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2. Basi bibliografiche allo studio
Nell’ultimo decennio buona parte degli studi e delle ricerche che riguardano la fascia d’età
compresa tra i 65 e gli 85 anni, la così detta età anziana, sono indirizzati in maniera
unanime verso la promozione e l’aumento dell’attività motoria e dell’esercizio fisico a fini
preventivi e di mantenimento. L’invecchiamento della popolazione mondiale, destinato ad
aumentare nei prossimi anni, pone gli addetti ai lavori di fronte a numerosi enigmi, tra cui
anche alcune importanti questioni riguardanti le motivazioni dell’anziano, la sua
soddisfazione dei bisogni primari, il controllo delle emozioni e dello stato d’animo
generale, il controllo dello stile di vita e delle intenzioni riguardanti il futuro. L’aumento
della spettanza di vita, inteso come numero medio di anni privi di disabilità che resta da
vivere ad un individuo ad una determinata età, correlato ad un aumento del numero di casi
di malattie croniche dovute ad un cattivo stile di vita e ad inattività, in particolare correlati
ad ipertensione arteriosa, diabete mellito II, ipercolesterolemia, obesità e non per ultima
sedentarietà, fanno si che i medici in primis abbiano incrementato il livello di
sensibilizzazione delle persone anziane per i temi riguardanti la prevenzione, il controllo
del proprio stile di vita e la diminuzione dell’inattività, attraverso la partecipazione a corsi
di attività motoria adattata gestiti da personale formato e qualificato. Vivere una vita
sedentaria in età avanzata può infatti comportare importanti deficit funzionali causati da
deficit di forza, resistenza e flessibilità che sono costantemente legati all'inattività.
In letteratura è facile trovare ricerche scientifiche riguardanti gli effetti dell’attività motoria
sul fisico dell’anziano, sul suo metabolismo, sulla sua capacità funzionale e sulle sue
ADLS. È invece basso il numero di studi che va a testare i meccanismi e gli effetti
dell’attività motoria a livello psicologico, emozionale e sociale. Il nostro studio ha come
finalità quella di comprendere meglio e cercare di valutare i meccanismi relativi ai processi
che vengono messi in atto riguardo l’autonomia, gli aspetti emotivi e gli aspetti sociali
nell’anziano, relazionati alle sensazioni ed alle motivazioni della persona verso l’attività
motoria organizzata.
2.1. L’internalizzazione
Come già ampiamente spiegato nel capitolo precedente, secondo la Self-Determination
Theory (SDT), quando all’interno di un contesto sociale è presente un tipo di autonomia di
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supporto, le persone sono motivate a interiorizzare la regolamentazione delle attività
importanti, mentre quando il contesto è controllato, la motivazione autodeterminata è
minata. Partendo da questo assunto si comprende come sia fondamentale, durante un
programma di attività motoria organizzato, la funzione di autonomia e la capacità
dell’insegnante di motivare la persona ad intraprendere un determinato percorso o a fornire
nuovi stimoli per la messa in atto di determinate azioni o per l’esecuzione di un
determinato compito, senza fornire premi o ricompense ed altrtesì promettere penitenze,
ma bensì ricercando all’interno della persona stessa il giusto modo di farla sentire
autonoma e razionale.
Deci&Ryan nella loro SDT propongono di differenziare forme di regolazione lungo un
continuum di autodeterminazione. Questo continuum contiene gradazioni identificabili di
motivazioni che vanno da forme di regolamento non autodeterminate, cioè amotivazione,
regolazione esterna e regolazione introiettata, a tipi di regolazione autodeterminata, cioè
regolazione identificata e motivazione intrinseca. Secondo questa teoria gli individui sono
intrinsecamente motivati a integrare dentro di sé la regolamentazione delle attività
estrinsecamente motivate che sono utili per un efficace funzionamento nel mondo sociale,
ma non sono di per sé interessate alle stesse. Questo è quello che è stato definito
internalizzazione: l’internalizzazione riguarda tutti quei regolamenti il cui verificarsi è
stato originariamente legato ad incentivi estrinseci. Si tratta di un processo proattivo in cui
le motivazioni esterne si trasformano in interne, diventando così espressione del piacere,
del divertimento e della soddisfazione derivata dalla partecipazione stessa. Analizzando
questa teoria si conviene che ogni individuo mette in atto nel corso della vita una serie di
eventi che portano la persona stessa ad un cambiamento delle proprie intenzioni, partendo
direttamente dalla motivazione che le porta a mettere in atto quelle determinate azioni.
All’interno dell’ambiente esterno ad una persona possiamo riconoscere diversi contesti
sociali: i contesti che sostengono l'autonomia di un individuo sono ipotizzati per facilitare
la motivazione autodeterminata, mentre i contesti che ostacolano l'autonomia, cioè che
controllano i contesti stessi, sono ipotizzati per minare la motivazione autodeterminata.
