3
INTRODUZIONE
Questa tesi nasce come tentativo di esplorare, e per quanto possibile, approfondire
un tema oggi piø che mai attuale: il disturbo anoressico come soluzione psicopato-
logica alla costruzione dell’identità di donna.
Il fenomeno di interesse si inserisce all’interno di quella che oggi viene definita
clinica dei nuovi sintomi, per indicare la cura di forme di sofferenza che sembrano
dominare la scena pubblica e privata, attraverso un focus sulle trasformazioni an-
tropologiche e psicopatologiche che vengono oggi prodotte dal discorso storico-
culturale (Terminio, 2010)
1
.
Lo scopo del seguente lavoro è proprio quello di analizzare un percorso di costru-
zione identitaria in cui la psicopatologia diventa la dimostrazione di un “disordine
che non appare piø come un non- senso, ma come un brancolare ripetitivo alla ri-
cerca di una bipolarità creatrice di senso” (Olievenstein, 1984)
2
in un contesto
culturale che ne definisce le forme.
L’espressione «bipolarità creatrice di senso» rende bene il paradosso della pato-
logia anoressica, ove l’oscillazione tra un piø di senso e un non- senso trova solo
nel sintomo un limite significante, altrimenti assente nella sua matrice costitutiva:
relazionale, familiare, sociale e culturale.
Il limite trovato dall’anoressica è quello del corpo e della sua immagine, svuotato
della sua funzione di fondazione della soggettività matura e desiderante.
1
Terminio N. (2010), Nuovi sintomi e disagio sociale, perchØ scommettere sulla psicoanalisi?, Di Giro-
lamo Editore, Trapani, pp. 11- 18
2
Olievenstein C. (1984), Il destino del tossicomane, Borla, Roma, 1993, p. 62
4
¨ proprio sul percorso di maturazione corporea e sulla nascita del desiderio che si
è dipanato il mio lavoro di tesi, al fine di tessere un pensiero sull’anoressia come
sofferenza che è, a mio avviso, intrinsecamente embricata con l’essere donna.
Il corpo si pone come snodo principale per la comprensione del fenomeno, non
solo come luogo visibile del sintomo, ma soprattutto come testimone della conti-
nuità antropo- bio- psichica della storia della persona.
La relazione è il fil- rouge che lega e sostanzia queste tre dimensioni
dell’esistenza e in quanto tale è fondatrice del vissuto del soggetto.
Il primo capitolo parte proprio dal legame di attaccamento come relazione in cui si
incorporano, nel senso letterale del termine, fantasie, desideri e paure che sono la
base della formazione delle successive rappresentazioni di sØ, dell’altro e delle re-
lazioni. La qualità funzionale e strutturale di queste rappresentazioni interne è a
sua volta frutto del processo di differenziazione e separazione (Albasi, 2008)
3
che
si attua a partire dallo svezzamento per giungere al suo culmine nello stadio dello
specchio, momento elettivo di riconoscimento costitutivo del sØ attraverso e con
l’Altro (Lacan, 1966)
4
.
Ho sottolineato come in questo gioca un ruolo fondamentale la qualità
dell’attaccamento come contenitore organizzante e regolatore dello sviluppo psi-
co- corporeo, approfondendo anche l’aspetto prettamente neurobiologico, e a par-
tire da ciò ho esplorato la relazione tra attaccamento insicuro e l’emergere di
drammatiche angosce di separazione. Come ampiamente descritto in letteratura
3
Albasi C. (2008), “Modelli operativi interni dissociati: una prospettiva relazionale sull’attaccamento, il
trauma, la dissociazione” in Caretti V., Capraro G., (a cura di) Trauma e psicopatologia: un approccio
evolutivo- relazionale, Astrolabio, Roma, pp. 194-227
4
Lacan J. (1966), Lo stadio dello specchio come formatore delle funzioni dell'Io, in Scritti, Einaudi, To-
rino, 1974.
