Introduzione
L’autonomia tributaria Pagina 1
L’autonomia tributaria e le ragioni del
federalismo fiscale
Introduzione
L’autonomia tributaria Pagina 2
L’autonomia tributaria
Il dibattito economico - giurisprudenziale che caratterizza la materia della
fiscalità locale, ha subito in questi ultimi anni un acuita spinta riformatrice,
evidenziata con la recente emanazione della Legge Delega del 5 maggio 2009, n. 42
recante la delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art.
119 della Costituzione.
Il presente lavoro, in tema di autonomia finanziaria degli Enti locali, è volto
alla comprensione del complesso processo attuativo in merito al federalismo fiscale,
che seppur caratterizzato negli ultimi decenni da una profonda attività di
regolamentazione, cela numerose perplessità dottrinali specie sui limiti e poteri che
contraddistingueranno il nuovo sistema fiscale locale.
1
Prima di ricostruire l’evoluzione storica in tema di autonomia finanziaria e
tributaria degli Enti locali, è «condicio sine qua non» definire il concetto di
autonomia tributaria.
L’autonomia tributaria viene identificata come: «l’autodeterminazione
normativa delle entrate tributarie in funzione dello svolgimento di un libero indirizzo
politico e politico amministrativo
2
», manifestandosi come autonomia di preferenza
1
F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Seconda edizione.
Giappichelli Editore – Torino, 2010, pag. 5, pone l’accento sulla difficile definizione della
materia, alludendo ai contrasti dottrinali in tema di legittimità costituzionale mai sensi dell’art. 119
Cost., comma 2, che attengono i limiti nella determinazione dei tributi propri, i contrasti sulla potestà
regolamentare e statutaria dei Comuni, le compartecipazioni ai tributi erariali e gli strumenti
perequativi.
2
F. Gallo, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della Costituzione, in Rassegna
Tributaria n. 2/2002, pag 591, cfr.
Introduzione
L’autonomia tributaria Pagina 3
politica
3
, differenziandosi a tal proposito dall’autonomia finanziaria, volta alla mera
valutazione delle entrate rispetto alla necessità dell’ente
4
.
In tal senso, il concetto di autonomia tributaria è più ampio rispetto a quella
finanziaria come potrebbe evincersi dall’art. 119, ove vengono entrambe
annoverate
5
.
Per cui, è necessario asserire come le autonomie locali, pur essendo
riconosciute attraverso gli art. 5 e 128 della Costituzione
6
, hanno avuto un esplicito
riconoscimento di autonomia tributaria soltanto con la riforma concernente il Titolo
V della Costituzione
7
definita unanimemente come la più significativa in materia di
finanza locale.
3
F. Gallo, federalismo fiscale e ripartizione delle basi imponibili tra Stato, Regioni
ed enti locali, Rassegna tributaria, N. 6/2002, pag. 2011.
L’autonomia tributaria viene intesa come quel potere di stabilire nuovi tributi, e da intendersi, come
strumento di azione politica volto ad attuare direttamente determinate opzioni attraverso il prelievo
tributario.
4
S. F. Ciciani, l’autonomia tributaria regionale, Milano, 2003, pag. 45, cfr.
5
A. Carinci, Autonomia tributaria delle Regioni e vincoli del Trattato dell’Unione
Europea, Rassegna tributaria, Luglio - Agosto 2004, pag. 1204, cfr.
6
F. Gallo, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della Costituzione, in Rassegna
Tributaria n. 2/2002, pag. 9. L’art. 5 della Costituzione statuisce il principio-fondamentale di
struttura dello Stato italiano, secondo cui «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le
autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del
decentramento». Altresì, l’art. 128 della Costituzione ribadisce tale principio ponendo l’attenzione
verso i comuni e province asserendo che «le Province e i Comuni sono Enti autonomi nell’ambito dei
principi fissati da leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni».
7
Legge cost. 18 Ottobre 2001, n. 3.
In F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Seconda edizione,
Giappichelli Editore – Torino, 2010, si evidenzia come tale intervento del Legislatore che, ha
modificato l’intero Titolo V , dall’art. 114 all’ art. 132 della Costituzione, ha di fatto rinvigorito,
attraverso le modifiche dell’art. 119, le basi dell’autonomia finanziaria di Regioni, Provincie, e
Comuni.
