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più o meno stretta prossimità alla figura materna. Alla fine del primo anno
di vita il comportamento diventa organizzato in senso cibernetico, si attiva
in certe circostanze e cessa quando se ne verificano altre. Ad esempio un
comportamento di attaccamento da parte del bambino viene attivato
soprattutto dal dolore, dalla fatica, da qualunque cosa lo spaventi e anche
dalla presenza o meno della madre. Le condizioni che fanno cessare il
comportamento di attaccamento variano a seconda dell’intensità della sua
attivazione: per una bassa intensità le condizioni possono essere la
semplice vista o la voce della madre; ad un’intensità maggiore, perché il
comportamento cessi, può essere necessario che il bambino tocchi o si
aggrappi alla madre e solo un prolungato contatto riuscirà a calmarlo (si
postula che la funzione biologica di questo comportamento sia la
protezione, in particolare dai predatori).
Secondo Bowlby il comportamento del genitore può essere studiato a
partire da questa stessa ottica che si ispira all’etologia; ciò comporta
l’osservazione e la descrizione del sistema degli schemi comportamentali
caratteristici dell’attività del genitore, le condizioni che attivano e fanno
cessare ciascun comportamento, il modo in cui cambiano gli schemi con il
crescere del bambino, i vari modi in cui il comportamento genitoriale si
organizza in diversi individui e le innumerevoli esperienze che influenzano
le sue modalità di sviluppo in ciascuna persona. Bowlby sostiene perciò
che il comportamento genitoriale, come quello di attaccamento, è in parte
predeterminato, perciò pronto a comparire in condizioni che ne permettono
la realizzazione; nel normale corso degli eventi il genitore di un neonato
sperimenta una forte spinta a comportarsi secondo certe modalità tipiche,
per esempio a cullare il bambino, a calmarlo quando piange, a tenerlo
caldo, protetto e nutrito.
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Questo nuovo approccio allo sviluppo comportamentale contrasta
decisamente con i due vecchi modelli; il primo che poneva un eccessivo
accento alla componente preprogrammata del comportamento, mentre
l’altro, in contrasto con la teoria degli istinti, poneva un accento eccessivo
alla componente appresa. Il comportamento genitoriale negli esseri umani
non è certamente il prodotto di un istinto, non soggetto a variazioni, ma non
è nemmeno ragionevole considerarlo come il semplice prodotto
dell’apprendimento. Bowlby sostiene che il comportamento genitoriale
abbia forti radici biologiche, il che spiega le emozioni molto intense che vi
sono associate, ma le caratteristiche peculiari con cui tale comportamento si
manifesta in ciascuno di noi dipendono dalla nostre esperienze.
Secondo Bowlby, però, anche il bambino nasce provvisto di una serie di
comportamenti, geneticamente predeterminati (sorriso, pianto,
vocalizzazione..), che svolgono un’importante funzione adattiva e che
contribuiscono a mantenere la prossimità fisica con l’adulto, condizione
necessaria per la sopravvivenza.
Quello di attaccamento costituisce uno dei tanti sistemi comportamentali
attivi nel bambino; il suo funzionamento ottimale dipende allora dalla sua
capacità di coordinare tutti i sistemi, a volte anche in competizione tra loro,
per garantire la sopravvivenza fisica, ma soprattutto la padronanza
dell’ambiente. La coordinazione dei diversi sistemi comportamentali
richiede l’esistenza di processi di integrazione e controllo di ordine
superiore; esiste perciò un sistema di informazioni a livello centrale che
permette la costruzione di un “modello operativo interno”, il quale consente
all’organismo di raggiungere determinati obiettivi in condizioni ben
definite. La costruzione di tali modelli operativi è influenzata da almeno
due fattori: la quantità di tensione alla quale viene sottoposto il sistema
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comportamentale di attaccamento, la disponibilità delle figure di
attaccamento ad alleviare questi stati di tensione del bambino.
Mary Ainsworth e il suo contributo alla teoria dell’Attaccamento.
La psicologa statunitense Mary Ainsworth (Glendale, 1dicembre 1913-
Charlottesville, 21Marzo 1999) allieva di John Bowlby, ha dato un
contributo assai rilevante alla teoria dell’attaccamento consentendo di
rendere identificabili e misurabili le differenze individuali nei
comportamenti di attaccamento. La sua elaborazione teorica, sostenuta
anche da prove empiriche, è da considerarsi una conclusione del lavoro
iniziato dal suo maestro. La Ainsworth, conducendo una serie di studi sulla
sensibilità materna ai segnali del bambino e alla creazione di una procedura
standardizzata di laboratorio, nota come la Strange Situation abbia
contribuito all’utilizzo del paradigma dell’attaccamento all’interno delle
ricerche empiriche.
