza difatti questo compito ricadeva
nell’ambito esclusivo dell’ordinamento di ciascuno Stato) con l’obiettivo di creare le
2
M. Bottaro, L’evoluzione del diritto a tutela del bambino. Spunti e riflessioni, in “La rivista di
Servizio Sociale”, n. 3, 2007.
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condizioni idonee allo sviluppo completo della sua personalità fino a renderlo
autonomo e responsabile
3
.
Il primo passo fondamentale verso l’evoluzione del diritto internazionale minorile
risale, infatti, al 1919 quando la Conferenza Internazionale del Lavoro adottò la
Convenzione sull’età minima, la quale fissava a quattordici anni l’età minima per
impiegare i bambini nelle fabbriche e vietava il lavoro notturno per i minori di
diciotto anni
4
.
Da questo momento in poi il minore è stato il punto di riferimento di atti politici
degli organismi internazionali, regionali o planetari, attraverso i quali si può
ricostruire un percorso faticoso e lento con cui questi ha visto progressivamente
riconosciuta la propria soggettività di fronte al diritto.
Il minore fu effettivamente destinatario di diritti soltanto con la Dichiarazione dei
diritti del bambino, comunemente nota come Dichiarazione di Ginevra, adottata
dalla Quinta Assemblea Generale della Lega delle Nazioni nel 1924, in seguito alle
devastanti conseguenze che la Prima guerra mondiale produsse in particolar modo
nei bambini. In realtà, tale documento non fu vincolante per gli Stati ma impegnò
l’umanità intera da un punto di vista morale. Uomini e donne, infatti, consapevoli
che l’adulto debba offrire al fanciullo quanto di meglio possiede, accettarono come
loro doveri che
5
:
1. Al fanciullo si debbano fornire i mezzi necessari al suo normale sviluppo e
materiale e spirituale.
2. Il fanciullo che ha fame debba essere nutrito; il fanciullo malato debba essere
curato; il fanciullo il cui sviluppo è arretrato debba essere aiutato; il minore
delinquente debba essere recuperato; l’orfano e il trovatello debbano essere
ospitati e soccorsi.
3. Il fanciullo debba essere il primo a ricevere assistenza in tempo di miseria.
4. Il fanciullo debba essere messo in condizioni di guadagnarsi da vivere e
debba essere protetto contro ogni forma di sfruttamento.
5. Il fanciullo debba essere allevato nella consapevolezza che i suoi talenti siano
messi al servizio degli altri uomini.
3
Ibidem.
4
Convenzione sull’età minima, n. 5, 1919.
5
www.savethechildren.it
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In quest’ambito, merita di essere menzionata la Dichiarazione Universale dei diritti
dell’uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a Parigi nel 1948,
poiché tale codice etico, storicamente fondamentale per l’affermazione a livello
internazionale della dignità dell’uomo, sebbene non contenesse specifici principi in
materia minorile, ne sancì alcuni in parte collegati con tale materia. In particolar
modo si ricordino gli artt. 25 (2) e 26.
L’art. 25 (2) afferma: “La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e
assistenza. Tutti i bambini nati fuori o dentro il matrimonio hanno diritto di godere
della stessa protezione sociale”. La Dichiarazione quindi mette in risalto il diritto del
bambino alla salute e al benessere proprio, e provvede alla sua tutela direttamente
attraverso la protezione del minore e indirettamente attraverso la protezione della
madre.
La seconda menzione del minore è contenuta nell’art. 26 concernente il “diritto
all’istruzione”, indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e alla
promozione della comprensione, tolleranza e amicizia.
Dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo dovettero trascorrere ben undici
anni prima che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvasse un documento
di cui l’oggetto specifico fossero i diritti dei bambini. Ed ecco che il 20 novembre
1959 fu approvata all’unanimità la Dichiarazione dei diritti del fanciullo. Con tale
statuto, l’Onu mantenne i medesimi intenti previsti dalla Dichiarazione di Ginevra e
incluse nuovi diritti non previsti dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo.
La Dichiarazione del 1959
6
:
1. introdusse il concetto che anche il minore, al pari di qualsiasi altro essere
umano, sia un soggetto di diritti;
2. riconobbe il principio di non discriminazione e di un’adeguata tutela giuridica
del bambino prima e dopo la nascita;
3. confermò il divieto di ogni forma di sfruttamento nei confronti dei minori e
auspicò un’educazione dei bambini alla comprensione, alla pace e alla
tolleranza.
