2
But we [“the men of 1914”] were not the only people with something to be
proud about at that time. Europe was full of titanic stirrings and snortings — a new
art coming to flower to celebrate or to announce a “new age”... The months
immediately preceding the declaration of war were full of sound and fury and ... all
the artists and men of letters had gone into action...
3
Everything in art was a turmoil — everything was bursting.
4
These new masses of unexplored arts and facts are pouring into the vortex
of London. They cannot help bringing about changes as great as the Renaissance
changes.
5
Questo “turmoil” di cui parlano Lewis, Nevinson e Pound prende avvio
principalmente dal settore figurativo, per poi estendersi, tramite un singolare
processo di interazione, alle altre espressioni artistiche. Fondamentali sono
soprattutto le sollecitazioni provenienti da Parigi; oltre alle convergenze tra i
generi, infatti, altro carattere distintivo del Modernismo è la sua dimensione
internazionale, lo scambio continuo che travalica ogni frontiera, l’apertura e il
confronto verso quanto avviene altrove:
Conspicuous in the age of Modernism [was] an unprecedented
acceleration in the intellectual traffic between nations… with Paris as a notable
magnet… There was an avid search for the new arts, a great sense of the
transition of forms. In this climate, international exchanges and unacknowledged
borrowings flourished. Translations increased, startlingly in number and gratifyingly
in quality… Cross-fertilization of ideas, not only among the separate nations of
Europe (and America) but also among the various arts of literature, music, painting
and sculpture, was on a scale as never before…, [in] a frenzy of forms and artistic
energies variously expressed and variously justified…
6
Così è dalla capitale francese che giungono a Londra la nuova pittura
post-impressionista, il cubismo e lo stesso futurismo italiano, il cui Manifesto
3
Wyndham Lewis, Blasting and Bombardiering — An Autobiography (1914-1926), London,
John Calder, New York, Riverrun Press Inc., (1937) 1982, pp. 253, 35.
4
C.R.W. Nevinson, citato in New York Times (25 maggio 1919), p. 13.
5
Ezra Pound, “Affermations VI”, The New Age XVI (11 febbraio 1915), p.411.
6
Malcolm Bradbury and James McFarlane, Modernism (1890-1930), Harmondsworth, Penguin
Books Ltd., 1976, cfr. pp. 199-201.
3
programmatico esce su Le Figaro del febbraio 1909; è lì che, tra il primo e il
secondo decennio del Novecento, intellettuali di paesi diversi — anche
d’oltreoceano — compiono frequenti viaggi, se non addirittura soggiorni di vero
e proprio tirocinio estetico.
7
Nella pratica artistica europea degli anni Dieci e Venti, questo forte e
generalizzato impulso al cambiamento assume modi e aspetti diversi, più o
meno apertamente dichiarati. Il punto estremo della voglia di provocazione e di
rottura è costituito dai gruppi di avanguardia, una congerie di movimenti non
sempre chiaramente distinti ma con il comune intento di opporsi alla cultura
tradizionale con il suo intero sistema di valori, e di incarnare invece “il moderno”
— un sentimento efficacemente riassunto dalla laconica esortazione di Pound
(“Make it New!”),
8
e dall’altra sua famosa affermazione consegnata alla rivista
The Egoist: “To the present condition of things we have nothing to say but
merde… We artists who have been so long the despised are about to take over
control”.
9
Alla base dell’operato delle avanguardie c’è infatti la coscienza della
frattura, la lacerazione netta con un passato avvertito ormai come estraneo:
L’avanguardia si presenta [...] sia sotto forma di negazione e distruzione di
ogni legame con la tradizione, la memoria, i valori del passato, sia sotto forma di
rifiuto del presente, del gusto e dei valori dominanti nella società in cui si trova a
7
Tra i tanti artisti presenti, o comunque di passaggio, a Parigi in quegli anni, tutti fondamentali
esponenti di movimenti d’avanguardia, dobbiamo ricordare almeno Wyndham Lewis, T.S.Eliot,
Ezra Pound, Roger Fry, Gertrude Stein, Harold Monro, Ford Madox Hueffer (poi Ford),
T.E.Hulme, John Middleton Murry, Katherine Mansfield…; e, tra gli italiani, Amedeo Modigliani,
F.T.Marinetti, Giorgio de Chirico e il fratello Alberto Savinio; da ricordare, infine, è l’imagista
F.S.Flint che, tramite le tempestive rassegne su The New Age, The Poetry Review e Poetry and
Drama, tra il 1912 e il 1914 tiene aggiornato l’ambiente inglese sui vivacissimi fermenti della
cultura post-simbolista d’oltremanica.
