7
lo scambio di franchising e le relazioni fra le parti (franchisor e franchisee), si
tratta dei vantaggi che conseguono dal costituire e dall’entrare a far parte di una
struttura organizzativa a rete e di una comunità di imprese indipendenti. In
particolare, il franchising si è rivelato una comunità d’aziende al cui interno si
generano meccanismi di feedback positivi che accrescono le risorse degli
organismi aziendali che lo abitano. Vengono, poi, classificate le tipologie di
franchising che possono aver luogo in base alla natura dello scambio, mettendone
in evidenza le forme più recenti e le modifiche che subisce il sistema in presenza
di differenti tipi di franchising. La parte finale del capitolo, si concentra sullo
sviluppo del piano operativo di franchising, con il quale vengono definite le
politiche di creazione del sistema e di gestione dei rapporti con i franchisees,
ovvero la mappa del sistema, il package, i centri pilota, il contratto, il
reclutamento e la selezione dei franchisees, l’assistenza e la formazione.
Il terzo capitolo approfondisce la politica operativa che si riferisce alla
valorizzazione dell’identità di marca e alla comunicazione del valore dell’offerta
ai consumatori, attraverso la gestione strategica degli spazi visivi e dell’atmosfera
dei luoghi di acquisto delle unità affiliate. Si prende in esame il concept store,
come fonte di valore per la rete e strumento per il raggiungimento di uno degli
obiettivi fondamentali del franchising: la creazione di un’immagine di marca e di
una forte identità di gruppo. Nella prospettiva del franchising, il concept store si
presenta come una formula innovativa di gestione dei punti vendita che serve a
qualificare un sistema di affiliazione e a differenziarlo dalle imprese commerciali
tradizionali. Tale formula, pensata dal franchisor e trasferita insieme al package
agli affiliati, necessita di essere vissuta in prima persona dai franchisees che, in
questo modo, diventano parte attiva del network, sviluppando il proprio potenziale
e contribuendo a definire le strategie concorrenziali del gruppo. Il capitolo mette
in evidenza che il concept store, adottato nella rete di franchising, sprigiona
opportunità che, nelle logiche di gestione di negozio tradizionali, non vengono
colte.
Infine, il quarto capitolo mostra un caso aziendale di multifranchising
modulare e ne spiega i contenuti e le modalità concrete di attuazione. Frutto di
una convenzione stipulata tra questa Università e il gruppo Metauro Mare S.p.A.,
il lavoro è stato condotto con l’intento di analizzare, razionalizzare e modellizzare
il funzionamento del sistema franchising Metauro Mare e dei suoi punti vendita
denominati Metauro Point. Nel corso del capitolo si esaminano gli elementi
innovativi, il grado di coerenza delle decisioni prese e le necessità di revisioni.
Vengono presentati brevemente, dapprima, il settore dei servizi nautici da diporto
e, successivamente, le aziende che compongono il gruppo, il loro business e il
relativo know how che viene ceduto agli affiliati. Il capitolo dà, poi, ampio risalto
alla categoria e alla tipologia di franchising adottata, al ruolo della funzione
Franchising, agli obiettivi strategici che possono essere raggiunti con i negozi
Metauro Point e alle politiche operative. Dopo aver aperto un breve dibattito sulle
necessità di ripensamento di alcune decisioni dei manager e portato
argomentazioni a sostegno delle posizioni assunte, il caso si concluderà con
l’analisi del nautical concept store, come si propone di divenire il Metauro Point
e con una proposta di realizzazione del flagship store (negozio ammiraglia), come
politica comunicazionale per affermare l’identità di marca della rete.
Sono state condotte ricerche bibliografiche su testi e riviste specializzate in
tema di franchising e analisi di documenti ufficiali, relativi alle principali
organizzazioni italiane che operano nel settore (Associazione Italiana del
Franchising, Federazione Italiana del Franchising, International Franchisee
8
Association e Sviluppo Italia). Inoltre, sono stati reperiti paper da centri di ricerca
e documentazione sul franchising (Osservatorio Permanente sul Franchising
presso l’Università “La Sapienza” di Roma e Centro documentazione sul
Franchising) ed è stata svolta un’indagine, di tipo esplorativo (indagine sul
campo), tramite l’analisi di casi, riguardanti sia singoli punti vendita, sia eventi
collettivi che presentassero attenzioni evidenti alla costruzione di esperienze (2°
Roma Expo Franchising, Salone Nazionale del Franchising, Roma, 26-28 marzo
2004), durante i quali sono state effettuate interviste a responsabili di associazioni
di categoria.
Per lo studio del caso Metauro Point, l’analisi si è avvalsa di colloqui con i
responsabili del gruppo Metauro Mare e con il personale di vendita e di visite ai
locali dell’azienda, oggetto di studio. Le informazioni sono state integrate da
descrizioni rintracciate in alcuni siti Internet corporate o con materiale
promozionale e informativo, fornito dall’azienda.
Ogni capitolo di questo studio è stato completato riportando alcuni esempi di
casi aziendali, riguardanti organizzazioni che operano in franchising, con il fine di
dimostrare le tesi proposte.
