- Introduzione -
IX
Ma l’aspetto ancora più rivoluzionario riguarda le modalità con cui si
realizza questo fenomeno, modalità che ci portano a definire il commercio
elettronico e il mercato di Internet come una nuova idea di mercato, dove i
rapporti tra produttori e utilizzatori sono radicalmente diversi e non più mediati
da nessun tipo di distribuzione.
Queste modalità sono state intensamente studiate ed è ormai evidente
che una delle ragioni del successo di Internet, e della new-economy in senso
lato, consiste nei cosiddetti feedback positivi di rete, altresì definiti esternalità
di rete: l’utilizzatore infatti considera più vantaggioso essere connesso ad una
grande rete di vendita e acquisto con infinite opportunità commerciali piuttosto
che ad una piccola rete, reale o virtuale che sia, e questo genera degli effetti
positivi in relazione alla domanda legati all’immediata e delocalizzata
disponibilità dei beni richiesti. A ciò si aggiunga il venir meno dei feedback
negativi legati ai problemi organizzativi e logistici tipici della grande
distribuzione
1
.
In ragione di queste ed altre considerazioni il commercio elettronico
non deve essere considerato una semplice modalità di vendita bensì un nuovo
modo di approccio al mercato, lo ripeto: una nuova idea di mercato.
Cercando di darne una definizione si può dire che il commercio
elettronico è Il sistema che consente di effettuare transazioni in modo
elettronico fra due o più entità collegate tra loro con apparati informatici e
sistemi di telecomunicazioni, vendendo o acquisendo beni e servizi attraverso
1
Per approfondimenti vedi: C. SHAPIRO, H. C. VARIAN, Information rules – Le regole
dell’economia dell’ informazione, Milano, 1999, passim.
X
una forma di pagamento elettronico e un sistema di consegna a domicilio o
attraverso una consegna digitale. Tutte le fasi di acquisizione delle
informazioni, selezione, scelta, ordine, pagamento dei prodotti validazione,
evasione dell’ordine e gestione delle fasi post-vendita vengono effettuate con
modalità elettroniche.
2
II. Business to business e business to consumer
Il commercio elettronico è comunemente diviso in due categorie il
business to business, nella pratica b2b, e il business to consumer, b2c. Il
primo abbraccia ogni genere di transazione effettuata tra un’impresa ed altre
organizzazioni, siano esse partner commerciali, fornitori, clienti, o istituzioni; il
secondo invece riguarda tutte le transazioni commerciali di beni e servizi
effettuate tra imprese e consumatori finali.
A queste si possono aggiungere altre due categorie, le quali hanno
però molta meno importanza a livello globale: il person to person, che riguarda
le transazioni on line effettuate tra privati con la mediazione di un terzo
soggetto; e infine il public administration to citizens/business, che consiste
nella trasposizione on line di tutti quei rapporti che sussistono tra Pubblica
Amministrazione, cittadini ed imprese. È bene precisare però che queste
ultime due categorie esulano da quelle che tradizionalmente sono definite
attività commerciali; manca infatti il requisito della professionalità nel primo
2
Definizione di S. Missineo in E. TRIPODI, F. SANTORO, S. MISSINEO, Manuale di commercio
elettronico. Profili di marketing, giuridici, fiscali. Le forme di incentivazione alle imprese, Milano,
2000, pag. 19.
- Introduzione -
XI
caso e nel secondo i rapporti tra PA e cittadini o imprese, salvo poche
eccezioni, non rientrano nelle consuete forme contrattuali tipiche del
commercio. Non sembra corretto quindi comprendere queste due species di
rapporti all’interno del genus commercio elettronico. Anzi pare che il
denominatore comune che abbia spinto l’autore della classificazione suddetta
non sia altro che la modalità di esecuzione dei rapporti stessi attraverso
Internet, senza invece tener presente la reale natura di questi e
dimenticandosi che Internet non è altro che lo strumento tecnico comunicativo
attraverso il quale si ripropongono, seppur con qualche piccola differenza,
fattispecie contrattuali già consolidate.