8
Cfr. Ezra Pound, Make It New: Essays, London, 1935.
9
Pound, “The New Sculpture”, The Egoist I (16 febbraio 1914), pp. 67-8.
4
operare, consumatrice sonnolenta di forme ripetute e complice dell’ordine stabilito,
sia infine sotto forma di incessante e utopistica anticipazione di valori futuri.
10
Esse [le avanguardie] intervengono in modo “militante” nella dialettica della
comunicazione artistica, in forme spesso aggressive e violente, ponendosi
“all’avanguardia” nel vorticoso movimento della storia, al fine di infrangere le
barriere che pesano ancora sulla società presente e di anticipare i segni di un
futuro libero e vitale. Si tratta generalmente di esperienze di gruppo, che nascono
dalla collaborazione di artisti e scrittori diversi (con uno scambio molto forte tra
diverse competenze e diverse tecniche artistiche), i quali elaborano programmi
comuni e si organizzano per imporli sulla scena culturale, con interventi che mirano
a scardinare il mercato, a creare effetti di sorpresa e di turbamento, operando una
rottura con le convenzioni tradizionali che regolano la visione e la comunicazione
nel mondo borghese.
11
Dunque, qualsiasi concezione unitaria e rassicurante dell’esistenza viene
attaccata: l’uomo del Novecento non può afferrare la realtà se non nei dettagli,
si perde nei suoi labirinti; non ha più alcuno strumento conoscitivo per risalire
dal particolare alla totalità, ma solo un insieme di esperienze spezzettate e
caotiche. Gli si impone allora la necessità di operare consapevolmente sulla
parola, per indagare da nuove angolazioni la relazione che lo lega al mondo:
quello del linguaggio, della sua struttura e delle sue condizioni, diventa anzi il
problema centrale delle avanguardie; i codici espressivi e persino il concetto di
arte vengono sottratti alla continuità della tradizione e sottoposti alle stesse
modificazioni sconvolgenti intervenute nei rapporti tra l’individuo e le cose, nello
svolgersi stesso della vita e della storia:
[Le avanguardie] si rivolgono anche contro tutto il contesto sociale, contro
la ripetitività e l’immobilismo della cultura e della vita pubblica e privata: mirano a
moltiplicare la libertà e l’energia vitale in ogni sfera dell’esistenza, a liquidare tutti i
valori inerti, tutte le forme oppressive che ostacolano il libero sviluppo della vita e
della cultura. Nella distruzione di tutti i valori costituiti, si arriva a mettere in
discussione lo stesso valore puro dell’arte, il suo tradizionale carattere di oggetto
assoluto, dotato di una sua “aura”, da godere nel supremo distacco della
contemplazione estetica. Il godimento estetico tradizionale è per le avanguardie
10
R. Ceserani/L. De Federicis, Il materiale e l’immaginario: manuale e laboratorio di letteratura
— La società industriale avanzata: conflitti sociali e differenze di cultura, Torino, Loescher,
1993, p. 5:533.
11
Giulio Ferroni, Storia della letteratura italiana — Il Novecento, Milano, Einaudi, 1991, pp.17-8.
5
qualcosa di volgare e indecente, si identifica con il “consumo” materiale, che
chiude le opere e il pubblico nel cerchio della più ottusa passività. Violentissima è
così la battaglia contro tutti gli usi contemplativi dell’arte e contro gli atteggiamenti
passivi e subalterni del pubblico: l’arte deve in realtà scuotere, spingere all’azione,
scatenare energie; essa deve agitare e sconvolgere il pubblico e suscitare la sua
più attiva partecipazione al processo artistico.
