incontrate, nonché gli strumenti, nei loro lati positivi e negativi, che abbiamo
utilizzato o dei quali ci saremmo potuti avvalere.
Chiuderà il nostro lavoro la parte relativa alle conclusioni, in cui si
riassumeranno sinteticamente i passi del nostro lavoro per arrivare a concepire
quale potrebbe essere il valore del presente elaborato nella realtà professionale
di tutti i giorni.
~ 7 ~
CAPITOLO I
LA TRADUZIONE GIURIDICA:
DALLA TEORIA ALLA PRATICA
Sommario: 1.1 Il significato del tradurre – 1.2 La traduzione specializzata – 1.3 La lingua del
diritto – 1.4 La traduzione giuridica – 1.5 Premesse teoriche all’analisi testuale – 1.5.1 I verbali
dei Carabinieri: l’analisi testuale di un messaggio per l’inconscio – 1.6 Conclusioni
1.1 Il significato del tradurre
L’attività di traduzione, e per estensione di interpretazione, rappresenta un
ambito che l’uomo cerca di definire e di disciplinare fin dalla notte dei tempi. Il
libro dei libri, la Bibbia, conferma tra le sue pagine questo pensiero. Nel libro
della Genesi sta scritto:
11,1
Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole.
2
Emigrando
dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si
stabilirono.
3
Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al
fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento.
4
Poi dissero:
«Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e
facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra».
5
Ma il Signore scese
a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo.
6
Il Signore disse:
«Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio
della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro
impossibile.
7
Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non
comprendano più l’uno la lingua dell'altro».
8
Il Signore li disperse di là su tutta
la terra ed essi cessarono di costruire la città.
9
Per questo la si chiamò Babele,
perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse
su tutta la terra.
In questo caso la riflessione cade sul fatto che la varietà linguistica è resa il
metro di misura attraverso cui l’uomo mostra il suo essere impotente rispetto a
Dio. Da qui potremmo percepire il traduttore come colui che si pro-pone come
il custode dell’impotenza umana, mediatore tra gli impotenti uomini e
conseguentemente, soprattutto attraverso la traduzione della Bibbia e la
~ 8 ~
derivante interpretazione, tra l’impotenza umana e l’onnipotenza divina.
Tradurre significa quindi: mediare. Il concetto di mediazione però, non si rifà
semplicemente alla nozione di trasmettere da una lingua all’altra un
determinato messaggio, bensì racchiude in sé delle sfumature ben più evidenti
che comportano una mediazione non solo del messaggio in sé, ma dello stesso
reso nello stesso modo in cui lo percepirebbe il destinatario della lingua di
partenza. Concetto questo, che può essere poeticamente riassunto
nell’affermazione del poeta australiano Leslie Allan Murray
1
,
Tradurre significa offrire una musica che sia ancora possibile danzare, i cui
battiti siano ancora riconoscibili.
Riteniamo anche opportuno, soprattutto nella nostra realtà, quella europea, una
realtà fondata sul multilinguismo e sulla multiculturalità. La varietà delle
lingue dello spazio europeo geo-politico rappresenta una ricchezza culturale,
oltre che prettamente linguistica. Un’idea questa già sostenuta dal grande
Impero Romano, che vedeva nella propria realtà pluralistica una ricchezza. Ad
esso si aggiunge il pensiero di Santo Stefano re d’Ungheria (969-1038), che
affermava: «nam unius linguæ, uniusque moris regnum imbecille et fragilum».
2
Da qui ne consegue l’importanza della traduzione come il mezzo attraverso cui
popoli diversi, che vivono sotto lo stesso tetto, quello dell’Europa, abbiano la
necessità e desiderino instaurare un dialogo che permetta loro un legame di tipo
economico, politico, finanziario, culturale, e via discorrendo. Tradurre diventa
quindi, in coro con Umberto Eco, «la vera lingua europea»
3
.
Possiamo quindi trarre la conclusione che tradurre significa mediare rendendo
però testo di arrivo e testo di partenza, destinatario d’arrivo e destinatario di
1
Les Murray in italiano: introduzione. http://www.lesmurray.org/transitalintro.htm
(27.12.2008)
2
Infatti debole e fragile è quel regno con una sola lingua e un sola tradizione. (traduzione
propria). Dawson, C. (1950), Religion and the Rise of Western Culture. London: Sheed and
Ward.
