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INTRODUZIONE
Il lavoro di tesi presentato è basato su una ricerca di comparazione
testuale, sulle caratteristiche psicologiche degli psicoterapeuti e dei
pazienti, valutate in termini di: stile di attaccamento, capacità di
mentalizzazione e delle loro influenze sulla relazione terapeutica. Questo
particolare punto di vista teorico deriva originariamente dalla
psicoanalisi, dalla teoria delle relazioni oggettuali, sia quando è riferito
alla relazione madre-bambino sia alla relazione terapeutica e viene
riconosciuto come fondamentale per lo sviluppo di quella peculiare
competenza umana che Peter Fonagy e Mary Target (2001) hanno
chiamato mentalizzazione. Gli studi nel campo della Teoria della Mente
(Baron-Cohen, 1991; Leslie, 1988) attestano l‟inizio di questa capacità
dopo il secondo anno di età per giungere compiutamente a maturazione
intorno al quarto. La capacità di “tenere a mente la mente” (Fonagy,
1991), propria e altrui, può subire danni irreparabili sulla base di una
relazione d‟attaccamento traumatica e disfunzionale tra caregiver e
neonato, ma risulta, in altro modo, un aspetto e una conquista
fondamentale del percorso personale e formativo degli psicoterapeuti, per
basare empaticamente il lavoro clinico.
Il fine ultimo del lavoro presentato è quello di suggerire attraverso
la letteratura sull‟attaccamento migliori percorsi e adattamenti di questa
capacità, sia nel paziente che nel terapeuta, tuttavia tenendo conto della
scarsa produzione scientifica riguardante le ricerche sulle caratteristiche
psicologiche degli psicoterapeuti. Inoltre la compresenza di numerose
variabili e dimensioni della relazione terapeutica non permette sempre
una facile correlazione tra costrutti di attaccamento e mentalizzazione.
La ricerca bibliografica è stata condotta attraverso l‟utilizzo dei
motori di ricerca PsycINFO, PsycARTICLES, Google Scholar, Medline
e PubMed e le risorse cartacee della Rete Bibliotecaria del Polo
Bolognese, l‟arco temporale in cui si collocano gli studi presentati, va dal
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1990 al 2011, le parole chiave maggiormente utilizzate sono state:
psychotherapy, psychotherapist, attachment, mentalization, therapeutic
alliance, countertransference.
Jeremy Holmes (2009) identifica tre direzioni di ricerca principali
nell‟inquadramento dell‟attaccamento nei terapeuti e nella pratica clinica:
il primo afferisce a diversi studi che utilizzano l‟Adult Attachment
Interview (George, Kaplan, Main, 1986), o adattamenti di questa (Kobak,
1989; Waters et al. 2005) somministrata sia ai terapeuti (Dozier, Cue,
Barnett, 1994; Tyrrel et al. 1999) che ai pazienti portatori di patologie
gravi (Dozier, 1990). Il secondo filone, rappresentato dal lavoro di
Diamond et al. (2003), ha sviluppato una versione dell‟AAI rivolta non
alla personale biografia, ma alla qualità dell‟attaccamento verso il
paziente (PT–AAI, Patient- Therapist Adult Attachment Interview,
Diamond et al. 1999). La terza direzione di studi riguarda le
caratteristiche dell‟attaccamento del paziente, nel caso particolare
dell‟attaccamento verso il terapeuta, ed è stato particolarmente
approfondito da Brent Mallinckrodt.
Nel primo capitolo, verranno presentati i punti cardine della teoria
dell‟attaccamento e della mentalizzazione, nel secondo capitolo verrà
passata in rassegna la letteratura relativa agli stili di attaccamento dei
pazienti nei confronti dei terapeuti, nel terzo verrà affrontato
l‟aggiornamento relativo alla letteratura nel campo dell‟attaccamento dei
terapeuti. Questi primi capitoli cercheranno di identificare i problemi
metodologici che s‟incontrano nei disegni sperimentali considerando le
correlazioni tra costrutti derivati dalla teoria dell‟attaccamento, e, misure
di processo e di esito. La rassegna sarà corredata dalla presentazione dei
principali strumenti di valutazione maggiormente utilizzati nel campo di
ricerca in esame. Il quarto capitolo affronterà il concetto di
mentalizzazione in terapia, esponendo i principali studi clinici
misurandone il costrutto. Infine il quinto capitolo prenderà in
considerazione le motivazioni che spingono alla scelta della professione
di psicologo e psicoterapeuta.
