9
1 Introduzione
Scopo dell’elaborato è indagare su quali siano le aspettative future degli operatori del
settore del private equity, a fronte dei recenti cambiamenti imposti dalla crisi
finanziaria globale.
Al fine di effettuare un’analisi di questo tipo è stato necessario effettuare un’accurata
ricerca bibliografica, consultando libri scritti da economisti di rilievo, working papers,
presentazioni multimediali create da importanti docenti e società specializzate e,
infine, statistiche elaborate da enti, oltre a siti internet di particolare importanza.
Inoltre, per adempiere all’obiettivo posto dall’elaborato, è stata effettuata una ricerca
utilizzando le opinioni di specialisti, raccolte tramite un questionario da questi ultimi
compilato. Tale strumento è stato strutturato in cinque parti ognuna focalizzata su
una macroarea di investigazione.
Infatti, dopo una prima analisi del campione, si è domandato quale sarà l’andamento
futuro del rapporto tra PMI e private equity. In particolare, si è indagato circa la
tipologia d’investimento che gli operatori del settore decideranno di adottare nel
prossimo futuro, ossia se di maggioranza o di minoranza.
Inoltre, è stato analizzato come si evolverà il rapporto tra private equity e PMI dopo le
importanti conseguenze della crisi finanziaria. Infatti, si è inteso verificare se, oggi,
nonostante un rapporto storicamente difficile e teso tra questa tipologia di investitori
e gli imprenditori di piccole e medie imprese, siano possibili dei cambiamenti in tal
senso. Tale ipotesi deriva dal cambiamento di alcuni fattori. In primo luogo la
concentrazione degli investimenti da parte dei fondi di private equity, sempre più su
imprese PMI. Secondariamente il cambiamento dei metodi di valutazione, uniti alla
strutturale sottocapitalizzazione delle imprese di medio-piccole dimensioni in Italia e
alle difficoltà di finanziarsi a seguito del credit crunch. Infine, una difficoltà strutturale
nella crescita del PIL, oltre al tentativo di acquisire in modo ostile imprese italiane, da
parte di investitori provenienti da paesi emergenti.
La parte seguente del questionario si focalizza sulla struttura delle operazioni di
leverage buy out e sulle tipologie di investimento futuro. Infatti, è stato domandato ai
partecipanti quale sarà, a loro giudizio, l’andamento delle operazioni di LBO mentre,
10
successivamente, è stato chiesto agli intervistati di esprimersi riguardo ad alcuni
fattori tipici delle acquisizioni tramite leva quali: il rapporto degli investitori con gli
istituti di credito, il rapporto d’indebitamento e la competitività delle imprese target, il
commitment degli operatori e le attese circa operazioni early stage financing e
expansion financing. La necessità di questa indagine nasce dal cambiamento, a
seguito della stretta del credito delle operazioni di LBO, e della necessità, da parte
del sistema economico italiano, di una spinta verso la crescita.
L’ultima area che è stata analizzata ha avuto come oggetto i possibili interventi
legislativi futuri. Infatti, dopo aver domandato quale sia l’opinione degli specialisti
circa il Fondo Italiano d’Investimento, è stato chiesto se ci fosse bisogno di altri
interventi normativi. Inoltre, visti gli elementi analizzati precedentemente nel
questionario, ci si è interrogati circa la previsione per il sistema economico italiano di
una crescita della produzione interna.
Attraverso questa survey, si è voluto comprendere se ci fossero difformità tra le
opinioni espresse dal campione e le numerose ricerche effettuate a livello europeo e
modiale sull’argomento.
Al fine di meglio comprendere le ragioni che hanno portato alla ricerca, l’elaborato è
stato strutturato in quattro capitoli nei quali vengono analizzati gli argomenti oggetto
di ricerca.
In particolare, il primo capitolo tratta il fenomeno del private equity, analizzandone
caratteristiche e puculiarità in modo tale da meglio comprendere le dinamiche
all’interno del settore e le logiche che portano a una tale attività.
Il secondo argomento affrontato dall’elaborato riguarda le operazioni di private equity
e le caratteristiche delle stesse. All’interno del capitolo si spiega in primo luogo come
si struttura il processo d’investimento e, in seguito, si evidenziano quali sono le
tipologie di interventi e, in particolare, gli LBO. Successivamente, viene introdotto il
fenomeno del credit crunch e le sue conseguenze. Infine, viene illustrata la
situazione attuale del settore.
Il capitolo seguente analizza le peculiarità delle PMI italiane e il rapporto che queste
hanno storicamente avuto con gli investitori istituzionali in capitale di rischio di
imprese non quotate.
