7
che, con le generazioni successive alla prima, hanno perso l‟aspetto funzionale per il
quale erano state create ed il cui numero di parlanti si è ridotto moltissimo, se non
addirittura estinto.
Dopo una menzione preliminare dell‟australitaliano alla fine del primo capitolo,
sono passata ad analizzare il quadro storico dell‟emigrazione italiana in Australia, la
presenza dell‟italiano in questa terra e la sua posizione fra i processi di shift e di
maintenance, due concetti tematizzati da J. Fishman. È un capitolo che potrei definire
sociolinguistico, affrontato prima di passare al tema centrale della mia tesi, cioè gli
aspetti interlinguistici dell‟australitaliano. Infatti, molto importanti sono gli atteggiamenti
dei parlanti di fronte alla possibilità di mantenere l‟italiano o di abbandonarlo in favore
dell‟inglese. Fattori di promozione della language maintenance sembrano essere: la
preservazione della propria cultura ed identità, la consistenza numerica del gruppo etnico,
la differenza fra la cultura italiana e quella anglosassone che fa in modo che l‟una sia
difficilmente assimilabile dall‟altra e l‟importanza del fattore linguistico come collante
all‟interno della famiglia, uno dei principali core values della comunità italiana. Tuttavia,
vi sono anche fattori che spingono all‟abbandono della lingua d‟origine a favore della
lingua inglese, come la volontà di integrazione all‟interno della società dominante, la
forza a livello nazionale dell‟inglese, la mancanza di istituzioni a sostegno delle lingue
minori e le poche occasioni in cui praticare l‟italiano (essendosi ormai quasi interrotti i
contatti con i parenti in Italia). Questi fattori sono molto forti soprattutto a partire dalla
seconda generazione, la quale cresce in un ambiente anglofono, sebbene la famiglia
generi in un primo momento l‟input linguistico italiano. Il processo di shift è
immediatamente preceduto da quello definito di language attrition, in cui si riducono le
principali strutture della lingua di origine. Indicatori di „erosione‟ linguistica sono: la
semplificazione morfologica, i fenomeni di esitazione durante l‟esposizione, la ripresa,
nella risposta, dell‟argomento proposto nella domanda ed il fenomeno di code switching,
ossia l‟uso di forme appartenenti all‟inglese all‟interno di enunciati in italiano. Inoltre,
nel repertorio linguistico della comunità italiana, non si può dimenticare il dialetto,
varietà subalterna rispetto all‟italiano, che, a sua volta, è subalterno all‟inglese. Tuttavia,
il dialetto risulta essere la prima lingua sia della prima generazione che delle generazioni
successive ed il ricorso a forme dialettali – ma anche inglesi - permette di colmare le
lacune nell‟italiano.
8
Nel terzo capitolo tratto il termine stesso di australitaliano, cioè il suo essere un
glottonimo ibrido - nato con Andreoni nel 1967 - con il quale si indica tale varietà nata da
una situazione di contatto tra l‟italiano importato dagli immigrati e l‟inglese d‟Australia.
Entro poi nel vivo della mia analisi interlinguistica con il quinto capitolo, in cui
descrivo le varietà linguistiche nate da situazioni di contatto (dalle quali possono
emergere pidgin, creoli o lingue miste) e cerco di classificare l‟australitaliano sulla base
di tali descrizioni.
Nel capitolo successivo definisco e delineo le caratteristiche principali
dell‟italiano popolare, il quale, secondo studiosi come Franko Leoni, è la base italiana su
cui si sono innescate le interferenze dell‟inglese che hanno portato alla creazione
dell‟australitaliano.
Nel sesto capitolo vi è una prima parte teorica circa il processo di interferenza
linguistica, seguita da una seconda in cui analizzo gli aspetti interlinguistici
dell‟australitaliano. Forte è l‟interferenza inglese soprattutto a livello lessicale, con
prestiti e calchi che possono essere più o meno fedeli rispetto all‟originale con
ripercussioni anche dal punto di vista semantico. A livello fonetico, è possibile
individuare diversi fenomeni di interferenza, legati all‟imperfetta realizzazione dei
fonemi inglesi /p, t, k/; si assiste poi all‟alveolarizzazione delle occlusive dentali sorde e
sonore ed alla sostituzione della vibrante alveolare sonora /r/ con la /ɹ/ fricativa inglese o
alla sua cancellazione e sostituzione con una vocale lunga inglese. Un caso particolare di
interferenza fonetica è l‟interferenza prosodica, che consiste nel mantenimento
dell‟accento tonico inglese in alcune parole italiane e nell‟uso della tipica intonazione
crescente australiana. Fenomeni di interferenza sintattica sono, per esempio, il cambio
dell‟ordine delle parole, che segue quello inglese, la frequente omissione dell‟articolo
determinativo (soprattutto davanti alle date, agli aggettivi o ai pronomi possessivi), la
soppressione di preposizioni, sempre sul modello inglese.