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Oltre a queste dimensioni la tesi affronta ulteriori aspetti, altrettanto
importanti nel caratterizzare la pratica clinica, alcuni dei quali vengono
comunemente ascritti alla categoria degli ingredienti non specifici della
terapia, mentre altri rappresentano vere e proprie dimensioni relazionali.
Tra i primi può essere considerato il tacito accordo tra terapeuta e
paziente indicato in letteratura come “alleanza terapeutica” (Horvath,
Greenberg, 1986; Horvath, Luborsky, 1993) (in inglese Working
Alliance, WA da ora in poi). Diversi studi analizzano questo particolare
aspetto della terapia, sia in relazione allo stile di attaccamento del
terapeuta (Rubino et al., 2000; Ligiero, Gelso, 2002; Dinger et al., 2009;
Schauenburg et al. 2010) sia del paziente (Mallinckrodt, Gantt, Coble,
1995; Eames, Roth, 2000; Kanninen, Salo, Punamaki, 2000; Parish,
Eagle, 2003; Bird, Patterson, Turchik, 2010). Questi studi utilizzano
prevalentemente strumenti di valutazione dell‟attaccamento di tipo self-
report.
Ciò che invece può essere definita come una dimensione condivisa
dalla coppia terapeutica è la Relazione Reale (RR) in cui si stabilisce il
rapporto tra paziente e terapeuta. Greenson (1967), al quale si deve
questa definizione, ha descritto la RR come un aspetto più immediato e
trasversale della relazione, libero dall‟influenza di fenomeni tecnici, quali
la WA o la dinamica transfert-controtransfert, caratterizzata da due
fondamentali qualità: la genuinità e il realismo. Diversi studi, hanno
correlato la RR con l‟attaccamento del paziente e a misure di outcome e
di WA (Fuertes et al. 2007; Kelley et al. 2010; Moore, Gelso, 2011).
Accanto a queste dimensioni si possono considerare: le influenze
dell‟attaccamento su particolari aspetti tecnici del processo, per esempio
il modo in cui l‟attaccamento reciproco interagisce con la profondità
delle sedute percepita da paziente e terapeuta (Pesale, Hilsenroth, 2009) e
con lo stile degli interventi (Romano, Fitzpatrick, Janzen, 2008; Romano,
Janzen, Fitzpatrick, 2009); il transfert e il controtransfert (Mohr, Gelso,
Hill, 2005; Martin et al. 2007); la traumatizzazione vicaria (Harrison,
Westwood, 2009; Sheehy-Carmel, Friedlander, 2009); la self-disclosure
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del terapeuta (Jeffrey, Austin, 2007) e del suo orientamento sessuale
(Graglia, 2009; Israel et al. 2009) e caratteristiche personali del terapeuta
come l‟orientamento religioso (Gregory II et al. 2008). Ulteriori aspetti
che possono avere profonda rilevanza nell‟andamento dei rapporti
terapeutici sono: l‟orientamento delle dinamiche di attaccamento
all‟interno dei gruppi di lavoro in setting istituzionalizzati (Mikulincer,
Shaver, 2007) e l‟influenza che può avere sulle relazioni terapeutiche gli
stili di attaccamento del gruppo di lavoro (Berry et al. 2008).
Nonostante l‟importanza di questi ultimi aspetti del processo
psicoterapeutico, il lavoro di tesi si concentra sulla relazione tra lo stile di
attaccamento dei terapeuti e dei pazienti e alcune misure di processo, tra
cui la più utilizzata, ai fini della caratterizzazione della relazione
terapeutica è quella di WA, come anche la percezione di profondità del
processo e alcune caratteristiche del controtransfert. In diversi studi
queste caratteristiche sono state messe in relazione anche a misure di
esito.
In alcuni studi viene posta anche la domanda di come
l‟orientamento teorico del terapeuta interagisca con altri indici e
dimensioni e se questo possa essere messo in relazione con aspetti
personali e interpersonali dello stile di attaccamento del terapeuta (Hardy
et al. 1998; Black et al. 2005, Lambruschi, 2011). Il problema non è
trascurabile e si cercherà di renderne conto, superando tendenze
corporative che hanno caratterizzato accesi dibattiti nel passato (Pesale,
Hilsenroth, 2009; Schauemburg et al. 2010).