11
L’ultima parte dell’eleborato tratta la survey effettuata utilizzando le opinioni espresse
dagli specialisti del settore del private equity. Dopo una breve illustrazione
dell’oggetto della ricerca e della metodologia utilizzata per l’inchiesta, vengono
presentati i risultati e le considerazioni emerse dal campione.
2 Le operazioni di Private Equity
2.1 Il private equity
L’attività di private equity o venture capital consiste nel finanziamento di società non
quotate, attraverso il conferimento di capitale di rischio. Il tutto avviene tramite un
processo complesso con il quale l’investitore apporta, oltre ai mezzi finanziari, anche
esperienze professionali, competenze tecnico-manageriali, la propria immagine e
una rete di contatti con altri investitori e istituzioni di vario genere
1
. Il fine di questa
attività è riconducibile alla valorizzazione e allo sviluppo di imprese non quotate
2
.
Il ricorso a operatori di private equity invece che a strumenti più tradizionali come il
corporate lending
3
per il finanziamento dell’impresa comporta importanti differenze
sotto diversi punti di vista. Come il termine equity suggerisce, questa tipologia di
finanziatore implica l’investimento da parte di operatori specializzati in imprese,
ritenute interessanti, tramite la partecipazione al capitale azionario o attraverso altre
modalità che verranno analizzate in seguito. Inoltre, l’orizzonte temporale differisce
notevolmente dal tradizionale ricorso al debito, infatti, la durata dell’investimento è
ben definita e generalmente di medio - lungo periodo, mentre il corporate lending ha
una duration variabile. A tale scopo il disinvestimento è programmato fin dall’inizio e
solitamente avviene attraverso alcune tipologie standard: IPO
4
, riacquisto da parte
dei vecchi soci, vendita a altri operatori di private equity o cessione della
partecipazione tramite una trattativa privata a imprese industriali (trade sale).
1
Ferrara L. (2006), Finanza e Private Equity: investire nel capitale di rischio per sviluppare le Pmi,
Milano, Il sole 24 ore, p. 1
2
Aifi, con delibera del consiglio 22 luglio 2004 definizione di Private Equity
3
Il finanziamento alle imprese (corporate lending) si riferisce all'attività di prestito bancario
4
Initial Public Offering o Offerta Pubblica Iniziale è un'offerta al pubblico dei titoli di una
società che intende quotarsi per la prima volta su un mercato regolamentato
12
L’operatore di private equity ricerca una remunerazione elevata tramite il capital gain
realizzato al momento dell’uscita dall’investimento e non attraverso eventuali spread
sul costo della raccolta; è quindi possibile definirlo come un investitore temporaneo
5
.
Durante il processo di valutazione iniziale dell’impresa l’investitore nel capitale di
rischio cerca di analizzare la crescita potenziale dell’azienda, mentre un semplice
lender valuta la società nella sua interezza al momento del finanziamento,
indipendentemente dalle fonti di capitale utilizzate. I collateral ricevute dall’impresa in
un operazione di private equity sono pressochè nulle mentre, generalmente, un
creditore si tutela attraverso garanzie reali.
Poiché l’operatore diviene più che un semplice finanziatore il grado di rischio assunto
aumenta, inducendo comportamenti da parte dell’investitore completamente diversi,
rispetto a un normale creditore. Infatti, l’operatore di private equity ha un
atteggiamento flessibile, attivo ed esigente all’interno dell’impresa. L’azienda che
decide di fare entrare all’interno della compagine sociale questo tipo di soggetto
deve, quindi, aspettarsi che esso richieda di partecipare alle scelte strategiche,
indipendentemente dalla quota di partecipazione. Tuttavia, l’investitore in analisi,
limita il suo intervento alle decisioni che influenzano le ASA
6
dell’impresa e a quelle
inerenti investimenti significativi. Gli operatori di private equity richiederanno
certamente un elevato livello di trasparenza informativa, attraverso un flusso
continuo di dati non solo finanziari, obbligando le imprese oggetto di investimento a
dotarsi di sistemi informativi avanzati e precisi. Altre richieste che sovente vengono
espresse da un investitore di private equity riguardano la netta separazione del
patrimonio familiare da quello dell’impresa, un processo di budgeting e di assurance
del bilancio, ossia la possibilità di avere dati certi e revisionati sull’andamento
dell’impresa. Ne consegue, quindi, che l’ingresso nella compagine sociale di un
siffatto investitore specializzato comporta una vera e propria rivoluzione all’interno
del sistema impresa.