9
CAPITOLO 1
IL FRANCHISING STRATEGICO
10
1.1. Alcuni cenni agli aspetti definitori del franchising
La strategia di franchising, nata negli Stati Uniti e approdata in Italia con
notevole successo nel 1970, si è evoluta nel tempo ed è cresciuta rapidamente.
Negli Stati Uniti rappresenta un business che coinvolge quasi la metà del
commercio al dettaglio e tra le prime dieci aziende quotate in Borsa, a New York,
quattro si sono sviluppate con il franchising
1
. Anche in Italia, il franchising ha
raggiunto dimensioni importanti. I dati relativi al 2001 rilevano la presenza di 606
franchisors e di 36.547 franchisees, per un giro di affari di 13.348 milioni di euro,
pari al 6,1 percento delle attività commerciali in Italia
2
.
Prima di iniziare l’analisi strategica del franchising e presentare la definizione
che il nostro lavoro intende proporre, è necessario esporre una breve trattazione
dei diversi profili che il franchising può assumere, dai quali si può ricavare una
classificazione di possibili definizioni, come segue:
- definizione sostanziale o operativa;
- definizione etica;
- definizione giuridica;
- definizione di marketing;
- definizione di natura organizzativa;
- definizione economico aziendalistica.
a) Definizione sostanziale
Dal punto di vista sostanziale o operativo, l’affiliazione commerciale,
secondo l’Associazione Italiana del Franchising (Assofranchising o AIF)
3
, “è una
forma di collaborazione continuativa per la distribuzione di beni o servizi fra un
imprenditore (affiliante o franchisor) e uno o più imprenditori (affiliati o
franchisee), giuridicamente ed economicamente indipendenti uno dall’altro, che
stipulano un apposito contratto attraverso il quale: l’affiliante concede all’affiliato
l’utilizzazione della propria formula commerciale, comprensiva del diritto di
sfruttare il suo know-how (l’insieme delle tecniche e delle conoscenze necessarie)
ed i propri segni distintivi, unitamente ad altre prestazioni e forme di assistenza
atte a consentire all’affiliato la gestione della propria attività con la medesima
immagine dell’impresa affiliante; l’affiliato si impegna a far proprie politica
commerciale e immagine dell’affiliante nell’interesse reciproco delle parti
medesime e del consumatore finale, nonché al rispetto delle condizioni
contrattuali liberamente pattuite”
4
.
1
G. MAGGI, Il sistema del franchising, Assofranchising, articolo pubblicato su
www.assofranchising.it, Milano, aprile 2004.
2
QUADRANTE FRANCHISING & MANAGEMENT SERVICES, Rapporto Quadrante 2001. Il
franchising in Italia nel 2001, Milano, 29 aprile 2002.
3
L’Associazione Italiana del Franchising riprende la definizione che dà l’International Franchising
Association (Associazione professionale dei franchisor americani) con sede a Washington.
4
ASSOFRANCHISING, Associazione Italiana del Franchising (AIF), Che cos’è il franchising,
pubblicato su www.assofranchising.it, Milano, 2004.
11
b) Definizione etica
Dal punto di vista etico, secondo il Codice Deontologico della Federazione
Italiana del Franchising (FIF), l’affiliazione viene definita come una forma di
collaborazione contrattuale tra parti giuridicamente ed economicamente
indipendenti, di pari dignità
5
.
Il tutto costituisce un pacchetto di “probabilità di successo” che il franchisor
mette a disposizione del franchisee. Lo scopo principale dell’accordo fra le parti è
quello di consentire benefici sia al franchisor che ai franchisee mediante la
combinazione delle loro risorse, mantenendo come preciso obiettivo l’interesse
del consumatore finale. La definizione “deontologica” è particolarmente attenta
agli interessi degli affiliati nell’interesse superiore degli affilianti e degli
stakeholders. L’etica del franchising è di fatto una collaborazione fiduciaria tra
due partners: importa solo stabilire chiare regole del gioco. Regole relativamente
flessibili mantenendo molto rigidi però i principi fondamentali della cooperazione,
della collaborazione, del dialogo e dell’equilibrio di diritti e doveri delle parti. La
filosofia, dettata anche dall’UE, è quella di evitare il predominio di uno sull’altro.
c) Definizione giuridica
In materia legislativa, l’Italia, nella disciplina del franchising, si trova in una
situazione di ritardo rispetto a diversi Paesi europei. Il contratto di franchising,
prima della nuova legge, si introduceva nell’ordinamento italiano in forza dell’art.
1322 c.c., che sancisce in termini generali la libertà contrattuale del privato.
Sancisce cioè la libertà dei privati di avvalersi, per regolamentare i propri interessi
economici giuridici, anche di figure contrattuali diverse ed ulteriori rispetto a
quelle dettagliatamente disciplinate dalla legge
6
. Pertanto se anche il codice civile
non contempla il contratto di franchising (per questa ragione viene definito
contratto atipico), esso non è per questo illecito, giacché rappresenta di per sé
stesso uno strumento con cui il privato soddisfa i propri interessi. Mancando,
come detto, una disciplina specifica del contratto di franchising, esso, in virtù del
citato art 1322 c.c. e nei limiti della meritevolezza delle finalità perseguite,
trovava tutela nel nostro ordinamento, attraverso i principi generali dettati in
materia di negozi e contratti
7
.