Vista la vastità dell’argomento mi limiterò ad alcune riflessioni circa le
principali differenze esistenti tra b2b e b2c. La prima sostanziale diversità che
si può riscontrare riguarda il problema dell’affidamento delle parti, ciò è dovuto
al fatto che gli acquisti dei consumatori sono tendenzialmente occasionali,
vengono definiti anche «one shot», mentre i rapporti tra imprenditori o
professionisti avvengono sulla base di una pregressa conoscenza reciproca.
L’esigenza nel b2c di tutelare l’affidamento del consumatore è quindi una
costante mentre nel b2b diventa un’esigenza tutto sommato marginale e
confinata a quei pochi casi in cui gli imprenditori intrattengono delle relazioni
commerciali senza conoscersi nel mondo reale.
La tutela dell’affidamento va però risolta a livello precontrattuale, non si
tratta infatti di una questio iuris ma di una questio facti, dovuta al fatto che lo
scambio avviene tra assenti, senza alcun contatto; si concretizza quella che in
XII
economia viene definita un’asimmetria informativa
3
. Questa asimmetria è
dovuta all’impossibilità per l’impresa che vende on line, fatta eccezione per i
grandi marchi, i quali sono di per sé sinonimo di qualità e quindi capaci di
creare affidamento nei consumatori, di colmare autonomamente lo squilibrio
informativo che caratterizza la negoziazione. L’unica soluzione attualmente
plausibile per questo problema è la certificazione dei siti Internet da parte di
soggetti terzi, che diano garanzia d’indipendenza, quali le autorità di settore o
le Camere di commercio
4
.
Non bisogna poi dimenticare che esiste una articolata normativa
nazionale e prima ancora comunitaria che disciplina il b2c, la quale prevede
numerose disposizioni a favore dei consumatori: mi riferisco principalmente al
diritto di recesso, ma ve ne sono molte altre.
Infine ulteriori e profonde differenze tra le due species del genus
commercio elettronico riguardano il diritto applicabile e la giurisdizione, ma
questi problemi verranno affrontati nel prossimo paragrafo.
3
E. TRIPODI, F. SANTORO, S. MISSINEO, Manuale di commercio elettronico. Profili di marketing,
giuridici, fiscali. Le forme di incentivazione alle imprese, Milano, 2000, pag. 125
4
Le Camere di commercio hanno costituito nel luglio 2000 «Certicommerce», un’associazione
le cui finalità sono quelle di aumentare la fiducia nel b2c proprio attraverso la certificazione dei
siti.
- Introduzione -
XIII
III. Diritto applicabile e giurisdizione
Nel commercio elettronico non è affatto improbabile che vengano in
contatto individui di stati diversi e quindi soggetti a leggi diverse, di
conseguenza si pone il problema di stabilire quale diritto vada applicato; si
badi che la questione non è solo una questione di diritto internazionale privato
ma piuttosto un problema relativo alla tipologia di diritto da applicare: se
norme convenzionali o eteronormative, di tipo legislativo, regolamentare o
altro ancora
5
. Stabilire quali siano le regole del commercio elettronico è un
compito che trascende i poteri di ciascuna legislazione nazionale, il cui limite è
insito proprio nella sua stessa natura: la nazionalità, rispetto invece ad un
fenomeno che è per definizione transnazionale. La stessa direttiva 2000/31
CE all’art. 16 sembra aver recepito questo concetto incoraggiando i singoli
stati ad elaborare codici di condotta a livello comunitario.
Nella speranza quindi che in un futuro non troppo lontano il legislatore
comunitario riesca a disciplinare in maniera uniforme questo genere di rapporti
commerciali, ora non ci resta che analizzare le vigenti disposizioni normative,
le quali, nonostante siano state dettate per il commercio tradizionale, trovano
ora applicazione anche per l’e-commerce. Come anticipato nel capitolo
precedente, il b2b e il b2c si differenziano anche per la diversa normativa che
li disciplina.
5
Il commercio elettronico complessivamente considerato non ha una propria disciplina e il
dibattito circa la necessità o meno di istituirne una ad hoc è ancora aperto anche negli Stati
Uniti, si veda in proposito: M. A. LEMLEY, The law and Economics of Internet Norms, in 73 Chi-
Kent L. Rev. 1257, 1998.
