5
In particolare vorrei riportare un caso pratico, quello di J., 17 anni, delle
cure alle quali si è sottoposto, delle difficoltà incontrate, delle sue
aspettative e quelle dei suoi genitori.
Questo ragazzo un po’ più sfortunato rispetto agli altri suoi coetanei, è una
persona che conosco personalmente, con la quale ho avuto modo di
lavorare e interagire fin da quando era piccolo, dato che sono molti anni
che ci conosciamo.
Non ha nessun tipo di deficit di tipo visibile, ma a causa di un trauma
infantile, con il passare del tempo si è rivelato dislessico, disgrafico e
discalculico.
Il suo caso è stato preso in considerazione da studiosi famosi, molto
preparati sulla dislessia come, per esempio, Cornoldi, Friso, Giordano,
Molin, Poli, Rigoni e Tressoldi (Casa Editrice Centro Studi Eriksson, Trento,
1997) che hanno inserito nel loro testo, Abilità visuo-spaziali. Intervento
sulle difficoltà non verbali di apprendimento, a pagina 42-43 un foglio che
aveva scritto J. mentre era in cura presso loro.
In questo scritto, J. invitato a descrivere delle figure, dimostra di essere
capace di usare solo lo stampatello maiuscolo.
♠ Introduzione
6
1. La normale acquisizione fonologica
Prima di trattare il problema della dislessia, tema centrale in questo
lavoro, mi sembra utile soffermarmi un attimo sulla normale acquisizione
fonologica nei bambini che non sono affetti da disturbi specifici del
linguaggio per poi mettere in luce le principali differenze con soggetti
affetti da dislessia.
Non è ancora chiaro se l’acquisizione del linguaggio dipenda da processi
generali di apprendimento, sia cioè una delle manifestazioni di una
capacità cognitiva più generale o se rifletta lo sviluppo di processi propri
alla struttura e al funzionamento delle lingua naturali.
Secondo la prima ipotesi, definita ipotesi cognitiva forte, il linguaggio
prenderebbe origine da operazioni sensomotorie comuni alla
organizzazione e coordinazione degli schemi d’azione. Lo sviluppo del
linguaggio consisterebbe cioè nel codificare linguisticamente un sistema di
conoscenze non linguistiche che il bambino già possiede, grazie a processi
e operazioni strutturalmente omologhe in quanto appartenenti ad un’unica
matrice generale, la funzione simbolica (Piaget e Inhelder, 1969; Sinclair,
1976; Greenfield, 1976; Bates, 1976).
Secondo l’altra ipotesi, definita ipotesi cognitiva debole o correlazionale, la
correlazione tra lo sviluppo cognitivo e lo sviluppo linguistico sarebbe solo
parziale o meglio, circoscritta ad un set di specifiche operazioni cognitive.
Secondo molti autori (Slobin, 1973, 1985; Cromer, 1978; Curtiss, 1981;
Menyuk, 1981) questa ipotesi appare la più congruente con la duplice
complessità del linguaggio, in cui confluiscono sia componenti concettuali,
sia componenti formali correlati a specifici meccanismi di apprendimento
linguistico.
1. La normale acquisizione fonologica
7
Il dibattito tra queste due teorie è ancora aperto, quello che è sicuro è che
quando un bambino nasce, è già pronto all’acquisizione del linguaggio
orale, specialmente quello della propria madre e allo sviluppo del proprio
sistema fonologico; già nel grembo materno infatti, egli si trova in un
ambiente utile per la comunicazione con l’esterno, in un ambiente cioè,
ricco di stimoli provenienti dall’esterno.
E’ importante, in questa fase di pre-acquisizione, sottolineare che non tutti
i bambini sviluppano il proprio sistema fonologico in maniera identica e
con gli stessi tempi, ma ognuno di essi ha il suo proprio sistema e,
nonostante facciano parte dello stesso ambiente linguistico e sviluppino lo
stesso modello da adulti, ogni bambino costruirà la propria versione del
sistema.
Per questo motivo prima di dichiarare che un bambino è dislessico o ha
altri tipi di problemi legati al linguaggio, è utile sottoporlo a degli
accertamenti.
Una volta nato, l’infante, e in particolare il suo apparato fonatorio,
presenterà delle differenze rispetto a quello dell’adulto.
La prima e più evidente differenza tra la fonologia di un neonato e quella
di un adulto è tra ciò che il bambino è in grado di comprendere e ciò che è
in grado di produrre, nel senso che il sistema è fortemente sbilanciato
verso la comprensione piuttosto che verso la produzione. Il bambino,
quindi, non è in grado di produrre tutto ciò che comprende.
Per questo si assume che la comprensione preceda la produzione, tuttavia
studiando sistematicamente alcuni aspetti dello sviluppo morfosintattico, si
sono rilevati dei fenomeni che sembrano in controtendenza rispetto
all’andamento generale.
