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In questa fase, nella sua immaginazione, la realtà esterna è popolata da oggetti
dai quali, egli pensa, sarà aggredito sadicamente come lui ha fatto o fa nei loro
confronti.
Mentre nel bambino normale questa fase è rapidamente superata e liquidata, in
quello autistico permane, così che possiamo affermare che per lui “il mondo
resta un ventre popolato da oggetti pericolosi”. In conseguenza di ciò il bimbo
psicotico resta relegato nelle prime fasi dello sviluppo dell’Io, in un livello
originale, nel quale predominano i meccanismi psichici sadici e distruttivi.
Solo attraverso una terapia analitica queste caratteristiche possono essere
evidenziate, così che a questi bimbi sono generalmente diagnosticati: ritardo
nello sviluppo, stato psicopatico, tendenze asociali o anche, semplicemente,
atteggiamenti caratteriali e discoli.
Un marcato isolamento della realtà, la mancanza di rapporto emotivo, il
sideramento affettivo, l’incapacità di restare attento in qualsiasi occupazione, la
condotta insulsa o incorretta, le iper o ipo-cinesie, le stereotipie, i movimenti
coatti, sono però segni inequivocabili di problematiche psicotiche relazionate
con un blocco dello sviluppo psichico. Anche idee persecutorie e angosce
fobiche, che sfiorano le reazioni terrorifiche, sottolineano la presenza di
meccanismi persecutori tanto complessi quanto violenti ma, soprattutto, sono
espressione di gravi disordini nella struttura dello psichismo.
5
Nella sua forma classica l’autismo colpisce in tutte le parti del mondo dai quattro
ai cinque bambini ogni 10000 abitanti; se però si considerano anche le forme
secondarie e/o di innesto, questo indice deve essere almeno raddoppiato, essendo
i maschi interessati quattro volte più delle femmine.
La prognosi in genere è severa. In particolare, per il disturbo artistico si stima
che solo l’1-2% dei bambini colpiti raggiungerà la normalità, mentre il 10-15%
riuscirà a progredire e a raggiungere l’autonomia dalla famiglia;
il 25-30%
mostrerà dei progressi ma avrà bisogno di essere sostenuto e controllato, mentre
gli altri rimarranno gravemente handicappati e totalmente dipendenti.
1.2 Classificazioni nosografiche.
Quando si affronta il tema delle psicosi infantili, non ci si può non soffermare sul
problema delle definizioni nosografiche e delle classificazioni. Ciò è
particolarmente evidente in neuropsichiatria infantile dove il problema della
classificazione si è posto, in maniera più organica, solo una trentina di anni fa. E
questo è ancora più vero quando si tratta delle psicosi infantili le cui definizioni e
classificazioni hanno risentito sia delle evoluzioni della nosografia relativa
all’adulto sia del tipo di ipotesi che via via venivano – e vengono – fatte sulla
natura del disturbo.
6
Lo studio clinico delle psicosi infantili può essere fatto risalire a De Sanctis
2
che,
nel 1906 introduce la definizione di demenza precocissima, denominazione
questa in cui è evidente il riferimento alla demenza precoce di Kraepelin.
Nel 1930 Litz descrive un quadro clinico analogo a quello del De Sanctis che
denomina, seguendo in questo caso Breuler, schizofrenia infantile. In precedenza
era stato descritto da Heller, nel 1909, un tipo di demenza a eziologia
chiaramente organica (degenerazione lipidica delle cellule), ancora oggi definita
come demenza di Heller.
Un momento particolarmente significativo per l’evoluzione della nosografia
relativa alle psicosi infantili è il 1943, anno in cui Leo Kanner
descrive in undici
bambini, nove maschi e due femmine, il quadro da lui definito autismo infantile
precoce, mutuando il termine autismo da Bleuler che lo aveva utilizzato per
indicare uno dei sintomi della schizofrenia, ma riferendolo ad una ben precisa
sindrome.
3
Caratteristica comune di questi bambini era l’incapacità di mettersi in rapporto
con l’ambiente, nei modi tipici dell’età, fin dai primi mesi di vita. Erano descritti
dai genitori come bambini che erano sempre stati “auto-sufficienti”, “felicissimi
se lasciati soli”, “come in un guscio”. Tipicamente questi bambini tendevano ad
2
DE SANCTIS S., Sopra alcune varietà della demenza precoce, Rivista Sperimentale Freniat, n. 32, 1906, pag.
141.
3
KANNER K., Autistic Disturbance of Affective Contact, Nervous Child, n. 2, 1943, pag. 217.
7
isolarsi, a non recepire i segnali relazionali provenienti dall’esterno, tanto che
spesso la ragione della consultazione era il sospetto di sordità.
I bambini descritti inoltre non assumevano un’adeguata postura preparatoria
all’essere presi in braccia, così come in genere facevano gli altri bambini intorno
all’età di quattro mesi.
Due terzi di questi bambini acquisirono il linguaggio, che non veniva però
utilizzato per comunicare con gli altri in modo adeguato; il restante terzo non
aveva sviluppato alcuna forma di linguaggio, anche se erano segnalati bambini
“muti” che di tanto in tanto pronunciavano qualche parola. I bambini parlanti
erano spesso ecolalici e usavano i pronomi così come li udivano, designandosi
quindi con il tu piuttosto che con l’io (si parla in questo caso di inversione
pronominale).