XIV
Le principali regole, circa il problema della legge applicabile, in materia
di commercio elettronico business to business sono poste dall’art. 57 della
legge 31 maggio 1995, n. 218, e dagli artt. 3, e 4 della Convenzione di Roma
del 19 giugno 1980
6
. Andiamo per ordine: l’art. 57 stabilisce che «le
obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla Convenzione di
Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali
(…)»; questo articolo non contiene alcuna norma né rimanda ad un testo
legislativo da applicare, ma si limita semplicemente ad indicare una
convenzione internazionale come insieme di norme di riferimento per le
obbligazioni contrattuali.
La richiamata Convenzione di Roma all’art. 3 stabilisce: «1. Il contratto
è regolato dalla legge scelta dalle parti. La scelta deve essere espressa, o
risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle
circostanze. (…). 2. Le parti possono convenire, in qualsiasi momento, di
sottoporre il contratto ad una legge diversa da quella che lo regolava in
precedenza vuoi in funzione di una scelta anteriore secondo il presente
articolo, vuoi in funzione di altre disposizioni della presente convenzione.
(…)». Dal disposto risulta chiaramente che le parti possono, con una scelta
che rispecchia la loro totale autonomia contrattuale, decidere con quale legge
regolare il loro rapporto, per far questo però è necessario che inseriscano una
clausola la quale stabilisca espressamente quale diritto verrà applicato, in
assenza di questa infatti la loro scelta deve essere desumibile in altro modo
6
Ratificata e resa esecutiva con la L. 18 dicembre 1984, n. 975. Per approfondimenti vedi DI
GIOVANNI, Il contratto concluso mediante computer alla luce della Convenzione di Roma sulla
legge applicabile alle obbligazioni contrattuali del 19 giugno 1980, in Diritto del commercio
internazionale, 1993, pag. 581.
- Introduzione -
XV
dal regolamento contrattuale, altrimenti si applicheranno i principi dettati
dall’art. 4, il quale stabilisce: «1. Nella misura in cui la legge che regola il
contratto non sia stata scelta a norma dell’art. 3, il contratto è regolato dalla
legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto. (…). 2. Salvo
quanto disposto dal paragrafo 5, si presume che il contratto presenti il
collegamento più stretto col paese in cui la parte che deve fornire la
prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la
propria residenza abituale o, se si tratta di una società, associazione o
persona giuridica, la propria amministrazione centrale. Tuttavia, se il contratto
è concluso nell’esercizio dell’attività economica o professionale della suddetta
parte, il paese da considerare è quello dove è situata la sede principale di
detta attività oppure, se a norma del contratto la prestazione dev’essere
fornita da una sede diversa dalla sede principale, quello dove è situata questa
diversa sede. 3. Quando il contratto ha per oggetto il diritto reale su un bene
immobile o il diritto di utilizzazione di un bene immobile, si presume, in deroga
al paragrafo 2, che il contratto presenti il collegamento più stretto con il paese
in cui l’immobile è situato. 4. La presunzione del paragrafo 2 non vale per il
contratto di trasporto merci. Si presume che questo contratto presenti il
collegamento più stretto col paese in cui il vettore ha la sua sede principale al
momento della conclusione del contratto, se il detto paese coincide con
quello in cui si trova il luogo di carico o di scarico o la sede principale del
mittente. Ai fini dell’applicazione del presente paragrafo sono considerati
come contratti di trasporto merci i contratti di noleggio a viaggio o altri contratti
il cui oggetto essenziale sia il trasporto di merci. 5. È esclusa l’applicazione
XVI
del paragrafo 2 quando la prestazione caratteristica non può essere
determinata. Le presunzioni dei paragrafi 2, 3 e 4 vengono meno quando dal
complesso delle circostanze risulta che il contratto presenta un collegamento
più stretto con un altro paese.»