5
Caselli S. (2010), Private Equity and venture Capital in Europe: Markets, Techniques, and Deals,
Burlington, Elsevier, pp. 5 ss.
6
Airoldi G.,Brunetti G.,Coda V. (2006). Corso di economia aziendale. Bologna, Il Mulino, Capitolo XII.;
Invernizzi G. (2008), Strategia aziendale e vantaggio competitivo, Milano, Mcgraw-Hill, Capitolo II
13
La possibilità di annoverare un investitore istituzionale a proprio favore può, inoltre,
agevolare le imprese target nel rendere più efficiente l’allocazione delle risorse e la
struttura finanziaria. Questo, in seguito a Basilea 2
7
, può aiutare le aziende ad
ottenere finanziamenti.
Per un investitore in aziende non quotate, l’azienda target e il suo imprenditore
dovrebbe, idealmente, possedere alcune caratteristiche molto importanti per un
siffatto investimento
8
:
Un’impresa con un valido progetto di sviluppo e con prospettive di crescita
Un imprenditore valido, determinato e con elevato commitment
Un imprenditore con desiderio di crescita e disponibile alla condivisione di un
progetto di sviluppo, in modo tale da non creare situazioni di conflittualità
Un imprenditore che non tema l’ingerenza esterna in tema di finanza
Un’impresa con un management disponibile e con esperienza
Un’impresa con una prospettiva di disinvestimento ben definita
Le modalità di creazione del valore per un investitore di private equity sono
principalmente tre .
La prima leva, utilizzata generalmente, riguarda il cosiddetto EBITDA expansion, che
si traduce in una razionalizzazione dei costi, una crescita organica sia in termini
organizzativi che competitivi e infine, porta spesso a una crescita per vie esterne.
La seconda metodologia seguita per la creazione di valore è la multiple expansion. Al
fine di raggiungere tale scopo è necessario migliorare il track-record sia in termini di
fatturato che di redditività, ed è inoltre necessario lo sfruttamento di situazioni
favorevoli del mercato finanziario.
7
Decreto attuativo n. 297 del 27 dicembre 2006 per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48
e 2006/49
8
Ferrara L. (2006), Finanza e Private Equity: investire nel capitale di rischio per sviluppare le Pmi,
Milano, Il sole 24 ore, p. 4;
14
L’ultima possibilità a disposizione di un investitore di private equity, riguarda l’utilizzo
della leva finanziaria, attraverso il rimborso del debito solitamente utilizzato all’inizio
dell’operazione
9
.
Per far sì che l’investitore riesca realmente a creare valore è necessario ottenere la
massima collaborazione da parte del management. Tale obiettivo può essere
raggiunto tramite coinvestimenti, piani di stock options.
2.2 Tipologie di investitori e Fund Raising
2.2.1 Gli investitori
Gli operatori di private equity possono appartenere a diverse tipologie d’investitori
istituzionali. Tali categorie di agenti differiscono per la struttura organizzativa e
societaria, per la strategia d’investimento e per area di competenza.
Infatti, chi opera nel mercato del capitale di rischio non quotato cerca spesso di
concentrasi su specifici settori o su selezionate aree geografiche. Per quanto
riguarda le scelte strategiche in materia d’investimento è fondamentale per un
investitore determinare quali tipologie di operazioni effettuare e migliorare la qualità
del deal flow. Inoltre, la quantità di capitale da utilizzare per i singoli deal differisce da
soggetto a soggetto. Infine, gli operatori si distinguono anche in base alla posizione
che vogliono assumere all’interno della compagine sociale, ossia, se rilevano una
quota di maggioranza o minoranza.
Le strutture societarie utilizzate per l’attività di private equity possono essere di
diverso tipo, come finanziarie private o industriali e operatori pubblici. Tuttavia, le
forme giuridiche più utilizzate, sono i fondi chiusi d’investimento, le limited
partnership e gli operatori di emanazione bancaria.
I fondi chiusi sono uno strumento finanziario finalizzato alla raccolta di capitali presso
investitori istituzionali e privati qualificati, per poi investirli in imprese non quotate e
9
Dallocchio M., Lucchini G., Rovetta B. (2011), Introduzione al Private Equity e al Venture Capital,
Italia, Università Bocconi, p. 29
15
con elevate potenzialità di sviluppo
10
. Il TUF definisce il fondo chiuso un “fondo
comune d'investimento, costituito da un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di
pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte, in cui il diritto al rimborso
delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate
11
.”
