4
1. INTRODUZIONE
Questo lavoro vuole trattare la serialità antologica contemporanea, andando a studiare due
casi differenti, quello di American Horror Story, ovvero l’antologia stagionale e quello di
Black Mirror, serie antologica ad episodi. I due casi si prestano allo studio poiché permettono,
oltre che di delineare il modo corretto di sfruttare il formato antologizzato, prima nella
televisione e poi sulle piattaforme, di analizzare il ruolo dell’Autore televisivo e dello
Showrunner, in due prodotti antologici di fama mondiale, forse i più riusciti. Per fare questo
però è stato necessario fare un passo indietro.
Nel corso del primo capitolo sono andata a definire prima di tutto cos’è l’antologia, da dove
nasce e i caratteri specifici del formato, specificando cosa vuol dire serializzazione e qual è la
differenza, spesso trascurata dal comune spettatore, tra serial e serie. Comprendiamo quindi
che la tesi tratterà poco dei serial (solo per differenza) e molto delle serie, ma non tutte, bensì
la serie antologica. Introdurre la serializzazione è importante per capire le radici profonde di
questa forma narrativa, già analizzate da studiosi del Novecento, primo tra tutti Umberto Eco,
che ne fissa e ne cataloga le componenti specifiche: questo è importante perché la ripetizione
e la serializzazione sono intrinseche nelle strutture comunicative della vita di tutti i giorni. Il
lavoro continua descrivendo cronologicamente la nascita della serializzazione, diffusasi grazie
alla stampa, poi alla radio e infine alla televisione. La serializzazione trova le sue radici nella
letteratura a puntate dei Feuilleton dell’Ottocento, per poi espandersi all’inizio del secolo
successivo anche al cinema. Infatti, al contrario di ciò che si pensa, cinema e serialità non
sono estranei tra loro, ma ancora oggi nascono interessanti collaborazioni e concessioni tra i
due. La storia della serializzazione prosegue nell’ambito più circoscritto, per ragioni di tempo
e di spazio, dell’antologia. Viene descritta l’apparizione del genere prima su carta e poi via
radio: l’antologia si prestava benissimo ad essere trasposta su entrambi i mezzi. Il formato
antologico è poliedrico e fluido, capace di adattarsi e rinnovarsi a seconda delle esigenze e dei
tempi, ma si presta in particolare modo ai generi dell’horror e della fantascienza. La radio in
particolare ha contribuito al successo del formato ed è stata capace di farsi da parte quando
questo si è spostato sullo schermo, concedendogli una gloria perpetua che tutt’oggi, come
vuol dimostrare questa mia tesi, mantiene. In particolare, vengono segnalati due casi celebri di
antologie televisive durante la prima golden age che sono: Alfred Hitchcok Presents e The
Twilight Zone. Entrambe le serie hanno fissato delle regole, da cui poi altri autori si sono
distanziati o al contrario hanno mosso, come Black Mirror che è apertamente ispirata
all’ultima sopracitata. Si è quindi consolidato un modello valido ma non unico, da cui in
5
seguito sono nate altre antologie celebri. Questi due esempi sono importantissimi, poiché con
essi possiamo già parlare in un certo senso di autorialità televisiva e di stile autoriale ed essi
sono la dimostrazione pratica che l’autore cinematografico può essere spendibile in
televisione e trascinarsi dietro tutta la fama legata al proprio nome. Successivamente sono poi
iniziate a cambiare le modalità di erogazione dei servizi e di fruizione degli stessi, grazie
all’avvento dei grandi network televisivi via cavo, durante la seconda golden age e del
consolidarsi di un modello complesso di televisione: la complex tv, che ha portato la serialità
ad un gradino superiore, sapendosi rinnovare insieme all’evoluzione delle tecnologie e delle
tecniche di narrazione, nonché all’avvento delle grandi piattaforme streaming. Queste ultime
hanno saputo fidelizzare il proprio pubblico, divenuto detentore di ogni potere decisionale di
fruizione e creare un’identità di marchio.