12
Di qui viene, allora, la sperimentazione radicale che investe ogni settore
estetico, la ricerca tentata dai vari “-ismi” — post-impressionismo,
espressionismo, cubismo, imagismo, futurismo, vorticismo, astrattismo,
dadaismo, surrealismo… — di forme di espressione più efficaci (“the one
common denominator of all these avant-garde movements was a thorough-
going revolt against representational art”);
13
di qui l’elaborazione di linguaggi
basati su principi di rivoluzionaria novità, e di una nuova sintesi tra spazio e
tempo interiori ed esteriori (“any form in which an artist can express himself is
legitimate, and the more sensitive perceive that there are things worth
expressing that could never have been expressed in traditional forms”).
14
Di qui,
ancora, i contatti tra gruppi diversi, gli scambi polemici, le scissioni.
Caratteristica di questi movimenti è infine la tendenza a promuovere il
proprio credo attraverso quella che Marinetti chiama “l’arte di far manifesti”,
15
ossia altisonanti enunciazioni di principi estetici che quasi sempre, per incisività
e originalità, sono addirittura superiori alle creazioni vere e proprie:
12
Ibidem, pp.19-20.
13
Robert H. Ross, The Georgian Revolt (1910-1922): Rise and Fall of a Poetic Ideal,
Carbondale and Edwardsville, Southern Illinois University Press, 1965, p.18.
14
Clive Bell, “The English Group”, in Second Post-Impressionist Exhibition (Exhibition
Catalogue), London, Grafton Galleries, 1912; citato in William C. Wees, Vorticism and the
English Avant-Garde, Toronto and Buffalo, University of Toronto Press, 1972, p. 32.
15
Lettera di F. T. Marinetti a Gino Severini (autunno 1913), in Archivi del futurismo, a cura di
Maria Drudi Gambillo e Teresa Fiori, 2 voll., Roma, De Luca, 1958-62, pp. 1:294-95.
6
A great many of the movements did in fact assert themselves through
documents of this kind: fusions of form and content;
16
The Manifesto… was essentially a new literary genre, a genre that might
meet the needs of a mass audience even as, paradoxically, it insisted on the avant-
garde, the esoteric, the antibourgeois. The Futurist manifesto marks the
transformation of what had traditionally been a vehicle for political statement into a
literary, one might say, a quasi-poetic construct.
17
Accese dichiarazioni pubbliche ed esibizioni anticonformiste sono quindi parte
integrante della produzione delle avanguardie, dominate da un concetto di arte
come azione aggressiva e “radical performance”: “the new arts were not
created but performed, enacted, demonstrated, thrown into the public eye, or
the public face.”
18
Luogo privilegiato di questo confronto dialettico — e fenomeno peculiare
del Modernismo — sono le riviste dette proprio “d’avanguardia”, per gli
intellettuali strumento di aggregazione, palestra artistica e veicolo di diffusione
del loro messaggio:
Una rivista d’avanguardia, pur inserendosi nella stampa periodica
d’informazione, non va confusa con questa. Essa tenta di segnare un punto
particolare, un’avventura di cui appunto il gruppo, il movimento stabilisce le regole,
le istanze di cui è foriero. Come tale, la rivista si muove praticamente senza
mercato, ed è rivolta a coloro che possono comprendere il codice e il messaggio
che questa trasmette. La direzione è affidata a quell’autore (o più autori) che in
genere ne sostengono anche le spese e la cui funzione è quella di ricevere,
coordinare, sollecitare il materiale, più unitario possibile, del gruppo. Vengono
anche accolte le collaborazioni di coloro che operano in “scuole” affini e,
specialmente alcune, dedicano ampio spazio ai cosiddetti precursori.
19
Si tratta di pubblicazioni dall’esistenza irregolare condotta ai margini della
cultura ufficiale, che sostengono l’innovazione e la sperimentazione, e fungono
16
Bradbury/McFarlane, Modernism, cit., p. 202.
17
Marjorie Perloff, The Futurist Moment — Avant-Garde, Avant Guerre, and the Language of
Rupture, Chicago and London, The University of Chicago Press, 1986, pp. 81-2.