L’esigenza di una specifica regolamentazione è stata, però, fortemente sentita
per la prepotenza con la quale questa figura si è imposta nella prassi. Nata in
America si è infatti grandemente diffusa in Europa e la lacuna normativa non era
più giustificabile
8
. Recentemente, si è cercato di colmare il vuoto legislativo con il
disegno di legge n. 3834 (risultante dall’unificazione dei disegni di legge
d’iniziativa dei senatori Maconi, Asciutti, Marino e Costa) approvato, in via
definitiva dalla X Commissione “Industria, Commercio e Turismo” del Senato in
sede legislativa, il 21 aprile 2004, nella nuova legge n. 129, contenente “norme
5 CODICE DEONTOLOGICO DELLA FEDERAZIONE ITALINA DEL FRANCHISING, art. 1,
pubblicato su www.fif-franchising.it > Codice Deontologico FIF, principi enunciati dal CODICE
DEONTOLIGICO EUROPEO DEL FRANCHISING, Regolamento CEE 4087/88 Bruxelles
entrata in vigore il 1/2/1989 e dal regolamento UE n. 2790/99.
6
F. GAZZONI, Manuale di Diritto Privato, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1998, pp. 725 e
ss.
7
CODICE CIVILE, Libro IV - Titolo III, Dei singoli contratti, Regio decreto 16 marzo 1942 –
XX, n. 262.
8
A. FRIGNANI, Il contratto di franchising, Giuffrè, Milano, 1999.
12
per la disciplina dell’affiliazione commerciale”, pubblicata sulla «Gazzetta
Ufficiale» n. 120 del 24 maggio 2004.
Secondo questa nuova legge, entrata in vigore il giorno successivo la data di
pubblicazione, il franchising è una forma di cooperazione continuativa tra
imprenditori e viene definito (art. 1) come un “contratto, comunque denominato,
fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base
al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un
insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi,
denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore,
know how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo
l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul
territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi”. Il contratto
di affiliazione commerciale può essere utilizzato in ogni settore di attività
economica.
Secondo questa legge, nel contratto di affiliazione commerciale si intende:
a) per know how, un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate
derivanti da esperienze e da prove eseguite dall’affiliante, patrimonio che è
segreto, sostanziale ed individuato; per segreto, che il know how, considerato
come complesso di nozioni o nella precisa configurazione e composizione dei
suoi elementi, non è generalmente noto né facilmente accessibile; per sostanziale,
che il know how comprende conoscenze indispensabili all’affiliato per l’uso, per
la vendita o la rivendita dei beni o servizi contrattuali; per individuato, che il know
how deve essere descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire
di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità;
b) per diritto di ingresso, una cifra fissa, rapportata al valore economico e alla
capacità di sviluppo della rete, che l’affiliato versa al momento della stipula del
contratto di affiliazione commerciale;
c) per royalties, una percentuale che l’affiliante richiede all’affiliato
commisurata al giro d’affari del medesimo o in quota fissa, da versarsi anche in
quote fisse periodiche;
d) per beni dell’affiliante, i beni prodotti dall’affiliante o secondo le sue
istruzioni e contrassegnati dal nome dell’affiliante.
Nell’ambito dell’Unione Europea, la Commissione considera il franchising
come una classe di accordi verticali riguardanti l’acquisto o la vendita di beni o
servizi, qualora tali accordi siano conclusi tra imprese non concorrenti, fra talune
imprese concorrenti o da talune associazioni di dettaglianti di beni
9
. Essa include
inoltre accordi verticali contenenti disposizioni accessorie relative alla cessione o
all’uso di diritti di proprietà intellettuale.
d) Definizione di Marketing
Nel campo del marketing il franchising viene considerato come una politica
di mercato dell’impresa, che rientra nell’ambito delle politiche operative di
marketing-mix, con la quale avviene la scelta del canale di distribuzione. In
9
Regolamento CE n. 2790/1999 del 22 dicembre 1999 relativo all’applicazione dell’articolo 81,
paragrafo 3, del trattato CE, a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, pubblicato nella
G.U.C.E. 29 dicembre 1999, n. L 336, entrato in vigore l’1 gennaio 2000.
