5
INTRODUZIONE
Sin dalle sue prime apparizioni, il cinema si è rivelato un mezzo di comunicazione in
grado di suscitare forti emozioni negli spettatori.
Non è un caso che attorno alla prima proiezione del film L‟arrivée d‟un train en gare
de La Ciotat (1896) dei Fratelli Lumière, si sia creata la leggenda che racconta la
fuga da parte degli spettatori nel vedere il treno avvicinarsi sullo schermo, nella
credenza che questo avrebbe potuto investirli. Che si sia verificato realmente o che
sia opera della fantasia, questo aneddoto sottolinea la forza dell‟impatto emotivo che
le immagini cinematografiche hanno avuto sul pubblico sin dalle loro origini.
Il presente elaborato nasce come tentativo di esplorare e approfondire le modalità
attraverso cui il cinema si rivela in grado di coinvolgere il suo pubblico tanto da
provocarne delle risposte emotive anche marcate.
Durante la proiezione di un film drammatico, ad esempio, non è inusuale constatare
che tra gli spettatori ci sia chi si commuove e piange a seguito della visione di una
scena ad alto contenuto emotivo. L‟obiettivo di questo elaborato consiste
nell‟analizzare come sia possibile che tale forma artistica sia in grado di mettere lo
spettatore nelle condizioni di condividere le emozioni che vede proiettate sul grande
schermo.
Per poter rispondere a questa domanda in maniera esaustiva, si è ritenuto necessario
partire dall‟analisi di un concetto che sempre più insistentemente sta entrando nel
nostro vocabolario quotidiano: quello dell‟empatia.
L‟intento del primo capitolo sarà quello di mostrare come essa sia in grado di creare
una vicinanza emotiva tra i soggetti, ponendo l‟attenzione in maniera particolare
sull‟analisi dell‟empatia dal punto di vista fenomenologico. In questi termini sarà
necessario soffermarci sul particolare tipo di relazione che nasce dall‟incontro tra il
soggetto e l‟Altro da sé, sottolineando il ruolo importante che il corpo assume in tale
relazione. Si cercherà quindi di spiegare come l‟individuo, grazie all‟incontro
intersoggettivo, sia in grado di provare le emozioni che hanno origine nell‟Altro,
come se fosse egli stesso a esperirle.
Si vedrà come l‟approccio neuroscientifico al tema dell‟empatia sarà in grado di dare
nuove risposte partendo dalla componente neurofisiologica del corpo umano.
6
Agli inizi degli anni Novanta del Novecento, la scoperta effettuata dall‟équipe di
Parma riguardo l‟esistenza dei neuroni specchio nell‟uomo ha permesso di analizzare
il meccanismo attraverso cui ogni individuo comprende le azioni/emozioni altrui
senza bisogno di una spiegazione verbale.
Si cercherà di dimostrare come la comprensione immediata delle emozioni altrui
attraverso il meccanismo dei neuroni specchio sia il prerequisito necessario per la
realizzazione del comportamento empatico durante l‟incontro intersoggettivo.
A tale proposito sarà fondamentale soffermarsi su quello che Vittorio Gallese
definisce un meccanismo di simulazione incarnata, che consentirebbe al soggetto di
instaurare una relazione con gli altri individui anche solo osservandone i
comportamenti e i movimenti.
Una volta dimostrato su base neurale come e perché ogni soggetto sia in grado di
realizzare il comportamento empatico durante l‟incontro intersoggettivo, l‟indagine
compirà un passaggio ulteriore, interrogando la condivisione emotiva degli spettatori
in relazione agli artefatti.
Che cosa succede quando le emozioni nascono in relazione a un‟opera artistica
bidimensionale e non più tramite il “contatto” corporeo tra simili? Si può ancora
parlare di emozioni condivise empaticamente?
Nel corso del secondo capitolo si prenderà in considerazione il caso particolare del
cinema, ritenuto in grado di coinvolgere emotivamente lo spettatore.
Sarà fondamentale al fine di questa analisi l‟apporto dato da Vittorio Gallese e
Michele Guerra nel testo Lo schermo empatico. Cinema e neuroscienze (2015),
grazie al quale gli autori approfondiscono la natura delle emozioni derivanti dalla
fruizione dell‟opera cinematografica, dando l‟avvio a un‟analisi multidisciplinare che
comprende influssi filmologici, fenomenologici, cognitivisti e “neuro-filmologici”.
L‟ipotesi su cui si basa l‟indagine dei due autori consiste nel considerare il
meccanismo di simulazione incarnata come punto di partenza per la comprensione
delle emozioni provocate dalla visione filmica; vedremo però come essa sia
realizzabile in relazione alle immagini, per loro natura manchevoli di un corpo
specifico, ma rappresentate in forma bidimensionale per mezzo dello schermo.