Infine, ho dedicato un breve capitolo alla dimensione letteraria del fenomeno:
sebbene sia una varietà linguistica largamente utilizzata all‟interno della comunità italo-
australiana, essa non ha in realtà una sua propria letteratura, ma viene utilizzata in alcune
opere che cercano di descrivere le varie esperienze degli emigrati italiani in Australia. Ho
quindi analizzato alcuni stralci tratti da opere italo-australiane in cui si fa ricorso
all‟australitaliano soprattutto per riprodurre l‟uso linguistico degli emigranti.
9
ITALIANO NEL MONDO
1. La popolazione italofona nel mondo
Prima di focalizzarmi sull‟italiano in Australia, oggetto della presente tesi,
ritengo opportuno delineare un quadro generale della diffusione dell‟italiano nel mondo.
Innanzitutto, per quanto riguarda la consistenza della popolazione italofona
mondiale, fonti diplomatiche italiane1 indicano circa 65 milioni di parlanti italiani nel
mondo, a cui se ne possono aggiungere altri 85 milioni che parlano l‟italiano come
seconda lingua2.
L‟italiano in quanto lingua ufficiale è ammesso in diversi Paesi europei, oltre
che chiaramente in Italia: nella Repubblica di San Marino è l‟unica lingua ufficiale,
mentre nella Città del Vaticano è affiancata dal latino. In Svizzera è riconosciuto come
una delle tre lingue ufficiali assieme al tedesco ed al francese, ed è considerato la lingua
principale da buona parte della popolazione nel Canton Ticino (dall‟83,1% dei soggetti
qui residenti) e nel Cantone dei Grigioni (dal 10,2%) dove intere valli sono di lingua
italiana (Calanca, Bregaglia, Poschiavo, Mesolcina). In Slovenia, dopo lo sloveno,
l‟italiano è seconda lingua ufficiale nei tre comuni costieri, ossia Capodistria, Isola
d‟Istria e Pirano. Similmente, in Croazia, dopo il croato, la lingua italiana è seconda
lingua ufficiale nella Regione Istriana. Al di fuori dell‟Europa, in Brasile l‟italiano è stato
riconosciuto come “lingua etnica” di due comuni dell‟Espirito Santo (Vila Velha e Santa
Teresa).
Sebbene non riconosciuto come lingua ufficiale, l‟italiano è diffuso anche in altri
paesi oltre a quelli sopra elencati: dopo essere stato fino al 1933 lingua coufficiale con
l‟inglese ed essere stato sostituito dal maltese, a Malta l‟italiano è ancora oggi molto
diffuso e compreso da buona parte della popolazione, anche se viene utilizzato solo per
fini culturali e nell‟ambito della conversazione informale. Non è mai stato lingua ufficiale
del Principato di Monaco, ma qui rappresenta la seconda lingua materna - dopo il
monegasco3 - in quanto varietà nativa di una comunità abbastanza cospicua (secondo il
1
III Rapporto Tecnico dell‟Ambasciata d‟Italia presso la Confederazione Elvetica (novembre 2004), < www.italia.fi >
2
G. G. RAYMOND (ed), Ethnologue: Languages of the world, Fifteenth edition, Dallas, Texas 2005.
3
Per un‟analisi storica ed alcune considerazione sullo status attuale del monegasco vedi F. TOSO, Nota sul monegasco,
«Plurilinguismo» 27 (2000), pp. 239-249.
10
Ministero degli Esteri gli italiani rappresentano il 21% della popolazione monegasca4).
Rimanendo in ambito francofono, va ricordato che in Corsica e nel Nizzardo la lingua
italiana viene compresa dalla maggior parte della popolazione, in quanto lingua „tetto‟
rispetto alle varietà dialettali di origini toscana e ligure praticate in queste zone.