13
questo contesto Kotler colloca il franchising nei “sistemi verticali di marketing”
10
,
per identificare l’integrazione fra attori operanti in due o più stadi dei tradizionali
canali distributivi e, in generale, l’integrazione fra operatori a fini distributivi. Tali
sistemi riguardano forme aziendali della moderna distribuzione (Grande
Distribuzione e Grande Distribuzione Organizzata) oppure forme aziendali
reticolari in franchising. Rientrano nei sistemi verticali di marketing le unioni
volontarie (integrazione dello stadio “grossista” con quello “dettagliante”) i
gruppi d’acquisto (in genere integrazioni fra imprese che operano allo stesso
stadio del canale) e i diversi sistemi di franchising (promossi dal produttore o dai
distributori). In tale categoria rientrano anche le aziende che scelgono di creare e
gestire la distribuzione con negozi di proprietà o flagship store (tipico delle catene
monomarca nell’abbigliamento di altissima gamma)
Seguendo questa prospettiva, il franchising consiste in un canale o “circuito
indiretto breve”
11
che dispone una particolare forma di integrazione contrattuale
tra produttori o distributori e dettaglianti. Il consumatore finale percepisce questa
forma di integrazione in termini di presenza diretta del produttore sul mercato al
dettaglio, come del resto avviene in tutti i casi di distribuzione esclusiva ed è
questo il motivo che ne spiega la rapida estensione. Dal punto di vista della
copertura, infatti, il franchising è una “strategia di distribuzione esclusiva”
12
, in
cui il franchisor può disporre in tempi relativamente brevi di una rete di punti
vendita caratterizzati con il proprio marchio e strettamente controllati, senza
sostenere gli investimenti iniziali necessari per operare direttamente. Per
l’affiliante, il franchising rappresenta una scelta ottimale che consente di risolvere
il trade-off tra il controllo che si desidera ottenere sulla rete di vendita (specie nei
casi di offerta di prodotti di alta qualità) e la flessibilità della propria struttura
aziendale, in quanto tende ad evitare eccessive immobilizzazioni tecniche e
finanziarie. I costi fissi sono notevolmente inferiori rispetto alla creazione di una
rete di vendita diretta (di proprietà) e il punto di pareggio viene raggiunto con
quantità prodotte e vendute inferiori. Ciò consente di affrontare, con contenute
difficoltà e con maggiore efficacia, i continui cambiamenti della domanda generati
da ambienti turbolenti e discontinui, puntando anche sul potenziale che può offrire
ogni singolo imprenditore nel porre idonei rimedi in virtù della conoscenza del
proprio mercato locale. La convenienza del franchisee, privo di una effettiva
autonomia gestionale, dipende essenzialmente dalla notorietà del marchio che
utilizza e dall’innovatività e dall’esclusività dei prodotti che distribuisce oltre che,
dai margini commerciali di cui può disporre e dal tasso di rotazione del capitale
investito in scorte.
e) Definizione di natura organizzativa
Recentemente sono state date definizioni di franchising che mettono in risalto
la natura organizzativa di questa politica. Mazzoleni (2003) definisce il
franchising “come una forma organizzativa imprenditoriale che si basa sulla
collaborazione tra imprenditori. L’affiliante (o franchisor) mette a disposizione il
suo know how, il suo marchio, la sua attività di gestione e coordinazione, agli
10
P. KOTLER, W. G. SCOTT, Marketing Management: analisi, pianificazione, attuazione e
controllo, 7a edizione interamente rinnovata, ISEDI (UTET Libreria), Torino, 1998.
11
G. COZZI, G. FERRERO, Marketing. Principi, Metodi, Tendenze evolutive, Giappichelli
Editore, Torino, 2000, p. 451.
12
G. COZZI, G. FERRERO, 2000, p. 454.
14
affiliati (o franchisee) che, secondo i limiti definiti da contratto, svolgono
autonomamente un’attività (industriale o di distribuzione di beni e servizi)
utilizzando i segni distintivi dell’affiliante nell’interesse del sistema
complessivo”
13
. Questa visione considera il franchising come una struttura o
forma organizzativa a rete in grado di operare con flessibilità e dinamicità grazie
alla mobilità delle relazioni che le regolano. Questa modellizzazione può essere
schematizzata come un insieme di nodi (unità elementari) che interagiscono gli
uni con gli altri, aggregati da unità più complesse che ne regolano le
interrelazioni. Nel complesso, si passa dal concetto di catena del valore al più
complicato concetto di rete del valore
14
, dove trovano un giustificato sviluppo
soluzioni strategiche di gestione snella per permettere alle aziende di focalizzare
le proprie risorse sul core business. Coerentemente a questa logica, il franchising
unisce i vantaggi della gestione integrata a quelli della terziarizzazione creando
una struttura a più livelli, nella quale esiste un obiettivo di sviluppo comune
realizzato con l’ottimizzazione delle competenze specifiche di ogni elemento
dell’organizzazione
15
. Tale struttura è contemporaneamente un mercato, una
struttura gerarchica, una rete informativa, un sistema sociale, un clan e una
struttura politica (F. Butera, 1993)
16
.
Da tutte queste definizioni emerge la funzione o “missione commerciale” del
franchising e la sua natura collaborativa. Nel proseguo dei paragrafi e capitoli ne
mostreremo la natura strategica. Prima di entrare nello specifico, riteniamo utile
dichiarare la nostra visione, secondo cui il franchising è, innanzi tutto, una delle
risposte strategiche che più imprenditori hanno saputo elaborare, al verificarsi di
nuove condizioni di scenario
17
.
13
G. MAZZOLENI, Franchising, Amministrazione & Finanza Oro, n. 2, IPSOA, Milano, 2003, p.
15.
14
G. MAZZOLENI, 2003, p. 5.
15
A. MANARESI, Le relazioni interorganizzative nelle reti distributive in franchising,
Giappichelli, Torino, 1995.
16
Citazione in G. MAZZOLENI, 2003, p. 6.