Come già suggerisce la definizione, vengono definiti chiusi in quanto non è possibile
effettuare il riscatto della quota investita fino al termine del periodo d’investimento
che viene definito al momento della raccolta dei capitali. Inoltre, una volta completata
la raccolta non è più possibile l’ingresso di nuovi soci. Essa deve avvenire entro 24
mesi dalla pubblicazione del prospetto informativo
12
, anche se il versamento può
essere posticipato fino alla chiamata fondi fatta del gestore. il taglio minimo per
investire in un fondo così costituito è 50.000 euro.
Queste caratteristiche del fondo permettono ai gestori di investire in aziende medio-
piccole, senza la tensione della restituzione immediata dei capitali raccolti. Il fondo
può avere una durata massima di 30 anni, tuttavia, tale periodo può essere protratto
per 3 anni su autorizzazione della Banca d’Italia. Generalmente, il periodo
d’investimento non eccede i 10 anni.
I fondi d’investimento vengono promossi e controllati da una società di gestione del
risparmio
13
, il cui capitale sociale deve essere almeno un milione di euro
14
. Gli
investitori nel fondo non detengono alcun diritto sulla gestione operativa dello stesso,
tuttavia, hanno diritto di vedere investite le somme versate conformemente alle
politiche d'investimento e agli scopi del fondo e in linea con il livello teorico di
rendimento-rischio illustrato nel regolamento del fondo stesso. Da questo devono,
infatti, emergere gli elementi di rischio dell'investimento, sia in termini di rischiosità
intrinseca per la natura delle attività detenute, che di rischi connessi alla variabilità
del valore della quota e alla durata dell'investimento proposto.
10
Vota M., Vota R. (2003), Finanziare l’impresa: strumenti e tecniche, Napoli, Finanze e Lavoro,
pp.149 ss.
11
Art.1 Testo Unico della Finanza
12
Art.14 comma 2, Decreto ministeriale 197/2010
13
Art.36 TUF
14
Art. 34 TUF, Provvedimento della Banca d’Italia del 14/04/2005
16
Diventa, quindi, fondamentale per le SGR la stesura del prospetto informativo
15
,
all’interno del quale vengono riportate le informazioni chiave in termini di raccolta,
strategie di investimento e remunerazione dei gestori. In particolare, quest’ultima,
avviene tramite commissioni di vario genere come: start-up fee al fine di coprire i
costi di istituzione del fondo; transaction fee per potere fare fronte ai costi legati alle
singole transazioni; management fee ossia una commissione annuale, decrescente
rispetto all’holding period,compresa tra l’1,5% e il 2,5% del capitale sottoscritto come
remunerazione del management. Oltre a quanto descritto in precedenza, la società di
gestione percepisce un reddito, denominato carried interest, derivante da una
percentuale dei guadagni/perdite aggregate, realizzate dal fondo se superiori ad un
rendimento IRR totale target, denominato hurdle rate. Tale remunerazione si attesta
in media al 20%, questo rappresenta il vero incentivo per i gestori.
Un'altra tipologia giuridica utilizzata per operazioni di private equity riguarda un
veicolo di diritto anglosassone denominato limited partnership. Questa tipologia di
società prevede due generi di soci: limited partners e general partners.
I primi sono assimilabili a dei soci accomandanti e, quindi, responsabili delle
passività solo limitatamente alla loro quota. Come nelle società in accomandita
semplice tali soci non hanno alcun diritto riguardante la gestione della società e non
possono quindi agire per conto della stessa. La remunerazione per questi soci
avviene semplicemente attraverso un ritorno sugli investimenti, simile ai dividendi. Al
contrario, i general partners si occupano della società nella sua interezza e la
remunerazione di questi ultimi è molto simile al carried interest.
Questo tipo di veicolo si presta particolarmente al private equity per due motivi
distinti: il primo riguarda l’assenza di tassazione in alcuni stati come gli Stati Uniti
d’America, per questa tipologia di società che svolge attività di private equity. La
seconda ragione deriva dalla struttura societaria, infatti, il capitale sociale viene
suddiviso conferendo solitamente il 99% ai limited partnership mentre il general
partner, che svolge l’attività di gestione, investe solo l’1% all’interno della società. Al
fine di evitare questo tipo di accorgimento, dal 2001 a seguito del Uniform Limited
15
Direttiva 2003/71/CE
17
Partnership Act
16
, anche le limited liability partnership hanno diritto allo stesso
trattamento fiscale delle LP. Poiché ci si trova in un contesto regolamentare
imperniato sulla common law, per incentivare al meglio i gestori è comune che i
limited e i general partners concordino una vasta serie di restrizioni e garanzie verso
il socio gestore.
