2
limiti non trascurabili, quale la decrescente efficienza della funzione di
coordinamento svolta dall’impresa al momento dell’espansione di alcune fasi,
processi, combinazioni produttive, e inoltre le carenze o le difficoltà di accesso ad
alcune risorse.
In definitiva, come osserva il Bastia, le ragioni degli accordi tra aziende
possono essere sintetizzate nella ferma intenzione al conseguimento di obiettivi
economici congiunti da cui ritrarre indirettamente dei vantaggi individuali, vale a
dire delle aziende partecipanti che si impegnano reciprocamente su molti e
variegati fronti.
2
Vi devono essere due presupposti importanti affinché si possa pensare ad
un’aggregazione:
1. la presenza di una pluralità di aziende, che siano indipendenti sia in
termini di personalità giuridica e sia in termini di autonomia
patrimoniale;
2. la volontà di regolamentare l’accordo.
L’aggregazione che si vuole formare ruota intorno ad un legame
prevalente, e ve ne sono di diversi tipi:
3
ξ legame tecnologico (per la condivisione di know-how, brevetti, costi e
rischi connessi alle attività di R&S,…);
ξ legame produttivo (per conseguire economie di scala)
ξ legame commerciale (attraverso accordi con distributori, accordi di
franchising,…);
ξ legame manageriale, (per trovare relazioni funzionali a diverse e
specifiche aree funzionali delle singole aziende coinvolte attraverso
competenze condivise);
ξ legame finanziario (per superare difficoltà nel reperimento e gestione di
risorse finanziarie).
2
Cfr. BASTIA P., “Gli accordi tra imprese. Fondamenti economici e strumenti informativi”. Op.
cit. p. 89.
3
PAOLINI, ZIGIOTTI, FRADEANI. “I principi contabili internazionali nelle aggregazioni
aziendali”. FrancoAngeli, 2003, p. 177.
3
CAPITOLO 1
LE JOINT VENTURES
Con l’avvio dei processi di cooperazione tra imprese appartenenti a Stati
diversi per realizzare grandi opere le cui caratteristiche e dimensioni impongono
assunzioni di rischi, disponibilità di capitali, apporto di professionalità e know-
how, prende forma questo nuovo fenomeno giuridico-economico che va sotto il
nome di “joint venture”, complessa fattispecie tesa a stabilire stretti rapporti tra
investitori per raggiungere un obiettivo economico di comune interesse mediante
l’integrazione di risorse complementari.
4
Nell’ultimo ventennio, questo strumento ha aperto alle imprese
dell’Europa occidentale nuove ed importanti prospettive di natura commerciale e
di collaborazione industriale con le imprese dell’est Europa e dei Balcani.
Prima ancora che avvenisse il collasso del sistema sovietico e dei regimi
socialisti dell’Est Europa infatti, lo strumento della JV è stato largamente
utilizzato per realizzare strategie di penetrazione in questi Paesi e sfruttare i livelli
fiscali e salariali più bassi offerti da queste aree od accedere a risorse naturali
importanti, aggirando allo stesso tempo le forti limitazioni imposte dalle
normative degli ex Paesi socialisti che vietavano agli stranieri lo svolgimento
privato di attività imprenditoriali o che restringevano la possibilità di partecipare
al capitale di imprese locali.
L’origine dell’istituto va individuata negli ordinamenti anglosassoni, dove
il termine indica genericamente forme assai eterogenee di collaborazione
temporanea fra imprese, in cui queste si uniscono per la realizzazione di un
obiettivo comune. Con il passare del tempo la joint vneutre si è trasformata in uno
strumento sempre più frequentemente utilizzato in ambito internazionale per
sviluppare forme complesse di collaborazione fra imprese appartenenti a Paesi
diversi. La diffusione di tale strumento al di fuori dei confini nazionali è stata
senz’altro favorita dal processo di progressiva liberalizzazione degli scambi
internazionali e di integrazione dei mercati mondiali.