3
Concorso europeo di traduzione - Direzione generale della Traduzione – Commissione
Europea. http://ec.europa.eu/translation/contest/2007/moreabout_it.htm (27.12.2008)
~ 9 ~
partenza, due facce di una stessa medaglia, poiché ad essi il testo si rivolge e,
seppure in lingue diverse, ad essi deve suscitare le stesse impressioni, poiché
tradurre è mediare creando una lingua “nuova” e nello stesso tempo,
apparentemente, conosciuta perché propria di chi legge. Tradurre significa
quindi porre nelle mani dell’altro una parte di ciò che appartiene alla
quotidianità del tradotto, con la conseguente complicanza che chi traduce deve
essere in grado di anestetizzare eventuali incomprensioni nella cultura socio-
linguistica d’arrivo.
1.2 La traduzione specializzata
L’evoluzione di ogni settore che interessa la quotidianità di ognuno di noi, con
la relativa nascita di nuove professioni, così come di nuovi settori, induce i
professionisti della mediazione linguistica, quali traduttori e/o interpreti, a una
maggiore attenzione, nonché specializzazione, nello svolgimento della loro
attività. È così quindi che, più da vicino, il traduttore si trova a dover compiere
innanzitutto un atto di comprensione relativo alla tipologia che si trova a dover
tradurre: è un testo editoriale, letterario oppure specialistico? Domanda questa,
che può di primo acchito apparire come superficiale, ma se si pensa a quanto
“letterario” ed “editoriale” siano già di per sé confusi tra loro, e quanto sia
difficile capire quanto un testo sia specialistico oppure no, con relative
ripercussioni sul futuro lettore, non rende di certo vita facile al traduttore. Il
tutto si complica quando, ad esempio, i patrimoni culturali e le questioni socio-
culturali a cui la lingua di partenza e di arrivo appartengono non sono tutt’altro
che prossime, come afferma Scarpa, infatti:
L’obiettivo primario del traduttore non letterario […] è la riproduzione integrale
delle informazioni dell’originale e il loro adeguamento alle norme e convenzioni
redazionali della lingua/cultura di arrivo.
4
In relazione a tale concetto, quindi, è necessario chiedersi quali siano le
variabili che è necessario prendere in considerazione e analizzare. Se ci
4
Scarpa, F. (2001), La traduzione specializzata. Lingue speciali e mediazione linguistica.
Milano: Hoepli. (p. 70)
~ 10 ~
soffermiamo un attimo a pensare, infatti, possiamo notare che il livello di
tecnicità di un testo può essere diverso. Non a caso uno stesso testo può essere
reso in modi diversi e con obiettivi diversi a secondo del livello di tecnicità
terminologica utilizzato. Per fare un esempio, e prendendo in riferimento a tal
proposito i verbali esposti nelle pagine a seguire, una frase come:
(a) Verbale operato in pregiudizio di XYZ
suonerà molto più specialistica di:
(b) Verbale operato nei confronti di XYZ
e ancor meno specialistica sarà:
(c) Verbale redatto nei confronti di XYZ
Un altro importante aspetto da considerare quando si ha a che fare con la
terminologia tecnica, nonostante essa abbia il più delle volte nelle altre lingue
biunivoca corrispondenza, è dato da termini che, a seconda dell’ambito
specialistico in cui sono utilizzati, cambiano completamente di significato. A
tal proposito, sempre in riferimento ai verbali trascritti nelle prossime pagine,
ricorre il termine tradurre che nell’ambito della mediazione linguistica
esprimerà il “trasferire un testo da una lingua in un’altra”
5
, mentre in ambito
penal-burocratico “trasferire un imputato o un detenuto in un luogo”
6
.
Un ultimo importante concetto che occorre tenere presente quando ad essere
tradotto è un testo specialistico, è quello della sua funzione. Esso, infatti, se
comparato a un testo di tipo letterario, o comunque editoriale, ha il compito
primo di trasmettere delle informazioni. Non a caso, infatti, un verbale di
perquisizione personale, ad esempio, informerà oggettivamente delle attività e
5
Sabatini, F. & Coletti, V. (2008), Il Sabatini Coletti dizionario della lingua lingua italiana
2008. Milano: Rizzoli Larousse.
6
Sabatini, F. & Coletti, V. (2008), Ibidem.
