6
Questo lavoro si propone di esplorare sul campo i diversi approcci delle
aziende nell’utilizzo della metodologia di Assessment Center, e più specificatamente,
nell’interpretazione aziendale della fase di feedback, momento forse più importante
ai fini della trasparenza e, in quanto tale, fonte di numerosi elementi di criticità.
La prima parte del lavoro è di natura teorica. Nel primo capitolo viene
inquadrato il contesto odierno del mercato delle risorse umane, evidenziando
l’importanza che queste rivestono ai fini dello sviluppo delle organizzazioni. Si pone
poi l’accento sul concetto di meritocrazia e si svolge una rassegna dei principali
oggetti di valutazione delle aziende: posizioni, prestazioni e potenziale.
Nel secondo capitolo viene presentato l’Assessment Center, dalle origini agli
sviluppi operativi. Vengono descritte le varie fasi del processo, dalla progettazione
all’implementazione, soffermandosi sulla fase del feedback.
Nel terzo capitolo viene discusso il feedback come un probabile strumento di
trasparenza, attraverso il significato che la cultura aziendale gli attribuisce in termini
di potere.
La seconda parte del lavoro è di natura operativa: l’indagine. Nel quarto
capitolo infatti, viene pianificata l’indagine attraverso la premessa dell’obiettivo, la
scelta dello strumento e la presentazione dei soggetti.
Il quinto capitolo si apre con una descrizione dei risultati ottenuti e si chiude
con due tabelle che, riassumendo i contenuti, rendono prontamente evidente il
confronto sulle aree esplorate.
Infine il sesto e il settimo capitolo sono rispettivamente dedicati alla
discussione critica dei risultati emersi e ai commenti finali di quest’indagine che,
avendo una scopo meramente esplorativo, non ha la pretesa di proclamare alcun
verdetto finale ma, di stimolare successivi approfondimenti della conoscenza.
7
8
I Capitolo
Il mercato delle risorse umane
I.I. L'importanza delle risorse umane
“Nulla di importante è mai stato compiuto senza passione”.
Oltre centocinquanta anni fa Hegel, grande filosofo tedesco, predicava
l'importanza delle passioni nel fare umano, e le aziende d’oggi, non possono non
tenerne conto.
Il successo che una volta dipendeva dalle tecnologie, oggi dipende dagli
uomini che fanno l'organizzazione, dal loro coinvolgimento e consenso, le nuove
tecnologie sono alla portata di tutti e la competitività si stabilisce in base alle
modalità dell'organizzazione del personale.
In che modo siamo giunti a questa situazione?
La risposta a questa domanda si cela dietro un secolo di profonde mutazioni
del lavoro, sia in termini di contesto e di mercato, sia in termini di condizioni e di
qualità e ancora in termini di una molteplicità di variabili che formano il nostro
“complesso” vivere quotidiano.
Il lavoro è da sempre il principale prodotto d'espressione dell'uomo, dal
lavoro rurale e artigiano di ottomila anni fa alla gran rivoluzione introdotta
dall'industria, sino a giungere, una trentina d’anni fa, al passaggio ad “una società in
cui al centro non c'é più la produzione manifatturiera di beni materiali in grandi
serie, ma c'é la produzione, non manifatturiera ma intellettuale, di beni immateriali
in grandi serie, di valori, di simboli, di estetica”. (De Masi D., 1995, p.32)
9
De Masi e altri autori chiamano questa particolare era che stiamo vivendo,
società del post-industriale; l'uomo fatica ad appropiarsi dei vari significati, stenta a
padroneggiare le nuove e molteplici possibilità a sua disposizione.
La capillarizzazione dei mezzi informatici e delle comunicazioni a livello
globale, e gli scambi sempre più competitivi dell'economia e della politica fanno si
che l'uomo di oggi sia immerso in un turbinio di cambiamenti di relazioni e valori:
“Lo spazio si restringe, il tempo si fa più compresso. Gli altri con cui
abbiamo a che fare sono sempre di più, le relazioni aumentano quantitativamente,
poiché i mezzi di comunicazione sono sempre più sofisticati e veloci, ma la qualità
delle stesse peggiora, si impoverisce tende a «burocratizzarsi» o ad assumere
connotazioni selvagge, disumanizzate, esageratamente effimere. La qualità tanto
propagandata e ricercata si trasforma in quantità. [...] La conflittualità si esaspera,
la sua gestione si fa più complessa”. (Marocci, G., 1996b, p. 12)
In quest’ottica, le aziende non hanno più l'imperativo d’inizio secolo di
aumentare sempre più l'efficienza e la produttività, per colmare il dislivello esistente
nel rapporto domanda-offerta.
Ford, ad esempio, poteva permettersi uno slogan del tipo: “Gli americani
possono scegliere automobili di qualsiasi colore, purché le scelgano nere!” (De
Masi D., 1995, p.31) che in ogni caso milioni di persone erano pronti a comprare
vista la scarsa concorrenza di mercato.
A quell’epoca, quindi, i modelli organizzativi erano per lo più orientati alla produzione;
Taylor, ad esempio, aveva stabilito l'efficienza in termini di quantità di prodotto diviso il tempo
umano impiegato a produrlo.
Nel corso degli anni si è riusciti a ridurre sempre più questo tempo, sino a
rasentare lo zero, dando a tutti la possibilità di diventare efficienti e dunque la
competizione tra le aziende si sposta sull'efficacia, sulla qualità.