5
(Gaddini, 1989; Dolto, 1998)
5
queste profonde angosce comportano l’ancoraggio
alla prima struttura del SØ corporeo così come percepito e fantasmaticato dalla di-
ade madre- bambina, privandolo dunque dei sostegni simbolici che sostanziano
«l’appropriazione del corpo» (Winnicott, 1949)
6
, un corpo che quindi non può es-
sere mentalizzato perchØ manchevole del suo riconoscimento come matrice della
soggettività e del desiderio della bambina.
“Queste esperienze definibili angosce identificatorie primarie intaccano l’identità
corporea, appiattendola su un corpo narcisistico, quello della lotta corpo a corpo
con la madre, secondo una modalità in cui prevalgono bisogno e sensorialità, a di-
scapito di mentalizzazione e simbolizzazione dello stesso e a detrimento della
possibilità di separarsi anche fisicamente e dalle fantasie sul corpo proprie della
madre (Racalbuto, 2004)
7
.”
Nel secondo capitolo mi sono proposta, innanzitutto, di percorrere le linee dello
sviluppo della rappresentazione corporea della bambina all’interno della relazione
di attaccamento, partendo dall’ipotesi che la stessità di genere e dunque il vissuto
inconscio materno nei confronti del corpo e del sesso di sØ e della propria figlia
abbia una presa rappresentazionale forte nello sviluppo del SØ corporeo e
dell’identità di genere, che definisce a sua volta il processo di separazione- indivi-
duazione.
5
Gaddini E. (1989), “Note sulla relazione mente- corpo”, in Scritti 1953- 1985, Raffaello Cortina, Mila-
no 1989
Dolto F. (1998), L’immagine inconscia del corpo, Bompiani, Milano 2001, p. 45
6
Winnicott D. W. (1949), L’intelletto e il suo rapporto con lo psiche- soma in Dalla pediatria alla Psico-
analisi (1958) Martinelli, Firenze, 1975, pp. 37- 40
7
Racalbuto A. (2004), “L’isteria, dalle origini alla costellazione edipica: il “femminile” e il conflitto
d’alterità. Riv. Psicoanl. 1. Pp. 77-102
6
Nella costruzione dell’identità, infatti, le rappresentazioni di sØ e dell’oggetto non
possono prescindere dal genere (Schafer, 1968)
8
e dalle inscrizioni consce e in-
consce, di cui la madre si fa portatrice.
Diversi studi hanno infatti dimostrato che nelle manipolazioni e nelle prime cure
del neonato sono osservabili differenze a seconda del sesso del bambino, e se pen-
siamo a come queste siano attraversate dalle rappresentazioni che il caregiver vei-
cola all’interno della relazione corporea, capiamo bene come le zone somati-
che/erogene diventano l’area transizionale tra lo sviluppo del SØ della bambina e
quello della relazione con la figura di attaccamento (Arcidiacono, 2003)
9
.
La significazione del corpo della bambina passa attraverso l’essere donna e
l’essere madre di cui si fa portatrice il caregiver, attraverso la relazione fantasma-
tica con la sua sessualità e la possibilità satura vs insatura di dare valore e diritto
di esistenza al corpo cavo della figlia come frutto della trasmissione della propria
esperienza di donna, rispetto ad un livello transgenerazionale, antropologico e cul-
turale (Giuffrida, 2009)
10
.
Mi è sembrato, in tal senso, di fondamentale importanza, riflettere sulla specificità
del legame tra la donna e il suo corpo, nella sua potenza e erotica e procreatrice,
nella relazione tra immagine pubblica e privata, ieri e oggi, per quanto attiene la
costruzione della sua identità sessuata. Ho pensato a come la qualità della relazio-
ne madre- figlia, in alcuni casi, sia particolarmente intrisa dei tentativi da parte
della prima di portare a compimento aree di sØ irrisolte, che riguardano la propria
identità di genere e che trovano nella bambina un polo di identificazione proiettiva
non indifferente.