Rispetto alla formulazione originaria di Bowlby, la teorizzazione della
Ainsworth (Ainsworth, Blehar, Waters & Wall, 1978; Ainsworth, 1989)
contiene un importante elemento di novità che riguarda le situazioni
generatrici di tensione. Nella formulazione di Bowlby il sistema di
attaccamento viene attivato dalla paura scatenata da indici di pericolo
naturali (isolamento, estraneità, rumori etc..). La Ainsworth sottolinea,
invece, l’importanza di tener conto di quelle condizioni che rendono meno
allarmante una potenziale situazione di pericolo: per es., un bambino o un
cucciolo, esplorando una situazione non familiare, sperimenteranno un
livello di tensione minore se sanno di poter contare sulla vicinanza di una
figura di attaccamento che, in caso di pericolo, interverrà in loro aiuto; non
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appena, però, la figura di attaccamento sparisce, la situazione tornerà ad
essere vissuta come pericolosa. La Ainsworth tende ad enfatizzare la
presenza di una base sicura in caso di necessità: il bambino, consapevole
di avere un punto fermo, un appoggio, una disponibilità nella figura di
attaccamento, accentua il ruolo dei suoi comportamenti di esplorazione
verso l’ambiente esterno, sicuro di poter contare sul genitore. Importante è
ricordare che il sistema comportamentale di attaccamento verrà attivato,
più che dai pericoli “oggettivi”, dalla valutazione, da parte del bambino, di
tutta una serie di stimoli che minacciano il suo senso di sicurezza. I
comportamenti di attaccamento saranno allora sensibili ad alcune varianti
contestuali, ma saranno anche influenzati dal livello di sviluppo del
bambino, nonché dal suo stato di benessere fisico ed emotivo.
Nel corso del suo sviluppo, tuttavia, il bambino costruisce una
rappresentazione stabile di tutte le varianti che possono assicurare o
minacciare la sua stabilità e le caratteristiche di questa rappresentazione.
Il legame di attaccamento si sviluppa lungo il primo anno di vita attraverso
quattro fasi distinte.
La prima fase, detta fase di preadattamento, copre il periodo che va dalla
nascita alle prime sei settimane di vita. In questa fase il bambino manifesta
tutti i comportamenti di attaccamento di cui dispone ( il pianto, il sorriso, lo
sguardo alla madre, l’aggrapparsi, etc.)
La seconda fase si colloca nel periodo fra le sei settimane e i primi sei-otto
mesi di vita. Il bambino comincia a indirizzare, in modo preferenziale, i
comportamenti di attaccamento verso la madre. In questo periodo
l’angoscia è generata, non tanto dall’allontanamento dalla madre quanto,
invece, dall’essere lasciato solo.
Dal sesto all’ottavo mese fino all’inizio del secondo anno di vita subentra
la fase dell’attaccamento vero e proprio; il bambino manifesta sentimenti
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quando la madre si allontana, la ricerca attivamente grazie alle abilità di
spostamento acquisite e la utilizza come base sicura durante l’esplorazione.
Dal punto di vista dello sviluppo mentale, questa fase è accompagnata
dall’acquisizione della permanenza oggettuale: il bambino è in grado di
discriminare la madre dalle altre figure e di ricercarla attivamente anche
quando non è fisicamente presente.
In questo periodo il sistema comportamentale di attaccamento viene
influenzato da un insieme complesso di fattori sia di natura endogena che
esogena. Fra i fattori esogeni troviamo quelle situazioni potenzialmente
pericolose: la separazione del genitore, la presenza di un estraneo o di un
ambiente non famigliare. Esse attivano il sistema comportamentale di
attaccamento che spinge il bambino a ricercare la prossimità con la madre.
Fra i fattori endogeni, invece, troviamo: la malattia, l’affaticamento, la
fame e altri stati interni che inducono un maggior bisogno di cure materne,
solo grazie ad esse lo stato di tensione del piccolo verrà alleviato.
Non appena il bambino viene tranquillizzato, il sistema comportamentale di
attaccamento si disattiva e viene sostituito dall’attivazione di altri sistemi di
comportamento, necessari per il suo sviluppo: affiliazione o esplorazione.
Dai diciotto mesi in poi subentra l’ultima fase, caratterizzata dalla
costruzione di una relazione reciproca fra madre e bambino. In questo
periodo intervengono importanti acquisizioni sul piano cognitivo, che
influenzano la relazione di attaccamento; si assiste in particolare a un
accrescimento delle capacità linguistiche e di memoria del bambino, la
capacità di rappresentarsi mentalmente gli eventi. Tutte queste conquiste
fanno si che la separazione dal genitore provochi livelli di tensione minori.
La più grande conquista di questa fase consiste, comunque, nella capacità
del bambino di costruirsi dei “modelli operativi interni”dell’attaccamento.