Altresì, in L. Perrone, La sovranità impositiva tra autonomia federalismo, in Rivista
di diritto tributario, 2004, pag. 1178, evidenzia l’accresciuto interesse del ruolo degli Enti
locali. I Comuni e le Province, prima della riforma del Titolo V della Costituzione, esercitavano mere
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L’autonomia tributaria Pagina 4
Da ciò, discende la rilevanza della novità e con questo la consapevolezza che
il quadro normativo di riferimento, in cui collocare ed interpretare l’autonomia
tributaria regionale, diventi quello definito dal combinato disposto degli art. 117 e
119 della Costituzione
8
.
Con tale riforma, rappresentata dalla Legge cost. n. 3/2001, si è giunti ad un
nuovo assetto di finanziamento pubblico, in quanto, rispetto all’asseto ante riforma,
sono state individuate chiaramente le competenze esclusive dello Stato attraverso
l’art. 117, comma 2 e riconosciuto, attraverso quella concorrente, la piena autonomia
alle regioni in materia di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario.
Altresì, con l’art. 119, comma 2, che prevede il potere di statuire ad applicare
tributi, è sta introdotta la c.d. «regionalizzazione dell’imposta», attraverso la riserva
di legge regionale, che consente di operare una distinzione tra fiscalità regionale e
locale basata sulla diversità dei rispettivi strumenti normativi e, allo stesso tempo, di
riconoscere una maggiore autonomia tributaria ad entrambi
9
.
Questo ha comportato la formazione di un duplice sistema tributario, uno
principale ed uno secondario o locale
10
e sia l’introduzione di una soluzione
funzioni determinate da legge dello Stato, risultando circoscrizioni di decentramento statale e
regionale.
8
A. Carinci, Autonomia tributaria delle Regioni e vincoli del Trattato dell’Unione
Europea, Rassegna tributaria, Luglio - Agosto 2004, pag. 1205.
L’autore, pur riconoscendo l’equiparazione sul piano dell’autonomia finanziaria, ritiene evidenti
differenze nell’ambito dell’autonomia finanziaria delle Regioni rispetto a quelle degli Enti locali.
9
S. Gambino, la riforma regionale e locale tra sussidiarietà, Autonomia e
federalismo, in A.A. VV., Guida normativa per gli enti locali, 2007, cfr.
10
G. Tesauro, Le basi costituzionali della fiscalità regionale e locale, in Finanza
locale, 2005, pag. 23; cfr.; F. Gallo, Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della
Costituzione, in Rassegna Tributaria 2002, consta la differenza evidenziata, all’art. 119
della Costituzione, in merito alla potestà normativa tributaria tra Comuni e Regioni, dando origine a
due sistemi tributari primari (statale e regionale) ed uno secondario inglobato a sua volta in quello
regionale.
In P. Giarda, Titolo V e federalismo fiscale, Legautonomie Dossier sull’attuazione
del federalismo fiscale, 12 marzo 2007, osserva come spetti alle Regioni l’introduzione di
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L’autonomia tributaria Pagina 5
riconducibile al principio di solidarietà redistributiva, basata sulle compartecipazioni
ai tributi erariali riferibili al territorio, sulla creazione di un fondo perequativo per
territori con minore capacità fiscale ed inoltre sulle previsioni di risorse aggiuntive
destinate a bisogni collettivi straordinari
11
.
Le ragioni del Federalismo fiscale
Le ragioni che hanno spinto il Legislatore a mutare il precedente assetto
normativo, caratterizzato da un ambito di finanza derivata basato su quote erariali
agli Enti locali
12
, sono molteplici.
Tra di esse identifichiamo la preoccupante crisi della finanza locale
13
, la
pretesa della generalità dei cittadini in merito non solo al decentramento sul fronte
nuovi tributi, in quanto connessa al potere legislativo e che per ciò che concerne i tributi locali
introdotti dalle Regioni, di portata limitata, non si dovrebbe procedere a perequazioni tra le Regioni,
altresì, gli stessi tributi, introdotti dallo Stato su base uniforme in tutto il territorio, rientrerebbero
nella capacità fiscale degli Enti locali.
11
S. Gambino, la riforma regionale e locale tra sussidiarietà, Autonomia e
federalismo, in A.A. VV., Guida normativa per gli enti locali, 2007, cfr.