8
Schafer R. (1968), Aspetti dell’interiorizzazione, Armando Armando, Roma 1972, pp. 26-32
9
Arcidiacono C. (2003), Identità femminile e psicoanalisi. Da donna a donna: alla ricerca del senso di
sØ, FrancoAngeli, Milano, pp. 144-163
10
Giuffrida A. (a cura di) (2009), Figure del femminile, Riv. Psicoan. Monografie, Borla, Roma, pp. 102-
114
7
Tutto ciò comporta una serie di dinamiche nella relazione di attaccamento che
hanno lo scopo inconscio di mantenere la disponibilità dell’Altro, attraverso con-
trollo, invasività e prevaricazione che ostacolano il processo di separazione- indi-
viduazione (Stoller, 1975)
11
.
¨ ipotizzabile che strategie di evitamento e di diniego della dipendenza dalla ma-
dre diventino in questo caso la modalità per gestire l’eccesso non simbolizzato
presente all’interno della relazione (Fonagy et., 1992)
12
. In una dimensione attuale
di forte conflitto tra eccesso di erotico ed eccesso di materno nell’identità di don-
na, lo smarrimento della bambina può assumere le forme di un’instabile rappre-
sentazione di sØ e del proprio corpo femminile, a sua volta negato perchØ non si-
gnificato, contenuto e nominato all’interno della relazione (Bruch, 1977; Selvini
Palazzoli, 1963)
13
.
Ho dedicato una parte alla relazione nutritiva in quanto rappresentante elettivo
della dialettica tra materno ed erotico, bisogno e desiderio, fusione e separazione.
La percezione del cavo non riguarda solamente gli organi sessuali femminili, ma
anche le zone anali e orali, che si delineano per le stesse qualità e funzioni.
Le qualità e le funzioni del cavo sono omologabili per tutti gli organi cavi, che
appaiono equivalenti nell'inconscio, ma si differenziano assumendo caratteristiche
relative sia alle varie fasi dello sviluppo sia alla storia dei rapporti oggettuali (Ce-
sàro, 1996)
14
.
11
Stoller R.J., (1975), Sex and Gender, Vol. 2, Science House, New York, p. 45
12
Fonagy P., Moran G., Steele M., Steele H. (1992), L’integrazione della teoria psicoanalitica e del lavo-
ro sull’attaccamento; la prospettiva intergenerazionale. In Ammaniti M., Stern D. (a cura di). Attaccamen-
to e psicoanalisi. Laterza, Bari
13
Bruch H. (1977), Patologia del comportamento alimentare. Obesità, Anoressia mentale e personalità,
Feltrinelli, Milano, p. 174
Selvini Palazzoli M. (1963), L'anoressia mentale, Feltrinelli, Milano, p. 38
14
Cesàro A.N. (1996), Del genere sessuale. Saggi psicoanalitici sulla identità femminile, Alfredo Guida
Editore, Napoli, pp. 88-91
8
In quanto primaria e arcana relazione di vita l’esperienza alimentare ci dà l’idea di
quanto abbia in sØ una forte componente erotica (Testoni, 2001)
15
, esperita in pri-
mis dalla madre, e con lei, la sua impossibilità di accettarla e tollerarla fa sì che la
bambina sperimenti già dalla fase orale una condizione di insicurezza di base
(Stern, 2007)
16
.
Infatti il nutrimento e con sØ l’incorporazione del cibo è la prima forma attraverso
la quale il bambino costruisce l’esperienza di riempimento dei vuoti somatici at-
traverso i quali si estrinseca il limite del proprio corpo (Testoni, 2001)
17
.
Un’esperienza travagliata e non soddisfacente non consente una loro configura-
zione come spazi di separazione per la simbolizzazione delle zone corporee, co-
me canali di piacere o dispiacere nella comunicazione dell’altro, luoghi privilegia-
ti della sensualità vitale, ma verranno vissuti come assenze, buchi somatici della
funzionalità corporea e dell’identità.
