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immediatamente, da parte degli ambienti della corte e quelli religiosi, soprattutto
giansenisti e gesuiti; ma grazie al notevole successo di pubblico la stesura
dell’Encyclopédie andò avanti. Quando arrivarono i primi due volumi, nel 1751 e
nel 1752, arrivarono anche le “osservazioni” dei gesuiti, i quali nelle loro
recensioni facevano notare tutte le mancanze dell’opera. Nonostante tutto ciò che
era stato scritto nell’Encyclopédie avesse ottenuto l’approvazione da parte delle
autorità regie, gli avversari dei philosophes continuarono il loro attacco: l’opera fu
etichettata come sovversiva, capace di sconvolgere l’ordine pubblico garantito
dalla monarchia e di indurre alla ribellione.
Diderot e D’Alembert, grazie agli appoggi garantiti loro dagli ambienti
della magistratura e della corte, resistettero agli attacchi e fecero comunque uscire
il terzo volume nel 1753; esso conteneva un’importante prefazione di D’Alembert
che rispondeva alle critiche e riaffermava i principi dell’Encyclopédie. Gli anni
successivi però, gli attacchi degli avversari, per nulla scoraggiati da questa prima
vittoria degli enciclopedisti, si moltiplicarono. Inoltre, dopo l’uscita del volume
quarto (1754), quinto (1755) e sesto (1756) la censura regia divenne più rigida
permettendo il moltiplicarsi delle critiche e comparvero le prime satire dirette ai
philosophes che collaboravano alla stesura dell’opera. Nel 1758 uscì il settimo
volume, che sollevò le polemiche sia del clero calvinista che dei cattolici parigini,
Rousseau entrò in polemica con Diderot e si distaccò dal gruppo di redazione
dell’opera. Le accuse dei vari avversari stavolta, peggiorarono notevolmente la
situazione, anche assieme alle tensioni nate all’interno dello stesso gruppo degli
enciclopedisti fino a che, nel 1759 la licenza di stampa dell’Encyclopédie venne
ritirata e l’opera venne inclusa in una sorta di lista di libri proibiti anche dalla
Chiesa di Roma.
Il gruppo di collaboratori e redattori dell’opera si spaccò in due: da un lato
il più “radicale” Diderot, che continuò segretamente la redazione clandestina delle
tavole descrittive delle arti e dei mestieri aiutato da un gruppo di fedelissimi e
sostenuto da D’Holbach, filosofo noto per le sue teorie materialiste e dall’altro i
più “moderati”, come D’Alembert, Voltaire ed altri enciclopedisti, i quali avevano
abbandonato il progetto. Successivamente, le tensioni politiche si alleviarono,
anche grazie all’allontanamento dei gesuiti dalla Francia ed il governo permise
nuovamente la stampa dell’opera: tra il 1762 e il 1772 uscirono gli undici volumi
di tavole, le cosiddette “planches”, con la frequenza di circa un tomo ogni anno, e
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nel 1766 vennero distribuiti gli ultimi dieci volumi di testo; si trattò di un lavoro
impegnativo per gli enciclopedisti: dieci tomi redatti in pochi anni. Divenne così
disponibile nella sua interezza un’opera monumentale, non più considerata
“imperfetta”, il cui titolo completo recita: Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné
des Sciences, des Arts et des Métiers, par une société de gens de lettres.
L’edizione è a cura di Denis Diderot e Jean Le Rond D’Alembert, che nel
frattempo si erano riavvicinati.
Dopo che la stampa dell’Encyclopédie si concluse, la notizia si diffuse ben
presto in tutta Europa, il governo francese aveva tacitamente permesso la
diffusione dei volumi, quindi l’opera venne stampata integralmente a Lucca,
Livorno, Ginevra e Berna. La stesura dell’opera continuò, con la pubblicazione
del Supplément e intanto i filosofi aspettavano, con un misto di timore e fiducia, le
reazioni delle autorità degli altri paesi: l’Encyclopédie rimase argomento di
conversazione preferito dall’opinione pubblica per circa vent’anni.
L’opera volle rappresentare la fiducia nel progresso e nell’esercizio della
ragione (reso evidente nell’intestazione: Dictionnaire raisonné), questa, infatti,
era una caratteristica fondamentale dei ceti colti ed avanzati della società francese,
i quali nell’Encyclopédie furono rappresentati da ben centosessanta collaboratori,
riuniti insieme grazie alla redazione di Diderot e D’Alembert. Essi facevano parte
di varie classi sociali, vi erano nobili come Montesquieu e D’Holbach, funzionari
statali di vario livello, ecclesiastici. Tutti erano uniti dallo scopo di diffondere una
cultura comune nella quale credevano fermamente, una linea di pensiero che
metteva insieme menti e dottrine a volte sensibilmente differenti tra loro.