12
F. Gallo, L’autonomia tributaria degli enti locali, Bologna, 1979, pag. 23,
preconizzava come il finanziamento degli Enti locali dovesse basarsi su un sistema «misto»
caratterizzato da entrate derivanti, per una parte, volte ad assicurare le c.d. spese di funzionamento
ordinario o indivisibile, ossia lo svolgimento di funzioni normali-istituzionali, loro attribuite o
delegate, e dall’altra, entrate tributarie proprie o «originarie», di minore entità, idonee ad assolvere i
costi di servizi o funzioni, oltre gli standard minimi fissati dalla legge.
13
F. Tundo – G. Marongiu, La riforma dei tributi comunali, Milano, 1999, osserva
come la Legge 9 ottobre 1971, n. 825, che aveva come obiettivo quello di garantire al governo
centrale maggior controllo sull’economia, rappresentava il riconoscimento di un principio unanime
all’epoca , ossia unitarietà del sistema tributario.
Tutto ciò, comportò la perentoria riduzione dell’autonomia impositiva degli Enti locali e allo stesso
tempo, il carattere di finanza quasi totalmente derivata, determinando una accentuata
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L’autonomia tributaria Pagina 6
delle spese ma anche ad una maggiore responsabilizzazione politica e gestionale
degli amministratori locali e una propagazione multilivello dei poteri di decisione, in
primis il potere normativo d’imposizione
14
.
In sintesi, è possibile menzionare i due principi portanti la riforma federalista
rappresentati da una parte dal coordinamento dei centri di spesa con i centri di
prelievo, in modo tale da aumentare la responsabilità degli Enti nella gestione delle
proprie risorse, e dall’altra, la sostituzione della spesa storica, basata sulla costanza
dei livelli di spesa dell’anno antecedente, con la spesa standard
15
.
Inoltre, con il provvedimento preso nel maggio del 2009
16
, si pongono le basi
per il c.d. federalismo fiscale
17
di tipo cooperativo o solidale
18
, maggiormente
deresponsabilizzazione politica e gestionale degli amministratori locali, con conseguente crisi della
finanza locale causata dalla politica di facile spesa.
14
F. Gallo, Federalismo fiscale, Enciclopedia Treccani, 2009, pag. 1, riconosce come
tali ragioni sono alla base dell’insofferenza e disaffezione da parte dei cittadini, i quali, osservando
l’inadeguatezza dei servizi alle esigenze locali, da ricercare in un’offerta centralizzata dei beni
pubblici, riconoscono come sussista un’affievolita associazione tra imposte pagate e erogazione del
servizio, precludendo un efficace e indiretto controllo politico dei cittadini-contribuenti.
15
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/federalismo_fiscale/index.html
16
Emanazione della Legge Delega del 5 maggio 2009, n. 42 recante la delega al
Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della
Costituzione.
17
G. Bizioli, Profili ricostruttivi dell’autonomia tributaria delle regioni e degli enti
locali derivante dalla legge delega in materia di federalismo fiscale, in La finanza
locale, 2009, pag. 13, il quale riconosce come la genesi del concetto di federalismo fiscale,
introdotta da Musgrave, al fine di razionalizzare gli strumenti dell’intervento pubblico nell’economia,
sembra diverso da quello attuale, caratterizzate da tutte quelle azioni dirette all’accentramento della
leva finanziaria ed ad una efficiente gestione di politica economica.
Inoltre, si veda, F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Seconda
edizione, Giappichelli Editore – Torino, 2010, pag. 3, il quale osserva come la dizione
fiscale associata a quella di federalismo sia insufficiente per qualificare una vera autonomia locale,
poiché, necessiterebbe di una visione più corposa, nella quale dovrebbero rientrare l’area
amministrativa, economica e finanziaria.
18
F. Gallo, Federalismo fiscale, Enciclopedia Treccani, 2009, pag. 2, osserva come
con il federalismo solidale o di tipo cooperativo, la perequazione solidaristica tra comunità locali sarà
garantita al fine di evitare che la spesa pubblica essenziale venga tra di essi diversamente ripartita.