1. La normale acquisizione fonologica
8
Media di parole prodotte nelle diverse fasce di età 1
0
22
45
55
25
100
150
200
0
25
50
75
100
125
150
175
200
225
250
275
300
325
350
375
400
425
450
475
500
8-10 11-13 14-16 17-18
età in mesi
n
um
er
o
d
i
pa
ro
l
e
produzione
comprensione
1
1
Grafico tratto da Sabbadini (1999), Manuale di neuropsicologia dell’età evolutiva, pag. 246
1. La normale acquisizione fonologica
9
La seconda, sicuramente meno evidente, risiede nell’anatomia dei due
apparati fonatori.
Nel primo anno di vita il neonato produrrà una grande varietà di suoni
legati alla conformazione anatomica del tratto vocale.
La massa della lingua del bambino è grande in relazione alla cavità orale
ed ha poca possibilità di movimento, per cui all’inizio non verrà prodotta
tutta la gamma dei suoni vocalici e consonantici, ma saranno prodotti
principalmente i suoni di tipo nasale.
Il tratto vocalico è sensibilmente più corto rispetto a quello dell’adulto, la
faringe è più corta, la cavità orale è piatta a causa della mancanza dei
denti.
Inoltre il bambino non ha una cavità laringale come quella dell’adulto, il
velo palatino è più basso nel neonato e, in posizione di riposo, si ha il
contatto tra l’epiglottide e il velo palatino, cosa che nell’adulto non si
verifica. Questo avviene per far si che la cavità orale porti direttamente
all’esofago e la cavità nasale porti alla trachea e di conseguenza fa sì che
le due aree rimangano separate per evitare che il bambino non inali
liquidi; per questa separazione, il bambino può respirare quasi
esclusivamente dal naso, cosicché le vocalizzazioni dell’infante saranno
prevalentemente nasalizzate 2.
Tutte queste osservazioni si riferiscono ai primi sei mesi di vita, periodo
durante il quale le produzioni sonore sono influenzate in modo sostanziale
dalle proprietà anatomiche del tratto vocale.
L’esercizio nella produzione di vocalizzazioni di tipo linguistico è anche
importante per i meccanismi di controllo.
Il bambino infatti è esposto a due input vocalici, le parole degli adulti e le
proprie produzioni. L’esercizio vocale quindi, oltre a migliorare le capacità
motorie, mette anche il neonato in condizione di ascoltare le proprie
2
Bortolini U. (1999), “Sviluppo delle funzioni linguistiche” in Manuale neuropsicologia dell’età evolutiva, pag. 222
1. La normale acquisizione fonologica
10
produzioni attivando un insieme di sistemi di controllo e quindi un legame
tra sensazioni uditive e impressioni tattili e cinestetiche che il bambino
riceve dalle proprie produzioni.
Successivamente, durante il primo anno di vita, assieme ad un
rimodellamento dell’apparato fonatorio, si assiste ad una
progressiva acquisizione di ulteriori capacità articolatorie e di
sperimentazione di suoni e combinazione di suoni. Il vocabolario
del bambino varia relazione all’età: inizialmente occorrono 3-4 mesi
per l’acquisizione di dieci parole nuove, mentre più tardi, dai 18
mesi, il tempo necessario diminuisce radicalmente. Il bambino
estende i nomi degli oggetti a seconda della fase di costruzione del
concetto in cui si trova e in cui avviene l’apprendimento, cioè anche
delle informazioni che possiede. In questo periodo sono stati
individuati cinque stadi 3:
a) Dalla nascita al primo-secondo mese di vita, periodo in cui il
neonato produce suoni di tipo vegetativo, cioè i rumori legati
alla respirazione o alla deglutizione, suoni riflessi, come il
pianto da fame o da disagio e pochi suoni linguistici chiamati
anche nuclei quasi risonanti poiché prodotti con la vibrazione
della laringe. La risonanza avviene nelle cavità nasali, dato che
il bambino vocalizza a bocca chiusa e lo spazio tra laringe e
cavità nasale è ridotto.
b) Dai due ai cinque mesi di vita, periodo durante il quale iniziano
a comparire suoni di tipo consonantico articolati nella zona
posteriore cioè suoni gutturali, infatti percettivamente queste
vocalizzazioni vengono assimilate ai seguenti suoni gutturali o
velari [x, ç, g, k]. Continuano ad essere usati i suoni
3
Antelmi Donella (1999), Fisiologia e patologia dell’apprendimento linguistico
1. La normale acquisizione fonologica
11
nasalizzati: nasali sillabiche o vocali nasalizzate. Dopo il terzo
mese tendono a scomparire i suoni vegetativi ed il pianto e si
intensificano i suoni “vocalici” di benessere.
c) Dai quattro ai sei mesi di vita, periodo che viene chiamato
periodo del gioco vocale e spesso denominato anche “periodo
di espansione”, il bambino sperimenta una più ampia gamma
di suoni grazie al rimodellamento anatomico del tratto
orofaringeo. Le sequenze segmentali si fanno più lunghe ed i
suoni acquisiscono una certa stabilità, rendendo riconoscibili
suoni nasali sillabici come [m] e [n] e suoni vocalici in cui
l’altezza e la posizione della lingua sono variate.
