3
INTRODUZIONE
Questo è un lavoro che prende in esame le figure del mago, del
medico, dello speziale, dell‟astrologo e dell‟alchimista. Ho voluto
vedere la storia come un grande specchio nel quale far riflettere le
sagome di questi personaggi che, in virtù del passare dei secoli e con
le nuove scoperte scientifiche del XVII secolo hanno, a poco a poco,
abbandonato la loro pochezza ed approssimazione per divenire
qualcos‟altro. I rimedi magici dell‟antichità hanno fatto posto
all‟empirismo del medico, il ciarlatano allo speziale, l‟astrologo
all‟astronomo, l‟alchimista al chimico, come in un grande spettacolo
trasformista nel quale l‟attore è sempre lo stesso: l‟uomo.
Il periodo che ho preso in esame per questo studio è il tardo
cinquecento e la prima metà del seicento, in una Roma nella quale Dio
è legge divina e umana, dove il potere ecclesiastico ha i due volti
dell‟Inquisizione (il primo non permette la morte di un condannato
mentre l‟altro lo consegna al braccio secolare per farlo morire sul
rogo) dove l‟ignoranza e la superstizione non sono presenti
unicamente negli ambienti umili.
4
In tale contesto ho inserito le vicende di alcuni personaggi non
molto conosciuti, dalle quali emerge una grande umanità spesa nel
tentativo di guardare oltre rispetto a quel che i tempi consentivano,
camminando sul filo sottile che divide l‟ortodosso dall‟eretico.
Accanto ad essi ho inserito i grandi nomi di Galilei, Campanella
e Bruno che, pur non essendo “romani” hanno, loro malgrado, avuto a
che fare con la città eterna.
Chiude il lavoro, uno sguardo al Potere che ha gestito la vita e
deciso la morte di quei personaggi ed un piccolo riconoscimento a
tutte le donne che per secoli sono state imprigionate, torturate ed
uccise in nome di un Dio che, in molte occasioni, diveniva Satana.
5
CAPITOLO I
1 Le origini della magia
Il termine magia, in greco, sta ad indicare la “scienza dei magi”,
un incontro, secondo Plinio il Vecchio, tra medicina, religione ed
astrologia. I magi, sacerdoti di Zoroastro, avevano fama di grande
saggezza e di possedere poteri soprannaturali. Consiglieri dei re,
presiedevano alle cerimonie, interpretavano i presagi, i sogni e si
dedicavano allo studio dell‟astrologia. I tre saggi che portarono i doni
a Gesù erano magi e mago era un titolo molto elevato nelle società
occultistiche
1
.
“Magi s‟appellarono gli antichi savii dell‟Oriente; in particolare i
Persiani, che investigavano le cose occulte di Dio e della natura, sua
arte, e poi operavano cose meravigliose applicandole all‟uso umano,
come scrive Sant‟Agostino. Ma oggi è sì avvilito questo nome che solo
a‟ superstiziosi amici de‟ demonii si dona, perché la gente, fastidita di
investigare le cose, ha cercato per breve strada, dalli demonii, quel
che non ponno dare e fingono di potere
2
.”
1
Cavendish R. , Storia della magia dalle origini ai nostri giorni, Milano, 1991
2
Campanella T., a cura di Bruers A., Del senso delle cose e della magia, Bari, 1925, pag. 221
6
Plinio, nella sua “Storia naturale”
1
, opera enciclopedica in
trentasette libri, trattando della magia, sosteneva che essa avesse avuto
origine in Persia e da lì, dopo il contatto con la cultura egiziana, fosse
giunta a Roma e, in una specie di albero genealogico della magia,
mise come capostipite il profeta Zoroastro, noto nell‟antica Persia col
nome di Zarathustra. Da lui la magia passò ai magi e, in particolare,
ad Ostane il quale, accompagnando il re Persiano Serse nella guerra
contro le città-stato greche, diffuse l‟arte della magia attraverso un
libro da lui scritto che affascinò le popolazioni greche. Pitagora,
Platone ed altri filosofi si recarono in Oriente per studiarne gli
orientamenti.