~ 11 ~
degli obiettivi ad esso pertinenti, senza che al destinatario spetti il beneficio di
lasciarsi trasportare dall’immaginazione e dall’interpretazione degli
accadimenti, diversamente da quanto potrebbe fare invece, leggendo la
traduzione di un qualsiasi romanzo. Aspetta quindi al traduttore settoriale
l’operazione di produrre una traduzione “familiarizzante”
7
, come afferma
Scarpa, che continua dicendo:
a un approccio di tipo «estraniante» della traduzione letteraria […] si
contrappone l’approccio «familiarizzante» della traduzione specializzata […]
dove la lingua/cultura di partenza tende a essere avvicinata e resa familiare al
lettore di arrivo, perché il testo è visto soprattutto come un mezzo per trasmettere
le informazioni.
Tale approccio familiarizzante, però, comporta, secondo noi almeno, che il
traduttore debba occupare una posizione centrale nell’ambito della traduzione
specialistica. Il traduttore è sì parte attrice familiarizzante, ma anche parte
spettatrice familiarizzata. Si noti infatti lo schema che di seguito proponiamo:
TRADUTTORE
LINGUA DI
LINGUA DI ARRIVO
Come possiamo notare dallo schema, apparentemente complicato, il traduttore
settoriale-specialistico, familiarizza innanzi tutto con le lingue di partenza e di
arrivo e le relative terminologie per poi far sì che, attraverso il proprio lavoro,
lingue e culture si familiarizzino tra loro con il conseguente scambio preciso di
informazioni. Per poter familiarizzare, ovviamente, il traduttore settoriale, così
come anche abbiamo provato durante il nostro percorso accademico, dovrà
trarre le varie informazioni e conoscenze attraverso l’utilizzo di testi
7
Scarpa, F. (2001), ibidem.
~ 12 ~
concernenti un determinato ambito, ma redatti originariamente nelle due
diverse lingue, mettendo a frutto così l’utilità dei cosiddetti testi paralleli.
Per taluni casi, l’approccio familiarizzante della traduzione, perde un po’ di
significato. Vista l’articolazione di tale pensiero, abbiamo ritenuto opportuno
sviluppare la conferma a tale affermazione con la stesura del paragrafo 1.4,
relativo alla traduzione in ambito giuridico.
1.3 La lingua del diritto
Tradurre in ambito giuridico significa, così come per ogni altro dominio,
entrare a contatto con una lingua o meglio ancora con una microlingua
8
i cui
influssi investono qualsiasi strato del tessuto sociale e comunque sfiorano
qualsiasi ambito della realtà di un cittadino. Per fare un esempio, si pensi al
consenso al trattamento dei dati personali nel momento in cui si invia un
proprio curriculum vitæ o si compila un form online per una semplice richiesta
d’informazioni.
Potremmo affermare che la lingua del diritto quindi trae la sua esistenza nella
lingua della quotidianità ma, allo stesso tempo, impossessandosene crea una
propria struttura, estremamente rigida, che non permetterebbe più
interpretazioni. Più pragmaticamente, consentire l’utilizzo dei propri dati
significa consentire a tutti gli effetti, “senza ma né forse”. E a tal proposito, è
chiara la notissima massima «Ignorantia legis non excusat», generalmente resa
in italiano con «La legge non ammette ignoranza».
Ma perché è così importante identificare il linguaggio e il lessico giuridici
come lingua del diritto? Possiamo trovare la risposta composta da due aspetti:
il primo di tipo socio-culturale, in cui la lingua del diritto marca con il passare
del tempo la relativa evoluzione delle società e delle relative culture,
mantenendo espressioni latine, ad esempio, e allo stesso tempo introducendo
concetti che non possono fare altrimenti che nascere adeguandosi al presente
8
“La nozione che può consentire l’individuazione di una microlingua è quella di scopo
correlata a quella del ‘ruolo’ dei partecipanti. Lo scopo per cui, fra specialisti di una
determinata materia, si usa la microlingua di dominio comune è quello della massima
chiarezza, della comunicazione non-ambigua o, comunque, con un grado di ambiguità tendente
a zero.”
Balboni, P.E. (1989), Microlingue e letterature nella scuola superiore. Brescia: La Scuola. (p.
20)
~ 13 ~
storico in cui sono collocati. Un esempio, in questo caso, ci può essere fornito
dal concetto di concubinato dell’impero romano e dalla concezione che
abbiamo oggi di convivenza, dove il primo non prevedeva affatto concetti
come quello della fedeltà e della monogamia, così come oggi, di norma
almeno, prevedrebbe la convivenza.