Un’altra caratteristica descritta da Kanner era la preoccupazione ossessiva di
questi bambini per il mantenimento dell’immutabilità degli ambienti o delle
abitudini (Kanner parla di “sameness”). Il bambino tende cioè a mantenere un
certo ordine delle cose, una certa sequenzialità nelle azioni e a sviluppare rituali,
per esempio nel vestire e nel mangiare.
A livello cognitivo i bambini descritti da Kanner presentavano prestazioni
particolarmente buone in alcuni campi specifici (per es. costruire puzzle,
ricordare sequenze di cifre o poesie) che contrastavano con il ritardo generale.
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Kanner descrisse i genitori di questi bambini come freddi ed eccessivamente
intellettuali. Nel 1957
4
egli affermò che “vi sono pochi padri e madri realmente e
caldamente affettuosi … molti sono fortemente preoccupati da strazioni di natura
scientifica, letteraria od artistica, e limitati nel sincero interesse verso le
persone”.
Le attuali definizioni dell’autismo infantile riflettono solo in parte l’iniziale
descrizione di Kanner e tengono conto di una migliore conoscenza dello sviluppo
relazionale del bambino normale e degli studi recenti sulla “Teoria della
mente”.
5
Negli anni settanta Rutter
6
specifica ulteriormente il quadro descritto da Kanner
individuando, attraverso uno studio comparato di bambini autistici e bambini con
altro tipo di disturbo, alcuni sintomi tipici dell’autismo infantile. Questi
comprendono un'incapacità a sviluppare rapporti sociali, una particolare forma di
ritardo del linguaggio con presenza di ecolalia e inversione pronominale e vari
fenomeni rituali e compulsivi. Rutter sottolinea come, a differenza di quanto era
stato osservato da Kanner, circa i tre quarti dei bambini con autismo hanno anche
un ritardo mentale.
4
KANNER L., Psichiatria infantile, Piccin, Padova, 1979.
5
FRITH U., Autism: Explaining the Enigma, Blackwell, Oxford, 1989.
6
RUTTER M., SCHOPLER E., Autism: a reappraisal of concepts and treatment, Plenum Press, New York,
1978.
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Attualmente le classificazioni maggiormente utilizzate nella psichiatria
dell’infanzia e dell’adolescenza sono quella americana del DSM IV (Diagnostic
and Statistical Manual of Mental Disorders),
quella dell’ICD 10 (International
Classification of Disease),
curata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e
quella francese CFTMEA, sviluppata dal Centre A. Binet.
Ci si riferirà inoltre ad alcune delle classificazioni dei disturbi dell’infanzia fatte
all’interno del modello psicoanalitico in quanto, seppur non sempre
sistematizzate e condivise, hanno spesso approfondito il tema delle psicosi
dell’infanzia, contribuendo a chiarirne gli aspetti psicopatologici.
1.3 La classificazione americana del DSM IV.
Il DSM è una classificazione diagnostica e statistica, curata dall’American
Psychiatric Association e giunta alla sua quarta edizione, che riguarda soprattutto
i disturbi mentali dell’adulto e ha una parte dedicata a quelli che insorgono
nell’infanzia e nell’adolescenza.
Le psicosi dell’infanzia sono definite sotto la categoria disturbi generalizzati
dello sviluppo e comprendono:
- disturbo autistico;
- disturbo di Asperger;
- disturbo disintegrativi della fanciullezza;
- disturbo di Rett;
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- disturbo generalizzato dello sviluppo, non altrimenti specificato.
Il disturbo autistico corrisponde a quello che in altre classificazioni è chiamato
autismo infantile precoce e autismo di Kanner. I criteri diagnostici per questo
tipo di disturbo secondo il DSM IV (p. 88-89) sono i seguenti:
1) compromissione qualitativa dell’interazione sociale, manifestata con almeno
due delle seguenti voci:
a) marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali,
come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee e i gesti
che regolano l’interazione sociale;
b) incapacità di sviluppare con i coetanei relazioni adeguate al livello di
sviluppo;
c) mancanza di ricerca spontanea nella condivisione di gioie, interessi o
obiettivi con altre persone (per esempio, non mostrare, portare né
richiamare l’attenzione su oggetti di proprio interesse);
d) mancanza di reciprocità sociale ed emotiva;
2) compromissione qualitativa della comunicazione, manifestata con almeno
una delle seguenti voci:
a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non
accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative
di comunicazione come gesti e mimica);
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b) in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della
capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri;
c) uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico;
d) mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di
imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo;
3) modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e
stereotipati, manifestati con almeno una delle seguenti voci:
a) dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati
anomali o per intensità o per focalizzazione;
b) sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici;
c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi (ad esempio, battere o torcere le
mani o il capo, eseguire con tutto il corpo movimenti complessi);
d) persistente ed eccessivo interesse per parte di oggetti.
Un’altra condizione autistica, descritta nel 1944 dall’austriaco Hans Asperger
con il nome di psicopatia artistica, è classificata dal DSM IV con il nome di
disturbo di Asperger.