Passando al secondo capitolo si entra in merito alla questione dell’Autore che si fa produttore,
sceneggiatore, regista e quindi Showrunner, con la figura di Ryan Murphy, che ha creato un
impero legato al suo nome nonché una propria etichetta di produzione. È stata eseguita
un’analisi di tutta la sua produzione televisiva per scorgerne i tratti peculiari, da un punto di
vista narrativo, ma anche produttivo. Durante la terza golden age, nella quale ci troviamo,
sono cambiate ulteriormente le modalità di fruizione e le piattaforme streaming sono salite al
potere. Murphy ha il merito, tra i tanti, di aver creato un prodotto antologico, quale American
Horror Story, capace di resistere ai cambiamenti, ma al tempo stesso cangiante, rimanendo
fedele al genere dell’horror e tuttavia traslandolo nelle più varie situazioni. È stata analizzata
la prima stagione, Murder House e ciò è stato fatto con cognizione di causa, pensando alla
stagione come ad un grande episodio pilot di una serie, composta dal resto delle stagioni di
AHS. Murphy nella prima stagione ha fissato un modello narrativo, che ha saputo poi portare
avanti, anche con dei collegamenti tra le varie storie, sebbene ognuna sia unica e diversa dalle
altre. La scelta di American Horror Story è stata semplice, volendo portare avanti una tesi che
sostiene come il formato antologico sia valido e resiliente, soprattutto se associato ad una
figura autoriale che si è formata nel tempo e ha saputo creare un marchio di fabbrica che non
stanca mai.
Nel terzo capitolo viene invece analizzata la serie antologica Black Mirror, che si rinnova ad
ogni episodio, mantenendo non il genere invariato, bensì il tema della tecnologia e dei suoi
usi propri ed impropri, nello scenario di ipotetici futuri distopici. Un esempio quindi di
antologia agli antipodi di quella analizzata nel capitolo precedente, ma altrettanto valida,
anche se forse un po’ meno resiliente. Anche in questo caso abbiamo una figura autoriale
6
forte, quella di Charlie Brooker, che è l’ideatore e lo sceneggiatore degli episodi della serie, i
quali però vengono ogni volta affidati ad un regista diverso, andando a costituire linguaggi
plurimi nel trattare un unico tema principale, affiancato a storie sempre differenti e quindi ad
altri micro-temi, spesso di carattere etico/morale. È interessante notare come la voce di un
autore alla base viene poi declinata a seconda delle diverse personalità e sensibilità dei registi,
autori anch’essi, ai quali i progetti vengono affidati.
La domanda centrale dell’elaborato è cercare di capire se l’antologia è e sarà un formato
credibile e giusto da adottare per un progetto televisivo, all’interno di un ecosistema narrativo
popolato per lo più da lunghe serialità. Senza ulteriori spoiler, vi lascio ora alla lettura del mio
elaborato, augurandomi che possiate arrivare ad una chiara soluzione del quesito, come ho
fatto io.
7
2. L’ANTOLOGIA, UN MODELLO VINCENTE
Negli ultimi tempi più che mai stiamo assistendo ad un cambiamento delle forme di
narrazione. Il modello televisivo statunitense, che per anni è stato quello dominante e lo è
tutt’ora, ma con grandi avversari europei, ha dovuto adattarsi al modificarsi dell’industria e
della tecnologia, delle modalità di produzione e distribuzione. Abbiamo assistito all’emergere
di forme di narrazione sempre più eterogenee. L'apertura dei paesaggi televisivi nazionali e
locali ai mercati esteri, insieme al passaggio alla distribuzione via Internet, ha evidenziato la
diversità delle forme televisive con una prospettiva transnazionale e globale. Le dinamiche
dello streaming online hanno contribuito alla frammentazione formale, consentendo di
comprendere un flusso di contenuti televisivi che riflette l'ambiente digitale e
l'interconnessione multimediale in cui viviamo. La proliferazione dei servizi di video-on-
demand ha costretto la serialità ad adattarsi al panorama mediatico contemporaneo, generando
prodotti audiovisivi che presentano specificità nella produzione, distribuzione e fruizione.
