4
esterni previsti per gli atti deliberativi dell’Ente, mentre il
procedimento con il quale si dà esecuzione alla predetta
deliberazione è il primo atto di un procedimento contrattuale
interno, per le Amministrazioni centrali dello Stato e per quelle
periferiche statali, nonostante la maggiore rilevanza della persona
giuridica Stato rispetto all’Ente minore, la decisione di dare inizio
a un procedimento contrattuale può non assumere forma di
provvedimento tipico, potendo consistere anche in semplice
annotazione di provvedere in calce a una proposta dell’ufficio che
ha avvertito l’esigenza amministrativa di acquisire beni o servizi
o di provvedere a un bisogno della P.A. a mezzo dello strumento
contrattuale.
Ma una volta che tale decisione acquista rilevanza esterna
mediante l’emanazione dei primi atti formali di esecuzione,
occorre che vengano seguite le norme procedimentali apprestate
dall’ordinamento (quali, ad esempio, le norme sulla Contabilità di
Stato o quelle ancora in vigore dettate dalla L. 20 marzo 1865 n.
5
2248 all. F sui lavori pubblici nonché il Capitolato Generale di
Appalto delle opere pubbliche statali).
Particolarmente delicata, soprattutto per le problematiche
penalistiche cui può dare luogo, è la fase di scelta del contraente,
che – si ricorda, per inciso – viene attuata fondamentalmente
attraverso quattro sistemi alternativi: asta pubblica o pubblico
incanto; licitazione privata; appalto concorso; trattativa privata.
Amministrazione decentrata indiretta
La crescente moltiplicazione dei centri di spesa della P.A. e
l’esigenza di operare con criteri di imparzialità e di trasparenza
nella trasformazione dei mezzi finanziari pubblici in beni e servizi
delle comunità locali rendono l’attività contrattuale decentrata un
sistema alternativo di realizzazione della funzione amministrativa.
Peraltro, anche se l’attività contrattuale degli enti locali
segue le orme di quella statale, in particolare per quanto concerne
6
la suddivisione nelle medesime fasi, in realtà negli enti pubblici
minori la normativa dettata per l’Amministrazione Statale si
coordina con apposite leggi-cornice che disciplinano il
comportamento dei predetti enti nonché con atti normativi interni
quali, ad esempio, i Capitolati Speciali di Appalto deliberati dal
singolo Ente, che richiamandosi al Capitolato Generale,
conferiscono effettività e cogenza anche a livello decentrato ai
dettami di quest’ultimo.
Ciò crea quindi alcune differenze sostanziali nell’iter
procedimentale: ad esempio, a differenza di quanto accade
nell’Amministrazione diretta statale (ove la deliberazione a
stipulare il contratto viene adottata all’interno della struttura
ministeriale), nelle Regioni di diritto comune e nei Comuni tale
deliberazione è sottratta agli Assessori e rimessa all’organo
collegiale di governo (Giunta).1
1
Giuseppe Fazio, L’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione , Milano, Giuffrè,
1989
7
I CONTROLLI SULL’ATTIVITÀ CONTRATTUALE DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
L’utilità di un controllo è correlata al suo grado di
efficienza e di efficacia, da valutarsi con riguardo,
rispettivamente, a che cosa riesce a vedere e a che cosa riesce a
impedire e correggere.
I controlli che qui si intendono sono di carattere
strettamente giuridico, esterno o interno, preventivo o successivo,
idonei ad evitare vizi o devianze di una corretta attività
contrattuale.
A seguito dell’entrata a regime delle direttive CEE sui
contratti (Direttiva lavori n. 440 del 18.7.1989), della cui
osservanza è fatto obbligo alle amministrazioni dello Stato, agli
enti locali e agli organismi di diritto pubblico, si è evidenziata
l’inadeguatezza dei poteri dello Stato a pretendere l’osservanza
della normativa di origine comunitaria da parte degli enti locali
8
mancando, al di là del generale potere di annullamento, un
controllo diretto sugli atti degli enti locali.
Ma tale inadeguatezza sussiste anche strutturalmente per le
attività contrattuali delle Amministrazioni dello Stato per il fatto
che il controllo interviene solo dopo che l’aggiudicazione è già
avvenuta, cioè a giochi svolti, mentre un controllo preventivo,
neutrale e obiettivo, dovrebbe poter sempre prevenire, se ben
esercitato, le illegittimità dell’atto; ma questo deve entrare nel
circolo del controllo con sufficiente speditezza e mai dopo che
abbia esaurito la propria carica effettuale.