Inoltre, nel secondo capitolo si tenterà di mostrare come determinate azioni
registiche influenzino il livello di coinvolgimento spettatoriale creando le condizioni
7
ottimali per suscitare forti emozioni. A tal proposito si analizzeranno in maniera
approfondita le seguenti scelte registiche: l‟inquadratura soggettiva, il movimento
della macchina da presa, il montaggio alternato e il primo piano; si cercherà inoltre di
verificare come tali elementi, se correttamente realizzati, riescano ad agire sugli
spettatori dal punto di vista cerebrale.
Se il secondo capitolo si soffermerà sull‟indagine del coinvolgimento emotivo
attraverso quello che viene definito il cinema tradizionale, nel terzo capitolo ci si
domandererà cosa accade quando, grazie all‟innovazione tecnologica degli ultimi
anni, il cinema diventa qualcosa di nuovo.
Si vedrà come, sfruttando le nuove tecnologie, l‟evoluzione del cinema tradizionale
si stia muovendo in due direzioni diverse: da un lato, uscendo dalle sale
cinematografiche, esso approda sui cosiddetti new media, rilocandosi su nuovi
schermi e mettendo lo spettatore – che da questo momento diventa anche un utente –
nelle condizioni di vivere una nuova esperienza filmica; dall‟altro lato, utilizzando
gli sviluppi della realtà virtuale, il cinema VR sembra dar vita a un prodotto nuovo,
sia dal punto di vista della realizzazione che dell‟esperienza.
Come si osserverà, le nuove modalità di produzione e di fruizione apportate dal Post-
cinema sembrano modificare profondamente l‟esperienza spettatoriale rispetto a
quella tradizionale. Ci si domanderà allora se sia ancora possibile ipotizzare la
realizzazione del meccanismo di simulazione incarnata come forma di
coinvolgimento empatico.
Si cercherà di rispondere a tutte queste domande analizzando le principali modifiche
apportate dal Post-cinema saggiando la tenuta del meccanismo di simulazione
incarnata. Sarà dunque necessario soffermarsi in modo particolare sull‟analisi della
nuova esperienza spettatoriale e sulle modalità di realizzazione filmica attraverso cui
si cerca di coinvolgere in modo del tutto nuovo lo spettatore.
Infine, si cercherà di individuare i limiti e le prospettive di quello che viene definito
il “cinema del futuro”.
8
1. LE EMOZIONI CONDIVISE
1.1. Empatia
Sempre con più insistenza, il termine empatia è entrato nel nostro vocabolario
quotidiano. Espressioni quali “mettiti nei miei panni”, “cerca di capirmi”, “guarda la
situazione dal mio punto di vista” sono sempre più frequenti per cercare
comprensione emotiva da parte dei nostri interlocutori.
Ma che cos‟è l‟empatia? Domanda a cui non si può rispondere in maniera esaustiva
attraverso una definizione chiusa dato che è «storia complessa, quella dell‟empatia.
Della cosa stessa, e del termine che la definisce»
1
. Infatti, fino a poco tempo fa il
termine non compariva in numerosi dizionari della lingua italiana e, tra quelli che lo
registravano, le definizioni presentavano delle sottili differenze nonostante alcune
similarità: il Grande dizionario della lingua italiana nel 1995 definiva empatia un
«fenomeno per il quale il soggetto tende a proiettare se stesso nella struttura
osservata e ad identificarsi in una sorta di comunione affettiva»
2
, il Vocabolario della
lingua italiana nello stesso anno distingueva invece un significato filosofico da
quello psicologico definendoli «fil.: supposta fusione emotiva tra il soggetto e
l‟oggetto della conoscenza nel campo delle scienze umane. Psic.: capacità di capire,
sentire e condividere i pensieri e le emozioni di un altro in una determinata
situazione»
3
; ma un‟ulteriore estensione del termine viene fatta dal Dizionario di
filosofia nel quale l‟empatia viene definita come «l‟unione o la fusione emotiva con
altri esseri o oggetti (considerati animati)»
4
.
Si può supporre quindi che al concetto di empatia vengano attribuiti significati quali
saper condividere e comprendere le emozioni altrui provandole noi stessi, non solo
nel rapporto con i propri simili ma anche verso oggetti che provocano in noi una
reazione emotiva.
1
A. Pinotti, Empatia. Storia di un‟idea da Platone al postumano, Laterza, Bari, 2011, p. V.
2
S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, UTET, Torino, 1995
3
N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna, 1995
4
N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, UTET, Torino, 1993
9
Sembra dunque indispensabile, al fine di comprendere in maniera esaustiva l‟utilizzo
attuale del termine e le difficoltà connesse alla sua definizione, esaminarne la sua
evoluzione e i campi di impiego.