La professione dello psicoterapeuta espone a condizioni di stress e
potenziale pericolo (Baldoni, 2008c). I rischi risiedono principalmente
nel fallimento delle capacità mentalizzanti del terapeuta nel contesto
delle dinamiche transferali-controtransferali e dei meccanismi di
comunicazione inconsci della coppia terapeutica, esponendo il terapeuta
all‟agito di controtransfert, ovvero alla perdita del controllo delle proprie
azioni in risposta a particolari identificazioni proiettive del paziente
(Bateman, Holmes, 1995; Gabbard, Lester, 1995; Celenza, 1998; 2010).
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La formazione, sia quella di base che quella post-laurea dovrebbero
essere in grado di fornire gli strumenti di prevenzione rivolti al rischio di
burn-out e di agiti controtransferali, come anche alle loro conseguenze
sul piano clinico ed etico, e orientare i futuri clinici verso gli strumenti di
conoscenza delle profonde dinamiche, guidate dall‟attaccamento, che
intervengono nel regolare le relazioni interpersonali e la relazione clinica.
Pertanto una relazione clinica disfunzionale può diventare un ambiente
insicuro, fonte di pericolo, dal quale non è possibile sperimentare un
progresso personale, sia per quanto riguarda il paziente che per il
terapeuta. Al contrario una relazione clinica caratterizzata come una base
sicura può diventare un ambiente dal quale partire verso l‟esplorazione
dei propri contenuti psicologici e affettivi, nella costruzione del
progresso personale e interpersonale.
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CAPITOLO 1
LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO E LA
MENTALIZZAZIONE: DUE CONCETTI
COMPLEMENTARI
1.1. Aspetti generali della Teoria dell’Attaccamento
La teoria dell‟attaccamento è stata elaborata dallo psicoanalista
inglese John Bowlby (1907-1990) a partire dalla metà degli anni 50
proponendosi come alternativa alla teoria pulsionale freudiana,
integrando diverse discipline (Psicoanalisi, Teoria Generale dei Sistemi,
Cibernetica, Cognitivismo) in una prospettiva etologica ed
evoluzionistica.
La rivoluzione che Bowlby ha operato nel campo della psicoanalisi
è stata motivata dall‟urgenza di superare posizioni che non potevano
essere considerate scientifiche e che caratterizzavano la psicoanalisi
come una disciplina ermeneutica (Bowlby, 1988). La teoria
dell‟attaccamento ha formulato invece costrutti e strumenti di ricerca che
è stato possibile sottoporre a procedure di falsificazione statistica. Il
retroterra teorico e formativo di Bowlby, radicato nella psicoanalisi e
nella scuola inglese delle relazioni oggettuali, ha caratterizzato la sua
riflessione e ha guidato la sua ricerca alle origini del trauma, che egli ha
individuato nello sviluppo della relazione tra il bambino e la sua figura di
attaccamento primario e che, in senso più esteso, coinvolge la
partecipazione di tutto l‟ambiente esterno. Questa radice teorica avvicina
Bowlby alle posizioni di Winnicott (1971) espresse nei concetti di
holding e di handling. Per entrambi una carenza nella relazione con
l‟ambiente (materno, familiare e sociale) determina cure e protezione
inadeguate rispetto al normale sviluppo del bambino, predisponendolo a
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malattie psicologiche, fisiche e a comportamenti antisociali e devianti
(Winnicott, 1946, cit. in Davies, Wallbridge, 1981; Baldoni, 2010).
L‟osservazione etologica, per un altro verso, informa la teoria
dell‟attaccamento specificando la necessità delle specie, umane e non, di
soddisfare i bisogni fondamentali. Pur non negando l‟importanza della
sessualità, sollevata dalle teorie freudiane, Bowlby ha ampliato la gamma
dei sistemi comportamentali che rispondono ai bisogni fondamentali per
la sopravvivenza. Pertanto, accanto al sistema comportamentale
riproduttivo, trova posto un altro che provvede alla ricerca delle cure
corporee e del cibo ed entrambi sono mediati dall‟insorgere di un
desiderio. A differenza delle spinte motivazionali sottostanti a questi
primi due sistemi comportamentali, quello della protezione dai pericoli fa
leva sul sentimento della paura. Tutti insieme rappresentano aspetti
fondamentali del meccanismo evoluzionistico di selezione naturale.