Nell‟Europa dell‟est, riscontriamo una buona conoscenza dell‟italiano in Albania e in
Romania5. In calo invece la diffusione dell‟italiano nelle ex colonie italiane in Africa,
come la Libia, l‟Etiopia, l‟Eritrea e la Somalia; soltanto in queste ultime due vi è una
fascia (soprattutto di età avanzata) che parla ancora italiano.
Grazie poi all‟Anagrafe Consolare sappiamo che esistono forti comunità di
cittadini italiani residenti all‟estero, anche se questi dati non rivelano in realtà l‟italofonia
(o meno) delle persone registrate. Questi gli Stati in cui sono presenti (qui elencati in
ordine di grandezza dal maggiore al minor numero di italiani residenti): Germania,
Argentina, Svizzera, Francia, Brasile, Belgio, USA, Regno Unito, Canada, Australia,
Venezuela, Uruguay, Spagna, Cile, Paesi Bassi, Sud Africa, Perù, Lussemburgo, Austria,
Ecuador, Messico, Colombia, Israele, Grecia, Svezia, Principato di Monaco e Nuova
Zelanda, per un totale di quasi quattro milioni di presenze.
Come possiamo notare nella tabella sottostante6, che riassume, suddivisi per
continente, i cittadini iscritti all‟Anagrafe Italiana Residenti Estero (AIRE), vediamo che
essi sono sì quasi quattro milioni, ma queste cifre non tengono conto di coloro che per
esempio hanno ottenuto all‟estero la cittadinanza italiana essendo oriundi italiani di terza
o quarta generazione, ma che di fatto non hanno mai vissuto in Italia. Ancora una volta
dunque è opportuno ricordare che non tutti gli iscritti all‟AIRE possono essere considerati
anche italofoni.
4
< www.esteri.it >
5
Sempre verso est, nella comunità serba di Sibovska in Bosnia ed Erzegovina sono integrati circa 300 abitanti italiani,
200 dei quali hanno mantenuto l‟uso del dialetto trentino; in Moldavia vi sono tracce liguri della comunità mercantile
genovese; in Ucraina venne molto praticato il dialetto pugliese, qui portato dai contadini tra il 1830 e il 1870, ma che
ora sembra essere pressoché estinto. Verso ovest, in Provenza, elementi italiani sono entrati nel lessico dei dialetti
provenzali; in Gibilterra, l‟influsso ligure fu significativo, ma ora sono presenti solamente alcuni elementi lessicali nella
varietà dialettale di spagnolo andaluso praticata dai gibilterrani. Nessuna traccia della presenza italiana, invece, è
presente in Egitto, nonostante la grande emigrazione fra il XIX e il XX secolo; per maggiori informazioni vedi F.
TOSO, Dialetti italiani “esportati” nell‟Ottocento tra Europa meridionale e Mediterraneo. Per una mappatura delle
sopravvivenze comunitarie e delle eredità, «Verbum. Analecta neolatina» 10 (2008), pp. 99-120.
6
Riportata in TURCHETTA 2005, p. 13.
11
Continente Cittadini italiani
iscritti all’AIRE al
10.2.2003
Africa 56.279
Americhe 1.517.893
Asia 24.278
Europa 2.236.157
Oceania 131.260
Totale 3.965.867
Iscritti all‟AIRE
2. La diffusione dell’italiano nel mondo
2.1 Cenni storici
Rivolgendo uno sguardo al passato, si nota come la diffusione dell‟italiano nel
mondo non sia un fenomeno recente. Infatti, dai diversi documenti consultati7, emergono
cinque grandi fattori che favoriscono l‟espansione della nostra lingua all‟estero: primo fra
tutti il prestigio letterario e artistico che fa dell‟italiano una delle più grandi lingue di
cultura nel mondo, sostenuto dall‟influenza nelle arti, nella musica e nel teatro (quello
che potremo cioè definire come “italianismo storico”); segue poi l‟interesse stimolato
dall‟Italia come insieme di luoghi d‟arte, il fatto di essere un paese economicamente ben
sviluppato, la fortuna del made in Italy (a cui si può collegare il cosiddetto “italianismo
recente”) e infine la diffusione dell‟italiano come lingua parlata legata ai processi di
emigrazione.