L’Encyclopédie si diffuse molto in fretta negli ambienti intellettuali: vi era
chi la acquistava perché era semplicemente incuriosito da un’opera che aveva
suscitato così tanto scandalo e chi davvero era interessato a possedere questa
summa dello scibile umano. Bisogna però tenere presente che per l’epoca, quando
si parla di “successo di pubblico” si intendono cifre che si aggirano intorno alle
migliaia di persone, mentre al giorno d’oggi saremmo portati a credere ad una
diffusione capillare dei libri, letti da centinaia di migliaia (se non milioni) di
persone. L’opera era destinata ad un pubblico colto e ricco, in quanto non molti
capivano il linguaggio didascalico-filosofico dell’opera, la quale peraltro costava
molto. Le sottoscrizioni all’Encyclopédie comunque raggiunsero circa le
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quattromila unità: cifra ragguardevole e più che sufficiente per scatenare le
reazioni più diverse in tutta Europa.
Il titolo dell’opera fu scelto meticolosamente, in quanto destinato a
descrivere e rappresentare lo scopo dell’Encyclopédie e le intenzioni che
animavano i suoi collaboratori. Diderot e D’Alembert vollero creare innanzitutto
un’esposizione storica della nascita delle scienze nell’ordine in cui si sono
succedute, un metodo molto utile per guidare così gli autori nell’esporre e
descrivere les Arts et les Métiers ai lettori. Per arrivare a tale obbiettivo era
indispensabile ragionare, vale a dire usare al meglio le proprie facoltà intellettive
per conseguire un’esposizione chiara e completa degli argomenti presenti
all’interno dell’opera. Con la parola raisonné presente nel titolo, gli stessi lettori
vennero invitati dunque a riflettere su ciò che leggevano, evitando la fede cieca in
qualunque verità dogmatica. L’Encyclopédie stessa nacque proprio grazie a
persone che avevano discusso e rivoluzionato molte concezioni del XVIII
°
secolo.
Il Dictionnaire raisonné dei philosophes non organizzò le scienze tramite
un sistema gerarchico, dove alcune potevano essere più importanti di altre e non le
divise in rigidi compartimenti stagni; la dicitura Arts et Métiers fa distinzione
nell’ambito che occupano le varie discipline e la descrizione particolareggiata
degli ultimi progressi della chimica ha la stessa dignità della matematica, della
storia o delle dispute filosofiche riguardo alla sede fisica dell’anima. Gli
intellettuali dell’epoca sentirono il compito di indagare in ogni ambito del sapere e
diffondere quella conoscenza che avrebbe contribuito a creare une société des
gens des lettres. Questa espressione rifletteva giustamente come si vedevano i
philosophes all’epoca: dei ricercatori di conoscenza, la quale crea la civiltà ed
impedisce il perpetrarsi della paura, delle ingiustizie e della superstizione. Gli
enciclopedisti affermarono così che il sapere è una delle vie per formare un buon
cittadino, alla ricchezza dello spirito umano non c’è limite e non era già stato tutto
detto o scritto. Questo concetto, ora ampliamente condiviso al giorno d’oggi, non
risultava affatto ovvio all’epoca. L’Encyclopédie non si diffuse certo in tutti le
classi sociali, ma si trattò di un buon inizio.