La specie umana ha sviluppato in particolar modo, insieme al
sistema della riproduzione, il sistema dell‟accudimento e
dell‟attaccamento. L‟uomo, rispetto ad altre specie meno evolute,
possiede infatti la caratteristica di prolungare il periodo di dipendenza
dalla madre, scandito dal lento e graduale sviluppo delle funzioni motorie
e cognitive, necessarie al progredire delle abilità di comunicazione,
affettive e verbali (Maturana, Varela, 1980; 1984), che stanno alla base
dello sviluppo sociale e della stimolazione dell‟attenzione materna
secondo meccanismi biologici innati (Stern, 1985; Trevarthen, 1997).
Non tutte le relazioni umane però, anche quando sono significative,
sono relazioni di attaccamento. Perché si possa parlare di attaccamento
dovrebbero essere presenti almeno tre condizioni di base. Innanzitutto è
necessaria le ricerca della vicinanza (proximity seeking) tra la persona
attaccata e la persona che offre attaccamento. Questa ricerca risalta nella
relazione tra madre e bambino piccolo. Altro elemento fondamentale è la
reazione di protesta per la separazione (separation protest), ovvero quella
serie di comportamenti che si manifestano in particolar modo nelle
situazioni di pericolo, quando la figura di attaccamento è lontana o non è
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disponibile. Tali comportamenti sono evidenti nel bambino piccolo
quando la madre si allontana o nei momenti di separazione, ma possono
manifestarsi anche nell‟adulto in modo più sofisticato ed elaborato, per
esempio nelle relazioni romantiche, quando un membro della coppia
minaccia di abbandonare l‟altro. La terza condizione che definisce la
relazione di attaccamento è la presenza di una base sicura (Ainsworth
1967; Ainsworth et al. 1978), ovvero quella particolare atmosfera di
fiducia e sicurezza, che può instaurarsi tra il bambino e il suo caregiver e
che ne permette l‟esplorazione del mondo circostante, nella certezza che
qualsiasi difficoltà potrà essere affrontata con il ritorno alla base, madre o
caregiver, e con la ricerca della prossimità di lei.
Questi fenomeni comportamentali sottostanno a finissimi
meccanismi di feedback che fondano la regolazione psicobiologica
reciproca della coppia di attaccamento, guidati dalla valenza delle
espressioni del volto del neonato, dall‟intonazione affettiva e dalla
prosodia della voce materna, dall‟handling e dall‟holding e dalle
reciproche e coordinate risposte neurobiologiche (Schore, Schore, 2008).
La visione del volto materno stimola, nel bambino, la produzione di
endorfine le quali favoriscono la crescita del sistema corticale prefrontale
(Schore, 2000; 2003), che presiede all‟attività delle cortecce orbito-
frontali, in particolare quella destra, facenti parte del sistema limbico,
ovvero la struttura neurobiologica sottostante agli aspetti emotivi del
comportamento e delle reazioni di eccitazione e ricompensa.
Il sistema limbico si trova in una zona di convergenza tra strutture
corticali superiori e strutture sottocorticali, esercitando un‟importante
funzione di controllo sull‟equilibrio delle due branche del sistema
nervoso autonomo, simpatica e parasimpatica, e sul controllo e inibizione
degli impulsi. Una crescente mole di studi di neuroimaging, sia su
modelli animali (Champagne et al. 2004; Olazabal et al. 2006a, Olazabal,
Young, 2006b;) che su soggetti umani (Lorberbaum et al. 2002; Swain et
al. 2007), ha stabilito le relazioni tra qualità dell‟attaccamento adulto,
regolazione dei sistemi dopaminergici legati alla ricompensa (Strathearn
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et al. 2008; Streathearn et al. 2009) e sistemi ossitoninergici legati alla
soddisfazione e al piacere nelle relazioni sociali (Feldman et al. 2010;
Feldman, Gordon, Zagoory-Sharon, 2011; Gordon et al. 2010; Buchheim
et al. 2006; Buchheim et al. 2008; Buchheim et al. 2009).