C‟è poi un‟altra corrente di magia che prende le mosse da
Mosè e Ianne, successiva a quella di Zoroastro. La figura leggendaria
più famosa della magia ebraica è Salomone (X secolo a.C.), potente
Re del quale si credeva possedesse un anello magico datogli da Dio
che gli permetteva il controllo degli eventi naturali ed il potere sui
demoni. La leggenda vuole che, attraverso il dominio sulle forze
diaboliche, egli riuscisse a costruire il Tempio di Gerusalemme in soli
sette anni.
1
Plinius Secundus Gaius, Storia Naturale, Vol. VII, Torino, 1982-1988
7
Nel mondo antico la terra magica per eccellenza era considerata
la Grecia per la storia della sua civiltà, per il paesaggio ricco di
caverne, monti e templi con misteriosi geroglifici. Gli Dei dimoravano
su monti e valli (Apollo sul Parnaso, Zeus a Dodona, Adone nella
valle di Aphaca). In tale contesto era conosciuta unicamente la magia
“alta” (magia in base alla quale, trascendendo da se stessi e
dall‟ambiente circostante, l‟individuo riesce ad ottenere poteri
sovrannaturali; distinta da una magia “bassa” intrapresa per ottenere
vantaggi terreni ed immediati conosciuta, quest‟ultima, in Grecia solo
dopo le guerre persiane). La magia “alta” si estrinsecava attraverso la
consultazione degli oracoli che, interpellati, offrivano responsi
attraverso l‟interpretazione di segni quali scricchiolii di foglie, scrosci
d‟acqua, sogni, etc. L‟oracolo più antico era quello di Zeus a Dodona,
protetto da tre sacerdotesse (le Peliadi, ovvero colombe), antico di
duemila anni, consultato da figure leggendarie quali Achille, Ercole e
Ulisse. Oltre agli oracoli esistevano, in Grecia, gli interpreti, individui
ritenuti in grado di studiare il futuro degli eventi attraverso il volo
degli uccelli, la forma delle interiora degli uomini e degli animali
morti; erano, quindi, molto richiesti in guerra, per prevedere l‟esito di
un combattimento.
8
I romani, invece, nell‟antichità, non ebbero grande simpatia per
la magia. Plinio sosteneva che essa fosse contraria alle leggi umane e
divine
1
. Per il romano la magia era orrenda e terribile, visti i poteri
attribuiti a coloro i quali se ne servivano; i poteri magici sovvertivano
l‟ordine naturale, provocando grande sgomento tra la popolazione (il
rito magico poteva rendere agitato il mare, sciogliere la neve
d‟inverno, provocarne la caduta in estate, far procedere i fiumi a
ritroso, etc). Agli occhi di Roma antica, la magia apparve
diametralmente opposta alla religione. La religione apportava ordine,
la magia disordine e tutto quello che si allontanava dall‟ordine
costituito, tutto ciò che poneva in pericolo la politica imperialistica,
divenne magia.
Poiché dagli imperatori la magia era considerata avversa al
potere ed alla sacralità del Principe, essi attuarono una forte politica
contraria alle pratiche magiche.
“Nel 16 d.C., sotto Tiberio, un senatoconsulto mette al bando
magi et mathematici. Durante lo stesso regno, il reato di magia
comincia ad essere punito con la pena capitale
2
”.
1
Plinius Secundus Gaius, op. cit., Vol. XXVIII, Torino, 1982-1988
2
Lugli U., La magia a Roma, Genova, 1996, pag. 34
9
Con l‟Impero di Costanzo II, si arrivò ad una vera crociata
contro la magia e in Palestina venne istituito un Tribunale speciale
che, attraverso la tortura e la delazione, cercò di indagare sulla
presenza di riti magici ai danni del potere. Nonostante ciò, alcuni
Imperatori caddero sotto l‟accusa di praticare la magia. Ad esempio
Nerone, accusato da Plinio il Vecchio di bramare eccessivamente il
potere, di avere atteggiamenti divini e di essere disposto anche a
sacrifici umani per raggiungere i suoi fini
1
.