Attuando una virata metaforica e metonimica, l’equivalenza simbolica tra le zone
erogene bocca- vagina, il desiderio di mangiare e il desiderio sessuale, ci porta a
considerare la costruzione della sessualità femminile e il nutrimento come due
dimensioni da poter pensare in relazione per la comprensione dei disturbi alimen-
tari nelle donne
18
.
Lo scopo del terzo capitolo è proprio quello di delineare una traiettoria di com-
prensione del disturbo del comportamento anoressico come tentativo di fronteg-
giamento al trauma separativo narcisistico primario, attraverso una sua concretiz-
15
Fame- oggetto cibo- gusto si pongono metaforicamente nella catena stimolo- oggetto- piacere sensuale
in Testoni I. (2001), Il dio cannibale. Anoressia e culture del corpo in Occidente, Utet, Torino, p. 74
16
Stern D.N. (2007), La costellazione materna. Il trattamento psicoterapeutico della coppia madre –
bambino, Bollati Boringhieri, pp. 78- 89
17
Ibidem p. 161
18
Ibidem p. 177
9
zazione in una sorta di ferita del corpo
19
. L’adolescenza, frequentemente periodo
di insorgenza, è un momento nel quale si riattivano per un verso le angosce di se-
parazione e per l’altro angosce rispetto alla libido femminile, che sono state agite
dalla madre nella relazione primaria e che riemergono con la maturazione genitale
e un ispessimento reale della pulsione (Recalcati, 1997)
20
. In un movimento para-
dossale tra bisogno di fusione e desiderio di separazione dalla madre, possiamo
pensare che, nella patologia anoressica, il corpo esangue, asessuato e reso sterile
sia il disperato tentativo di raggiungere un equilibrio, nel quale i nuclei psicoso-
matici relativi all’erotico femminile vengano definitivamente neutralizzati, così
come richiesto dall’Altro materno. D’altra parte il rifiuto del cibo è un modo per
affermare il diritto alla separazione, che trova come unica forma di espressione la
manovra della sottrazione e la ricerca del vuoto, quell’esperienza di vuoto che la
figlia non ha potuto vivere come mancanza, come differenziazione dalla madre
(Chasseguet Smirghel J.,1994)
21
. Il rifiuto del cibo concretizza il rigetto della li-
bido tout court (Recalcati, 2007)
22
, del desiderio, attraverso cui si condensa
nell’attualità il rifiuto delle cura materne, che mai si sono poste come offerte
d’amore e di sicurezza, agendo in modo coattivo e sostanzialmente omologo le
strategie di evitamento e diniego utilizzate durante l’infanzia rispetto alla relazio-
ne di attaccamento (Attili, 2001)
23
.
Questo evidenzia con forza lo smarrimento della significatività del desiderio, co-
me fondatore della soggettività e della nascita psicologica, perchØ in questo caso
si riduce sulla domanda di amore all’Altro, nella speranza che in questa seconda
19
Ibidem p. 108
20
Recalcati M. (1997), Ultima cena: anoressia e bulimia, Bruno Mondadori, Milano, p. 148
21
Chasseguet Smirghel J. (1994), “La lotta delle donne per l’autonomia evidenziata dai disturbi alimen-
tari” (dattiloscritto) in Cesàro A.N. (1996), Del genere sessuale. Saggi psicoanalitici sulla identità fem-
minile, Alfredo Guida Editore, p. 56
22
Recalcati M. (2007), Fame, sazietà, angoscia, articolo tratto da www.kainos.it n°7
23
Attili G. (2001), Le emozioni e lo sviluppo affettivo in Fonzi A. (a cura di) Manuale di psicologia del-
lo sviluppo, Giunti, Milano, pp. 220-222
10
nascita, quella dell’adolescenza, possa essere pienamente soddisfatta; ma ciò
svuota il valore stesso del desiderio come eccedente alla soddisfazione della do-
manda, come perenne dimensione di mancanza, ove il desiderio maturo dell’Altro
è desiderio di desiderio (Lacan, 1974)
24
.