Anche se il significativo impatto della lingua italiana in altri paesi risale al
Rinascimento, già nel tardo Medioevo si registrano molti italianismi in lingue come il
francese e il neogreco, in particolare nel campo marittimo e commerciale, in relazione
con il predominio delle Repubbliche Marinare di Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. Altro
settore economico in cui l‟Italia eccelleva era quello delle banche e degli affari, abilità
che raggiunse il suo apice nell‟età umanistico-rinascimentale grazie a mercanti e
7
Si veda per esempio I. BALDELLI, B. M DA RIF (a cura di), Lingua e letteratura italiana nel mondo oggi, atti del
XIII Congresso A.I.S.L.L.I. (Perugia, 30 maggio-3 giugno 1988), Firenze, Olshki, 1991 oppure P. BERTINI
MALGARINI, L‟italiano fuori d‟Italia, in L. SERIANNI, P. TRIFONE (a cura di), Storia della lingua italiana, vol. III,
Le altre lingue, Torino, Einaudi, 1994, pp. 883-922 oppure L. SERIANNI (a cura di), La lingua nella storia d‟Italia,
Roma, Società Dante Alighieri, 2002 o ancora T. DE MAURO, La diffusione dell‟italiano nel mondo e le vie
dell‟emigrazione: retrospettiva storico-istituzionale e attualità, Roma, Centro Studi Emigrazione, 1996 (in tutte queste
opere vi sono informazioni sia riguardo l‟italianismo storico che quello recente).
12
banchieri toscani, veneti e lombardi, alla cui azione si devono per esempio italianismi in
altre lingue europee, come ducato e fiorino.
Nel Cinquecento si assiste alla massiccia diffusione dell‟italiano - o anche solo
di singoli italianismi - grazie alla fortuna nelle lettere e nelle arti. Produzioni letterarie
nodali nella cultura universale sono per esempio La Commedia, le opere dei trecentisti (Il
Decameron del Boccaccio e le liriche del Petrarca) e quelle della cultura umanistica e
rinascimentale (Il Principe, Il Cortegiano), le quali rappresentano le fondamenta della
concezione dell‟uomo in Europa e che portano alla diffusione di termini come cortigiano,
voci militari come soldato o sentinella, legate alla moda come profumo, ecc.; si assiste
anche alla divulgazione dei nomi delle forme poetiche italiane, come poesia
maccheronica, sonetto, ecc. Dal punto di vista artistico, il successo dell‟architettura
italiana diffonde la corrispondente terminologia, per esempio balcone, cupola, facciata e
molti altri tecnicismi.
Nel Seicento l‟Italia è ammirata - e quindi anche “copiata” - per la Commedia
dell‟Arte e per l‟opera lirica, il cui fascino trascina con sé all‟estero i nomi delle
maschere italiane e la terminologia musicale va a formare il metalinguaggio musicale,
facendo diventare l‟italiano una lingua necessariamente conosciuta da ogni musicista.
È a partire dal Settecento che l‟Italia diviene poi meta ineludibile nel viaggio
educativo di ogni giovane destinato alla classe dirigente e appartenente alle classi colte e
benestanti d‟Europa, dove ormai l‟italiano era ampiamente conosciuto. Era tra l‟altro
anche una delle tre lingue ufficiali dell‟impero austroungarico, assieme al tedesco e al
latino. Bertini Malgarini documenta che l‟imperatore Ferdinando III aveva addirittura
creato un‟accademia di poeti, tra i quali anche alcuni italiani, che componevano le loro
liriche in italiano (Bertini Malgarini 1994, p. 884).
Aprendo però una breve parentesi e riferendomi in particolare all‟opera di
Folena8, va ricordato che, sebbene coincida con uno dei picchi di incidenza dell‟Italia
nella cultura europea, il Settecento rappresenta in realtà un momento di crisi della lingua
italiana, esposta al forte influsso della lingua francese9. Folena però preferisce definirlo
come “rinnovamento” (Folena 1983, p. 8), in quanto si rivela essere una fase
dispensatrice di basi indispensabili per intendere la nuova cultura europea che si andava
affermando – l‟illuminismo appunto – e segno indicatore di come l‟Italia ne fosse
8
G. FOLENA, L‟italiano in Europa, Torino, Einaudi, 1983.
9
Anche se si preferisce parlare di “europeismo”, inteso come un fenomeno di convergenza delle lingue d‟Europa le
quali delineano i loro caratteri comuni, dato l‟ampio raggio di diffusione dell‟illuminismo.
