Pag. 4
CAPITOLO 1
Evoluzione del termine AUTISMO – Cenni storici -
La parola autismo deriva dal greco autòs che significa se stesso e, come modello
particolare di struttura psichica, si evidenzia drammaticamente per l'isolamento,
l'anestesia affettiva, la comparsa dell'iniziativa, le difficoltà psicomotorie, il mancato
sviluppo del linguaggio.
Il termine autismo viene utilizzato per la prima volta nel 1911 da Eugen Bleuler
1
, uno
psichiatra che si servì di questo termine per indicare una particolare categoria del
disturbo del pensiero , il “pensiero egocentrico” presente come sintomo fondamentale
nella schizofrenia. Egli notò che l'autismo causava problemi a livello relazionale,
portando il soggetto ad interessarsi solo ed esclusivamente di se stesso.
Nel 1943 un pedopsichiatra americano, Leo Kanner
2
, pubblica un articolo nella rivista
Nervous Child dove descrive 11 bambini di età compresa tra i 2 ed i 10 anni che
presentano sindromi simili, in questo articolo, primo tentativo di spiegare l'autismo da
un punto di vista teorico, Kanner differenzia da un punto di vista descrittivo la sindrome
da lui denominata “autismo infantile precoce” dal deficit mentale innato, egli sottolinea
come tutti i bambini da lui osservati non fossero in grado di mettersi in contatto con gli
altri fin dalla prima infanzia, in particolare erano presenti gravi turbe del linguaggio e
delle relazioni sociali; Kanner descrisse i suoi pazienti come :”tendenti all'isolamento,
autosufficienti, felici se lasciati da soli, come in un guscio”.
1
Gillberg C., Coleman M. (2003). La biologia delle sindromi autistiche. Edizioni scentifiche Cuzzolin. Napoli.
2
Surian L. (2002). Autismo, indagini sullo sviluppo mentale. Laterza. Roma.
Pag. 5
Nel 1944 durante la 2° guerra mondiale H. Asperger
3
, un pediatra austriaco con
formazione psichiatrica , pubblicò la tesi di dottorato dal titolo “Psicopatia Autistica”,
un lavoro in cui usava anch’egli il termine autismo per descrivere 4 bambini da lui
osservati con sintomatologia molto simile a quella descritta da Kanner; i due studiosi
quasi contemporaneamente ma indipendentemente e senza essere a conoscenza delle
ricerche l’uno dell’altro, sorprendentemente usarono il termine autismo preso in
prestito da Bleurer per descrivere sindromi simili e per definire un tratto originario non
associato alla schizofrenia .
I soggetti di Asperger erano caratterizzati da una forma di pensiero concreto,
dall’ossessione per alcuni argomenti, eccellente memoria, comportamenti eccentrici,
linguaggio egocentrico ma non ritardato o deficitario, goffaggine nei movimenti e da
gravi difficoltà sociali.
Le descrizioni di Asperger hanno in comune con quelle di Kanner l’isolamento sociale,
le stereotipie e le resistenze ai cambiamenti di routine, tuttavia lo stesso Asparger
individuò in seguito tre importanti differenze:
1) i soggetti di Asperger avevano un eloquio scorrevole, quelli di Kanner non parlavano
o non lo facevano in maniera comunicativa;
2) Kanner rilevò disturbi di motricità nell’esecuzione di movimenti fini mentre Asperger
notò difficoltà nei movimenti sia grossolani che complessi ;
3) Asperger definiva i suoi bambini “pensatori astratti” mentre per Kanner i bambini
apprendevano meglio in maniera automatica, quasi meccanica.
Attualmente i quadri diagnostici seppur simili si configurano come differenti, vengono
distinti in “Autismo di Kanner” e “Sindrome di Asperger” e sono fortemente contigui
3
Howlin P., Cohen S.B. Hadwin J. (2003). Teoria della mente e autismo. Erikson. Trento.
Pag. 6
con altre manifestazioni autistiche ,all’interno di quello che viene definito lo “spettro
autistico”.
In seguito all'elaborazione da parte di Kanner di una sua propria teoria che descrisse le
madri di questi bambini come votate alla carriera, fredde ed intellettuali in seguito ad
uno studio da lui condotto, il ventennio successivo fu caratterizzato dalla predominanza
delle teorie psicodinamiche nello studio dell'autismo;questi studi verterono
sull'alterazione del rapporto madre-bambino.
Anche se la teoria di Kanner si basava su un errore di campionatura in quanto solo dei
genitori appartenenti ad uno status sociale ed economico elevato potevano permettersi
di accedere alle sue cure, tra gli autori che ne hanno seguito l'ipotesi Bruno Bettelheim
4
fu senza dubbio tra quelli che ne fu più influenzato; nel 1967 egli scrive “La fortezza
vuota” dove troviamo emblematica l'affermazione ”Il fattore che precipita il bambino
nell'autismo è il desiderio dei suoi genitori che egli non esista”.