Il criterio di massima prevede che il contratto vada regolato secondo la
legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto, intendendosi
per tale il paese in cui la parte che deve eseguire la prestazione caratteristica
ha la sua residenza o, in caso di società, associazioni o persone giuridiche, la
sua amministrazione o sede. La convenzione applica quella che secondo il
diritto anglosassone è la country of origin rule, con le sole eccezioni relative ai
contratti previsti dal n. 3 e n. 4 per i quali vigono principi diversi legati
all’oggetto e alla natura degli stessi. In linea di principio l’applicazione della
country of origin rule, è la soluzione più vantaggiosa per tutte le imprese che
intendano compiere attività commerciali on line, soprattutto perché non
sarebbe necessario adeguare la propria offerta di beni e/o servizi ai vari
sistemi normativi transfrontalieri
7
. Nel b2b quindi qualora le parti non abbiano
provveduto con l’autoregolamentazione circa la legislazione da adottare si
applicheranno i principi stabiliti dall’art. 4 della convenzione. A mio avviso
comunque, e considerata la difficoltà a stabilire delle regole anche solo a
livello comunitario, l’autoregolamentazione resta senza ombra di dubbio la
miglior via per un efficiente sviluppo del commercio elettronico.
7
La soluzione va a vantaggio soprattutto delle PMI, le quali non hanno molto spesso le capacità
economiche di affrontare eventuali contenziosi magari oltreoceano, ma soprattutto non hanno
neppure la possibilità di approntare diversi siti Internet con diverse offerte in grado di rispettare i
requisiti delle normative di differenti paesi.
- Introduzione -
XVII
La situazione cambia radicalmente nel commercio business to
consumer, si applica in questo caso l’art. 5 della convenzione, il quale recita:
«1. Il presente articolo si applica ai contratti aventi per oggetto la fornitura di
beni mobili materiali o di servizi a una persona, il consumatore, per un uso che
può considerarsi estraneo alla sua attività professionale, e ai contratti destinati
al finanziamento di tale fornitura. 2. In deroga all’art. 3, la scelta ad opera delle
parti della legge applicabile non può aver per risultato di privare il
consumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative della
legge del paese nel quale risiede abitualmente:
ξ se la conclusione del contratto è stata preceduta in tale paese
da una proposta specifica o da una pubblicità e se il
consumatore ha compiuto nello stesso paese gli atti necessari
per la conclusione del contratto o
ξ se l’altra parte o il suo rappresentante ha ricevuto l’ordine del
consumatore nel paese di residenza o
ξ se il contratto rappresenta una vendita di merci e se il
consumatore si è recato dal paese di residenza in un paese
straniero e vi ha stipulato l’ordine, a condizione che il viaggio
sia stato organizzato dal venditore per incitare il consumatore
a concludere una vendita.
3. In deroga all’art. 4 ed in mancanza di scelta effettuata a norma dell’art. 3,
tali contratti sono sottoposti alla legge del paese nel quale il consumatore ha
la sua residenza abituale semprechè ricorrano le condizioni enunciate al
paragrafo 2 del presente articolo 4. Il presente articolo non si applica:
XVIII
ξ al contratto di trasporto
ξ al contratto di fornitura di servizi quando i servizi dovuti al
consumatore devono essere forniti esclusivamente in un paese
diverso da quello in cui egli risiede abitualmente.
5. In deroga al paragrafo 4, il presente articolo si applica al contratto che
prevede per un prezzo globale prestazioni combinate di trasporto e di
alloggio.».
Quindi qualora sia parte un consumatore la clausola contrattuale che
stabilisce quale debba essere il diritto applicabile non può privare costui,
sussistendo le condizioni di cui al paragrafo 2 ed esclusi i casi di cui al
paragrafo 4, della protezione che gli deriva dall’applicazione della legge del
proprio paese di residenza. In questo caso viene completamente ribaltato
quanto precedentemente sostenuto riguardo al b2b, qui infatti è prioritaria la
tutela della parte debole, il consumatore, e giustamente quindi troverà
applicazione la country of destination rule
8
, anche se, ricordiamo, questa
scelta crea innumerevoli problemi alle PMI che decidono di svolgere la propria
attività on line.