Tutto ciò è assicurato dal fatto che, spetta alle leggi statali il potere di fissare in via preventiva «i
Introduzione
L’autonomia tributaria Pagina 7
condiviso ed attuato in diversi sistemi fiscali europei ed occidentali
19
, volto ad
evitare le disuguaglianze nell’articolazione nazionale dei presupposti tassabili e non
ad annullare le differenze di gettito effettive che dipendono dalle singole
amministrazioni locali, con la finalità di garantire una maggiore corresponsione tra le
prestazioni erogate dall’Ente impositore e la soddisfazione del fabbisogno della
popolazione amministrata
20
.
limiti entro i quali esercitare autonomia finanziaria e di coordinare l’esercizio di potestà normativa di
imposizione», inoltre, verranno garantiti i livelli minimi di prestazione per istruzione, sanità ed alcune
forma assistenziali.
F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Seconda edizione,
Giappichelli Editore – Torino, 2010, pag. 4, osserva come alla legge statale spetta un ruolo
determinante, ossia, di coordinamento dell’autonomia tributaria locale e in materia di perequazione
finanziaria. Il fine, però, dovrà essere quello che i trasferimenti perequativi, le compartecipazioni e i
poteri di coordinamento del sistema fiscale locale, siano da incentivo alla responsabilità fiscale e
finanziaria.
19
T. Groppi, Federalismo e Costituzione, La revisione costituzionale negli Stati
federali, Milano, 2001, il quale suddivide in due modelli il riparto costituzionale delle
competenze, ossia uno detto anglosassone o duale che annoverano ordinamenti federali di vecchia
data di matrice britannica, e un altro detto cooperativo o europeo il quale lai differenzia da quello
anglosassone per la presenza di competenze legislative concorrenti.
20
Si veda, F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Seconda edizione,
Giappichelli Editore – Torino, 2010, pag. 4, cfr.; ed inoltre F. Gallo, Federalismo
fiscale, Enciclopedia Treccani, 2009, pag. 1, definisce come l’obiettivo del federalismo
fiscale debba essere quello di rivitalizzare le entrate delle autonomie locali, paralizzate da
deresponsabilizzazioni, inefficienze, sprechi e da vincoli imposti dai poteri comunitari.
Capitolo I
Genesi del federalismo fiscale e riforma del Titolo V Pagina 8
Genesi del
federalismo fiscale e riforma del Titolo V
Capitolo I
Genesi del federalismo fiscale e riforma del Titolo V Pagina 9
1.1 Evoluzione del sistema tributario
Prima di comprendere le ragioni e lo spirito dell’intervento normativo, recante la Legge
Delega sul federalismo fiscale, è indispensabile soffermarci sull´evoluzione storica che ha
caratterizzato in nostro ordinamento, in merito all’autonomia tributaria e finanziaria del Enti locali.
Il nostro sistema, improntato, antecedentemente ai primi anni settanta, da una totale
dissociazione tra la finanza statale e quella locale
1
, mutò radicalmente attraverso la riforma
realizzata in attuazione all’art. 12 dalla Legge 9 ottobre 1971, n. 825, che limitò notevolmente la
potestà tributaria degli Enti locali, sottraendo agli stessi rilevanti imposte dirette risalenti al Testo
Unico della Finanza locale n. 1175/1931
2
.
L’intervento aveva come obiettivo quello di garantire al governo centrale un più
ragguardevole controllo dell’economia, giustificata dalla esigenza di accrescere l’efficienza e
limitare le disparità e gli abusi
3
.
Per cui, con tale provvedimento, si era uniformato il livello e le modalità di prelievo statale,
avviando un sistema di finanza derivata qualificato in base alla devoluzione di quote di tributi
erariali
4
.
1
F. Tundo – G. Marongiu, La riforma dei tributi comunali, Milano, 1999; Giovanardi, op. cit.,
pag. 46, evidenzia come il sistema di finanza locale ante riforma 1972/1973, pur contraddistinto dalla rilevanza di
tributi locali aveva, in ogni modo, causato un notevole disavanzo.