La Teoria della Valutazione Cognitiva (CET), microteoria facente parte della SDT, è stata
proposta per tenere conto anche delle variazioni di motivazione autodeterminata: essa
infatti diminuisce o aumenta la motivazione intrinseca. Secondo questa teoria, quando gli
individui percepiscono il loro comportamento come indotto da un agente esterno, mettono
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in atto uno spostamento da un interno ad esterno del locus di percezione della causalità. Il
locus of causality si riferisce all’esperienza personale che avvia e regola i comportamenti:
quando le persone sperimentano un locus di causalità interno sentono le loro azioni come
autodeterminate e volute. Diversamente un locus di causalità esterno comporta che i fattori
esterni siano responsabili dell'avvio di un comportamento, così quando vi è uno
spostamento da un interno a un locus di causalità esterno, gli individui non partecipano più
per il gusto di svolgere l'attività stessa, ma piuttosto in risposta ad una qualche entità
esterna (ad esempio, una scadenza, una pena o una punizione). Questo cambiamento nel
locus di causalità mina i sentimenti di autonomia della persona e di conseguenza
diminuisce le forme di regolazione autodeterminate mentre aumentano i tipi di regolazione
non autodeterminate. Viceversa, gli eventi che facilitano un locus di causalità interno o che
promuovono ragioni interne verso l’attività, migliorano i sentimenti di autonomia e di
conseguenza , aumentano l'azione autodeterminata.
Molti studi negli ultimi decenni hanno dimostrato tale tesi. I ricercatori sono stati per lo più
interessati agli effetti dei due specifici stili: in quello di controllo le azioni significative di
altri spingevano all’attività in senso coercitivo, prestativo, e in maniera autoritaria; nello
stile di autonomia invece la presenza di altri individui promuoveva e supportava la libertà,
incoraggiava l'autonomia e implicava l’esperienza diretta degli individui nel processo
decisionale. Secondo il CET, in uno stile interpersonale di controllo, le influenze di
controllo (ad esempio le scadenze o i premi) dovrebbero portare a percepire un locus di
causalità esterno e quindi a minare i sentimenti di autonomia e, di conseguenza,
l’autodeterminazione. Diversamente, uno stile di motivazione autonomo-solidale, dovrebbe
facilitare un locus di causalità interno e migliorare di conseguenza i sentimenti di
autonomia e promuovere forme autodeterminate di regolazione .
Le ricerce in ambito educativo, riguardo l’attività fisica ed i contesti sanitari hanno
confermato queste previsioni. Più approfonditamente è stato scoperto che un stile di
autonomia messo in atto da insegnanti, genitori, allenatori, dirigenti scolastici od operatori
sanitari, facilita forme autodeterminati di regolazione e diminuisce i tipi non
autodeterminati, in particolare, l’amotivazione, mentre uno stile di controllo mina
autodeterminazione.
Secondo la SDT, il processo di internalizzazione è quindi una tendenza naturale alla
motivazione, cioè è un processo pensato per maturare spontaneamente, simile a altri
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processi intrinsecamente motivati. Di conseguenza, il processo di internalizzazione può
anche essere ostacolato o facilitato dal contesto sociale, che ne potrà influenzare anche la
quantità e la qualità.
Nel 1994, Deci et al. hanno condotto uno studio sperimentale per testare queste previsioni.
Lo scopo del loro studio era esaminare gli effetti dell’autonomia di supporto e di controllo
sull’internalizzazione nel contesto di un esperimento di laboratorio. Più in particolare,
hanno esaminato due forme di motivazione interiorizzata: regolazione introiettata e
regolamentazione identificata. Si è constatato che l'autonomia di supporto nei rapporti
interpersonali ha facilitato la comparsa di un tipo di regolazione identificata, mentre il
controllo dei rapporti interpersonali o un contesto di autonomia non di supporto degli
individui, ha favorito il verificarsi di un tipo di regolazione introiettata, come evidenziato
dall’autoregolazione del comportamento .
Un altro studio di Vallerand e Bissonnette, condotto nel 1992, a livello accademico al fine
di determinare la validità dei risultati sperimentali sulla motivazione e sul mantenimento
del comportamento, condotto su 1042 studenti universitari per determinare gli effetti
predittivi di diverse forme di motivazione accademica (misurata al tempo 1 in settembre) e
sulla persistenza del comportamento sotto forma di mantenimento contro l'abbandono di un
corso con obbligo di frequenza (misurato al tempo 2 in gennaio), ha scoperto che gli
studenti che continuavano a frequentare un corso universitario, precedentemente avevano
riferito forme più autodeterminate di regolazione (intrinseca, regolamento identificato) ed
in quantità monore non autodeterminate di regolazione (esterno e amotivazione) rispetto
agli studenti che avevano abbandonato. Ciò sembra significare che l’internalizzazione
potrebbe dipendere dal fatto che il contesto stesso sia o meno di supporto all’autonomia
della persona, e permetta quindi di favorire processi di regolazione autodeterminati o
meno. In più si può asserire da questi studi che la primaria intenzione e motivazione è
fondamentale nel processo dell’internalizzazione e al fine di contrastare il drop-out da un
processo di mantenimento del comportamento. Ciò che quindi ci aspettiamo da uno studio
riguardante l’attività motoria organizzata in un contesto relativo ad individui di età
avanzata è quello di verificare che il livello di motivazione derivante da uno stile di
regolazione autonomo sia la messa in atto di processi motivazionali autodeterminanti, e
che anche a breve termine ci sia un incremento di tale motivazione, auspicabilmente
contestualizzabile con la teoria dell’internalizzazione.