Lo stesso principio è pure ribadito dall’art. 11 del D. Lgs. 22 maggio
1999, n. 185
9
che ha recepito la direttiva comunitaria n. 97/4/CE del 20
maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti
a distanza.
8
In questo senso è indirizzata la normativa comunitaria ormai da molti anni: si pensi alla
direttiva n. 85/577/CEE , recepita dal D.Lgs. 15 gennaio 1992, n. 50.
9
L’articolo recita: «1. I diritti attribuiti al consumatore dal presente decreto legislativo sono
irrinunciabili. È nulla ogni pattuizione in contrasto con le disposizioni del presente decreto. 2.
Ove le parti abbiano scelto di applicare al contratto una legislazione diversa da quella italiana,
al consumatore devono comunque essere riconosciute le condizioni di tutela previste dal
presente decreto legislativo.»
- Introduzione -
XIX
Queste norme trovano applicazione, in pratica, quando il consumatore
è stato contattato nel proprio Paese dall’imprenditore in uno dei modi elencati.
Si può oggettivamente sostenere che tali contatti si verifichino anche nel caso
in cui vi sia un’offerta di beni e/o servizi via Internet: l’imprenditore infatti
pubblicando la sua offerta su un sito Internet la rende potenzialmente visibile
ai consumatori di tutto il mondo. Inoltre anche se è il consumatore a collegarsi
al sito Internet dell’imprenditore che offre i beni e/o i servizi, si deve ritenere
che sia quest’ultimo ad avere contattato o comunque favorito il contatto col
consumatore nel suo Paese per il fatto stesso di avere pubblicato l’offerta
sulle pagine del sito.
Concludendo l’analisi sul diritto applicabile ai contratti conclusi per via
telematica è bene però fare alcune precisazioni: le norme considerate finora
parlano di residenza del consumatore e di sede dell’imprenditore, ciò può dar
luogo a dei fraintendimenti. Si pensi al caso in cui un imprenditore offra i suoi
prodotti o servizi attraverso un sito collocato su di un web-server
10
il quale si
trovi in un paese diverso da quello in cui si trova la sede effettiva dell’impresa.
In questo caso si dovrà prendere in considerazione come sede il luogo in cui
si trova il server oppure il luogo in cui si trova la sede effettiva dell’impresa?
Secondo quanto unanimemente ritenuto, la sede dell’impresa deve coincidere
con il luogo in cui si svolge l’amministrazione della stessa
11
. Quindi nell’ipotesi
considerata, al fine di determinare la sede dell’imprenditore, non rileva il fatto
che il server sia collocato in un luogo diverso, magari in un altro stato, rispetto
10
Per web-server si intende un particolare tipo di computer le cui caratteristiche sono quelle di
contenere le pagine Internet di uno o, solitamente, più siti e mantenere queste pagine
costantemente on-line e quindi accessibili da parte degli utenti in ogni momento.
11
Vedi Cass., 18 aprile 1969, n. 1249, in Mass. Foro it., 1969; Cass., 6 aprile 1981, n. 1934, in
Mass. Foro it., 1981.
XX
a quello in cui è amministrata l’impresa, ciò che rileva invece è il luogo dove
questa viene materialmente gestita e amministrata
12
.
Passiamo ora all’analisi delle problematiche giurisdizionali che
possono sorgere nell’ambito del commercio elettronico.
La giurisdizione, da un punto di vista funzionale, è l’attuazione del
diritto sostanziale in via per lo più secondaria e sostitutiva ma talvolta anche in
via primaria
13
; il giudice è quindi chiamato a decidere sulle controversie che
possono sorgere tra due o più soggetti circa l’attuazione dei loro diritti.
Nell’ambito del commercio elettronico si è visto che sovente i rapporti
contrattuali intercorrono tra soggetti appartenenti a stati diversi, ed è stato in
proposito già analizzato il problema di quale legge debba applicarsi, questo
tuttavia non deve essere confuso con la questione attinente alla giurisdizione,
la quale è regolata da distinte norme: gli artt. 3 e 4 della legge 31 maggio
1995, n. 218 e gli artt. 2, 5 e 16 del Regolamento 2001/44/CE per quanto
riguarda l’Unione Europea.