Il controllo sull’attività contrattuale della P.A. si snoda in
diverse fasi: sugli atti preparatori (quale, ad esempio, la
deliberazione a contrattare), sulle procedure di scelta del
contraente, cercando il bilanciamento tra interesse pubblico,
interesse dell’Amministrazione contraente e singoli interessi degli
aspiranti contraenti, nonché sulle fasi di stipulazione e
approvazione.2
2
Pelino Santoro, I controlli sull’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione
Giuffrè, 1992
9
La vexata quaestio del controllo del giudice penale sulla
Pubblica Amministrazione
Si ritiene che il giudice penale “condizioni” la Pubblica
Amministrazione principalmente sotto due profili: dal punto di
vista sostanziale, in relazione alle regole di condotta che
individua e alle quali la Pubblica Amministrazione deve attenersi
nell’espletamento della propria attività; dal punto di vista
processuale, in considerazione della efficacia che il giudicato
penale esplica nei confronti del giudizio amministrativo (nonché
del procedimento disciplinare).
Il controllo esercitato dal giudice penale sulla Pubblica
Amministrazione dunque si realizza, da un lato, attraverso la
valutazione dell’azione degli agenti pubblici; dall’altro, invece,
mediante la verifica dell’attività di un terzo, in relazione a un
provvedimento amministrativo ampliativo o restrittivo della sfera
delle sue posizioni giuridiche soggettive.
10
Nella prima ipotesi – la più comune – occorre vagliare la
responsabilità penale di un pubblico amministratore, mentre nella
seconda, ponendosi l’attività amministrativa come presupposto,
positivo o negativo, della condotta criminosa, si tratta di
esaminare se sussista la responsabilità penale di un soggetto
privato che non abbia osservato le prescrizioni sancite
dall’Amministrazione ovvero che abbia agito in base ad esse.
L’azione svolta in tal senso dal giudice penale è giunta al
culmine negli anni novanta, quando si è verificato un incremento
impressionante del numero di inchieste giudiziarie, provvedimenti
di carcerazione preventiva e di rinvio a giudizio a carico di
funzionari e amministratori pubblici, da una parte, e di
imprenditori privati, dall’altra.
Con la conseguenza che l’intervento giudiziario si è
diversificato poiché si è sempre più espletato a diversi livelli
(quello centrale, quello locale e anche quello sovranazionale), in
relazione a differenti settori dell’attività amministrativa (da quello
dei contratti pubblici a quello degli strumenti urbanistici, da
11
quello dei finanziamenti alle imprese a quello dei controlli fiscali,
da quello dei partiti politici a quello del pubblico impiego, ecc…)
e con riferimento a varie tipologie di reato (concussione, abuso
d’ufficio, corruzione, truffa, ricettazione, ecc…).
Il problema presenta peraltro aspetti differenti ed
estremamente complessi: si osservi, a titolo esemplificativo, che
l’incremento dei reati contro la P.A. è costante (pertanto
l’incidenza esercitata sulla correttezza dell’amministrazione
dall’intervento del giudice penale non è rilevante) oppure che
nell’esercizio dell’azione penale vi è prevalenza del riferimento al
reato di abuso d’ufficio rispetto ad altre fattispecie rientranti nella
corruzione in senso ampio, mentre, a livello di decisioni di
condanna, essa non si riscontra, perché risultano più numerose
quelle per corruzione e per concussione.
Dalle indagini giudiziarie intraprese in questi ultimi anni,
traspare un ampio coinvolgimento di interi settori dei pubblici
poteri, che vengono ormai interessati ad ogni livello, cioè con
12
riferimento non solo all’attività di vertice, ma addirittura a quella
ordinaria.
Occasioni di comportamenti penalmente rilevanti si
verificano al momento dello svolgimento da parte della Pubblica
Amministrazione di attività di spesa dirette all’acquisto di beni e
servizi offerti da soggetti privati (contratti per l’esecuzione di
opere e per l’acquisizione di forniture, d’opera professionale,
ecc…).
Lo stesso accade nelle ipotesi di distribuzione e di offerta
da parte degli enti pubblici di prestazioni, di servizi e, più in
generale, di risorse (rilascio di provvedimenti amministrativi di
natura concessoria e autorizzatoria, determinazioni di carattere
generale e particolare che provocano conseguenze patrimoniali
positive in capo a determinati soggetti, ecc…).
Ne deriva che i settori della Pubblica Amministrazione
sensibili a questo fenomeno risultano assai numerosi: vengono
coinvolti quelli dei servizi delle Amministrazioni centrali e degli
enti locali, delle concessioni per la progettazione e la costruzione
13
di opere pubbliche, dell’attività autorizzativa, ispettiva e di
controllo, del commercio e della cooperazione internazionale, dei
mercati pubblici, dell’urbanistica, delle aree di interferenza tra
pubblico e privato, specie per quel che riguarda le società a
capitale pubblico o misto, e così via.