17
G. MAZZOLENI, 2003, p. 16.
15
1.2. La nozione economico aziendalistica di franchising
Che cosa è il franchising da un punto di vista economico-aziendale? Non
interessa in questo contesto fornire una definizione valida in ogni caso, cosa
peraltro assai difficile da proporre, quanto una definizione contenutistico
descrittiva di franchising coerente con il contenuto di questo capitolo e più in
generale dell’intero lavoro. La definizione che forniremo ci sarà utile, sia per
scopi di astrazione scientifica, sia per la comprensione, secondo particolari schemi
concettuali, della concreta fenomenologia del franchising.
La definizione di franchising prevalente in letteratura, negli studi economico-
aziendali specializzati in tema di franchising (Ciambotti, 1989), descrive
l’affiliazione come “la formalizzazione contrattuale di un rapporto di
collaborazione tra imprese che si collocano a vari stadi del processo di
produzione-distribuzione di un prodotto o servizio, generando tra di esse un
fenomeno di integrazione economica verticale od orizzontale. La relazione
contrattuale lega tra loro un’impresa, franchisor, già nota ed affermata nel
mercato ed un’altra impresa, franchisee, normalmente di più ridotte
dimensioni”
18
.
I nostri studi, le indagini sul campo e le osservazioni di recenti esperienze
aziendali mostrano che il franchising viene, sempre più, eletto dalle aziende non
come politica commerciale alternativa per la selezione di un canale distributivo
diretto o indiretto, ma come strategia per il perseguimento di obiettivi di crescita e
sviluppo dei propri prodotti in nuovi mercati, flessibile e coerente rispetto ad un
ambiente dinamico e in continuo cambiamento. In altre parole il franchising viene
scelto come strategia “ottimale” per il perseguimento dei propri obiettivi
d’impresa. Prima di approdare a questa decisione ciascuno degli operatori
coinvolti compie un’attenta analisi di convenienza economica e strategica
finalizzata a rilevare i vantaggi e gli svantaggi che con tale tipo di gestione si
possono conseguire, comparandoli con quella della gestione diretta. Quindi la
politica di affiliazione si rivela una scelta efficace ed efficiente ed è questo il
significato che vogliamo attribuire al termine “scelta ottimale”.
Sulla base della nostra ricerca, il franchising può essere, allora, definito come
una strategia imprenditiva, intermodale, di crescita e sviluppo qualitativo e
quantitativo per linee esterne e di collaborazione interorganizzativa non equity,
formale, verticale od orizzontale, con la quale viene deliberatamente progettato
un sistema a rete di imprese giuridicamente indipendenti che interagiscono con
l’ambiente esterno, per il perseguimento degli obiettivi aziendali.
Di seguito esamineremo gli aspetti caratterizzanti di questa definizione.
Il franchising è una strategia imprenditiva, in quanto, nell’asse
prodotti/mercati/tecnologie, modifica la natura dell’impresa in termini di mercati
serviti e tecnologie adottate, trasforma la cultura, i sistemi e la struttura
organizzativa e predispone un miglioramento dei prodotti
19
. Si tratta però, di una
strategia che segna una continuità con il passato in quanto il franchisor concede il
diritto di utilizzare il proprio progetto d’impresa, gli stessi prodotti, la stessa
formula organizzativa, lo stesso settore di mercato e il know how già acquisito, a
figure imprenditoriali esterne, autonome e indipendenti, definite franchisee, che
18
M. CIAMBOTTI, Il franchising nell’economia delle imprese minori, Franco Angeli, Milano
1989, p. 15.
19
Per il significato di strategia imprenditiva si veda H. I. ANSOFF, Implanting, strategic,
management, Englewood Cliffs, N.J., Prentice-Hall, 1984.
16
conoscono il proprio ambito geografico di riferimento e si assumono interamente
il rischio di impresa della propria unità aziendale. Il franchising è una strategia
che contemporaneamente realizza gli obiettivi dell’alta direzione, protegge
l’impresa dalla vulnerabilità strategica di fronte ai continui cambiamenti
ambientali e massimizza il vantaggio delle competenze
20
e delle risorse
dell’impresa.
Il franchising è una strategia intermodale in quanto si presenta come un
“modello” contenitore di più linee strategiche complementari che si intrecciano e
si articolano in vari modi e in fasi logiche, utilizzando mezzi diversi da una o più
aree funzionali collegate tra loro, derivanti da due livelli imprenditoriali
interdipendenti (franchisor – franchisee), per produrre l’output finale.
Dalla definizione si può inoltre notare la duplice natura strategica del
franchising sia di crescita e sviluppo, sia di collaborazione interorganizzativa.
Le strategie di crescita e sviluppo predispongono un’espansione e una
trasformazione dell’azienda, sia quantitativa (aumento di fatturato, quote di
mercato e redditività), che qualitativa (miglioramento dei prodotti)
21
. Un’impresa
che si ponga l’obiettivo di incrementare nel tempo le vendite e i profitti senza
aumentare le proprie dimensioni, potrebbe farlo predisponendo una strategia di
franchising che consenta uno sviluppo territoriale in tempi ridotti e garantisca la
presenza e la penetrazione in molti mercati, accrescendo la domanda e la visibilità
dei propri prodotti e servizi. Tali mercati sarebbero difficilmente raggiungibili per
le scarse probabilità di penetrare nel mercato con una rete diretta (per
l’insufficiente conoscenza di alcuni contesti locali, per le scarse risorse finanziarie
e umane disponibili, per i fenomeni di rischio morale che si generano a causa
delle ridotte possibilità di controllare i dipendenti di una rete di proprietà) o
indiretta, attraverso un canale distributivo tradizionale (grossisti e dettaglianti).