In tal senso la dipendenza dalla sensazione della fame svolge un ruolo di oggetto
transitorio e non transizionale (in senso winnicottiano) che si erge a soluzione so-
matopsichica al dolore dell’insicurezza relazionale
25
, e lo stimolo della fame è una
sensazione da cui la ragazza vorrebbe affrancarsi perchØ rappresenta la dipenden-
za dalla propria corporeità, dalla piø arcaica dinamica bisogno/desiderio (Cotrufo,
2005)
26
.
Il godimento dello stomaco vuoto e della vittoria sulla fame diventano dunque
delle forme di autoerotismo negativo che sostituisce la mancata interiorizzazione
di una relazione di base sicura.
A questo punto del lavoro svolto, la specificità del vissuto anoressico si riallaccia
alla qualità del pattern di attaccamento costruito nell’infanzia, e a come questo
abbia svolto un ruolo di mediatore nello sviluppo del proprio senso di sØ, quindi
anche del sØ sessuato. In letteratura sono presenti diversi studi che affrontano la
relazione tra la presenza di disturbi nel pattern di comportamento alimentare e il
legame di attaccamento con i genitori, che hanno dimostrato la prevalenza di at-
taccamento insicuro, e specificatamente una correlazione significativa tra attac-
camento insicuro-evitante e anoressia restrittiva (Attili et al., 2004)
27
.
L’accudimento ansioso, rigido, iperprotettivo, ipercentrato sul “fare bene” e sui
24
Lacan J. (1974), La significazione del fallo, in Contri G. (a cura di) Scritti, vol 2, Einaudi, Torino, p.
668
25
Op cit pp. 23-34
26
Cotrufo p. (2005), Anoressia del sessuale femminile. Dal caos alla costituzione del limite, FrancoAnge-
li, Milano, pp. 41-45
27
Attili G., Di Pentima L., Magnani M. (2004), Disturbi del comportamento alimentare, modelli mentali
dell'attaccamento e relazioni familiari, Rivista di Psicologia clinica dello sviluppo, 04/2004, 1, pp. 69- 96
11
bisogni fisici proprio di questa tipologia di pattern richiama molto da vicino il fare
la madre della donna attuale, ove il prendersi cura si trasforma in controllo e ap-
propriazione; una sorta di “infeudazione” della relazione madre- figlia, una moda-
lità vischiosa di relazione che rivela una lotta tanto contro la separatezza quanto
verso la presenza affettuosa (Godfrind, 2002)
28
; nel tentativo di trovare una solu-
zione al conflitto tra essere e avere, tra codici materni e codici maschili verso cui
tende ad appiattirsi oggi la specificità del femminile.
La bambina che percepisce la distanza come l’unica modalità efficace per ottenere
la vicinanza della figura di attaccamento costruisce il suo SØ sull’anestesia affetti-
va e il bisogno di un’indipendenza autarchica; questa strategia difensiva di svilup-
po subisce nell’adolescenza uno smacco: la maturazione sessuale attiva in modo
travolgente emozioni e desideri fino ad allora ignoti, che rendono vivida
l’intrinseca ed inevitabile presenza del legame con l’Altro come matrice costituti-
va dell’identità. Questo processo di cambiamento bio- psico- sociale si staglia
come ferita, come frattura nell’integrazione somatopsichica, come voragine insa-
nabile nell’Io, proprio perchØ i suoi confini psico- corporei non si sono adeguata-
mente definiti nella relazione primaria. In tal senso la “scelta” anoressica consente
di rimarginare lo spazio chiuso, cercando di preservare l’illusione che il corpo
possa indefinitamente vivere senza l’apporto esterno: il cibo, come l’Altro
29
.
La dinamica godimento vs desiderio nella relazione con l’Altro e nella relazione
con il cibo (Lacan, 1982)
30
affonda dunque le sue radici nella primaria relazione
di attaccamento, ma è necessario cercare di comprendere come questa dialettica
prenda un forma costrittiva nel vissuto presente dell’adolescente anoressica, anche
in relazione alla sua declinazione culturale attuale.