La ricerca della qualità ha assunto nel tempo diversi significati, concentrando
dapprima l'attenzione sul prodotto, poi sulla soddisfazione del cliente e oggi la
qualità è indice di immagine e di benessere, funzione essenziale per una
competizione economica oramai globale.
Le aziende, consapevoli del cambiamento del mercato, hanno accolto le
nuove tecnologie ed hanno azionato, come afferma Cocco (1984), leve finanziarie,
organizzative, di qualità, di marketing e di logistica.
10
I vantaggi che derivano dall'azionamento di queste leve, possono non aver
valore in termini di competitività se, in primis non attiviamo la leva delle risorse
umane.
Essere competitivi oggi, significa affrontare la complessità, trovare soluzioni
per gestirla sempre più, scoprire nuovi spazi relazionali e dilatare i piccoli luoghi
temporali creati dal “post-moderno”, grazie a percorsi di sviluppo e riappropiazione
di consapevolezza delle capacità, dei modi di pensiero e della grande potenzialità e
creatività delle risorse umane.
Per far ciò, è necessario iniziare a mettere a punto sistemi di pianificazione e
sviluppo del personale, mirati a valorizzare la risorsa umana nella sua interezza.
Nasce per le aziende l'esigenza di possedere un quadro chiaro ed analitico
delle potenzialità individuali delle risorse disponibili, al fine di rispondere il più
adeguatamente possibile alle continue richieste di cambiamento e d’innovazione del
mercato.
11
I.II. Meritocrazia e valutazione nelle aziende (le tre “P”)
Storicamente, la valutazione nelle aziende nasce per affrontare il problema
della selezione del personale.
Taylor, ad inizio secolo, con la sua “organizzazione scientifica del lavoro”,
puntava ad analizzare i processi lavorativi sulla base dei tempi e dei movimenti,
considerando la forza fisica e la resistenza, le uniche capacità umane necessarie per
lavorare. (Spaltro, Kaneklin e Gandolfi; 1974, p.15)
In seguito a questi metodi di selezione, grazie anche alla psicofisiologia che
permette la misura delle funzioni psichiche, nacque l’interesse e l’esigenza di
valutare quantitativamente le attitudini umane al lavoro, cioè quel numero di
predisposizioni che messe assieme permettono al lavoratore di ottenere la miglior
performance nell’esecuzione di un determinato compito.
La psicotecnica nacque negli anni ‘50, per fronteggiare la selezione di grandi
masse di lavoratori richiesti dalle fabbriche.
Negli anni ‘70, le dure lotte dei sindacati e del movimento studentesco,
cambiarono ogni sistema di valutazione, erano volte all’abolizione dell'esercizio del
potere dell'uomo sull'uomo e del conseguente giudizio del capo sui comportamenti
del dipendente: “ […] nelle aziende tramontarono rapidamente i sistemi di
valutazione del personale (note caratteristiche, schede di merito, ecc.) che, per
decenni, avevano scandito una rudimentale valutazione delle prestazioni”.
(Avallone, F., 1996, p.21)
Valutare ed essere valutati però, è inevitabile, specialmente nelle
organizzazioni dove questo significa valorizzare la ricchezza della diversità,
precisare parametri e categorie di giudizio, e dunque: “A quei tempi si realizzò un
accordo tacito, un patto collusivo: le valutazioni non avrebbero avuto la forma del
passato, ma, nell’impossibilità di non valutare, sarebbero state assunte modalità più
nascoste”.(Avallone, F., 1996, p.21)
La “gerontocrazia” (per usare un termine Spaltriano) cui si arrivò, quindi non
risolse il problema dell'ingiustizia sociale, che riscoprì comunque subdule vie che
non appagarono i diritti di nessuno.
12
La faciloneria, le belle parole e l'improvvisazione nell'area del personale,
lasciano così il posto a pianificazioni e programmazioni precise, che indicano la
quantità e la qualità di risorse necessarie, il modo e i tempi di utilizzo, la direzione
per il raggiungimento concreto dell’obiettivo.
La dimensione individuale riacquista la sua importanza, restituendo un nuovo
interesse ai concetti della meritocrazia che sembravano oramai accantonati.
L'idea valutativa d’oggi però si differenzia enormemente dal passato, quando
la valutazione aveva lo scopo di giudicare le risorse umane in termini di
compatibilità con l'azienda e aveva, in caso contrario, il compito di disfarsene come
pezzi inservibili.
Oggi l'idea è di puntare sullo sviluppo del lavoratore, mostrandogli i punti di
forza e aiutandolo rispetto ai punti di debolezza, adattando il più possibile la
macchina o la mansione all'uomo piuttosto che il contrario.
In termini operativi la valutazione nelle aziende è applicata su tre aspetti
fondamentali:
— La valutazione della posizione che il dipendente occupa o andrà ad
occupare.
— La valutazione della prestazione che ha saputo realizzare.
— La valutazione del potenziale posseduto ma inespresso.
La valutazione della posizione deriva dalla job evaluation d’inizio secolo,
naturalmente la filosofia di fondo non è più la stessa, ma in ogni modo è un valido
strumento che ci consente di classificare il posto di lavoro aldilà di chi lo ricopre
attraverso una serie di criteri che ne stabiliscono a priori il valore e, assieme alla
valutazione della prestazione, il conseguente valore retributivo.