Con il franchising, la crescita quantitativa avviene per linee esterne, senza
cioè impedire all’impresa di mantenere un elevato grado di flessibilità e, quindi, di
non irrigidirsi sul piano dei costi fissi. Nello stesso tempo, tale strategia consente
al franchisor di focalizzarsi sul proprio core business, curare la qualità dei
prodotti e offrire un beneficio differenziale percepito superiore a quello dei
concorrenti
22
. Con il franchising si può perseguire una crescita qualitativa, che
passa anche dall’elevato controllo che si ha sulla rete di vendita, grazie alla
formalizzazione del rapporto di collaborazione in un contratto e, soprattutto,
grazie alle motivazioni e all’efficienza garantita dal franchisee che partecipa al
rischio d’impresa e ha tutto l’interesse che il progetto funzioni al meglio.
Attraverso il contratto, poi, si possono imporre determinati standards di immagine
e quindi curare direttamente gli spazi visivi dei locali o attuare determinati
concetti di negozio analogamente a quanto succede in una rete di vendita di
proprietà. In un canale indiretto lungo, viceversa, si potrebbero vanificare gli
sforzi dell’impresa sul piano della qualità dei prodotti, a causa per esempio di
carenze nella cura dell’esposizione o delle tecniche di vendita, a meno che
l’impresa non disponga di un’elevata forza contrattuale per imporre ai
commercianti le proprie condizioni.
Le strategie di collaborazione interorganizzative riguardano accordi fra
imprese finalizzate ad azioni sinergiche atte a conseguire numerosi vantaggi e
20
H. I. ANSOFF, Implanting, strategic, management, Englewood Cliffs, N.J., Prentice-Hall, 1984,
traduzione in M. CIAMBOTTI, (a cura di), Dispense del corso di Programmazione e controllo,
Urbino, 2002, p. 57.
21
V. CODA, G. INVERNIZZI, M. RISPOLI, Strategia Aziendale, UTET Libreria, Torino, 1998.
22
Per il beneficio differenziale percepito si veda G. COZZI – G. FERRERO, 2000, p. 296.
17
portano ad allargare, attraverso lo sviluppo delle capacità di relazione con i
soggetti esterni, il campo di attività e di esperienza dell’impresa (learning by
cooperating) (Albertini, 1988)
23
. I rapporti sono costituiti da flussi, transazioni e
collegamenti durevoli
24
di idee, informazioni e prodotti che hanno luogo tra i due
soggetti imprenditoriali i quali si collocano a vari stadi del processo produzione-
distribuzione
25
. Nella nuova economia i franchisee che compongono il network si
considerano come team che creano valore congiuntamente, piuttosto che aziende
autonome in competizione l’una con l’altra. La maggior parte dei franchisor si
sforza oggi di ottenere un maggior coordinamento orizzontale delle attività
lavorative degli affiliati, utilizzando spesso, profili imprenditoriali diversi e
complementari da far cooperare per progetti. I confini tra le unità aziendali stanno
diventando più flessibili e labili con l’emergere del bisogno da parte dei
franchisor di rispondere più velocemente ai cambiamenti dell’ambiente esterno.
Le relazioni collaborative verticali o orizzontali tra franchisor e franchisee
rappresentano lo strumento fondamentale per competere con successo nel mondo
economico attuale.
Il franchising è una tipologia di alleanza strategica non equity fondata sullo
scambio e il trasferimento bilaterale di conoscenze fra imprese, senza che vi sia
partecipazione al capitale di rischio
26
. Nel franchising gli accordi sono volti a
sviluppare forme di collaborazione sistematica e continuativa e si caratterizzano
per un impegno reciproco tra imprese giuridicamente ed economicamente
indipendenti e autonome.
La natura formale delle alleanze strategiche in franchising è evidenziata dalla
formulazione e stipulazione di un contratto
27
, con il quale una parte, definita
affiliante, cede ad un’altra parte, definito affiliato, il diritto di utilizzare per un
certo periodo di tempo e generalmente dietro pagamento di un canone periodico,
il proprio know how e i segni distintivi dell’impresa
28
.
L’effetto dell’adozione di una strategia di franchising è quello di creare una
organizzazione a rete di unità aziendali che operano in esclusiva nella propria area
geografica e sono distribuite su tutto il territorio dell’ambiente di riferimento. Tale
rete presenta le seguenti caratteristiche: è giuridicamente indipendente, nel senso
che gli affiliati investono il proprio capitale nella realizzazione del punto vendita e
sono proprietari esclusivi della propria impresa; è organizzata, in quanto il
network è guidato e coordinato da un’unità centrale (franchisor) che ne assume la
direzione strategica; è flessibile, poiché si realizza con ridotti investimenti in
risorse finanziarie e umane, sia iniziali, sia di gestione della rete; infine, è
efficiente, poiché la divisione del lavoro a livello centrale e a livello locale, la
centralizzazione delle attività comuni, la motivazione e la responsabilità
imprenditoriale dei franchisees, favoriscono il conseguimento di vantaggi di
costo.