Dal punto di vista filosofico, è importante ricordare la stesura del Discours
Préliminaire, dove venne illustrata l’ideologia che spingeva alla stesura
dell’Encyclopédie e che fu a cura di D’Alembert: gli enciclopedisti vollero
liberarsi da un passato dogmatico, analizzare ogni aspetto della conoscenza umana
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sia teorica che pratica, per un’innovazione continua in nome della libera ricerca
del sapere. La ricerca di risposte, soprattutto attraverso la critica alle istituzioni e
la creazione di nuove teorie filosofiche spesso slegate completamente da
qualunque dottrina metafisica, politica e/o religiosa già concepita all’epoca,
ribadisce l’importanza di questi filosofi “moderni”. Per essi infatti la conoscenza
umana si poggia su solide basi empiriche e sperimentali, costituite dall’unione di
principi che possano essere universalmente riconosciuti e dalle innovazioni
scientifiche apportate dai philosophes. Nel Discours Préliminaire D’Alembert
presentò ai lettori le scienze e gli intellettuali presenti nel corpo dell’opera ed
attraverso la propria visione filosofica del mondo, spiegò come nacquero le
scienze, la loro evoluzione attraverso i secoli, una dopo l’altra, dalla loro natura
puramente speculativa alle teorie sostenute dai numerosi esperimenti. Egli mostrò
inoltre quali fossero, prendendo in esame popoli diversi ed epoche differenti, gli
intellettuali e gli scienziati che avevano contribuito di più allo sviluppo del sapere
umano, in quanto l’Encyclopédie avrebbe mostrato tutte le ricchezze di tale
conoscenza. La grande opera a cura di Diderot e D’Alembert aveva due obiettivi
distinti, spiegati nei dettagli nel Discours: « L'Ouvrage dont nous donnons
aujourd'hui le premier volume, a deux objets: comme Encyclopédìe, il doit
exposer autant qu'il est possible, l'ordre & l'enchaînement des connoissances
humaines: comme Dictionnaire raisonné des Sciences, des Arts & des Métiers, il
doit contenir sur chaque Science & sur chaque Art, soit libéral, soit méchanique,
les principes généraux qui en sont la base, & les détails les plus essentiels, qui en
font le corps & la substance. Ces deux points de vùe, d'Encyclopédie & de
Dictionnaire raisonné, formeront donc le plan & la division de notre Discours
préliminaire. Nous allons les envisager, les suivre l'un après l'autre, & rendre
compte des moyens par lesquels on a tâché de satisfaire à ce double objet »
2
. Essa
aveva in primo luogo il compito di illustrare l’organizzazione delle conoscenze
umane ed era in secondo luogo un dictionnaire raisonné che doveva, dato il titolo,
contenere tutti in una volta i principi generali che sono alla base delle scienze e
delle arti, assieme ai dettagli essenziali che costituiscono le scienze stesse. Una
volta adempiuto a questi doveri, che rappresentavano il punto di vista
enciclopedico dell’opera, le differenti scienze vennero unite le une alle altre
2
Encyclopédie, Discours préliminaire, volume I, p. 9. Da questo punto in avanti, tutte le numerose
citazioni dell’Encyclopédie saranno indicate tra parentesi nel corpo del testo, specificando numero
del volume e della pagina.
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attraverso una catena di cui si dovevano cercare gli anelli: « Pour peu qu'on ait
réfléchi sur la liaison que les découvertes ont entr'elles, il est facile de
s'appercevoir que les Sciences & les Arts se prêtent mutuellement des secours, &
qu'il y a par conséquent une chaîne qui les unit » (En., I, p. 9). D’Alembert, per
giustificare e sostenere questa visione di unione delle scienze, si sforzò di trovare,
scavando nel più remoto passato dell’umanità, l’origine stessa delle scienze, le
quali si generano naturalmente l’una dall’altra, come un normale processo storico,
una filiation historique
3
. Egli illustrò le cause che fecero nascere una scienza dopo
l’altra: per D’Alembert ogni scienza non era che una combinazione di idee che noi
applichiamo ad un oggetto particolare ed in più, egli poneva alla base delle
conoscenza le sensazioni, in quanto da esse provengono le idee: « Il est donc
évident que les notions purement intellectuelles du vice & de la vertu, le principe
& la nécessité des lois, la spiritualité de l'ame, l'existence de Dieu & nos devoirs
envers lui, en un mot les vérités dont nous avons le besoin le plus prompt & le
plus indispensable, sont le fruit des premieres idées réfléchies que nos sensations
occasionnent » (En., I, p. 12).
Attraverso le sensazioni scopriamo la nostra esistenza, l’esistenza del
nostro corpo e la necessità di conservarlo ci fa esaminare gli oggetti esterni a noi
ed individuare tra essi quelli che possono esserci utili o nuocerci. Tutto ciò ci
porta a poco a poco ad appropriarci dei primi e a rifiutare i secondi ad usarli per
noi e per i nostri simili. Si tratta di una catena: una catena continua destinata a
cambiare a rinnovarsi ed arricchire le conoscenze umane. Esempi importanti di
tale catena sono la creazione del linguaggio per comunicare con altri esseri umani
e la creazione di leggi per vivere nella società: « La communication des idées est
le principe & le soûtien de cette union, & demande nécessairement l'invention des
signes; telle est l'origine de la formation des sociétés avec laquelle les langues ont
dû naître » (En., I, p. 12).
Il Discours acclamava a gran voce l’arrivo di un droit naturel che si
stabilisse nella coscienza di ogni uomo, ponesse fine alla violenza e alle
ingiustizie sociali e che creasse una morale valida. Assieme ad esso venivano
naturalmente, le scienze, salutate come i mezzi che avrebbero aiutato l’uomo e la
società a vivere meglio e a realizzare il tanto agognato bonheur du peuple.
3
Louis Ducros, Les Encyclopédistes, New York, Burt Franklin, 1967.