1.1.1. Brevi cenni storici
Il termine “empatia” viene ricondotto al calco greco ἐμπάθεια (empatheia), composto
da en-(=in, a) e -pathos(=sentimento), e viene tradotto dunque come un portare
dentro sé emozioni o sentimenti che hanno origine nel mondo esterno
5
.
Nonostante gli antichi si siano frequentemente interrogati sulla natura delle emozioni
umane, fu solo dal Settecento che l‟argomento ebbe un forte impatto nel mondo
accademico filosofico.
Jean-Baptiste Du Bos nel 1719 scrisse le Riflessioni critiche sulla poesia e sulla
pittura, considerate l‟opera cruciale per l‟analisi del concetto dell‟empatia e un vero
e proprio strumento di studio per tutto il Settecento. Tra le numerose tematiche
toccate dall‟autore, una delle più significative, alla luce dei successivi sviluppi, è
quella che assume la sfera dell‟emozione come piano privilegiato per l‟analisi della
relazione tra individui e tra individui e opere d‟arte.
A seguito dell‟analisi di diverse teorie emozionali, Du Bos nella sua opera si dedica
inizialmente alla descrizione delle dinamiche psico-fisiologiche dell‟individuo
inerenti alle passioni suscitate in relazione ai propri simili in occasione di eventi
reali, per poi passare alla sfera della finzione artistica.
L‟ampio trattato muove dall‟osservazione che «l‟argomento non può essere
affrontato senza un‟indagine sul ruolo che le passioni rivestono nell‟esistenza
umana»
6
: viene perciò avanzata l‟ipotesi che lo stato di agitazione che accompagna
le emozioni, benché sia vissuto spesso come una condizione di dolore, sia preferibile
all‟inazione e che sia una spinta motrice verso il dialogo con se stessi.
Infatti egli afferma che «l‟emozione naturale che si desta in noi meccanicamente
quando vediamo i nostri simili nel pericolo o nell‟infelicità, […] ha un fascino che
5
Nel greco moderno il termine empatheia sembra assumere una connotazione negativa, definendo
sentimenti o pregiudizi negativi verso altri.
6
E. G. Carlotti, Teorie e visioni dell‟esperienza teatrale: l‟arte performativa tra natura e culture,
Accademia University Press, Torino, 2014, p. 102.
10
c‟induce a cercarla malgrado le idee tristi e moleste che l‟accompagnano e la
seguono»
7
.
Du Bos riferendosi a quell‟emozione che ci prende quando vediamo qualcuno in
pericolo, che egli chiama emozione naturale, ne sottolinea il suo «carattere
meccanico e pre-riflessivo: se uno piange, mi commuovo ancor prima di sapere il
motivo del suo pianto. Se il suo viso è gioioso mi trasmette un senso di letizia prima
che io ne conosca la ragione. […] È un meccanismo che la natura stessa ha
sviluppato per correggere quelle spinte egoistiche che minerebbero i fondamenti del
vivere sociale»
8
. Questa facoltà pre-riflessiva che risponde automaticamente alle
sollecitazioni esterne può essere definita secondo Du Bos come sentimento, un sesto
senso che si attiva in modo immediato senza ricorrere al ragionamento.
La riflessione di Du Bos in riferimento al binomio emozione-corpo volta a
sottolinearne il carattere pre-riflessivo - e anticipando ciò che gli studi contemporanei
delle neuroscienze hanno analizzato in modo approfondito - influenzò tutte le analisi
che vennero condotte nell‟Ottocento, secolo considerato “culla nativa” dell‟empatia
vera e propria.
Infatti, se fino a questo punto i filosofi si erano interrogati sulle emozioni umane che
sorgono nell‟individuo in relazione agli altri denominando i concetti con vari nomi,
fu solo in questo secolo che il termine empatia si affermò con decisione nel mondo
accademico.
Il concetto di empatia comunemente inteso in ambito filosofico fa piuttosto
riferimento alla traduzione tedesca Einfühlung, termine formato da –fühlung (=dal
verbo fühlen, sentire) e ein- (=dentro, in).
La parola Einfühlung fece il suo ingresso in campo filosofico e psicologico per la
prima volta nella seconda metà del Settecento in Germania; Johann Gottfried Herder
nel 1778 pubblicò Sul conoscere e il sentire dell‟anima umana, breve trattato in cui
viene introdotto il tema dell‟Einfühlung riferendosi al rapporto tra se stessi e
l‟emotività altrui sostenendo che «in un certo modo possiamo sentire [hinen fühlen]
noi stessi solo negli altri»
9
.
7
J. B. Du Bos, Riflessioni critiche sulla poesia e sulla pittura (1719), a c. di Fubini, Guerini,
Milano,1990, p. 46.
8
A. Pinotti, Empatia. Storia di un‟idea da Platone al postumano, cit. p. 37.
9
Ibidem.