9
Il secondo aspetto ci è dato invece dal fatto che la società in cui viviamo si
trova ad essere sempre più complessa e, come già affermato precedentemente,
la necessaria e sempre più presente settorializzazione richiede che vengano a
crearsi dei metodi comunicativi rapidi, chiari ed efficaci tra coloro che operano
in un determinato ambito.
Lo studio della lingua del diritto, in qualità di Fachsprache (lingua
specialistica) richiede una comprensione che, in armonia con Wiesmann,
“betrifft nicht primär ein Sprechen über das Recht als Fach, sondern ein
Sprechen, das gleichzeitig ein rechtlich-fachliches Handeln ist”
10
.
Personalmente, possiamo affermare che, alludere alla lingua del diritto,
significa fare riferimento alle varie forme in cui il diritto viene espresso-
comunicato, dalle leggi agli atti processuali (entrambi performativi) ai manuali
di diritto e ai pareri legali (entrambi informativi), ad esempio, e ancora a livello
più “elementare” tra la lingua orale, sicuramente più vicina a quella comune, e
quella scritta, molto più specialistica.
1.4 La traduzione in ambito giuridico
In base alla nostra esperienza lavorativa, abbiamo potuto notare che il processo
di globalizzazione che in questi ultimi anni si è sviluppato e che è tuttora in
continua espansione, soprattutto verso l’Oriente, ha fatto sì che la traduzione in
ambito giuridico, insieme con l’amministrativo-finanziario, sia stata oggetto di
grande richiesta e di grandi sviluppi. L’intensificazione degli scambi
9
Wikipedia, Prontuario di diritto romano/il diritto di famiglia.
http://it.wikiversity.org/wiki/Prontuario_di_diritto_romano/Il_diritto_di_famiglia#Il_divorzio
(07.01.2009)
10
Wiesmann, E. (2004), Rechtsübersetzung und Hilfsmittel zur Translation. Wissenschaftliche
Grundlagen und computergestützte Umsetzung eines lexikographischen Konzepts. Tübingen:
Gunter Narr Verlag. (p. 14)
~ 14 ~
commerciali e delle relazioni tra stati, e addirittura tra continenti, ha richiesto
un’esponenziale attività di traduzioni che abbiano valore legale, come ad
esempio un bilancio aziendale, o un piano dei conti.
Tradurre in ambito giuridico, significa, innanzitutto trarne l’aspetto positivo.
Non a caso, così come Sacco afferma, “i problemi della traduzione diverranno
il capitolo più promettente della comparazione giuridica, in grado di aprire vie
d’importanza primordiale per l’epistemologia giuridica e la riforma della
lingua giuridica”
11
. Tradurre nel ramo giuridico, quindi, non è solo terreno
fertile per le problematiche esposte a seguire, bensì un posto dove la lingua
stessa si sviluppa. È ben noto a tutti, infatti, come siano forti i legami
sussistenti tra lingua e diritto. Senza la lingua, infatti, il diritto perderebbe la
sua essenza, in quanto è proprio attraverso la lingua, nelle sue forme orale e
scritta, che si manifesta e assume concretezza e autorità. Allo stesso tempo,
però, il diritto stesso ha imposto, via via con lo sviluppo della società, che la
lingua trovasse una risposta alle nuove esigenze che si presentavano. La
conseguenza, è ovviamente, la nascita ed evoluzione di linguaggi settoriali, nel
nostro caso specifico, del linguaggio giuridico. Un linguaggio però, che non
rimane confinato all’interno della realtà linguistica-culturale-giuridica di
appartenenza, bensì, soprattutto ai nostri giorni, si vede a stretto contatto con
altre realtà linguistiche-culturali-giuridiche, con un conseguente scambio
terminologico e concettuale. L’esempio più eclatante è quello legato al sistema
del Common Law, dove l’italiano giuridico, non traducendo il termine
dall’inglese, ha messo in evidenza non solo un’appartenenza linguistica altra,
bensì anche quell’insieme di concetti e significati che rispecchiano un intero
sistema giuridico, di tradizione anglosassone appunto.
La realtà europea è il modello per eccellenza della traduzione in ambito
giuridico. Si pensi anche solo a quando una nuova direttiva viene promulgata e
tradotta nelle varie lingue degli Stati membri dell’UE, attualmente 23, e con
esse vengono trasmessi anche concetti giuridici che devono essere assorbiti e
introdotti dall’alto all’interno di ogni Stato.
11
Sacco, R. (2000). “Traduzione e diritto”. Ars interpretandi, pp. 117-134.
~ 15 ~