28
Godfrind J. (2002), Come la femminilità arriva alle donne, Borla, Roma, p. 87
29
Op cit pp. 104-106
30
Lacan J. (1982), Seminario XX. Ancora, Einaudi, Torino, pp. 67-100
12
Questo focus su legame sociale ha attraversato tutta la mia riflessione teorica nella
necessità epistemologica di evitare riduzionismi psicologici e sociologici, per ra-
gionare invece nei termini del rapporto tra la storia e la struttura della clinica, co-
me incidenza del discorso sociale e dei suoi miti immaginari nella produzione di
particolari risposte soggettive (Vandereycken, 1994)
31
, e consentendomi di rap-
presentare la sofferenza psicopatologica come espressione dell’essere- nel- mondo
(Binswanger, 1973)
32
.
Nell’ultima parte del presente lavoro l’obiettivo è proprio quello di definire questo
rapporto nel vissuto della giovane donna anoressica, infatti la circolazione demo-
cratica del godimento e la saturazione postcapitalista
33
del desiderio trovano un
parallelismo sorprendente tra la relazione con il cibo e la relazione con la propria
sessualità desiderante. Sottolineando l’immagine di “naturalità” che per millenni
ha legato la donna e il cibo, rendendo quest’ultimo, per lungo tempo, il principale
referente simbolico del suo ruolo come luogo del riparo, della fertilità e del nutri-
mento dell’altro
34
, ci rendiamo conto di come questo legame possa divenire il luo-
go di condensazione delle trasformazioni culturali e storiche della posizione fem-
minile. Nel tentativo di affermare il proprio desiderio, il rifiuto del cibo diventa
una forma di opposizione per un verso al godimento del materno, quello della re-
lazione primaria e quello dei codici sociali, e per un altro al godimento culturale,
il cui tratto distintivo è proprio la soppressione della mancanza.
Questo processo di opposizione come tentativo di affermazione personale si rivela
in realtà subdolo e fallimentare perchØ dà solo l’illusione di essere, in una costru-
zione che si configura come narcisisticamente compiacente a un Ideale sociale
31
Vandereycken W. (1994), Dalle sante ascetiche alle ragazze anoressiche, Cortina, Milano, 1995, pp. 3-
18
32
Binswanger L. (1973), Essere nel mondo, Astrolabio, Roma, p. 67
33
Op cit pp. 309- 313
34
Op cit p. 100
13
collettivo, unico e ultimo sostegno di fronte alle perdite infantili esperite
nell’adolescenza.
Il complesso di immagini garantito dal consenso ideale del collettivo, è investito
libidicamente, e in realtà è lo stesso di cui si alimentano regressivamente la parola
del Padre e della Madre (Ripa di Meana,1995)
35
. Infatti l’aggrappamento ad
un’immagine speculare che deve riflettere un’irraggiungibile liberazione
dall’eccedente pulsionale è la risposta compiacente, su un altro livello di signifi-
cazione, alla richiesta di dipendenza della madre di non raggiungere mai la dimen-
sione del desiderio e della sessualità femminile, che si realizzerebbe invece pro-
prio nell’accoglienza del corpo pulsionale.
L’immagine riflessa della donna diventa il crocevia tra esperienza individuale e
culturale, assurge alla funzione di domanda di riconoscimento privato e sociale, in
una modalità che ancora una volta non dà nome alla sua soggettività, ma che ri-
piega la definizione di SØ sul corpo, un corpo feticcio che si presenta come unico
contenitore per una pulsionalità del sessuale femminile diffusamente rigettata e
negata. Questo comporta il rischio per la giovane donna di rimanere ingabbiata in
un movimento paradossale che trova il suo equilibrio in un punto fermo, quello
della soluzione anoressica.
35
Ripa di Meana G. (1995) Figure della leggerezza. Anoressia, Bulimia, Psicoanalisi, Astrolabio, Roma,
pp. 52-55