2
U. Corazza, L. Martini, Il federalismo fiscale e la finanza degli enti territoriali, Halley, 2009;
pag. 11, osserva che dal 1° gennaio 1974, tale riforma sottrasse ai Comuni rilevanti imposte dirette tra cui; l’imposta
comunale di famiglia, l’imposta comunale delle industrie, i commerci, le arti e le professioni, con la sola eccezione di
alcuni tributi degli enti locali, tra cui; l’imposta di pubblicità, diritto sulle pubbliche affissioni, tassa per l’occupazione di
spazi e aree pubbliche, imposta di soggiorno, imposta sui cani. Tali tributi propri, intesi come potestà impositiva
autonoma degli enti locali, presentavano scarso peso finanziario e gestionale. Inoltre, si collocavano sulla stessa
lunghezza d’onda la tassa di raccolta e smaltimento dei rifiuti, applicata in maniera più che simbolica, e le quote di
partecipazione a tributi di gestione, accertamento e riscossione erariali, tra cui vi erano l’ILOR e l’INVIM).
3
F. Tundo – G. Marongiu, La riforma dei tributi comunali, Milano, 1999; Giovanardi, op. cit.,
46, sottolinea, come, le difficoltà di gestione e i maggiori costi della finanza locale, giustificavano il principio di
centralità del sistema finanziario e l’unitarietà del sistema tributario.
Inoltre, secondo la classe politica dominante, l’improvvisa riduzione dell’autonomia impositiva degli Enti locali e una
finanza quasi totalmente derivata degli enti sub - centrali determinò una notevole deresponsabilizzazione gestionale e
politica degli amministratori locali, provocando la crisi della finanza locale attraverso la politica della facile spesa.
4
F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Seconda edizione, Giappichelli Editore –
Torino, 2010, pag. 6, osserva come tale sistema di finanza derivata era limitato dei poteri riguardanti la
fissazione delle aliquote e con l’imponente ingerenza statale.
Capitolo I
Genesi del federalismo fiscale e riforma del Titolo V Pagina 10
Negli anni ottanta, si aprirono numerosi dibattiti politico - giurisprudenziali in merito ad un
ritorno ai poteri impositivi locali, con una maggiore autonomia finanziaria per i poteri locali.
I provvedimenti che vennero apportati, a tal proposito, furono il varo del’Imposta Comunale
sulle imprese, arti e professioni (Iciap, D. L. 2 marzo 1989, n. 66), la nascita dell’imposta comunale
sugli immobili (Ici, D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504)
5
, la riforma organica dei tributi municipali
attuata con il D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e l’istituzione dell’imposta regionale sulle attività
produttive (Irap, D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446).
Con tali provvedimenti si avviò un processo di riforma che avrebbe dovuto sia dotare gli
Enti locali di un rinnovato sistema di tributi propri e allo stesso tempo ridurre drasticamente i
trasferimenti erariali.
Una più profonda modificazione della fiscalità locale si ebbe a metà degli anni novanta, con
interventi riconducibili ad un disegno organico attraverso la Legge n. 662/1996 e con l’art. 5 D.
Lgs. n. 446/1997
6
, mediante il quale, fu decentrato il prelievo dello Stato alle Regioni e agli Enti
locali, riconoscendo una potestà regolamentare dei Comuni e delle Province e l’opportunità di
introdurre, alternativamente ai tributi propri, canoni e tariffe.
Inoltre, vennero sostituite alcune imposte regionali tra cui, l’Ilor
7
, l’Iciap, la tassa di
concessione sulla partita Iva, la Tosap e le addizionali sui consumi energetici con un’addizionale
sull’Irpef e l’Irap
8
.
Tutto ciò ha dotato, tali livelli di governo sub - centrali, di un’autonomia finanziaria
necessaria per svolgere una responsabilità politica - fiscale e di bilancio
9
.
5
U. Corazza, L. Martini, Il federalismo fiscale e la finanza degli enti territoriali, Halley, 2009,
pag. 12, evidenzia come la creazione del tributo immobiliare, comportò un notevole aumento della voce di entrate
tributarie dei Comuni, ottenuta attraverso l’ampiezza della base imponibile ed alla numerosità di contribuenti
interessati.
6
F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Seconda edizione, Giappichelli Editore –
Torino, 2010, pag. 6, osserva le principali novità apportate da tale decreto tra cui, la trasformazione delle
addizionali provinciali in vere e propri tributi, l’abrogazione di una serie di tributi comunali come l’ICIAP, con la
contemporanea introduzione di un’aliquota di gettito dell’Irap, un maggior poter di regolamentazione in grado di
ampliare l’autonomia nella determinazione di regole per l’attuazione dei tributi propri, ed in fine viene attribuita la
facoltà alle Provincie e ai Comuni di istituire un canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche in alternativa alla
relativa tassa e l’istituzione di un canone per la pubblicità in luogo dell’imposta di pubblicità.