18
Bradbury/McFarlane, Modernism, cit., p. 193.
19
Gabriele-Aldo Bertozzi, Saggio sull’avanguardia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1989, p. 28.
7
da centri di raccolta per gli outsiders dell’establishment culturale. Eppure le loro
vicende, le idee, gli esperimenti e le personalità che trovano spazio sulle loro
pagine, costituiscono una parte fondamentale della storia sociale e artistica del
ventesimo secolo, essenziale al pieno raggiungimento di una consapevolezza
estetica di cui quello statunitense è soltanto uno degli esempi:
Since 1912 many [writers] have been published in the scores of literary
magazines which have appeared and disappeared to the accompaniment of
various forms of pretension, clamor, and editorial oratory.
What is important about this fact is that the best of our little magazines
have stood, from 1912, defiantly in the front ranks of the battle for a mature
literature. They have helped to fight this battle by being the first to present such
writers as Sherwood Anderson, Ernest Hemingway, William Faulkner, Erskine
Caldwell, T. S. Eliot — by first publishing, in fact, about 80 per cent of our most
important post 1912 critics, novelists, poets, and storytellers. Further they have
introduced and sponsored every noteworthy literary movement or school that has
made its appearance in America [as well as in Europe] during the past … years.
… Many have been pale, harmless creatures. [A few] of them have taken a
decisive part in the battle for modern literature, or have sought persistently to
discover good artists, or to promote the early work of talented innovators, or to
sponsor literary movements.
20
Pur coscienti di non poter mai raggiungere un’ampia diffusione, e dunque
sempre minacciate dallo spettro del fallimento (quella economica è infatti una
delle ragioni più frequenti della brevità della loro vita), le riviste d’avanguardia
intenzionalmente rinunciano ad assecondare i gusti del pubblico e pubblicano
invece autori sconosciuti e alternativi:
A little magazine is a magazine designed to print artistic work which for
reasons of commercial expediency is not acceptable to the money-minded
periodicals or presses. … Many editors now contend that “advance guard” is a
better name for their magazines than “little”. Coming into use during the First World
War, “little” did not refer to the size of the magazines, nor to their literary contents,
nor to the facts that they usually did not pay for contributions. What the word
designated above everything else was a limited group of intelligent readers: to be
such a reader one had to understand the aims of the particular schools of literature
that the magazines represented, had to be interested in learning about dadaism,
vorticism, expressionism, and surrealism. In a sense, therefore, the word “little” is
vague and even unfairly derogatory.
20
Frederick J. Hoffman, Charles Allen, Carolyn F. Ulrich, The Little Magazine — A History and a
Bibliography, Princeton (NJ), Princeton University Press, 1946, pp.1-2.
8
The commercial publishers — the large publishing houses and the big
“quality” magazines — are the rear guard. In a few instances they are the rear
guard because their editors are conservative in taste, slow to recognize good new
writing; but more frequently the commercial publishers are the rear guard because
their editors will accept a writer only after the advance guard has proved that he is,
or can be made, commercially profitable. Whatever the reason for their
backwardness, few commercial houses or magazines … can claim the honor of
having served the advance guard banner.
21
Sicuramente, uno dei meriti principali di queste riviste è il loro spirito di
rivolta contro le istituzioni, custodi della tradizione e del gusto popolare, anche
se poi la conquistata libertà produce spesso disordine, contraddizioni e aspre
polemiche. Si assiste così alla nascita di pubblicazioni tanto entusiaste
nell’annunciare i propri intenti (per esempio la distruzione delle modalità
espressive tradizionali, oppure la divulgazione di teorie e pratiche letterarie
innovative e anticonvenzionali) quanto incapaci di presentare frutti davvero
originali oltre i primi, pochi numeri; talvolta, addirittura, esse compaiono sulla
scena comunicando già al pubblico la data della loro cessazione — come
avviene ad esempio per Secession, nel cui primo editoriale si legge:
The Director pledges his energies for at least two years to the continuance
of Secession. Beyond a two year span, observation shows, the vitality of most
reviews is lowered and their contribution, accomplished, become repetitious and
unnecessary. Secession will take care to avoid moribundity.