13
attivamente partecipe. Il risultato è quindi la “crescita” della lingua, che le permette di
aprirsi al nuovo dominio intellettuale e di essere uno strumento per la critica, la scienza, il
dibattito, ecc.
Dopo l‟Ottocento, in cui il settore che esporta più italianismi è quello politico (si
pensi a movimenti come l‟irredentismo), nel XX secolo iniziano a circolare, grazie alla
trasformazione – ed alla conseguente espansione - dei mezzi di comunicazione (per
esempio pubblicazioni di grande tiratura come il Sunday Times), termini come pizza,
pasta, diploma, ecc, talvolta come prestiti solo occasionali ma altre volte invece duraturi.
Il cosiddetto made in Italy merita un‟attenzione particolare, essendo un fattore di
diffusione meno legato alla tradizione culturale del passato, ma che comunque spinge sia
la diffusione che lo studio della lingua italiana all‟estero. Negli ultimi decenni, il mercato
italiano è stato uno dei più ricchi, sia dal punto di vista della produzione che di quello del
consumo. Ai settori tradizionali dell‟abbigliamento, del design (nei settori dell‟arredo e
automobilistico) e della gastronomia, ne vanno aggiunti altri che alimentano
l‟esportazione del “prodotto italiano”: il cinema per esempio, ma anche esperienze
negative come la criminalità organizzata, in quanto tutto concorre all‟immagine di
un‟Italia legata ad un certo stile di vita, che, se per alcuni aspetti può turbare, dall‟altro
testimonia il profondo mutamento della nostra società, la quale, da agricola, si è spinta
sempre più verso il terziario, suggerendo così l‟idea di un‟Italia ricca di prestigio e
attrattiva.
Girando per le grandi metropoli di tutto il mondo non sarà dunque difficile
trovarsi di fronte a negozi e ristoranti recanti insegne con nomi italiani: d‟altronde la gran
parte degli stilisti più noti è italiana e specialità gastronomiche come pizza, spaghetti,
pasta sono ormai universalmente conosciute.
La moda degli italianismi si rivela in molti aspetti della vita quotidiana in stati
anche lontani dall‟Italia e dunque, per esempio, in Giappone – ma anche nella “vicina”
Germania - troviamo nuove automobili con nomi italiani e addirittura alcune fra le nuove
residenze vengono chiamate casa o villa.
A questo proposito, va ricordato il cosiddetto italianismo recente in merito al
rinnovato prestigio linguistico dell‟Italia, „rinnovato‟ perché il nostro paese ha conosciuto
14
momenti in cui non godeva di molta credibilità. Orioles10 enuncia almeno quattro fattori
che avevano rallentato il processo di diffusione e di consolidamento della cultura italiana,
o di quella che potremo chiamare „italianità‟: il tentativo di omologarsi linguisticamente
alla realtà anglofona; il grande peso dato alla lingua italiana come espressione di un‟alta
cultura, che ha rischiato però di dare l‟immagine di un‟entità linguistica lontana dalla
realtà; la forte valorizzazione delle varietà regionali, a scapito però di un‟idea unitaria
dell‟italiano; infine, all‟uscita dalla Seconda Guerra Mondiale, l‟immagine di un‟Italia
ripiegata su se stessa, priva di vitalità e di identità, riscattata solo recentemente.
Il fenomeno dell‟italianismo recente è chiaramente collegato alla fortuna del
made in Italy, il quale esporta non solo prodotti, ma anche cultura, valori, lingua, tutti
italiani, ovviamente.