Negli ultimi anni la ricerca sull‟attaccamento adulto ha amplificato
la sua portata includendo negli studi le relazioni tra padri e bambini
(Baldoni, Ceccarelli; 2010; Baldoni, 2011). A tal proposito, un
recentissimo studio, realizzato in doppio cieco, (Naber et al. 2010) ha
esteso la valutazione neurobiologica dei sistemi ossitoninergici anche
all‟attaccamento dei padri in relazione a situazioni di gioco spontaneo
con i propri figli. Questa complessa attività neurobiologica, registrata
prevalentemente nel sistema limbico e nella corteccia cerebrale orbito-
frontale destra (Schore, 2003), si basa sulla raffinatezza dei sistemi di
riconoscimento della comunicazione tra madre e bambino e giunge a
livelli infinitesimi e non percepibili consciamente. Per fare un esempio,
uno studio esplorativo (Moneta et al. 2008) effettuato su un piccolo
campione di madri tedesche (N=10), ha stabilito una correlazione
positiva tra attaccamento sicuro, valutato attraverso la somministrazione
dell‟Adult Attachment Interview (George, Kaplan, Main, 1986), e
l‟ampiezza della seconda armonica registrata durante l‟emissione della
parola Mutter (Madre in it.) sulle vocali U ed E, durante risposte a
domande dell‟AAI con significato affettivo particolarmente attivante i
sistemi di memoria, per cui in madri sicure si è evidenziato una maggiore
ampiezza delle frequenze fondamentali delle vocali, registrate al punto
medio dello spettro di frequenza, rispetto a madri insicure.
Secondo Bowlby questa matrice affettiva-cognitiva e
comportamentale, basata sul corpo e sull‟azione (Fonagy, 2001), informa
e guida lo sviluppo dei sistemi di memoria: procedurale, per immagini,
episodica e semantica, di cui i primi due afferiscono ad un sistema
prevalentemente automatico e inconscio, maggiormente legato
all‟espressione e allo sviluppo degli affetti, mentre gli ultimi sottostanno
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alle memorie narrative del soggetto legandosi in tal modo a sistemi
linguistici-cognitivi prevalentemente consci.
Sulla base di questi sistemi ogni individuo costruisce dei “modelli
operativi del mondo e di se stesso nel mondo con l’aiuto dei quali
percepisce gli eventi, prevede il futuro e costruisce i propri programmi”
(Bowlby, 1973).
Il concetto di Modello Operativo Interno (MOI) è stato avanzato
per la prima volta da Craik (1943, cit. in Bretherton, 1997), che lo ha
descritto non come una copia esatta del mondo, ma piuttosto come
strutture mentali che conservano la configurazione temporale e causale
dei fenomeni del mondo reale, e sui quali l‟individuo può operare
(Bretherton, 1997). Secondo l‟idea di John Bowlby (1973), che si
avvicinava a quella di Craik, il concetto di MOI si riferisce a modelli del
Sé e di relazione di natura sistemica. Anche nella sua concettualizzazione
la rappresentazione è un processo dinamico, in cui il termine “modello”
suggerisce la struttura relazionale della rappresentazione (ibid.).
Bowlby, inoltre riteneva che i modelli fossero multipli, seppur
organizzati gerarchicamente, in quanto legati a diverse relazioni affettive
(madre, padre, fratelli, nonni, altri). La multiformità dei MOI è ben
sintetizzata nel concetto di Multiple Relationship, inerente alla funzione
di transfert in psicoterapia, che rappresenta la possibilità e la capacità del
terapeuta di incarnare diversi i “oggetti” affettivi dai quali è investito nel
corso del transfert, su di lui operato dal paziente (Barnett et al. 2007).
Gli studi naturalistico-comportamentali di Mary Ainsworth (1913-
1999) hanno aperto la seconda fase delle Teoria dell‟Attaccamento,
caratterizzata dall‟elaborazione e dall‟utilizzo di una procedura
sperimentale di valutazione dell‟attaccamento, chiamata Strange
Situation, nella quale si osserva il comportamento del bambino in seguito
ad episodi di separazione e riunione con la madre, che elicitano i pattern
di attaccamento del bambino (Ainsworth, 1969; Ainsworth et al. 1978).
Si distinguono tre pattern principali: