dell’esposizione per tributo: IRES, IRAP, IVA e altre imposte indirette. Sono descritti il
regime ordinario previsto per gli enti non commerciali e le disposizioni agevolative
fruibili dalle associazioni del settore, in particolare quelle previste dalla legge n. 398 del
16 dicembre 1991.
Un capitolo è dedicato al regime tributario di alcuni proventi e costi tipici di un ente del
settore, cercando di fornire una trattazione chiara e utile, anche da un punto di vista
operativo.
Si conclude, infine, con la presentazione dei diversi regimi contabili adottabili dalle
associazioni sportive dilettantistiche, obbligatoriamente o facoltativamente.
2
CAPITOLO I
COSTITUZIONE DI UN ENTE SPORTIVO DILETTANTISTICO
1. Premessa
L’attività sportiva dilettantistica2 può essere esercitata da enti collettivi costituiti in varie
forme giuridiche. Tuttavia l’art. 90 della legge n. 289 del 27 dicembre 20023 prevede tre
forme giuridiche con le quali costituire un ente in grado di fruire dei regimi fiscali di
favore previsti per il mondo dello sport dilettantistico.
Secondo il suddetto articolo gli enti che intendono esercitare attività sportiva
dilettantistica e usufruire delle agevolazioni fiscali possono assumere una delle seguenti
forme giuridiche:
associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36
e seguenti del codice civile;
associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato, ai sensi del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 10
febbraio 2000;
società sportiva di capitali o cooperativa, costituita secondo le disposizioni
vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono la finalità di lucro.
2
Premessa fondamentale è la distinzione tra attività sportiva dilettantistica e attività sportiva
professionistica. I principi fondamentali degli statuti delle Federazioni Sportive Nazionali, delle
Discipline Associate e delle Associazioni Benemerite, approvati dal Consiglio Nazionale del CONI il 28
febbraio 2007 con deliberazione n. 1352, all’art. 24 stabiliscono che “in considerazione delle specifiche
esigenze delle singole discipline afferenti alle Federazioni e alle Discipline Sportive Associate, anche
connesse alle normative delle Federazioni internazionali, i criteri per la distinzione tra attività
professionistica e non professionistica sono rimessi alla autonomia statutaria nel rispetto dei principi
posti dalla legge 23/3/1981, n. 91 e successive modificazioni”. Spetterà quindi a ogni Federazione,
Disciplina Associata o Associazione benemerita, autodefinirsi come professionistica o meno. Da ricordare
è inoltre la definizione di atleta dilettante fornita dal D.M. 17 dicembre 2004, sull’obbligo assicurativo
Sportass degli sportivi dilettanti (i cui effetti, dapprima sospesi, sono stati definitivamente abrogati dalla
L. n. 168 del 17 agosto 2005). Questo decreto considerava atleti dilettanti tutti i tesserati che svolgessero
attività sportiva a titolo agonistico, non agonistico, amatoriale, ludico motorio o quale impiego del tempo
libero, con l’esclusione di coloro che venissero definiti professionisti dagli specifici regolamenti delle
organizzazioni sportive nazionali di appartenenza.
3
Integrato dal decreto legge n. 72 del 22 marzo 2004, convertito nella legge n. 128 del 21 maggio 2004.
3
Nell’ambito dello sport dilettantistico sono comprese realtà sociali ed economiche non
omogenee; vi convivono i componenti delle squadre azzurre di sci, i tennisti che
disputano la coppa Davis, le formazioni apicali di sport di squadra come pallavolo,
baseball, pallanuoto e rugby , formazioni parrocchiali e amatoriali4.
Ovviamente realtà così diverse rispecchiano esigenze organizzative e gestionali
differenti. I moduli organizzativi che prescindono dalla personalità giuridica spesso
sono risultati inadeguati per le strutture più complesse, in quanto il crescente numero di
partecipanti implica maggiori investimenti in impianti sportivi, una più solida struttura
patrimoniale nonché l’incremento delle risorse finanziarie necessarie, non fronteggiabili
con il solo apporto degli associati. Di qui il crescente interesse per le strutture societarie
preso in considerazione dal legislatore con l’approvazione del citato art. 90 della legge
n. 289/20025.
Questo lavoro è focalizzato sulle associazioni sportive dilettantistiche ma nel presente
capitolo non mancherà un breve cenno alla forma giuridica societaria che può esser
utilizzata per la costituzione di sodalizi sportivi.
2. Associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute
2.1 Nozione
Le associazioni sono disciplinate nel titolo II del libro I del codice civile. In tali
disposizioni però non è esplicitata una definizione del concetto di associazione.
Per associazione in senso lato si intende l’organizzazione stabile di più soggetti per la
gestione di un interesse comune6; questa definizione è evidentemente idonea a includere
anche altre figure come i consorzi, le società e le cooperative.
Sono presenti anche interpretazioni dottrinali del termine associazione meno ampie.
Parte della dottrina7 ritiene che il concetto di associazione possa delimitarsi soltanto in
modo negativo, considerando applicabili le disposizioni generali relative alle
4
Martinelli G., Prestazioni sportive tra dilettantismo non profit e professionismo profit, in “Enti non
profit”, 2005, p. 538.
5
Paparella F., Associazioni e società sportive, II) diritto tributario, in “Enciclopedia Giuridica Treccani”,
2003, p. 4.
6
Auricchio A., Associazioni (diritto civile), in “Enciclopedia del diritto”, 1958, p. 873.
7
Santaroni M., Associazione, in “Digesto delle discipline privatistiche”, 1995, p. 578.
4
associazioni, a tutte quelle organizzazioni per la gestione di un interesse comune che
non siano sottoposte dalla legge a una disciplina particolare, come quella prevista per le
società nel libro V del codice civile, in ragione della presenza di un peculiare elemento
strutturale.
Per contro altra autorevole dottrina8 ha affermato che la nozione in senso stretto di
associazione sarebbe implicita nella disciplina del codice civile e caratterizzata da
un’organizzazione interna di tipo corporativo, una struttura personale aperta e uno scopo
perseguito di natura non economica.
Questa tesi non sembra del tutto condivisibile in quanto, secondo le norme del codice
civile che riguardano le associazioni non riconosciute9, è lasciato agli accordi degli
associati stabilire se l’organizzazione interna debba essere corporativa o
individualistica. Inoltre vi è la libertà di decidere se la struttura personale debba essere
aperta o chiusa. La libertà di associazione di cui all’art. 18 della Costituzione riguarda il
rapporto tra cittadino e Stato nel senso che non possono essere imposti limiti al diritto di
associarsi, ma non significa che non debba esserci all’interno dell’associazione la
possibilità per gli associati di stabilire se accogliere o meno un nuovo membro10.
La natura non profit dello scopo del contratto di associazione è desumibile dal
combinato disposto dell’ultimo comma dell’art. 24 del codice civile, secondo il quale
gli associati, che abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque abbiano cessato
di appartenere all’associazione riconosciuta, non possono ripetere i contributi versati, né
hanno alcun diritto sul patrimonio della stessa, e dell’art. 37 del codice civile, il quale
prevede che finché l’associazione non riconosciuta è in vita non è possibile per gli
associati chiedere la divisione del fondo comune o la propria quota in caso di recesso11.
Queste disposizioni, insieme a quella dell’art. 31 del codice civile in base alla quale, se
l’atto costitutivo, lo statuto o l’assemblea di scioglimento nulla stabiliscono in merito
alla devoluzione dei beni restanti dopo la liquidazione dell’associazione, è l’autorità
governativa a disporne l’attribuzione ad enti aventi fini analoghi, dimostrano senza
alcun dubbio l’esclusione del vantaggio economico come scopo di una associazione.
Il fatto che all’associato sia preclusa ogni possibilità di rientrare in possesso del capitale
versato o di ottenere una remunerazione dello stesso è indicativo dell’intenzione del
8
Auricchio A., op. cit., p. 874.
9
Artt. 36, 37 e 38 del codice civile.
10
Gazzoni F., Manuale di diritto privato, 2007, p. 159.
11
Santaroni M., op.cit., p. 579.
5
legislatore di assegnare a queste figure giuridiche, disciplinate dal libro I del codice
civile, la funzione di perseguire finalità ideali, culturali, sportive. Ciò non implica però
che l’associazione non possa esercitare anche un’attività economica, mediante la quale
venga perseguito uno scopo non lucrativo.
Per quanto riguarda le associazioni sportive in particolare, la natura non profit dello
scopo è un principio recepito dallo statuto del CONI12 che prevede, ai fini del
riconoscimento sportivo, che le associazioni “non hanno scopo di lucro e sono rette da
statuti e regolamenti interni ispirati al principio democratico e di pari opportunità”.
L’assenza di fine lucrativo nella partecipazione alla vita di un’associazione sportiva è
prevista inoltre dall’art. 90 della legge n. 289/2002, secondo il quale gli statuti delle
società e associazioni sportive devono contenere il principio dell’assenza di ogni scopo
di lucro, sia diretto sia indiretto.
Pur nella grande diversità del fenomeno associativo sembra possibile individuare alcuni
elementi costanti che ricorrono in tutte le associazioni.
In primo luogo fondamentale è la pluralità di persone; infatti le associazioni
riconosciute e non riconosciute per espressa disposizione legislativa13 si estinguono se
viene completamente a mancare questo elemento.
Gli associati sono uniti reciprocamente da un vincolo giuridico posto da essi stessi per il
raggiungimento di uno scopo comune. Secondo i principi generali questo scopo deve
essere lecito, possibile e determinato. Lo scopo è un altro degli elementi fondamentali in
quanto il suo conseguimento fa venir meno il vincolo giuridico che lega i soggetti, e
determina quindi l’estinzione dell’associazione14.
Elemento essenziale è anche il patrimonio. Non è stabilita un’entità minima,
l’importante è che esso sia adeguato al raggiungimento dello scopo. Quando il rapporto
di congruità tra elemento patrimoniale e elemento teleologico viene meno
12
L’ordinamento sportivo nazionale è costituito dal complesso sistema organizzativo che fa capo al CONI
(Comitato Olimpico Nazionale Italiano), a sua volta affiliato al CIO (Comitato Internazionale Olimpico).
La disciplina riguardante il CONI negli ultimi anni ha subito delle innovazioni; una norma introdotta, di
notevole rilievo, è quella contenuta nel D. Lgs. 15/2004 che definisce il CONI come “confederazione
delle federazioni sportive nazionali e delle discipline associate”. Con questo decreto viene valorizzato il
ruolo del CONI , di cui si conferma la natura di ente di diritto pubblico, con poteri di controllo, indirizzo,
regolamentazione e gestione dell’attività sportiva, sia professionistica che dilettantistica.
13
Art. 27 del codice civile, secondo comma: “Le associazioni si estinguono inoltre quando tutti gli
associati sono venuti a mancare”.
14
Art. 27 del codice civile, primo comma: “Oltre che per le cause previste nell’atto costitutivo e nello
statuto, la persona giuridica si estingue quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile”.
6
definitivamente si verifica la terza ipotesi di estinzione dell’associazione prevista all’art.
27 del codice civile, ossia l’impossibilità del raggiungimento dello scopo.
In riferimento alle associazioni non riconosciute il patrimonio, espressamente definito
dall’art. 37 del codice civile “fondo comune”, è costituito da “tutti i diritti di natura
patrimoniale facenti capo all’associazione, unitariamente intesa; cioè, oltre ai
contributi degli associati e i beni con questi acquistati, anche tutti gli altri beni
dell’associazione, comunque ad essa pervenuti”15.
Le associazioni sportive dilettantistiche non riconosciute, pur essendo “soggetti
autonomi di diritti”16, non hanno personalità giuridica e quindi non sono dotate di
autonomia patrimoniale perfetta.
Alle associazioni non riconosciute è stata concessa dal legislatore un’autonomia
patrimoniale di grado inferiore, rispetto a quella prevista per le persone giuridiche; vi è
solamente una parziale separazione tra patrimonio dell’associazione non riconosciuta e
patrimoni personali dei singoli associati.
L’art. 37 del codice civile prevede infatti che i contributi dei singoli costituiscano un
fondo comune, del quale non è possibile chiedere la divisione finché l’associazione dura
o pretendere la quota in caso di recesso; l’art. 38 del codice civile17 stabilisce che il
fondo comune è destinato alla soddisfazione preferenziale dei creditori
dell’associazione. La stessa norma dispone inoltre che per le obbligazioni assunte dalle
associazioni non riconosciute rispondono personalmente e in solido coloro che hanno
agito in nome e per conto di esse. La responsabilità in esame grava su coloro che sono
venuti in rapporto negoziale con i terzi, indipendentemente dal fatto che i soggetti in
questione rivestano cariche sociali nell’associazione.
Non è espressamente previsto alcun beneficio di escussione a favore dei rappresentanti
dell’associazione; i creditori non sono tenuti a rivalersi in primo luogo sul fondo
15
Persico G., Associazioni non riconosciute, in Enciclopedia del diritto, 1958, p. 887.
16
La Cassazione nella sentenza n. 3448 del 21 giugno 1979 statuisce che “ l’associazione non
riconosciuta, anche se sfornita di personalità giuridica, è tuttavia considerata dall’ordinamento come
centro di imputazione di interessi, di situazioni di rapporti giuridici e, quindi, come soggetto di diritti
distinto dagli associati, essendo dotata di una propria organizzazione interna ed esterna, di un proprio
patrimonio costituito dal fondo comune, e di una propria capacità sostanziale, esplicata mediante
persone fisiche che agiscono in base al principio dell’immedesimazione organica, e non in base a un
rapporto di rappresentanza volontaria degli associati”.
17
Art. 38 del codice civile: “Obbligazioni. Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano
l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse
rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto
dell’associazione”.
7
comune e possono, quindi, rivolgersi direttamente o simultaneamente a coloro che
hanno agito in nome e per conto dell’associazione.
2.2 Organizzazione interna
Le norme del codice civile prevedono per le associazioni non riconosciute ampia
autonomia in tema di organizzazione interna. Organi necessari devono però essere
considerati l’assemblea degli associati e gli amministratori.
Secondo la Corte di Cassazione18 le associazioni non riconosciute devono dotarsi di una
struttura organizzativa che non può prescindere dall’esistenza, accanto agli organi
esecutivo e rappresentativo, di un organo deliberante formato da tutti gli associati.
Nel caso in cui l’assemblea non sia prevista dall’atto costitutivo o dallo statuto, tale
organo potrà egualmente ritenersi esistente mediante applicazione analogica delle
norme sulle associazioni riconosciute. Allo stesso modo, per tutti gli altri aspetti che non
trovano puntuale definizione negli accordi degli associati, alle associazioni non
riconosciute si applica la disciplina delle associazioni riconosciute compatibile. A tal
proposito si rinvia al paragrafo 3.3 per la trattazione analitica della struttura e dei
compiti degli organi associativi.
Ricordiamo qui che la rappresentanza processuale delle associazioni non riconosciute è
conferita espressamente dall’art. 36 del codice civile alla persona a cui è attribuita, in
base agli accordi degli associati, la presidenza o la direzione dell’associazione stessa.
Secondo alcuni autori19, il presidente o il direttore dovrebbero essere pertanto organi
necessari dell’associazione. L’interpretazione della norma prevalente è quella secondo
la quale la capacità processuale dell’ente spetta al presidente o al direttore, qualora
questi organi siano statutariamente previsti; nel caso in cui tali organi non siano
presenti, si potrà citare l’associazione in persona di un qualsiasi amministratore o di
colui che ha compiuto quel determinato atto che ha dato luogo a responsabilità, oppure
chiedere al giudice la nomina del curatore speciale ai sensi dell’art. 78 del codice di
procedura civile.
Le associazioni non riconosciute che aspirano all’ottenimento della qualifica di
associazioni sportive dilettantistiche devono rispettare ulteriori vincoli. Tali enti, infatti,
18
Sentenza della Corte di Cassazione n. 5791 del 3 novembre 1981.
19
Persico G., op. cit., p. 885.
8
oltre che le norme del codice civile, devono seguire anche le disposizioni relative
all’organizzazione interna dettate dall’art. 90 della legge n. 298/2002, delle quali
ricordiamo la necessità di uniformare i propri statuti ai principi di democrazia interna, di
uguaglianza tra gli associati e di elettività delle cariche sociali20.
3. Associazioni sportive dilettantistiche riconosciute
3.1 Nozione
Le associazioni riconosciute sono disciplinate dalle disposizioni contenute nel libro I del
codice civile, dall’art. 14 all’art. 35.
Elementi necessari ai fini dell’esistenza di un’associazione riconosciuta sono, come per
le associazioni non riconosciute, la pluralità di persone, lo scopo e il patrimonio. A
questi elementi materiali se ne aggiunge uno formale: il riconoscimento da parte
dell’ordinamento statale.
La distinzione tra associazioni riconosciute e non riconosciute si fonda sul fatto che
soltanto le prime, grazie al riconoscimento di cui all’art. 1 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 361 del 10 febbraio 2000, hanno acquisito la personalità giuridica e
si caratterizzano quindi per l’autonomia patrimoniale perfetta, ossia per la netta
separazione tra il patrimonio dell’ente e quello dei singoli associati. I creditori
dell’associazione, quindi, non possono agire nei confronti del patrimonio dei singoli
associati ma solamente sul patrimonio dell’associazione e, allo stesso tempo, i creditori
dei singoli associati non possono far valere i propri diritti sul patrimonio associativo.
Ulteriori differenze rispetto alle associazioni non riconosciute sono individuabili negli
adempimenti pubblicitari di cui all’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica
20
Per approfondimenti vedi il successivo paragrafo 3.3.
9
n.361/200021, nella forma dell’atto costitutivo22 e nelle tipologie di controllo da parte
dell’autorità amministrativa sulle associazioni riconosciute23.
Si sottolinea che la maggior parte dei sodalizi sportivi è costituito nella forma di
associazione non riconosciuta24. La poca diffusione in ambito sportivo delle associazioni
riconosciute è dovuta probabilmente alle esigenze di semplicità, di economicità di
costituzione, di maggiore autonomia e di snellezza di procedure, sentite in particolar
modo dalle associazioni di piccole dimensioni, che danno così maggior peso agli
svantaggi, piuttosto che ai vantaggi connessi all’ottenimento del riconoscimento.
3.2 Procedura di riconoscimento
Il decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000 fissa la procedura per l’iscrizione
delle associazioni nel registro delle persone giuridiche, necessaria anche per le eventuali
e successive modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto, e dispone anche in ordine
alla estinzione della persona giuridica.
Ai sensi del decreto citato, le associazioni acquistano la personalità giuridica mediante il
riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito
presso l’Ufficio Territoriale del Governo25.
I registri delle persone giuridiche, più precisamente, sono due; uno istituito presso la
Regione, l’altro presso l’Ufficio Territoriale del Governo.
21
L’art. 4 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000 dispone che nel registro delle
persone giuridiche devono essere indicati la data dell’atto costitutivo, la denominazione, lo scopo, il
patrimonio, la durata, qualora sia stata determinata, la sede della persona giuridica e il cognome, il nome e
il codice fiscale degli amministratori, con menzione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza. Il
successivo comma 2 stabilisce, inoltre, che nel predetto registro devono essere iscritte le modificazioni
dell’atto costitutivo e dello statuto, il trasferimento della sede e l’istituzione di sedi secondarie, la
sostituzione degli amministratori, con indicazione di quelli ai quali è attribuita la rappresentanza, le
deliberazioni di scioglimento, i provvedimenti che ordinano lo scioglimento o accertano l’estinzione. Il
cognome e nome dei liquidatori e tutti gli altri atti e fatti la cui iscrizione è espressamente prevista da
norme di legge o di regolamento.
22
Le associazioni che vogliono ottenere il riconoscimento devono infatti costituirsi obbligatoriamente con
atto pubblico, mentre tale forma non è obbligatoria per le associazioni non riconosciute.
23
Si fa riferimento ai controlli relativi alla sussistenza delle condizioni che giustificano il beneficio della
responsabilità limitata, operati dall’autorità amministrativa in sede di iscrizione dell’ente richiedente nel
registro delle persone giuridiche e di approvazione delle modifiche dell’atto costitutivo, come previsto
dagli articoli 1 e 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000.
24
Ragghianti S., Associazioni e società sportive, 2006, p. 9; Belloni G., Rilevanza economico-
patrimoniale di associazioni non riconosciute, in “Enti non profit”, 2005, p. 390.
25
Si ricorda che con il decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999 la prefettura è stata trasformata in
Ufficio Territoriale del Governo, mantenendo tutte le funzioni di competenza e assumendone di nuove,
indicate nel medesimo decreto.