d) Dai sei ai dieci mesi di vita, periodo denominato della lallazione
reduplicata o babbling. In questo stadio le produzioni sonore
assumono la forma di una serie di sillabe consonante-vocale
(CV) ripetute a formare una lunga sequenza, in cui la
consonante rimane invariata. Accanto alle nasali, compaiono
occlusive labiali e alveolari e le semiconsonanti o glides. Il
bambino è in grado di controllare in modo analogo agli adulti il
momento di attacco della sonorità della vocale dopo
l’occlusione (VOT) , per cui è frequente la sensazione che stia
pronunciando una vera parola.
e) Dai dieci ai dodici mesi di vita, stadio chiamato della lallazione
non reduplicata o jargon. Questo stadio, che precede la
comparsa della prima parola, si presenta in modo diverso tra i
soggetti ed ha durata assai variabile. Le vocali prodotte
comprendono anche le vocali anteriori altre, posteriori alte e
medie, arrotondate e non.
I bambini producono lunghe sequenze sillabiche che includono
una grande varietà di accenti e intonazioni. Tali espressioni
1. La normale acquisizione fonologica
12
prendono il nome di inflessioni vocaliche o gibberish. Per
inflessioni vocaliche si intendono le emissioni sonore che
sembrano composte da parole non identificabili.
Periodo delle 50 parole (un anno–un anno e sei mesi):
Stadio che dura circa sei mesi, durante il quale il bambino inizia ad
usare un primo vocabolario di simboli con un referente preciso.
Le strutture sillabiche sono semplici, in prevalenza formate da CV e
sembra che in questo momento i contrasti fonologici non siano
ancora percepibili come tali.
In questo stadio comincia a svilupparsi il lessico. Le prime parole
imparate dai neonati sono principalmente i nomi, dai quali si
svilupperà in seguito anche la predicazione, ma sempre partendo
dai nomi. Esempio: nonna = la nonna, ma successivamente
significherà anche DELLA nonna.
In questo periodo è anche molto frequente il fenomeno dell’uso
generalizzato di una stessa parola per referenti diversi. Questo
fenomeno è definito della “sovraestensione del significato” 4 ed è
l’uso che il bambino fa della parola in contesti diversi che permette
all’adulto di attribuire a questo lo status di nome o verbo, esempio
l’infante usa brum per riferirsi a tutti i veicoli che conosce, pappa
per tutti i cibi che conosce, ecc… (Clark, 1993).
Oltre a questo, parallelamente allo sviluppo dei nomi, si ha la
presenza dei gesti che accompagnano la nascita della prima vera
parola che vengono definiti gesti referenziali, attraverso i quali il
bambino può comunicare i suoi stati o bisogni.
Il contenuto semantico di questi gesti non varia in conseguenza del
variare del contesto. E’ interessante notare che esiste una sorta di
4
Caselli M. C. (1999), “Il primo sviluppo lessicale” in Manuale di neuropsicologia dell’età evolutiva, pag. 249
1. La normale acquisizione fonologica
13
economia nel vocabolario. Se il bambino produce una parola per
riferirsi ad un oggetto o ad una persona, generalmente non
produrrà il corrispondente gesto; viceversa, se produrrà
un’etichetta gestuale non comparirà la parola corrispondente 5,
questo perché l’ambiente linguistico in cui vive l’infante è più
sensibile a riconoscere, accettare e rinforzare la modalità orale.
In questo periodo, parlando di sintassi, compaiono le prime
combinazioni di due o più parole ed hanno prevalentemente un
carattere telegrafico.
Questi enunciati consistono in “contents words” 6, sono privi cioè di
elementi più propriamente grammaticali come gli articoli, per
esempio.
Il ritmo al quale i bambini espandono quantitativamente i loro
enunciati, può variare considerevolmente da soggetto a soggetto.
Dal punto di vista quantitativo, un indice globale relativamente
affidabile dello sviluppo grammaticale e valido per i primi tre anni di
vita, è dato dalla crescita della lunghezza media dell’enunciato
(LME). Con enunciato si intende una qualunque sequenza di parole
che è preceduta e seguita da silenzio o da un cambio di turno nella
conversazione.
Sfortunatamente l’esame della LME non ci dice nulla sui
cambiamenti quantitativi e qualitativi della struttura frasale dato
che due enunciati della stessa lunghezza possono avere una
struttura frasale molto diversa.
5
Caselli M. C. (1999), “Il primo sviluppo lessicale” in Manuale di neuropsicologia dell’età evolutiva, pag. 250
6
Devescovi A., Pizzuto E. (1999), “Lo sviluppo grammaticale” in Manuale neuropsicologia dell’età evolutiva, pag. 264
1. La normale acquisizione fonologica