L’art. 3 della L. 31 maggio 1995, n. 218 stabilisce: « 1. La giurisdizione
italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha
un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77
del codice di procedura civile e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. 2.
La giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4
del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e
l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocollo, firmati
12
Sul punto si esprime in questo senso la Direttiva 2000/31CE al considerando 19.
13
C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, tomo I, Torino, 2000, pag. 17. Una definizione più
sintetica è data da CARNELUTTI, Sistema del diritto processuale civile, tomo I, Padova, 1936,
pagg. 49, 78, il quale vede nella giurisdizione «l’attività di composizione delle liti».
- Introduzione -
XXI
a Bruxelles il 27 settembre 1968, resi esecutivi con la legge 21 giugno 1971,
n. 804, e successive modificazioni in vigore per l’Italia, anche allorché il
convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si
tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della
Convenzione. Rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in
base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio.».
Precisiamo subito che il rinvio fatto dall’articolo 3 alla Convenzione di
Bruxelles del 27 settembre 1968 è ora da intendersi come rinvio al
Regolamento 2001/44/CE in quanto l’art. 68 di quest’ultimo dispone che lo
stesso sostituisce tra gli stati membri dell’UE le disposizioni della convenzione
suddetta. Quindi dall’entrata in vigore del regolamento ogni riferimento alla
convenzione va inteso come riferimento al regolamento.
Dalla lettura di questo articolo si ricava, da una parte un principio
generale per il quale la giurisdizione italiana sussiste nel caso in cui il
convenuto sia domiciliato o residente in Italia o vi abbia un rappresentante
legale
14
; dall’altra un esplicito richiamo ad una diversa normativa che va ora
inteso come richiamo al regolamento comunitario.
Vediamo quindi cosa stabilisce in proposito la nuova disciplina
comunitaria: partiamo dall’art. 2 il quale testualmente riporta: «1. Salve le
disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di
uno Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità,
davanti ai giudici di tale Stato membro. 2. Alle persone che non sono in
possesso della cittadinanza dello Stato membro nel quale esse sono
14
La giurisdizione non è più condizionata dalla cittadinanza, gli unici criteri sono ora residenza e
domicilio, quindi anche il convenuto straniero ma residente o domiciliato in Italia potrà avvalersi
della giurisdizione italiana.
XXII
domiciliate si applicano le norme sulla competenza vigenti per i cittadini.»
Quindi se si desidera convenire un soggetto in giudizio lo si dovrà fare davanti
al giudice dello Stato in cui è domiciliato, anche se costui è uno straniero nello
stato in cui ha il domicilio. Rispetto all’art. 2 della Convenzione di Bruxelles
non vi è alcuna novità.
Torniamo ora alla L. 31 maggio 1995, n. 218: l’art. 4 aggiunge dei casi
in cui, pur non essendoci giurisdizione a norma dell’art. 3, questa comunque
sussiste e precisamente quando :
ξ le parti l’hanno convenzionalmente accettata e l’accettazione sia
provata per iscritto.
ξ il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di
giurisdizione nel primo atto difensivo
15
.
Viceversa il 2 c. del medesimo articolo stabilisce che la giurisdizione italiana
può essere derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se
la deroga è provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili, semprechè
i giudici o gli arbitri indicati non declinino la giurisdizione o non possano
conoscere della causa.
Qualora quindi vi sia una clausola nel contratto telematico che indichi
quale sarà il giudice o l’arbitro competente a decidere sulle eventuali
controversie, il contratto soddisfi il requisito della forma scritta, e non si
verifichi una delle ipotesi previste dal 2 c., allora tale clausola andrà rispettata
dalle parti.
15
In proposito sottolineo che vi è un’antinomia tra quanto stabilito in proposito di rilevabilità del
difetto di giurisdizione dall’art. in oggetto e quanto stabilito invece dall’art. 11 della medesima
legge, il quale prevede la possibilità di rilevare detto difetto in ogni stato e grado del processo.