7
Imposta locale sui redditi.
8
Federalismo fiscale e fiscalità locale, A cura degli Ufficiali frequentatori del 36° Corso
Superiore di Polizia Tributaria, Anno di studi 2007 – 2008, pag. 19.
9
F. Amatucci, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, Seconda edizione, Giappichelli Editore –
Torino, 2010, pag. 7, cfr.
Capitolo I
Genesi del federalismo fiscale e riforma del Titolo V Pagina 11
L’entrata in vigore del D. Lgs. del 18 agosto 2000, n. 267
10
, pur non alterando la
configurazione della antecedente Legge n. 142/1990, ha altresì definito la struttura del sistema
fiscale degli Enti locali
11
.
1.2 La riforma del Titolo V
In un periodo storico, fondamentalmente, benevolo al più ampio decentramento di poteri, ma
non privo di opposizioni e preoccupazioni, si pervenne al provvedimento più sintomatico in materia
di finanza locale, ossia la Legge Cost. promulgata il 18 Ottobre 2001
12
, n. 3, con la quale, pur
modificando il Titolo V della parte seconda della Costituzione in chiave federalista
13
, non si fece
seguito al c.d. «federalismo fiscale
14
».
10
Testo unico degli Enti locali – Tuel.
11
Con l’art. 12, comma 4 della Legge n. 142/1990, abrogato dall’art. 274, comma 1, lett. q), D.
Lgs. n. 267/2000, disponeva che: «gli enti locali hanno autonomia statutaria e finanziari nell’ambito delle leggi e
del coordinamento della finanza pubblica». Inoltre, il comma 1 dell’art. 54 della Legge n. 142/1992
prevedeva che l’ordinamento della finanza locale fosse riservato alla legge. Oltre tutto, le stesse norme stabilivano una
precisa riserva di legge, volta a limitare la potestà statutaria degli enti locali in attuazione di quanto disposto a livello
costituzionale dall’art. 23.
12
Dopo la ratifica del referendum popolare ex art. 138, comma 2 della Costituzione.
13
Sul carattere innovativo della riforma per l’assetto della finanza territoriale, A. Brancasi, L’autonomia
finanziaria degli enti territoriali, note esegetiche sul nuovo art. 119 della Costituzione, in “Le
Regioni”, 2003, pag. 41, cfr., e seguenti, secondo cui, risulta radicalmente diverso il contesto ( dell’assetto
autonomistico dell’ordinamento) entro cui la norma va collocata, anche perché mutano addirittura gli enti a cui si
riferisce (non più solo le Regioni, ma anche gli enti locali). In maniera analoga tale pensiero è ribadito in A. Fantozzi,
Il diritto tributario, Utet, Torino, 2003, cit., pag. 131; F. Gallo, Prime osservazioni sul nuovo
art. 119, in Rassegna Tributaria, n. 2/2002, pag. 585 e seguenti; P. Giarda, Le regole del
federalismo fiscale nell’art. 119; un economista di fronte alla nuova costituzione, in “Le
Regioni”, 2001, pag. 1426.
14
F. Bassanini e G. Macciotta, L’attuazione del federalismo fiscale, una proposta, Il Mulino –
Bologna, 2003, pag. 7, si osserva, come, il c.d. federalismo fiscale, pur contemplato nella L. Cost., non si fece
seguito, a differenza del c.d. federalismo costituzionale e amministrativo.
Tale concetto è ribadito da R. Di Maria, Corte Costituzionale ed autonomia finanziaria
regionale. Una ricostruzione sistematica ed esegetica, DBI, 2008, pag. 71, la quale considera
tale provvedimento ben lungi dall’aver trasformato l’assetto istituzionale, dell’ordinamento giuridico italiano in
senso federale, quanto, invece, caratterizzato da singoli elementi di natura federalista.
Della medesima opinione è M. Bertolossi, Autonomia finanziaria e distribuzione delle risorse, in A.A.