I manager strutturano e coordinano deliberatamente le risorse organizzative
che interagiscono con clienti, fornitori, concorrenti e gli altri elementi
23
M. RISPOLI (a cura di), L’impresa industriale. Economia, Tecnologia, Management, il Mulino,
Bologna, 1989, p. 756.
24
A. ETZIONI, Modern Organizations, Englewood Cliffs, N.J., Prentice-Hall, 1964, p. 6, op. cit.
in R. L. DAFT, Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano, 2001, p. 172.
25
M. CIAMBOTTI, 1989, p. 15.
26
M. RISPOLI, Le opzioni strategiche, 1989, in M. RISPOLI, (a cura di), L’impresa Industriale.
Economia, Tecnologia, Management, Il Mulino, Bologna, pp. 814 – 817.
27
T. A. COSHNEAR, Il contratto di franchising, IPSOA, Milano, 1986.
28
M. AMOROSO, G. BONANI, F. COLOMBO, P. GRASSI, Il franchising, Buffetti, Milano,
1992.
18
dell’ambiente esterno allo scopo di raggiungere i fini aziendali definiti in sede di
pianificazione strategica. L’interazione richiede un accordo e un’organizzazione
dei rapporti tra le parti che non scaturiscono spontaneamente dalla semplice
coesistenza di attori diversi (come ad esempio nei distretti), ma dalla loro
manifesta volontà di contribuire al perseguimento di obiettivi dinamici (la
missione aziendale).
Infine, le strategie di crescita dell’impresa devono sempre più essere
accompagnate da strategie difensive di sopravvivenza che la salvaguardino dalle
sorprese ambientali
29
. Attraverso la rete di franchising, sviluppando il potenziale
di ogni singolo imprenditore
30
che conosce il proprio mercato locale e i propri
clienti, si possono predisporre le risposte strategiche più adeguate e meno costose
per fronteggiare in tempo eventuali minacce o cogliere le opportunità che si
presentano. Ciò necessita di una buona struttura organizzativa, di sinergie e
tecnologie informatiche, che siano in grado di acquisire ed elaborare informazioni
provenienti da tutta la rete, per far partecipare alle decisioni strategiche gli
affiliati, a cui richiedere non soltanto garanzie di correttezza e mantenimento
dell’immagine del gruppo, ma anche capacità creative e innovative, al fine di
perseguire un miglioramento continuo globale.
29
H. I. ANSOFF, Implanting, strategic, management, Englewood Cliffs, N.J., Prentice-Hall, 1984,
trad. it. in M. CIAMBOTTI, (a cura di), Dispense del corso di Programmazione e controllo,
Urbino, 2002, p. 36.
30
R. L. DAFT, Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano, 2001, p. 529.
19
1.3. La strategia di franchising
Il porre obiettivi che portino, se raggiunti, a una crescita dimensionale, è stata
la prassi caratterizzante il comportamento strategico per molti decenni. Solo la
crisi dei primi anni Settanta, qualificata dal sovrapporsi di componenti
congiunturali e strutturali e dall’avvio di profondi mutamenti degli assetti
produttivi internazionali, ha portato a considerare, con atteggiamento più critico,
le strategie che prevedono fra i loro esiti la crescita quantitativa dimensionale
dell’impresa. Accanto a queste strategie si possono prendere in considerazione
quelle che, come il franchising, tenuto conto della dinamica competitiva e di
quella aziendale, individuano nel mantenimento delle dimensioni esistenti
l’obiettivo da perseguire. La loro importanza si è venuta a determinare solo in
concomitanza di importanti crisi economiche, ma oggi si è sviluppata una
particolare attenzione verso queste
31
. Fra uno sviluppo tutto interno e uno tutto
esterno il franchising si colloca verso quest’ultimo. Ciò che appare nuovo rispetto
al passato è che il concetto stesso di sviluppo non è più legato soltanto
all’allargamento della base occupazionale e alla dimensione del processo, ma alla
crescita qualitativa, alla capacità di mantenere la qualità delle risorse umane e
tecnologiche ad un livello superiore rispetto a quello della concorrenza. La realtà
dei sistemi produttivi offre continui e diffusi esempi di imprese che si sviluppano,
talvolta fino ad assumere rilevanza internazionale, adottando strategie fondate
sulla collaborazione e l’integrazione fra imprese.
L’adozione della strategia di franchising può essere vista come l’assunzione,
da parte dell’imprenditore o dell’alta direzione aziendale, di un disegno di
sviluppo dell’impresa fondato su un sistema di obiettivi particolari (che tratteremo
più avanti), in grado di orientare le successive decisioni. Ma, non si realizza una
valida gestione strategica del franchising senza la conoscenza della storia della
specifica impresa che la vuole adottare. Lo studio del percorso strategico
costituisce il punto di partenza di questa scelta, consentendo tra l’altro di
escludere fin dall’inizio alcune alternative. L’impresa affiliante, prima di lanciare
un progetto di franchising, deve essere già nota ed affermata nel mercato, deve
disporre di un’idea d’impresa, di prodotti, servizi, processi produttivi e segni
distintivi già collaudati
32
e quindi, deve essere contrassegnata da una storia di
successo.