6
Dichiarazione dei diritti del fanciullo, 20 novembre 1959.
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Iniziò così il cammino per la stipulazione di Convenzioni aventi valore di norme
giuridiche vincolanti per gli Stati. La più importante fu la Convenzione sui diritti
dell’infanzia, non solo per il suo contenuto ma perché fu ratificata da ben 191 Stati,
tanto che potrebbe essere definita il primo trattato “universalizzato” nella storia del
genere umano. Tutto ebbe inizio nel 1978, quando un gruppo di giuristi ed esperti
internazionali, avendo colto i mutamenti storici e legislativi che da qualche decennio
interessavano la cultura “adulta”, iniziarono a redigere un testo con lo scopo di creare
un mondo a misura di bambino. Così, bozza dopo bozza e cercando di conciliare
tradizioni, culture, religioni, stadi di sviluppo e sistemi politici di paesi diversi tra
loro, giunsero il 20 novembre 1989 all’approvazione della Convenzione sui diritti
dell’infanzia, esattamente al trentesimo anno dalla Dichiarazione dei diritti del
fanciullo del 1959.
La Convenzione sui diritti dell’infanzia rappresentò e ancora adesso continua a
simboleggiare una bussola con l’ago sempre puntato al polo magnetico del superiore
interesse del bambino
7
. Per tale motivo, fu costruita con molta cura al fine di
vincolare in modo non astratto gli Stati al rispetto e applicazione dei principi
ispiratori, prevedendo anche l’istituzione di un Comitato per i diritti dell’infanzia
incaricato di esaminare periodicamente l’operato degli Stati in favore dei minori.
Negli ultimi anni, tale Comitato ha manifestato la sua preoccupazione per la scarsa
conoscenza della Convenzione nell’opinione pubblica italiana, di conseguenza ha
suggerito di diffonderne la conoscenza presso i giovani e soprattutto fra gli operatori
a contatto con i minori, primi fra tutti gli assistenti sociali.
Gli operatori del sociale non possono non tenere presenti alcuni articoli di suddetta
Convenzione nella loro professione, soprattutto quando devono affrontare le delicate
vicende minorili, come quella che si tratterà nel prossimo capitolo. A tale proposito
si ricordino i seguenti articoli:
Art. 7: “il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da
allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del
possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi [… ]”.
7
A. Atzori – E. Porfiri, I bambini e i loro diritti, UNICEF.
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Il diritto alla registrazione e alla cittadinanza è il primo diritto del bambino, anche se
nato da coppie di cui uno dei genitori è straniero oppure è nato fuori dal matrimonio,
in modo da usufruire legalmente dei privilegi e della tutela offerti da ogni nazione.
Art. 8 “[…] se un fanciullo è illegalmente privato degli elementi costitutivi della sua
identità o di alcuni di essi, gli Stati parti devono concedergli adeguata assistenza e
protezione affinché la sua identità sia ristabilita il più rapidamente possibile”. Ciò
vuol dire che bambini e adolescenti sviluppano in sé il nucleo della propria
individualità che tutti, genitori compresi, devono rispettare.
Art. 12 “gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di
esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa [ … ] Si
darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura
giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un
rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di
procedura della legislazione nazionale”. Gli operatori del sociale devono tenere conto
che dare voce ai bambini nelle questioni che li riguardano rappresenta il primo passo
verso la democratizzazione della famiglia e della società.
Inoltre, la Convenzione rileva la necessità di una collaborazione tra genitori e Stato
poiché entrambi sono responsabili nei confronti dei minori. I genitori, infatti,
nell’esercitare il loro ruolo, possono incontrare delle difficoltà che non permettono
loro di assicurare uno sviluppo sano ai propri figli; per cui diventa opportuno il
supporto dello Stato. Queste difficoltà aumentano quando la coppia che si disgrega è
mista, cioè formata da un genitore italiano e da un altro straniero, e si avviano quelle
lunghe procedure legali di affidamento dei figli. In questi casi potrebbe accadere che
il genitore straniero, in disaccordo con il coniuge e con la decisione presa dal
tribunale, decida di tornare al proprio paese, portando arbitrariamente il figlio con sé.
L’art. 11 della Convenzione stabilisce il dovere dello Stato di “impedire gli
spostamenti e i non-ritorni illeciti di fanciulli all’estero” e incoraggia i governi a
concludere accordi internazionali a questo specifico fine.