4
AZZINI L., “I gruppi aziendali”, Giuffrè, Milano, 1975, p. 59.
4
Nei Paesi di “civil law” e nel nostro ordinamento in particolare, l’istituto è
giunto senza una chiara definizione, finendo per identificare forme di associazione
assai diverse fra loro.
In Europa il termine viene utilizzato in un’accezione assai ampia,
riferendola a qualsiasi iniziativa congiunta da parte di più imprese volta alla
realizzazione di un obiettivo condiviso.
5
In Italia, dove la realizzazione di tali iniziative viene perseguita
tradizionalmente attraverso forme giuridiche diverse, fra le quali i consorzi, le
A.T.I. (Associazioni temporanee di imprese) ed i GEIE (Gruppi Europei di
Interesse Economico), non esiste una forma giuridica assimilabile alla joint
venture.
Il vantaggio che tuttavia la joint venture presenta rispetto ad altre forme di
aggregazione d’impresa, è dato dalla maggiore elasticità dell’istituto, che ne
consente l’utilizzazione anche in ambito internazionale, dove contribuisce ad
abbattere i rischi d’ingresso in nuovi mercati, attraverso la loro condivisione con
uno o più partners esteri. Ciò assume particolare rilevanza soprattutto quando si
tratta di Paesi lontani e non omogenei culturalmente con i nostri. Gli unici
svantaggi consistono in un aumento della complessità gestionale e organizzativa
dell'iniziativa, e nella necessità di dotarsi di una o più strutture cui affidare il
coordinamento ed il controllo della sua gestione (joint management committee).
6
Anche nel nostro Paese, al di là dell’assenza di un espresso riconoscimento
legislativo dell’istituto, l’espressione “joint venture” è divenuta oramai di uso
comune. La stessa giurisprudenza già da tempo ricorre a tale termine, per
qualificare quelle forme di associazione fra imprese non riconducibili nelle
tradizionali forme di aggregazione istituzionalizzate dal nostro ordinamento
giuridico. Lo testimoniano ad esempio alcune pronunce della giurisprudenza, sia
di merito che di legittimità, risalenti fin dalla metà degli anni ‘90. A quest’ultimo
proposito, vedasi Cass. n. 6757/2001
7
, che nell’intento di tracciare una linea di
demarcazione tra tale istituto e quello dell’associazione in partecipazione, ha
5
SCHILLACI C. E., “Profili economico-aziendali della formula joint venture”, Giuffrè, Milano,
1988, p. 136.
6
HARRIGAN R., “Joint venture”, Padova, 1988, p. 90.
7
BALCET G., “Joint venture multinazionali: alleanza tra imprese, competizione e potere di
mercato nell’economia mondiale”, Etaslibri, Genova, 1991, p. 220.
5
chiarito che con il termine “joint venture” devono intendersi quelle “forme di
associazione temporanea di imprese finalizzate all’esercizio di un’attività
economica in un settore di comune interesse, nelle quali le parti prevedono la
costituzione di una società di capitali, con autonoma personalità giuridica rispetto
ai soci, alla quale affidare la conduzione dell’iniziativa congiunta”.
8
Il termine joint venture ha, quindi, un significato tutt’altro che univoco, in
particolare per quanto riguarda i giuristi. Per gli economisti è, invece, abbastanza
consolidato il suo significato
9
. La joint venture è una forma di associazione
temporanea tra imprese, finalizzata alla realizzazione di un investimento o di
un’opera in un settore di interesse comune: esso designa in pratica l’accordo tra
due o più imprese mirate alla creazione di complessi sistemi industriali, di appalti,
ovvero alla comune ricerca tecnologica o allo sviluppo di reti commerciali.