L‟accusa di compiere riti magici venne anche estesa ai cristiani,
sia per il carattere anti-romano, sia per l‟aspetto segreto, e quindi
illegale, delle riunioni alle quali essi partecipavano. In realtà,
nonostante queste accuse, i cristiani ebbero un atteggiamento di rifiuto
nei riguardi della magia. Il buon cristiano si comportava secondo gli
insegnamenti di Gesù e si affidava al suo volere, mentre la mentalità
magica era l‟esatto contrario perché cercava di superare i poteri divini.
Poiché a Roma la magia era necessariamente di segno negativo,
non era possibile effettuare una distinzione tra magia “alta”
(accettabile) e magia “bassa” (eversiva e illecita). Essa era talmente
1
Plinius Secundus Gaius, op. cit., Vol. XXX, Torino, 1982-1988
10
temuta che le case disponevano di amuleta per contrastare possibili
sortilegi
1
.
2 Riti e credenze magiche
Tranne il caso rappresentato dai Marsi, che si riteneva fossero
discendenti della maga Circe e per i quali le arti magiche erano un
dono congenito, secondo quanto sosteneva Plinio
2
, la magia, poteva
essere appresa da chiunque, essendo un insieme di tecniche
trasmissibili da maestro a discepolo.
Inizialmente enorme importanza venne attribuita alla parola:
recitare una formula magica voleva dire cambiare una certa
situazione, recitarla al contrario, ripristinava la vecchia situazione
3
.
Poiché la magia si basa sulla credenza che la parola abbia un
potere reale nel produrre i cambiamenti sollecitati dal mago, così il
nome di Dio, di un angelo o di un demone, ha in sé un potere che può
essere usato nei rituali.
“Tra i più possenti nomi del potere c‟è il nome proprio di Dio,
tanto sacro che raramente viene pronunciato a voce alta. Lo si
indica come il tetragramma, che significa parola di quattro
1
Lugli, U., op. cit., Genova, 1996
2
Plinius Secundus Gaius, op.cit., Vol. VII, Torino, 1982-1988
3
Ovidius Naso Publius, Metamorphoses, cit. in Lugli U., op. cit., Genova, 1996
11
lettere. Le quattro lettere ebraiche si traducono: Yod; He; Vau;
He, ovvero YHVH
1
”.
La pronuncia non è giunta sino a noi. Solo alcuni maghi l‟hanno
scoperta e la usano nei loro rituali. Una parola ancora più potente è lo
shemhamforash, parola usata da Mosè per dividere le acque durante la
fuga dall‟Egitto, anche di essa nessuno conosce la pronuncia.
Il mago, quindi, deve saper usare i nomi. Egli deve, secondo il
mago Israel Regardie, inspirare risucchiando l‟aria nei polmoni e con
essa il nome da evocare. Questo deve attraversare il corpo dai
polmoni, allo stomaco, sino alle gambe e ai piedi. Poi, urlando il
nome, il mago deve farlo uscire attraverso le gambe, lo stomaco, i
polmoni, con una forza tale da creare una vibrazione nell‟universo;
vibrazione alla quale lo spirito dovrebbe rispondere.
Sempre riguardo l‟importanza dell‟uso della parola, i maghi
considerano di grande valenza magica i palindromi, disposti a
comporre un quadrato. Tra di essi c‟è la parola sator , nella quale le
parole restano uguali da qualsiasi parte le si guardi. Questa formula
venne rinvenuta su Bibbie e tazze antiche; utilizzata per allontanare le
1
Baker, A., Storia dei maghi. Stregoni, negromanti e alchimisti da Gandalf ai giorni nostri.,
Milano, 2005, pag. 115
12
streghe e spegnere gli incendi se scritta su di una tavoletta di legno
scagliata nel fuoco
1
.