Per Bettelheim i deficit della persona con autismo venivano quindi innescati come
mancanza di amore ed attenzione da parte dei genitori (madrefrigorifero) nei riguardi
del figlio che reagisce ritirandosi in un annientamento psichico per proteggersi dalle
influenze esterne per sfuggire alla paura di annientamento dato dalla minaccia di
annullamento nei suoi confronti attuato dalla figura di attaccamento primaria.
Nel 1951 Anne Freud
5
, figlia di Sigmund, criticò la teoria psicogenetica di Kanner e
dimostrò la falsità delle sue affermazioni portando l'esempio dei bambini sopravvissuti
nei campi di concentramento nazisti: pur avendo perduto l'affetto dei genitori, ed in
particolare quello materno, nessuno di loro fu affetto da autismo.
4
Crugnola C.R. ( 1993). Lo sviluppa affettivo del bambino. Raffaello Cortina Editore. Milano.
5
SternD., (1992). Il mondo interpersonale del bambino. Bollati Boringhieri. Torino.
Pag. 7
Nel 1959 Goldstein
6
considerò l'autismo come un meccanismo di difesa utilizzato dal
soggetto per salvaguardarsi in caso di pericolo o di angoscia.
Intorno agli anni '60 Rimland
7
criticò la teoria psicogenetica di Kanner, sostenendo che
la causa del disturbo autistico non si ritrova nell'affetto dei genitori ma nelle alterazioni
morfologiche e funzionali a base organica.
Negli anni '70 Rutter
8
individuò alcuni sintomi dell'autismo: incapacità a sviluppare
rapporti sociali, ritardo nello sviluppo del linguaggio con presenza di ecolalia e
fenomeni rituali.
Negli stessi anni Donald Winnicott
9
ha dato un notevole contributo alla teoria generale
sui processi dello sviluppo, secondo un'ottica che tiene conto sia dello sviluppo naturale
e normale del bambino che di quello psicopatologico. Egli assume una posizione
particolare all'interno della Società Psicoanalitica Britannica. Di fatto pur non
allontanandosi dalla teoria freudiana, ne dà tuttavia una visione molto personale e ne
rielabora alcuni concetti. Winnicott descrisse la psicosi come “un disturbo da deficienza
ambientale”.
Lo psicoanalista inglese descrisse pertanto una fase transizionale, collocata fra il
termine della fase nella quale il bambino, per le sue ansie d’annientamento, non riesce
ancora ad accettare il mondo esterno e la realtà e l’inizio di quella in cui appare in grado
di utilizzare questa abilità.
Analizzando più a fondo i processi di separazione durante i primi mesi di vita,
6
Tustin F., (1991). Protezioni autistiche nei bambini e negli adulti. Raffaello Cortina Editore. Milano.
7
Tustin F., (2000). Stati autistici nei bambini. Armando Editore.
8
Camaioni L.(2011). L'autismo e la lettura della mente. Laterza Editore. Roma.
9
Corominas J., (1993). Psicopatologia e sviluppi arcaici. Borla. Roma.
Fonagy P., Target M. (2000). Attaccamento e funzione riflessiva. Raffaello Cortina Editore. Milano.
Pag. 8
Winnicott descrisse un primo momento durante il quale la madre, adattandosi ai bisogni
del figlio per mezzo della preoccupazione materna primaria, fornisce a quest’ultimo il
sentimento della continuità dell’essere, la cui rottura sarebbe però in seguito inevitabile
a causa della normale discontinuità delle cure materne. Se ciò non sarà vissuto dal
bambino come annullamento del Sé, gli consentirà di affrontare la disillusione e la
separazione dalla propria madre, per merito della quale egli potrà giungere alla
coscienza del “Sé emergente” e l’altro da Sé.
Se però la madre fosse carente nelle sue funzioni, il rischio di una psicosi infantile
sarebbe, in questo delicato momento di transizione, molto alto, a causa di una minaccia
d’annientamento percepita dal bambino, che potrebbe anche mostrarsi non in grado
d’instaurare una relazione col mondo esterno.
Nel 1972 Margareth Mahler
10
postula che l'autismo infantile sia una conseguenza di
un turbamento traumatico dello stadio autistico normale (stato simbiotico) della prima
infanzia, avvenuto intorno ai tre mesi di età in cui viene sviluppata una confusa
separatezza corporea dalla madre e dal mondo esterno, definendo come psicosi
simbiotica il risultato del turbamento del normale stato simbiotico.