22
Similmente, i responsabili di The London Aphrodite annunciano la prossima
chiusura della rivista sulla base del riscontro che “there has never yet been a
literary periodical which has not gone dull after the first half-dozen numbers.”
23
Lo scopo di un periodico d’avanguardia può dirsi comunque raggiunto
quando riesce a dare un minimo di visibilità al suo ideatore (o ideatori),
21
Ibidem, pp. 2-3.
22
“Editorial”, Secession, I, n.p. (primavera 1922).
23
“Editorial”, The London Aphrodite, V, 400 (aprile 1929).
9
divulgandone ideali e creazioni; ed è appunto in questa ottica che i loro editoriali
rivestono talvolta un’importanza fondamentale, venendo compilati sotto forma di
manifesti, cioè dichiarazioni programmatiche dei movimenti a cui fanno capo: i
quali assumono dunque la fisionomia di vere e proprie scuole estetiche — se
non addirittura politiche — che trovano nelle rispettive riviste uno specifico
organo di diffusione, un’amplificazione al loro messaggio di libertà e di
indipendenza.
10
§ 2. Alcuni periodici d’avanguardia in lingua inglese
The English Review e The New Age
Relativamente al panorama britannico, anche prima del 1910 sono
presenti sulla scena editoriale little magazines importanti che però non possono
essere considerate propriamente d’avanguardia. Ad esempio The English
Review, fondata nel 1908 da Ford Madox Heuffer (in seguito Ford), pubblica la
grande prosa “creativa” del tempo (gli ancora inediti Lawrence e Lewis, oltre a
Hardy, James, etc.), ma non ha un ruolo di effettiva rottura con la tradizione,
che, anzi, vi convive insieme alle novità. Allo stesso modo, la fondamentale The
New Age, nata già alla fine del secolo precedente nell’ambiente dei socialisti
riformatori, non può dirsi del tutto indipendente, e infatti riceve ampi consensi
anche tra gran parte dell’intellighenzia. Eppure, soprattutto sotto la guida di
Alfred Orage (1907-1922), questa rivista opera un influsso essenziale sulla
produzione artistica inglese in genere, presentando ai lettori le ultime scoperte
in campo letterario e figurativo e dando spazio dialetticamente anche a
posizioni antitetiche: “For the decade 1910-1920, no other magazine equalled
the New Age for its blend of literature and social criticism, or for its sense of
timelessness and a concomitant awareness of tradition”.
1
Lo stesso Orage, un
anno prima di abbandonarne la direzione, sottolineerà il suo carattere di
apertura verso le novità, affermando che essa “introduced new ideas and
endengered new points of view”,
2
accogliendo moltissimi giovani (tra cui
Katherine Mansfield, John Middleton Murry, Flint, Hulme); contribuendo alla
1
A. Sullivan (ed.), British Literary Magazines. Vol.1: The Victorian and Edwardian Age (1837-
1913), Westport (Cnn.) and London, Greenwood Press, 1984, p. 254.
2
A. R. Orage, The New Age, XXVIII, 17 marzo 1921.
11
divulgazione di Nietzsche, Bergson e Freud e alla diffusione del post-
impressionismo, del futurismo e degli autori russi; seguendo infine sulle sue
pagine l’intera vicenda del movimento imagista, con la pubblicazione, tra l’altro,
della famosissima definizione poundiana “As for Imagism” nel 1915. Solo dopo
lo scoppio della guerra, come avviene per molte altre pubblicazioni tra le più
innovative, The New Age tornerà a rifarsi più esplicitamente alla tradizione,
propugnando meno anarchia e un generale rappel à l’ordre.