In un interessante articolo Vedovelli11 collega la diffusione della lingua italiana
nel mondo a quella delle imprese multinazionali italiane. Lo studioso analizza la
dimensione socioeconomica e, parallelamente, quella linguistica, a partire dagli anni
Ottanta fino al 2005. Se da un lato si assiste ad una fase di espansione delle imprese
italiane all‟estero fino al 2000 a cui segue però una fase di declino, dall‟altro vi è una
crescente diffusione dell‟italiano come oggetto di apprendimento da parte degli stranieri,
seguita però da un decremento proprio a partire dai primi anni del 2000. Un‟altra analogia
che lega le due dimensioni è legata alla distribuzione areale, delle imprese multinazionali
da una parte e di coloro che studiano l‟italiano dall‟altra: dopo il 2000, gli studenti
aumentano in molti Paesi dei Balcani, del Mediterraneo e del Medio Oriente, mentre
diminuiscono nei paese dell‟Europa occidentale e dell‟America Latina; parallelamente, la
presenza imprenditoriale italiana all‟estero si fa più forte nei Balcani, nel Mediterraneo e
in Oriente (soprattutto in Cina), mentre cala nel Sud America e in Paesi europei come
Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Regno Unito, ecc. Le aree in cui è in forte
espansione l‟italiano corrispondono dunque a quelle in cui l‟indice di presenza relativa
delle imprese italiane è più alto: le motivazioni sono legate soprattutto ai rapporti di
interscambio economico-commerciale, la richiesta di italiano è cioè fortemente motivata
da fini professionali. Nella sua analisi Vedovelli sottolinea dunque come lo studio – e
10
V. ORIOLES, Nuove forme e nuovi valori dell‟italianità oltre frontiera: l‟italianismo recente, in Lingua e cultura
italiana all‟estero: nuove prospettive e nuovi percorsi, Società Dante Alighieri Gorizia, Università degli Studi di Udine,
2001, pp. 11-15.
11
M. VEDOVELLI, Imprese multinazionali italiane e lingua italiana nel mondo, in N. GRANDI, G. IANNACCARO
(a cura di) Zhì. Scritti in onore di Emanuele Banfi in occasione del suo 60° compleanno, Cesena/Roma, Caissa Italia,
2006, pp. 411-422.
15
quindi anche la diffusione - della lingua italiana non sia legato – e motivato - solamente
al tradizionale aspetto culturale, ma anche a fattori più concreti, quali la spendibilità
sociale di tale lingua, la capacità che tale competenza implica di promuovere
l‟inserimento in ambiti lavorativi. Analizzando dunque dimensioni come quella
economico-produttiva, sarà possibile valutare la situazione attuale dell‟italiano nel
mondo, proprio perché, oltre ad essere stato dimostrato tale legame, la lingua e la cultura
italiana aprono “le strade alle altre dimensioni della nostra identità, ovvero alla società e
ai suoi valori civili, e all‟economia”12.
Un altro fattore che ha sempre giocato un ruolo importante nella diffusione
dell‟italiano all‟estero è quello dell‟emigrazione, facilmente dimostrabile ancora tutt‟oggi,
data la presenza di comunità italiane al di fuori dell‟Italia, soprattutto negli Stati Uniti, in
Canada, in Argentina e in Australia.
2.2 Il destino internazionale dell’italiano
Alcuni studiosi si sono interrogati su quale possa essere il destino della lingua
italiana oggi: chiaramente le opinioni sono contrastanti e, ad emblema dei due poli
estremi - uno positivo ed uno negativo -, ritengo interessanti le considerazioni di
Baldelli13 e da Simone14.
Il primo sostiene che ci sia un “triplice destino” dell‟italiano, ossia come grande
lingua di cultura, come lingua che sostiene un‟economia in espansione e come lingua
delle comunità italiane all‟estero. L‟italiano come espressione di cultura è dimostrato
dalla crescente domanda di conoscenza di tale lingua che investe non solo lo studioso in
senso stretto che ha un determinato obiettivo culturale, ma anche chi per esempio vuole
affrontare un viaggio o uno studente che decide di trascorrere l‟anno accademico in Italia.
L‟italiano come lingua di un paese economicamente in espansione è ben evidente in tutto
ciò che riguarda il made in Italy, senza dimenticare che l‟Italia è tra i dieci paesi più
industrializzati del mondo: in questo caso lo studio della lingua viene affrontato anche in
relazione ad un suo impiego pratico, cioè per motivi di lavoro. Ci sono infine le comunità
12
M. VEDOVELLI, Nuove posizioni e nuove identità dell‟italiano nel mercato planetario delle lingue, in R.
LAZZERONI, E. BANFI, G. BERNINI, M. CHINI, G. MAROTTA (a cura di), Diachronica et Synchronica. Studi in
onore di Anna Giacalone Ramat, Pisa, ETS, 2008, pp. 585-600.
13
I. BALDELLI (a cura di), La lingua italiana nel mondo: indagine sulle motivazioni allo studio dell‟italiano, Roma,
Istituto della Enciclopedia Italiana, 1987.
14
R. SIMONE, Il destino internazionale dell‟italiano, «Italiano e Oltre», anno IV, n.3, 1985, pp. 105-109.