Attraverso il contatto con la cultura ellenica, alla parola si
affiancarono le tecniche dei “magi”, basate sullo sfruttamento delle
proprietà magiche presenti in sostanze vegetali, animali e minerali e
nel confezionare amuleti, pozioni e unguenti; la parola perse quindi il
suo ruolo principale divenendo uno strumento per accrescere la
potenza dei materiali utilizzati nel rito. Un prezioso ingrediente delle
ricette magiche era, nell‟antica Roma, il camaleonte, del quale Plinio
2
elenca le caratteristiche curative più disparate.
Sostanze magicamente utili venivano tratte anche dal corpo
umano, soprattutto femminile: capelli, unghie, latte, saliva
3
. Usati
anche, durante le evocazioni negromantiche, i feti ed il sangue
mestruale, apprezzato dagli operatori magici per il suo collegamento
con la sfera sessuale
4
; ai feti si attribuivano virtù vitali in grado di
resuscitare i cadaveri da interrogare durante il rito.
Tali riti di resurrezione venivano effettuati da una figura
particolare di mago: il negromante. L‟arte di comandare gli spiriti
1
Ibid.
2
Plinius Secundus Gaius, op. cit.,Vol. XXVIII, Torino, 1982-1988
3
Ibid.
4
Lévy-Bruhl L., Sovrannaturale e natura nella mentalità primitiva, Roma, 1973
13
ebbe, nelle origini, lo scopo di assicurarsi benessere e prosperità. Ai
defunti si chiedeva di allontanare disgrazie ed epidemie, si chiedeva
loro raccolti generosi, nonché la conoscenza degli eventi futuri.
Nell‟antica Grecia, per consultare i morti occorreva scendere
nell‟Ade; era molto pericoloso consultarli nel mondo dei vivi, poiché
le forze evocate potevano avere la meglio sul mago
1
.
Questa discesa rappresentava, altresì, una tappa fondamentale
nel processo di iniziazione di un mago.
Il mago, nel rito, si avvaleva della collaborazione di un
assistente ed era fondamentale la scelta del luogo: prescelti erano i
luoghi tetri, selvaggi. Grande importanza avevano, a questo scopo, i
crocevia, considerati “zone liminali”, ovvero luoghi di passaggio
spazio-temporale. Erano zone liminali gli incroci, le strade, i ponti,
l‟alba e il tramonto, la notte dell‟anno. Il mago e l‟assistente dovevano
prepararsi con attenzione all‟evento: nove giorni prima dovevano
indossare abiti sottratti ai cadaveri e, dopo aver recitato il servizio
funebre su se stessi, si cibavano di carne di cane, pane azzimo e succo
d‟uva non fermentato. La carne di cane era scelta per la sua
associazione con la dea della morte e della sterilità, Ecate; il pane
1
Baker A., op. cit., Milano, 2005
14
azzimo perché non lievitato e senza sale (il sale è un conservante,
quindi la sua assenza nel pane significa putrefazione); il succo d‟uva
non fermentato rappresentava ciò che è privo di spirito, quindi morto.
Secondo R. Cavendish
1
, il pane e il succo d‟uva sono gli
equivalenti del pane e del vino nella comunione.
Questi preparativi avevano lo scopo di creare un legame tra il
mago e il cadavere che si voleva richiamare in vita.
Tra la mezzanotte e l‟una il negromante disegnava un cerchio
magico attorno alla tomba. Il cerchio doveva interessare un‟area di 3
metri quadri, al limite della quale venivano tracciate linee parallele
contenenti simboli occulti (croci e triangoli). In questo spazio si
tracciava il primo cerchio (esterno) poi, 50 centimetri più all‟interno,
veniva tracciato un secondo cerchio. Dentro questo cerchio più
piccolo veniva tracciato un quadrato, al centro del quale c‟era la
tomba della persona da richiamare in vita
2
.
Il negromante apriva la tomba e portava allo scoperto il
cadavere. Lo toccava tre volte con la bacchetta magica ordinandogli di
alzarsi.
1
Cavendish R., The Magical Arts, London, 1984
2
Cfr. Baker A., op. cit., Milano, 2005