The Poetry Review e Poetry and Drama
Solo parzialmente indipendenti sono anche The Poetry Review e Poetry
and Drama fondate entrambe da Harold Monro: la prima, che bilancia
l’entusiasmo per le novità con ripetuti appelli alla tradizione, ha forse il suo
momento più importante nella pubblicazione nell’agosto 1912 del saggio di Flint
“French Contemporary Poetry”, in cui, oltre al resoconto dei vari “-ismi”
provenienti da Parigi, compare un entusiastico elogio di Martinetti e dei futuristi
che — come vedremo — segna un momento storico nell’affermazione del
movimento italiano in Inghilterra. La seconda rivista, maggiormente curata e
impegnativa, e di intenti sicuramente più innovativi sebbene non rivoluzionari,
cerca di tenersi al passo con i contemporanei movimenti europei e americani
senza perdere di vista gli inglesi anche minori, ma si occupa quasi
esclusivamente di poesia. Su di essa imagismo e futurismo sono per esempio
ampiamente documentati, con addirittura un intero numero dedicato
all’avanguardia italiana (settembre 1913), la cui portata viene però
successivamente ridimensionata (dicembre 1913).
12
Rhythm e The Blue Review
Rhythm, curata da John Middleton Murry e, a partire dal quarto numero,
Katherine Mansfield — e che dopo nemmeno due anni di pubblicazione (estate
1911-marzo 1913) tenta di sopravvivere alle difficoltà finanziarie con il nuovo
nome di The Blue Review (marzo-luglio 1913) — è invece un esempio di little
magazine completamente indipendente, “the first literary periodical to come
direcly out of that new mood of artistic euphoria and commitment to artistic
change that immediately preceded the First World War”.
3
Nata espressamente
come elegante rivista d’élite sotto il segno di un individualismo antiborghese,
essa vuole “to produce a contact right across the arts”,
4
sostiene il culto del
nuovo e del moderno, la libertà dell’artista e l’ideale di un’arte non
rappresentativa bensì pura (nel numero dell’autunno 1911 Murry pubblica
anche una recensione, comunque negativa, dell’Estetica crociana);
entusiasmandosi inoltre per Bergson, favorendo la conoscenza a Londra degli
scrittori russi, e diffondendo tra i suoi lettori il fauvismo, Van Gogh, Gauguin,
Kandinskij, Derain, Picasso e Debussy: l’interesse e la divulgazione dei risultati
più innovativi raggiunti nel campo figurativo internazionale, anzi, sono forse la
caratteristica principale di questa rivista, che alcuni citano come la prima ad
aver introdotto in Inghilterra la pittura picassiana.
5
Tuttavia, pur tenendosi
sempre vicina alle avanguardie, e pubblicando continui aggiornamenti sui più
3
Malcolm Bradbury, “Rhythm and The Blue Review”, Times Literary Supplement, 25 aprile
1968, p. 423.
4
Ibidem, ivi.
5
Cfr. per esempio Antony Alpers, The Life of Katherine Mansfield, New York, Viking Press,
1980, p. 148.
13
interessanti eventi culturali, ben presto Rhythm non riesce a mantenere l’iniziale
promessa di originalità riguardo alla produzione di nuovi testi, riducendosi più
che altro alla compilazione di recensioni o di supplementi.
The Egoist
Maggiore rilevanza, nel panorama delle little magazines inglesi, riveste
The Egoist, “An Individualist Review”. Questo è il nome che la pubblicazione
femminista The New Freewoman assume quando (dal gennaio 1914) le
curatrici Dora Marsden e Harriet Shaw Weaver chiamano Ezra Pound a
dirigerne la sezione letteraria. Da questo momento l’interesse artistico della
rivista diventa nettamente predominante su quello sociale e filosofico originario,
con un accento sempre più marcato sulle novità e sulla sperimentazione delle
avanguardie, anche figurative: molti sono, tra gli altri, gli articoli sull’imagismo, il
vorticismo e il futurismo, sebbene in quest’ultimo caso non sempre del tutto
entusiasti.