Nel 1975 Donald Meltzer
11
appartenente alla scuola kleiniana, in base all'elaborazione
del materiale clinico individua come caratteristiche dei bambini autistici aspetti quali
l'essere gettati in uno spazio non proprio e alieno, l'estraneità, la vacuità e il dolore.
Entro questo singolare spazio-tempo e quale perpetuazione, i bambini autistici vivono
quel fenomeno che Meltzer ha definito "smantellamento", in virtù del quale un bambino
incapace di contenimento, perché mai contenuto, realizza una condizione in cui il suo
desiderio si traduce nella scomposizione dell'oggetto, così che una sola delle
10
Mahler M. (2000). Le psicosi infantili. Bollati Boringhieri. Torino.
11
Meltzer D. (2000)., Esplorazioni sull'autismo. Bollati Boringhieri. Torino.
Pag. 9
componenti di quest'ultimo viene a catturare una sola di quelle della sensorialità
smantellata del bambino.
La relazione madre-bambino riveste un ruolo centrale anche per Giannotti e De Astis
(1978)
12
i quali indagano la possibilità di un arresto dello sviluppo prima dell’instaurarsi
dell’attaccamento alla figura materna, o in un momento successivo, attraverso una
regressione. Gli autori considerano quanto la nascita possa essere vissuta da entrambi i
protagonisti in maniera catastrofica e come in seguito sia di cruciale importanza la
modalità di contenimento materno delle primordiali angosce del figlio grazie alla quale
le potrà elaborare, riproponendogliele in una forma rassicurante, simile ad uno
“schermo protettivo” tra lui ed un ambiente troppo ricco di stimoli. Qualora ciò non
dovesse verificarsi, il bambino si difenderà dal bombardamento di stimoli per lui
inaffrontabili con rigidi meccanismi autistici (per es. isolamento, stereotipie ed ecolalia)
che non gli consentiranno un ulteriore sviluppo.
Nel 1979 Wing e Gould
13
sostengono che i soggetti autistici possono assumere tre
diverse tipologie di personalità: gli isolati, i passivi nei confronti dell'ambiente
circostante, i bizzarri che sono socialmente attivi ma che assumono comportamenti
incongruenti e inconsueti. Prima della pubblicazione dello studio di Wing e Gould nel
1979 era ancora aperto il dibattito sulla diagnosi differenziale tra autismo e
cerebrolesione, tanto che la diagnosi di autismo veniva tendenzialmente attribuita solo a
quei pazienti che non manifestavano nessun altro sintomo, se non quelli strettamente
correlati alla Sindrome. Nel caso (più frequente) in cui era possibile individuare anche
un disturbo organico si preferiva infatti la definizione di “autismo secondario”. Tuttavia
sono ormai numerose le rassegne della letteratura che mostrano come sia elevata la
12
Giannotti A., De Astis G. (1989). Il diseguale. Borla. Roma.
13
Baron Cohen S. (1997). L'autismo e la lettura della mente. Astrolabio. Roma
Pag. 10
probabilità che le cause dell’autismo abbiano una base principalmente organica.
La ricerca nel campo dell'autismo e delle psicosi infantili si è arricchita di un contributo
notevole proveniente dalla Scuola Psicoanalitica Inglese, in particolare, all'interno di
questa, da parte di Frances Tustin
14
, che si è occupata con un interesse sempre
maggiore di fasi dello sviluppo infantile molto precoci.
La rottura del legame viene vissuta dal bambino come perdita di una parte del proprio
corpo, poiché avvenuta troppo precocemente, in una fase in cui egli ancora non è
pronto ad affrontare una separazione. A protezione di se stesso il bambino costruisce un
bozzolo composto da quelli che Tustin definisce “oggetti autistici”, ossia protezioni
manipolatorie e reattive, non concettualizzate e basate su sensazioni provenienti dal
proprio corpo.
A causa dell’interruzione dell’holding, il bambino, nell’inutile tentativo di trovare
protezione in una continuità illusoria e di sfuggire ad ansie per lui insostenibili, resta
fuso con sua madre poiché non fa distinzione fra l’utilizzo del corpo di lei o del proprio.
Alla fine degli anni '80 Uta Frith
15
propose un modello cognitivo basato sulla teoria
della mente: il soggetto autistico è incapace di considerare il punto di vista degli altri,
sarebbe cioè carente o assente proprio la teoria della mente. La mente è ciò che è posto
tra cervello e comportamento, ed è a questo che fa riferimento il termine “cognitivo”.
Attualmente La maggior parte delle diagnosi sono basate sul :
-Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders («Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali») noto con l’acronimo DSM , giunto alla sua IV
edizione, redatto dall' American Psychiatric Association (APA).
14
Tustin F., (1998). Intervista sull'autismo. Astrolabio. Roma.
15
Frith U. (2009). l'autismo, spiegazione di un'enigma. Laterza. Roma.