V.V., Le autonomie territoriali dalla riforma amministrativa alla riforma costituzionale”, Atti del
Convegno - Roma, 9 Gennaio 2001, a cura di G. Berti e G.C. De Martin, Milano, 2001, pag. 115
e seguenti; M. Bertolissi, L’autonomia finanziaria delle Regioni ordinarie, in “Le Regioni”, 2004,
pag. 441, secondo cui la riforma costituzionale del 2001 non avrebbe modificato di molto le cose, poiché, con
particolare riferimento all’autonomia finanziaria, non si sarebbe preoccupati di modificare l’art. 119 della Costituzione,
Capitolo I
Genesi del federalismo fiscale e riforma del Titolo V Pagina 12
Il cardine della riforma, fu rappresentato dal riconoscimento di una redistribuzione, tra Stato
e Regioni, del potere normativo, per mezzo di un’assegnazione di competenze legislative o
concorrenti sulla base delle attività e materie distintamente determinate negli art. 117 e 119 della
Costituzione
15
.
Per poter analizzare il provvedimento nella sua interezza, è necessario esaminare
dettagliatamente le differenze tra la base normativa antecedente alla riforma e quella nuova, in
modo tale da evidenziarne i contenuti e gli aspetti più significativi
16
.
In primo luogo, va sottolineato che, con il provvedimento in esame, sono stati modificati gli
articoli che vanno dal 114 al 133 della Costituzione, e abrogati, totalmente e parzialmente, gli art.
115, 124, 125, 128, 129, 130, non più compatibili con il nuovo assetto emerso dalla riforma
costituzionale
17
.
Sin dalla norma di avvio del testo di riforma, ossia l’art. 114 della Cost.
18
, si evidenzia una
più profonda radice territoriale, rappresentata dal Comune, il quale in base al principio di
sussidiarietà
19
, è l’Ente locale più vicino al cittadino
20
.
includendo in esso espressioni tali da precludere al binomio Stato - Corte Costituzionale e la riedizione dei punti di vista
più critici - preclusivi dell’autonomia registrata in passato.
15
A. Giovannini, Normazione regionale in materia tributaria, Rassegna tributaria, Luglio -
Agosto 2003; pag. 1166, l’autore riconosce come tali modifiche hanno riscritto i rapporti tra Stato e Regioni
anche nella disciplina tributaria, ribaltando sostanzialmente l’antecedente assetto costituzionale.
F. Bassanini e G. Macciotta, L’attuazione del federalismo fiscale, una proposta, Il Mulino –
Bologna, 2003, parte terza, V. Ceriani, Federalismo, perequazioni e tributi: dalla riforma degli
anni novanta al nuovo Titolo V, pag. 136, evidenzia l’esplicitazione del criterio.
16
F. Bassanini e G. Macciotta, L’attuazione del federalismo fiscale, una proposta, Il Mulino –
Bologna, 2003, parte terza, pag. 155, F. Gallo, sottolinea, come la menzionata Legge costituzionale del 18
ottobre 2001, n. 3 abbia riscritto il Titolo V della Costituzione tracciando situazioni e relazioni di Regioni, Province e
Comuni e dello stesso Stato, finanche sotto il profilo finanziario - tributario.
Lo stesso Gallo, evidenzia come in un primo momento solo in pochi si siano avveduti della portata di tale riforma e del
vigoroso effetto che la stessa, afferma l’autore, è «destinata ad avere sulla struttura e sulla gestione dei pubblici
poteri, centrali e periferici, e sulla stessa vita economica e sociale».
Lo stesso Gallo ritiene che, con tale provvedimento si vada ben oltre le pur sintomatiche novità conosciute dalla c.d.
Bassanini nell’area delle funzioni amministrative, principalmente sulla base della Legge n. 59 del 1997.
Affiorano, di fatto, dalla compiuta modifica costituzionale “forti tratti di vero e proprio federalismo, specie con
riguardo al notevole accrescimento della potestà legislativa ed all’ampia autonomia finanziaria delle Regioni e degli
enti locali, sul versante sia della spesa che dell’entrata”.
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Federalismo fiscale e fiscalità locale, A cura degli Ufficiali frequentatori del 36° Corso
Superiore di Polizia Tributaria, Anno di studi 2007 – 2008, pag. 19, si osserva come tale
provvedimento abbia modificato l’assetto istituzionale della Repubblica.
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L’art. 114 della Costituzione statuisce: La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni
secondo i principi fissati dalla Costituzione.