Uno dei meriti maggiori di Pound rispetto alla rivista è lo stretto legame
che, attraverso essa, egli riesce a stabilire con molti artisti emergenti e con altre
riviste d’avanguardia americane — quali Poetry e The Little Review —
coerentemente con il suo programma di diffondere i principi della scuola
imagista e di scoprire e dare voce ai nuovi talenti: il Portrait e lo Ulysses di
Joyce e Tarr di Lewis, ad esempio, vengono serializzati sull’Egoist stessa
(Ulysses anche sulla Little Review), e persino pubblicati (insieme a The
Calyph’s Design di Lewis e Prufrock and Other Observations di Eliot) attraverso
la Egoist Press, la casa editrice allestita presso la redazione del periodico con
14
la collaborazione di Richard Aldington. In seguito alla partenza di quest’ultimo
per il fronte nel 1917, Eliot ne prende il posto come co-direttore letterario; la
rivista assume allora, sino alla conclusione dell’attività nel 1919, una fisionomia
meno innovativa (del resto auspicata già anche da Aldington), e ciò, in effetti,
non per un processo di involuzione, quanto piuttosto per una metamorfosi insita
nello stesso modernismo inglese, in generale diventato con la guerra meno
ribelle e individualista. Del resto, com’è noto, proprio la riflessione critica di Eliot
contribuisce maggiormente a riaffermare nella cultura anglosassone il valore di
quella tradizione rinnegata durante gli anni frenetici dello sperimentalismo; ed è
appunto grazie a questo avvicendamento di direttori che le pagine di The Egoist
possono testimoniare,
Issue by issue, the development of a brilliant young critic’s principles and priorities.
In brief reviews of new works, most of which he did not admired, Eliot began to
articulate his prerequisites for successful writing and his priorities as a critic. […]
“Tradition and the Individual Talent”, published in the final issue of The Egoist,
remains Eliot’s best-known and most influential statement of the need for broad
cultural awareness in contemporary literature. The preceding issues of The Egoist,
to a considerable extent, show how the ideas which Eliot would continue to argue
first took shape.
6
Poetry
Altre importanti riviste d’avanguardia in lingua inglese sono le due
americane Poetry and The Little Review, come abbiamo visto collegate a
Pound e all’Egoist. La prima, fondata nel 1912 a Chicago da Harriet Monroe, e
a tutt’oggi sorprendentemente attiva e pronta ad accogliere le novità, dopo un
6
Small Presses & Little Magazines of the UK and Ireland, compiled by Peter Finch, Cardiff,
Oriel, 1993, pp.144-45.
15
primo numero dalla fisionomia ancora un po’ incerta, già dal secondo si schiera
apertamente a favore del rinnovamento e della sperimentazione, assumendosi
il compito di offrire visibilità ai nuovi autori pubblicando la migliore poesia
contemporanea, di qualunque genere o stile:
The Open Door will be the policy of this magazine — may the great poet
we are looking for never find it shut, or half-shut, against his ample genius! To this
end the editors hope to keep free of entangling alliances with any single class or
school. They desire to print the best English verse which is being written today,
regardless of where, by whom, or under what theory of art it is written. Nor will the
magazine promise to limit its editorial comments to one set of opinions.
7
Grazie anche alla guida di Pound — che, vedendovi un congeniale
mezzo di promozione dell’imagismo negli Stati Uniti, riesce a introdursi nel suo
consiglio direttivo come corrispondente dall’Europa (“[he will] keep readers
informed of the present interests of the art in England, France and elsewhere”)
8
— Poetry si batte “to encourage the revolution in American verse, … the fight for
a new poetry”.
9
Per questo si fa sin dall’inizio strenua sostenitrice del verso
libero e della poesia imagista, e nel corso degli anni raccoglie intorno a sé un
cospicuo gruppo di intellettuali anticonvenzionali, tra cui vale la pena di
nominare almeno Wallace Stevens, Edgar Lee Masters, Marianne Moore, Edna
St. Vincent Millay e Sherwood Anderson per il periodo sino al 1920, e W. H.
Auden, Ernest Hemingway e Steven Spender per il decennio successivo. Su
questa rivista fanno inoltre la loro prima apparizione americana autori inglesi del
calibro di D. H. Lawrence e Robert Frost, Rupert Brooke e James Joyce,
mentre anche T. S. Eliot vi pubblica le sue prime poesie importanti.
7
Poetry (Chicago) I, 2 (novembre 1912), p. 64.
8
Ibidem, ivi.
9
Hoffman/Allen/ Ulrich, The Little Magazine, cit., p. 39.