10
Nel registro istituito presso la Regione devono iscriversi gli enti che operano nelle
materie attribuite alla competenza delle Regioni26 e le cui finalità statutarie si
esauriscono nell’ambito della Regione stessa. Nel registro nazionale delle persone
giuridiche istituito presso l’Ufficio Territoriale del Governo devono iscriversi gli enti
che operano nell’ambito di più Regioni o che agiscono a livello nazionale. Tali enti
devono rivolgersi all’Ufficio Territoriale del Governo della Provincia in cui hanno la
loro sede.
La domanda per il riconoscimento della persona giuridica, sottoscritta dal fondatore o
da coloro ai quali è conferita la rappresentanza dell'ente, è presentata, a seconda
dell’ambito di operatività dell’ente, all’Ufficio Territoriale del Governo della Provincia
in cui è stabilita la sede dell'ente o al Presidente della Regione.
Alla domanda i richiedenti, come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica
n.361/2000 e dai chiarimenti contenuti nella circolare del Ministero dell’Interno
23/2/2001 prot. n. M/5501/30, devono allegare:
due copie, di cui una autentica in bollo, fatte salve le esenzioni di legge, dell'atto
costitutivo e dello statuto, redatte per atto pubblico;
una relazione illustrativa sull’attività svolta e/o su quella che si intende svolgere,
debitamente sottoscritta dal legale rappresentante;
una relazione sulla situazione economico-finanziaria dell’ente, corredata da una
perizia giurata di parte qualora l’ente sia in possesso di beni immobili, nonché
da una certificazione bancaria comprovante l’esistenza, in capo all’ente stesso,
di un patrimonio mobiliare;
copia dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi approvati nell’ultimo triennio
o nel periodo intercorrente tra la costituzione e la richiesta di riconoscimento;
l’elenco dei componenti gli organi direttivi dell’ente e l’indicazione del numero
di associati, sottoscritti dal legale rappresentante.
Il responsabile della procedura amministrativa27 rilascia una ricevuta che attesta la data
di presentazione della domanda. Il comma 5 dell’art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 361/2000 prevede che entro il termine di centoventi giorni dalla data di
presentazione della domanda si provvede all'iscrizione. Al successivo comma, inoltre, si
26
Le materie di competenza delle Regioni sono stabilite dall’art.14 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 616 del 24 luglio 1997.
27
Ufficio Territoriale del Governo o Regione a seconda del registro al quale deve iscriversi l’ente in base
all’ambito di operatività.
11
dispone che, qualora il responsabile della procedura ravvisi ragioni ostative
all'iscrizione ovvero la necessità di integrare la documentazione presentata, entro il
termine di cui al comma 5, ne dà motivata comunicazione ai richiedenti, i quali, nei
successivi trenta giorni, possono presentare memorie e documenti. Se, nell'ulteriore
termine di trenta giorni, il responsabile della procedura non comunica ai richiedenti il
motivato diniego ovvero non provvede all'iscrizione,questa si intende negata.
La verifica in ordine alla possibilità di ottenere il riconoscimento riguarda la regolare
costituzione dell’ente secondo le disposizioni del legge, la liceità e possibilità di
raggiungere lo scopo, la consistenza patrimoniale e la sua congruità rispetto allo scopo
fissato28. Ovviamente il punto fondamentale è quello che fa riferimento al patrimonio,
poiché, nel caso in cui venga concesso il riconoscimento, l’ente godrà di autonomia
patrimoniale perfetta e, dunque, delle obbligazioni contratte ne risponderebbe
esclusivamente esso stesso nei limiti del proprio patrimonio. È proprio questa
importante conseguenza dell’acquisto della personalità giuridica, che ne giustifica il
complesso iter procedurale da seguire per il riconoscimento.
3.3 Organizzazione interna
L’organizzazione interna delle associazioni riconosciute29 è regolata dalle disposizioni
contenute nel codice civile, all’art.16 e seguenti.
Gli enti che aspirano all’acquisto dello status di associazione sportiva dilettantistica,
devono seguire anche le disposizioni contenute nell’art. 90, comma 18, della legge
n.289/2002, come modificato e integrato dal decreto legge n. 72/2004 convertito in
legge n. 128/2004. Ai sensi dell’art. 148 del decreto del Presidente della Repubblica n.