La strategia di franchising consente di governare il rapporto complessivo fra
l’impresa e il suo ambiente. Mette in relazione l’impresa con soggetti portatori di
loro interessi operanti nel mercato e più specificamente ha per oggetto il rapporto
fra impresa e mercati locali. Rappresenta uno strumento per la costruzione e per lo
sviluppo dell’immagine aziendale, che va oltre la mera definizione di un marchio,
di un segno distintivo, o della cura dei locali, ma ha per fondamento
l’approfondimento della cultura d’impresa e della sua organizzazione come
matrice dei suoi comportamenti verso soggetti interni ed esterni al suo sistema.
La strategia riguarda contemporaneamente diversi campi di attività
dell’impresa rispetto ai quali deve assicurare i collegamenti, il coordinamento e la
coerenza. Con essa si devono definire gli obiettivi di fondo e le azioni volte a
conseguirli che si traducono in specifici percorsi evolutivi, sintesi del processo
dialettico fra impresa e ambiente. In un sistema economico come quello attuale,
ove assumono importanza sempre maggiore i vantaggi specifici e differenziali di
31
M. RISPOLI, 1989, p. 754.
32
M. CIAMBOTTI, 1989, p. 46.
20
ogni impresa, la strategia di franchising ha come tema specifico il vantaggio
competitivo mantenibile che la stessa riesce ad acquisire.
L’obiettivo strategico di fondo dell’impresa affiliante è il suo sviluppo in
condizioni di competitività e, possibilmente, di dominanza nei business ove si
trovi ad operare. Si tratta di una strategia di sviluppo tendenzialmente volta a
riprodurre e conservare il campo di attività e le soluzioni manageriali e
organizzative già sperimentate o, comunque, a esse simili (resource-driver).
Inoltre, si fonda sulla capacità di cercare e individuare le opportunità ambientali e,
quindi, di accedere alle risorse esterne non controllate e di utilizzarle
efficacemente in combinazione e a completamento di quelle interne. In altre
parole, si tratta di perseguire uno sviluppo volto a portare l’impresa verso
esperienze e attività nuove da affiancare o da sostituire a quelle consolidate, in
ogni caso uno sviluppo per il quale l’area delle opportunità potenzialmente
praticabili è assai più ampia di quella legata alle risorse interne (opportunity-
driven) (Kao e Stevenson 1985)
33
.
Infatti, nella politica di franchising sono compresenti due comportamenti
strategici complementari che consentono di attivare uno sviluppo dell’impresa su
due linee tendenziali per produrre situazioni di integrazione altamente sinergiche:
una linea che porta ad approfondire il sapere tecnologico accumulato per trarne
effetti innovativi e vantaggi competitivi (learning by doing); un’altra, che porta ad
allargare, attraverso lo sviluppo delle capacità di relazione con i soggetti esterni, il
campo di attività e di esperienza dell’impresa (learning by cooperating) (Albertini
1988)
34
.
Ciambotti descrive, appunto, il franchising “come una vera e propria strategia
di selettività, con la quale l’impresa affiliante mira ad individuare e capitalizzare i
vantaggi competitivi di cui essa dispone”
35
. A tal fine, vengono da essa
valorizzate le funzioni strategiche, come ad esempio quella di marketing, ossia
funzioni “aventi una maggiore valenza in termini di migliore utilizzo delle proprie
risorse e di sviluppo di competenze distintive in grado di consentire specifici
vantaggi concorrenziali”
36
.
Tali vantaggi devono essere conseguiti con una strategia competitiva coerente
con le caratteristiche dei mercati in cui l’impresa intende introdursi. Sebbene
l’ampliamento del raggio di azione, realizzato mediante l’entrata in una nuova
area geografica, non possa prescindere da una visione complessiva d’impresa,
particolari attenzioni devono essere prestate alla scelta di una corretta politica
d’ingresso nel nuovo ambito competitivo. In certi contesti ambientali, la politica
di franchising, vista ora come strategia d’ingresso
37
, può essere l’unica alternativa
coerente finalizzata a guidare il processo di introduzione nei mercati locali e a
predisporre le condizioni necessarie per sviluppare successivi disegni competitivi
di un certo profilo strategico.
33
J. KAO, H. H. STEVENSON, Entrepreneurship: What It is and how to Teach It, HSBA,
Boston, 1985, op. cit. in M. RISPOLI, 1989, p. 755.
34
S. ALBERTINI, Divisione del lavoro e coordinamento: reti relazionali e accordi di
cooperazione tra imprese, Università di Venezia, 1988, op. cit. in M. RISPOLI, 1989, p. 756.
35
M. CIAMBOTTI, 1989, p. 49.
36
Ibidem.
37
Per le strategie d’ingresso si veda F. R. ROOT, Entry Strategies for International Markets,
Lexington Books, Lexington, 1987, op. cit. in V. CODA, G. INVERNIZZI, M. RISPOLI,
Strategia Aziendale, UTET Libreria, Torino, 1998, p. 594.