L’ultima struttura societaria che viene utilizzata per operazioni di private equity è
riconducibile a operatori di emanazione bancaria. Infatti, risulta importante capire
perché gli istituti di credito non partecipano direttamente alle imprese selezionate. Al
contrario dei veicoli descritti in precedenza, Basilea 3
17
obbliga gli istituti bancari a
limiti più stringenti.
Secondo i dettami europei le banche possono svolgere tutte le tipologie di business
tranne tre:
Attività assicurativa
Gestione collettiva del risparmio
Attività industriale o non finanziaria
Ciò nonostante alle banche è concesso possedere delle partecipazioni in società che
svolgono gestione collettiva del risparmio, compagnie assicurative e aziende non
finanziarie. In accordo con le regole UE, se una banca decide di investire in capitale
di rischio deve confrontarsi con il limite
18
fissato da ogni paese alla percentuale di
partecipazione e con adeguatezza patrimoniale richiesta per il tipo d’investimento. A
proposito di quest’ultimo elemento il comitato di Basilea ha dichiarato che l’attività di
private equity è tra le più rischiose e quindi deve avere un peso superiore sulla
16
Atto approvato nel 2001 dagli Stati Uniti d’America attraverso il quale il trattamento fiscale
privilegiato, in caso di attività di private equity, è esteso alle società con denominazione limited liability
partnership oltre alle società denominate limited partnership. Esso rappresenta un’entità a se stante
anche se incorpora molti elementi presenti nelle precedenti normative quali il Revised Uniform
Partnership Act e il Uniform Limited Liability Company Act
17
Nuovo accordo globale sul capitale, esso riguarda I nuovi standard regolamentari al fine di definire
l’adeguata capitalizzazione degl’istituti bancari rispetto ai propri impieghi. Questo accordo è stato
ratificato dai membri del Basel Committee on Banking Supervision
18
La Germania non ha introdotto nessun limite alle partecipazioni a causa del proprio background
storico, vista la presenza di diverse banche universali
18
patrimonializzazione dell’istituto bancario per rifletterne il rischio associato
19
. A tale
scopo la normativa bancaria è stata recentemente irrigidita con il via libera a Basilea
3, quando, comunque, essa prevedeva una ponderazione per minimo il 150% fino a
Basilea 2 per le partecipazioni detenute non a scopo di dealing
20
. Come è facile
concludere, tutte queste restrizioni in materia bancaria rendono più ardua l’attività
d’investimento in società non quotate. Inoltre, questa tipologia d’investitore,
all’interno delle proprie partecipate, svolge prevalentemente attività di consulenza
finanziaria non avendo, solitamente, le competenze necessarie per gestire un
business di carattere non finanziario. Da tutto questo ne consegue che generalmente
gli istituti di credito costituiscono delle società di gestione del risparmio con il fine di
potere istituire un fondo comune d’investimento che svolga attività di private equity,
tramite la liquidità conferita dalla stessa banca.
2.2.2 Il fund raising
Il processo di raccolta o fund raising è quel percorso che l’investitore svolge al fine di
dotarsi delle risorse finanziarie necessarie per lo svolgimento dell’attività di private
equity. Tale procedimento si rivolge a investitori istituzionali o privati qualificati.
Spesso gli investitori in fondi chiusi di questo genere ricercano un investimento
alternativo che permetta di diversificare al meglio il proprio portafoglio.
Il premio di rendimento richiesto ad un fondo che investe in società non quotate è
generalmente intorno al 5% in più, rispetto all’equivalente azionario quotato. Tale
premio trova giustificazione nella poca liquidità del titolo che potrebbe comportare
notevoli rischi.
Vista la necessità di competenze ed esperienza in questo tipo di settore, il track
record, ossia le performance passate del fondo, ricopre un’importanza fondamentale.
Infatti, difficilmente un investitore deciderà di conferire il proprio denaro a un gestore
che in passato ha mal performato.
19
Dall’introduzione del secondo accordo sul capitale (Basilea II) il capitale accantonato dagl’istituti
bancari non è più soggetto a valutazione di tipo geopolitico ma alla rischiosità dell’impiego. Quindi,
non è più rilevante la provenienza geografica del finanziato ma le caratteristiche proprie dello stesso in
termini di rischiosità. Esse devono essere valutate attentamente attraverso metodologie prescritte
dall’accordo di Basilea
20
Vendita di strumenti in portafoglio, senza l'obbligo di rendere pubblico il prezzo in ogni istante