In tutti questi campi di attività pubblica accade di frequente
che si realizzino accordi illeciti, negoziazioni occulte, in
violazione dei principi di imparzialità, di merito e di
concorrenzialità che ispirano i procedimenti previsti dalle leggi in
materia: si assiste così a una indebita subordinazione
dell’interesse generale a quello particolare, pur in presenza di
disposizioni preordinate alla tutela del bene pubblico.
Inoltre un certo disordine normativo, dato dalla
proliferazione di disposizioni e di regole, consente agli
amministratori di scegliere la disciplina da applicare, fornendone
interpretazione diversa a seconda dei casi e degli interessi,
traducendosi la discrezionalità in una scelta del parametro
14
normativo e trasformandosi in arbitrio, vanificando così il
perseguimento del fine collettivo.
Decisivo “veicolo” di tutto ciò è stato il decentramento
amministrativo che, trasferendo funzioni e risorse dal centro alla
periferia, ha determinato un aumento dei reati contro la P.A.
commessi in sede locale.
Infine, l’assenza di corpi tecnici e l’inefficacia dei controlli:
con riferimento al primo punto la carenza di personale
professionalmente qualificato costringe le istituzioni pubbliche ad
affidarsi a soggetti esterni per lo svolgimento di attività
specialistiche, con la conseguenza che si vengono a creare
occasioni di scambi “sommersi”; in relazione al secondo, il
sistema dei controlli, tradizionalmente ispirato alla verifica
formale della legittimità di singoli atti, piuttosto che
all’accertamento sostanziale dei risultati, si rivela scarsamente
efficace.
In realtà l’ampia diversificazione delle fattispecie penali
determina non pochi inconvenienti: l’autorità giurisdizionale si
15
trova spesso a dover ricostruire aspetti di dettaglio o a dover
ricercare la qualificazione giuridica appropriata di fatti non
controversi, in considerazione delle conseguenze rilevanti che ne
derivano in ordine alla punibilità del comportamento o della pena
da irrogare (si pensi al caso di una promessa o di un versamento
di denaro da parte di un soggetto privato a favore di un
funzionario pubblico che può integrare sia l’ipotesi della
concussione, sia quella della corruzione, propria e impropria).
Altre volte, invece, la difficoltà nasce al momento della
riconduzione delle condotte concrete alle fattispecie astratte,
poiché le previsioni normative non corrispondono ai fenomeni
reali.
Si consideri, in particolare, l’ipotesi della corruzione, dove
l’atto oggetto di mercimonio non sempre viene espressamente
individuato tra le parti al momento della consumazione del reato:
nella prassi accade di frequente che il pubblico ufficiale o
l’incaricato di pubblico servizio venga remunerato, con cadenza
periodica o forfettariamente, non già per il compimento di
16
determinati atti d’ufficio o contrari ai doveri d’ufficio, bensì per
una generale disponibilità al compimento o all’omissione di atti
utili al corruttore, non preventivamente individuati.
Sotto questo profilo, quindi, l’attuale disciplina normativa
dei reati contro la P.A. non appare adeguata.
Tradizionalmente il problema della valutazione dell’attività
amministrativa da parte del giudice penale è stato fatto coincidere
con quello del potere di disapplicazione dell’atto ritenuto
illegittimo, a norma dell’art. 5 della L. n. 2248 del 1865 all. E, in
base alle quale, il giudice ordinario, sia civile che penale, deve
applicare gli atti amministrativi solo se conformi a legge, mentre
in caso contrario, deve procedere alla loro disapplicazione.
Ma nella realtà del processo penale questa costruzione non
si rivela idonea, in quanto la verifica della legittimità dell’atto
amministrativo non viene effettuata in via incidentale, ai fini della
sua eventuale disapplicazione, ma in modo diretto e immediato,
per accertare l’esistenza di un requisito della fattispecie di un
reato.
17
Compito del magistrato è valutare se il fatto concreto
corrisponda a una figura tipica predeterminata in astratto dalla
legge: dunque, quando devono essere esaminati elementi
normativi che implicano la valutazione della legittimità del
comportamento di un funzionario pubblico, il giudice penale non
può essere limitato nella propria opera di ricostruzione del fatto e
di ridefinizione in termini giuridici.
E’ lampante la diversità delle due impostazioni: altro è la
disapplicazione di un atto amministrativo, altro è l’indagine su
circostanze che possono integrare una ipotesi di reato, poiché in
quest’ultimo caso è essenziale non verificare quali effetti siano
prodotti dall’atto amministrativo nei confronti di determinati
soggetti, ma accertare se il comportamento sia configurabile come
penalmente rilevante in presenza di un atto che non risulti viziato.