917 del 22 dicembre 198630, inoltre, gli enti non commerciali residenti che vogliono
usufruire delle agevolazioni fiscali previste nello stesso, devono inserire nei propri atti
28
Art. 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361/2000: “Ai fini del riconoscimento è
necessario che siano state soddisfatte le condizioni previste da norme di legge o di regolamento per la
costituzione dell'ente, che lo scopo sia possibile e lecito e che il patrimonio risulti adeguato alla
realizzazione dello scopo.”Al successivo comma 4 si dispone inoltre che la consistenza del patrimonio
deve essere dimostrata da idonea documentazione allegata alla domanda per il riconoscimento di una
persona giuridica.
29
Come detto nel precedente paragrafo 2.2, le disposizioni del codice civile per le associazioni
riconosciute relative all’organizzazione interna possono essere applicate anche alle associazioni non
riconosciute.
30
T.U.I.R. Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
12
costitutivi e statuti alcune clausole volte a regolare l’organizzazione interna in un
determinato modo.
L’art. 16 del codice civile dispone che l’atto costitutivo e lo statuto contengano le norme
sull’ordinamento interno dell’ente. Gli unici due organi che devono essere sempre
presenti nella struttura dell’associazione sono l’assemblea e gli amministratori.
L’assemblea degli associati costituisce un organo collegiale con funzione deliberativa a
cui partecipano tutti i membri di un’associazione. Gli associati possono farsi
rappresentare nell’assemblea da altri associati, mediante delega scritta anche in calce
all’avviso di convocazione, a meno che l’atto costitutivo o lo statuto non lo vietino.
Le competenze dell’assemblea sono generali, tuttavia nel codice civile è previsto che
essa abbia competenza necessaria e inderogabile su alcune specifiche materie quali
l’approvazione del bilancio, la modifica dell’atto costitutivo e dello statuto, lo
scioglimento dell’associazione, la devoluzione del patrimonio dell’ente, l’esercizio
dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e l’esclusione degli
associati.
La convocazione dell’assemblea solitamente è effettuata dagli amministratori, ma l’atto
costitutivo o lo statuto possono disporre diversamente. Gli amministratori o chi li
sostituisce in questa attività, sono liberi di procedere alla convocazione ogni volta che
ne ravvisino l’opportunità; tuttavia all’art. 20 del codice civile sono elencati tre casi in
cui è posto l’obbligo di convocare l’assemblea: una volta l’anno per l’approvazione del
bilancio31, quando ne sussista la necessità obiettiva e quando ne è fatta richiesta da
almeno un decimo degli associati. In quest’ultima ipotesi la convocazione può essere
ordinata dal presidente del tribunale se gli amministratori non vi provvedono.
Le forme con le quali deve essere effettuata la convocazione sono stabilite dallo statuto;
in mancanza di ciò essa deve avvenire, come previsto dall’art. 8 delle disposizioni di
attuazione del codice civile, mediante avviso personale che deve contenere l’ordine del
giorno degli argomenti da trattare e l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo
dell’adunanza32. Nel caso in cui le modalità di convocazione siano stabilite nello statuto,
31
Per approfondimenti su obblighi contabili e modalità di rendicontazione si rinvia al capitolo VIII del
presente lavoro.
32
Auricchio A., Associazioni non riconosciute, in “Enciclopedia del diritto”, 1958, p. 907.
13
è necessario prevedere un metodo che consenta all’associazione di provare l’avvenuto
invio dell’avviso di convocazione33.
Alla convocazione segue l’adunanza degli associati e il requisito formale per la sua
validità è il raggiungimento di un certo numero legale di presenze, il quorum. Proprio
per il variare di questo requisito, è necessario distinguere tra assemblea ordinaria e
straordinaria. L’assemblea straordinaria si riunisce per deliberare le modificazioni
dell’atto costitutivo e dello statuto o lo scioglimento dell’associazione e la devoluzione
del patrimonio; in tutti gli altri casi l’assemblea è ordinaria. L’assemblea è convocata in
prima convocazione e, nell’ipotesi in cui nella prima convocazione non venga raggiunto
il numero legale, in seconda convocazione. Come già detto il quorum previsto dal
codice civile34 varia in base alla tipologia dell’assemblea, ordinaria o straordinaria. Per
la validità dell’assemblea ordinaria in prima convocazione è richiesta la presenza di
almeno la metà degli associati, mentre la seconda convocazione è valida qualunque sia
il numero degli intervenuti. Per l’assemblea straordinaria, invece, è necessaria la
presenza di almeno tre quarti degli associati sia in prima, sia in seconda convocazione.