Alle prime esperienze fondate soprattutto su di un vincolo di natura
contrattuale dove le singole imprese mantengono la propria autonomia e
contribuiscono ciascuna secondo un determinato ruolo, si è passati a fenomeni
ancor più dettagliati e vincolanti in cui i soggetti coinvolti hanno dato origine ad
una terza e distinta società con il palese vantaggio non solo di mantenere separati i
due soggetti giuridici (la società che ha sottoscritto il capitale della joint-venture
con la joint-venture stessa), ma di limitare anche la responsabilità solidale rispetto
ai rischi connessi all’esecuzione di un’opera.
Seppur oggetto di attenzione da parte dei legislatori di tutti i Paesi,
specialmente quelli di una determinata area che hanno visto nella joint venture il
mezzo più idoneo per conseguire sviluppo economico ed integrazione politica
(Cina e Unione Sovietica hanno infatti adottato questo modello disciplinato dal
diritto interno per promuovere nei rispettivi paesi i necessari investimenti
internazionali), la joint venture non appartiene ad alcun ordinamento statale ma, in
alcuni casi, e precisamente per i Paesi emergenti, esso rappresenta la fonte
principale del diritto allo sviluppo.
Si inserisce in questo contesto l’accordo di Madrid del 31 Dicembre 1995
intervenuto tra l’Unione Europea e il MERCOSUR per il sostenimento del
8
CIBORRA C., “Innovazione tecnologica e alleanza tra imprese”, Edizioni comunità, Milano,
1989, p. 156.
9
AA.VV. “Le aggregazioni di impresa”, Giuffrè, Milano, 1999, p. 48.
6
processo di integrazione latino-americano con partner europei da realizzarsi
mediante la costituzione di joint venture, che per l’Argentina è denominata
“emprendimientos conjuntos”, con specifico riferimento al Trattato di Roma del
1987 con l’Italia. Tramite la realizzazione di una joint venture, il Paese ospitante
ha posto fine alle mire espansionistiche, colonizzatrici e di mero sfruttamento
operate da paesi stranieri che in quel territorio vi si stabilivano con contratti di
concessione e con l’insediamento di filiali interamente controllate.
10
Oggi invece le imprese locali partecipano da protagoniste nella joint
venture, si inseriscono nel processo di sviluppo e crescita locale mediante appunto
il coinvolgimento attivo con partner stranieri ad attività economiche le cui la
benefica ricaduta in termini di occupazione e investimenti, è negoziata e non
imposta.
Già da queste premesse appare chiaro che l’istituto in esame è da
considerare, infatti, come un fenomeno giuridico atipico e innominato, in altre
parole privo di una sua disciplina recepita all’interno di un codice o di un sistema
normativo ma che trova nella prassi degli affari e nel regime delle convenzioni
alcune affermazioni di principio che aiutano ad individuarla e classificarla.
11
La joint venture, per la complessità dei rapporti che in essa vengono in
rilievo e la difficoltà a gestirli, manca di una definizione vera e propria e quella
che la dottrina ha finora offerto, è in qualche modo inadeguata rispetto alla realtà
dei rapporti giuridici che genera esempi di joint ventures diverse per modalità,
scopi, competenze e coinvolgimenti.
12
Proprio per la necessità di garantire
autonomia ai soggetti coinvolti e la libertà nell’adoperare mezzi e strumenti per la
realizzazione dell’iniziativa anche rispetto alle diverse aspettative e
coinvolgimenti dei singoli soggetti, la joint venture diventa anche difficile da
classificare sotto il profilo della creazione di questo nuovo centro di interessi dove
convergono i diversi rapporti giuridici tra i vari soggetti che ne danno vita, basati
su di una libera manifestazione di volontà e dunque tutti meritevoli di tutela
giuridica.
10
CIBORRA C., “Innovazione tecnologica e alleanza fra imprese”, Edizioni comunità, Milano,
1989, p. 63.
11
DRAETTA U., “Il diritto dei contratti internazionali”, Milano, 1985, p. 186.
12
ASTOLFI, “Il contratto di joint venture”, Milano, 1981, p. 90.