Uno dei tanti effetti del fenomeno sopra citato è l’esplosione dell’Anthology Serial,
1
o meglio
la sua riscoperta, in sfavore di quella serialità lunga e intricata, che si sviluppava in
orizzontale e che ha affollato le nostre televisioni negli scorsi due decenni. Le serie TV stanno
adottando formati più brevi per diversi motivi. Uno dei principali fattori è l'evoluzione delle
abitudini di visione del pubblico; con l'aumento delle piattaforme di streaming e la
disponibilità di contenuti on-demand, gli spettatori hanno sviluppato una migliore
predisposizione per episodi più brevi e per storie più concise. Questo permette loro di
consumare più contenuti in un periodo di tempo limitato e di passare rapidamente da una serie
all'altra. I contenuti brevi e veloci ci permettono di soddisfare il nostro desiderio di
intrattenimento senza dover investire troppe ore in un singolo evento: è in questa frase che è
raccolto tutto il motivo per il quale il serial è andato in decadenza, o meglio continua ad
esistere, ma in un formato più breve, quello delle miniserie; quindi, abbiamo ancora la
struttura a puntate tra loro concatenate, così come concatenate sono le stagioni, solo che
puntate e stagioni hanno ridotto notevolmente il loro numero. L'accesso sempre più diffuso a
dispositivi mobili e piattaforme di streaming, ha reso i contenuti disponibili ovunque e in
qualsiasi momento, questo ha creato una cultura di consumo veloce e immediato, in cui ci
aspettiamo di poter godere dell'intrattenimento senza dover aspettare o impegnarci a lungo. Il
pubblico è diventato più sofisticato, avendo visto così tanti contenuti che le piattaforme
offrono in continuazione, queste offrono cataloghi sempre più aggiornati e ampi. Il pubblico è
1
Dunleavy Trisha, Complex Serial Drama and Multiplatform Television, New York, Routledge, 2017
8
il giudice più feroce ed è sempre più istruito, il contenuto delle serie odierne deve essere non
solo accattivante, coerente e originale, ma soprattutto di qualità.
2. 1. Serial o serie?
Il serial, anche noto come "serial televisivo" o "serial drama", è un tipo di programma
televisivo che presenta una narrazione continua, la quale si sviluppa attraverso puntate
successive, prende anche il nome di continuing story, caratterizzato da una linea orizzontale.
Solitamente è composto da una trama principale che si sviluppa lungo l'intera stagione o
nell’arco delle varie stagioni, con sottotrame e personaggi secondari, che contribuiscono alla
storia complessiva. Il serial è caratterizzato da una forte continuità narrativa e richiede che gli
spettatori seguano regolarmente le puntate, per capire appieno la trama. Proprio per la sua
struttura continuativa prevede spesso un cliffhanger a fine puntata, in modo da rilanciare la
storia un elevato numero di volte, almeno fino a quando il conflitto non sarà esaurito e
l’obiettivo raggiunto, alla fine della stagione, sebbene quasi sicuramente ne verrà creato un
altro. I segmenti narrativi del serial, aperti e comunicanti, si chiamano puntate. La serie
presenta episodi autoconclusivi, senza legami di trama tra di loro, aventi in comune i
personaggi ed elementi ricorrenti. La serie può prevedere anche linee orizzontali, ma la
struttura del singolo episodio, (plot episodico o caso puntata), è fortemente verticale e la
situazione è volta a chiudersi nel corso dell’episodio. Nelle serie a cambiare nel corso degli
episodi non è il protagonista, che si presenta sempre identico a se stesso ed è l’elemento
identificativo della serie, bensì tutti gli altri personaggi (Perry Mason, CBS, 1957-1966 e La
Signora in giallo, Murder, She Wrote, CBS, 1984-1996), inoltre l’andamento dell’episodio è
sempre lo stesso. Gli episodi venivano visti e rivisti senza una precisa consequenzialità
narrativa, per il gusto di ritrovare ambienti, personaggi e situazioni familiari, come ci ha
spiegato Umberto Eco:
Nella serie l’utente crede di godere della novità della storia, mentre di fatto gode per il ricorrere
di uno schema narrativo costante ed è soddisfatto dal ritrovare un personaggio noto, con i propri
tic, le proprie frasi fatte, le proprie tecniche di soluzione dei problemi… La serie in tal senso
risponde al bisogno infantile, ma non per questo morboso, di riudire sempre la stessa storia, di
trovarsi consolati dal ritorno dell’identico, superficialmente mascherato. La serie consola
l’utente perché premia le sue capacità previsionali: l’utente è felice perché si sente capace di
indovinare ciò che accadrà, ed è felice perché gusta il ritorno dell’atteso. Siamo soddisfatti