Si procederà poi con la discussione e la votazione. Le decisioni vengono adottate a
maggioranza degli associati che prendono parte all’adunanza, tranne nel caso di delibere
di scioglimento e di devoluzione del patrimonio, per le quali occorre il voto favorevole
di almeno tre quarti degli associati. Nelle deliberazioni di approvazione del bilancio e in
quelle che riguardano la loro responsabilità, gli amministratori non hanno diritto di
voto. Nulla invece è disposto per il caso in cui vi sia un associato con un interesse in
contrasto con l’associazione. Tale lacuna può essere coperta dall’applicazione analogica
dell’art. 2373 del codice civile. La deliberazione sarà quindi impugnabile, sempre che il
voto di chi avrebbe dovuto astenersi sia stato necessario per raggiungere la maggioranza
prescritta35.
In base all’art. 23 del codice civile le delibere assembleari contrarie alla legge, all’atto
costitutivo o allo statuto possono essere annullate dall’autorità giudiziaria. I soggetti
legittimati ad impugnare le delibere sono gli organi dell’ente, gli associati e il pubblico
33
Come precisato dalla sentenza del Tribunale di Roma, 7/11/1991, “grava sugli organi associativi
l’onere di provare l’avvenuto invio dell’avviso di convocazione agli aventi diritto, ma non anche quello
di dimostrarne l’effettivo ricevimento da parte di ciascuno dei destinatari”; lo specifico riferimento era
alla convocazione delle assemblee delle associazioni non riconosciute ma uguali conclusioni valgono
anche per le associazioni riconosciute, come sostenuto in Manuale delle associazioni sportive, 2009,
p. 97.
34
Art. 21 del codice civile.
35
Auricchio A., op. cit. 2., p. 908.
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ministero. Si è ammessa inoltre, per impedire il danno che potrebbe derivare dalla
temporanea efficacia della deliberazione impugnata, la possibilità che l’esecuzione della
stessa sia sospesa dal presidente del tribunale o dal giudice istruttore, se sussistono gravi
motivi, con decreto motivato e notificato agli amministratori. La sospensione può essere
anche disposta dall’autorità governativa, se la deliberazione è contraria all’ordine
pubblico o al buon costume. L’annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti
acquistati dal terzo di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della
deliberazione stessa.
Le ipotesi di annullabilità delle deliberazioni contenute nell’art. 23 del codice civile
fanno riferimento a vizi non della formazione dell’atto, bensì del suo contenuto. La
Corte di Cassazione, con sentenza n. 1408 del 4 febbraio 1993, ha precisato che per le
delibere assembleari adottate con un quorum deliberativo diverso da quello prescritto da
una disposizione di legge inderogabile non si applica l’art. 23 del codice civile. Queste
delibere non sono considerate annullabili perché i vizi relativi privano l’atto stesso dei
requisiti minimi essenziali; secondo la Cassazione, infatti, tali delibere sono affette da
“radicale nullità od inesistenza, denunciabile, in ogni tempo, da qualsiasi interessato”.
Allo stesso tempo, quindi, sono considerate nulle le deliberazioni allorché sia mancata
la convocazione di alcuni associati oppure quando gli intervenuti non raggiungano il
numero legale.
Altro organo necessario è quello amministrativo, spesso denominato consiglio direttivo.
L’organo amministrativo provvede al funzionamento tecnico, amministrativo ed
organizzativo dell’associazione e può essere definito come l’organo che si occupa, con
rilevanza esterna, dell’effettivo esercizio delle volontà che l’associazione ha espresso
attraverso l’assemblea36.
L’amministrazione può essere affidata a un solo soggetto, il cosiddetto amministratore
unico, o a una pluralità di amministratori. In quest’ultimo caso l’atto costitutivo o lo
statuto dovranno stabilire se gli amministratori sono tenuti ad operare congiuntamente o
disgiuntamente, oppure collegialmente secondo il principio della maggioranza.
36
Camilletti P., Di Diego S. e Gentili G., Associazioni sportive dilettantistiche:l’organo amministrativo, in
“Enti non profit”, 2008, p. 201.
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