CAPITOLO I
DEFINIRE IL TELELAVORO.
SOMMARIO: - 1. L’origine del fenomeno. – 2. L’origine del termine. – 3. Il Telelavoro nella lingua
italiana - 4. Le possibili definizioni. – 5. Telework o Telecommuting?
1.1. L’ORIGINE DEL FENOMENO
Sono numerose le fonti bibliografiche che attestano l’evoluzione del telelavoro negli ultimi
vent’anni. Più rare ed incerte sono quelle che forniscono informazioni utili sui primi passi di questo
fenomeno.
Più di cento anni fa Jules Verne descrisse la collaborazione tra un editore di quotidiani di
Universal-City ed i suoi giornalisti sparsi per il mondo nell’anno 2890. Essi comunicavano
attraverso un apparecchio chiamato “specchio telefonico” (miroir téléphotique) e potevano
scambiarsi informazioni scritte.
1
Verne sbagliò solo i tempi, anziché mille anni ne furono sufficienti
meno di cento.
Tuttavia a metà del secolo scorso il telelavoro venne concepito solo come semplice utopia. La
prevista, futura, disponibilità di grandi computer, di terminali e di reti di collegamento condusse
alcuni futurologi americani (in particolare Martin, Norman e Webber) ad ipotizzare un futuro in cui
fosse possibile lavorare da casa, in cui le megaindustrie avrebbero potuto coesistere con le più
antiche industrie casalinghe, nelle quali il computer avrebbe preso il posto del telaio.
2
1
Cfr. VERNE, La journée d’un journaliste américain en 2890, Journal d’Amiens, 1891.
2
Vedasi in: www.geocities.com/ResearchTriangle/Lab/7290/index.html l’interessante rassegna del G.S.T. (Gruppo di
Studio sul Telelavoro).
2
Il concetto, ma non ancora il vocabolo, prese forma già nei primi anni ’50 del XX secolo negli
Stati Uniti, grazie agli studi di Norbert Wiener (1894-1964) sulla cibernetica. Egli ipotizzò il caso di
un architetto europeo che svolgesse la supervisione della costruzione di un immobile situato negli
Stati Uniti senza dovervisi recare, grazie a dei mezzi di trasmissione dei dati e delle informazioni.
3
Benché si trattasse di considerazioni scientifiche ragionate, il loro impatto non fu molto diverso da
quello provocato dalle visioni fantascientifiche di Verne.
Le prime esperienze conosciute di telelavoro datano 1962, quando in Inghilterra alcune
multinazionali cominciarono a delocalizzare a domicilio il lavoro dei loro programmatori, mentre fu
nel 1969 che vide la luce il precursore di Internet, la rete ARPANET (Advanced Research Projects
Agency Network).
4
Solo a partire dagli anni '70 il telelavoro venne però concretamente concepito, soprattutto
grazie allo sviluppo tecnologico ed alla necessità di imporre una riduzione dei consumi energetici a
seguito della ben nota crisi petrolifera.
Nel 1970 la AT&T, uno dei maggiori operatori telefonici americani, formulò e diffuse la
previsione che nel 1990 la maggior parte dei cittadini statunitensi avrebbe lavorato a domicilio
grazie all’evoluzione delle tecnologie della telecomunicazione, cominciando così a creare un clima
di attesa nei confronti del telelavoro che oggi sappiamo essere stato eccessivo.
L’idea di fondo era quella di sostituire gli spostamenti dei lavoratori con lo spostamento
elettronico del lavoro, idea fatta propria da Jack Nilles, un consulente del Dipartimento statunitense
dei Trasporti e pioniere del telelavoro. In quegli anni AT&T, Bell e altre compagnie telefoniche
americane e canadesi iniziarono a sperimentare al loro interno il telelavoro, il più delle volte come
test per una sua possibile utilizzazione su più vasta scala.
3
Cfr. in: http://www.teletravailenfrance.com/, sito sviluppato da Alcatel France per diffondere la cultura del telelavoro
in Francia.
4
HAUBEN, History of ARPANET – behind the Net, in: http://www.dei.isep.ipp.pt/docs/arpa.html
3
Alcuni ricercatori, che si occupavano di previsioni sul futuro delle scienze, annunciarono nei
primi anni ’70 la possibile eventualità di una nuova migrazione, inversa rispetto a quella
tradizionale, dai centri industriali verso le abitazioni delle persone.
5
Superata la crisi energetica, e quindi venuti meno i motivi principali che lo rendevano
appetibile, il telelavoro rimase nei pensieri degli studiosi e delle aziende di informatica, ma cadde in
una sorta di oblìo generale fino a quando, nel 1981, Steve Wozniak e Steve Jobs, fondatori della
Apple Computers, realizzarono il primo personal computer del peso di 11 chilogrammi.
Negli anni seguenti la progressiva diffusione dei personal computer accrebbe il numero delle
persone, per lo più lavoratori autonomi, che erano potenzialmente interessate a trasferire parte del
proprio lavoro a casa.
Il successivo avvento di Internet, e nel 1983 la sua accessibilità a tutti, dischiuse infine le reti
interne aziendali a chi voleva lavorare da casa durante o oltre l'orario d'ufficio. Inoltre Internet
consentì un abbattimento dei costi del telelavoro mettendolo alla portata delle medie e piccole
imprese. Fu essenzialmente per questi motivi che negli anni ’90 si assistette ad una vera e propria
resurrezione del telelavoro.
Alcuni eventi a carattere politico ne rappresentarono dei sintomi evidenti. Nel vecchio
continente la Commissione Europea, con il Libro Bianco di Delors
6,
lanciò la sfida alla
disoccupazione, ed il successivo Rapporto Bangemann
7
individuò nel telelavoro una delle
applicazioni chiave per lo sviluppo della società dell'informazione.
Contemporaneamente negli Stati Uniti il vice Presidente Al Gore lanciò il progetto delle
Information Superhighways, che tramite la National Information Infrastructure Initiative (NIII)
avrebbe dovuto realizzare un ambizioso piano tecnologico per la creazione di una rete di computer
ad altissima velocità, per l’appunto le autostrade dell’informazione. Purtroppo, secondo quanto
5
Uno per tutti: TOFFLER, Future shock, Bantam Books, New York, 1970, 430 pagg.
6
Disponibile nel sito ufficiale dell’U.E. http://europa.eu.int/en/record/white/c93700/contents.html
7
Consultabile all’indirizzo web http://www.cyber-rights.org/documents/bangemann.htm
4
riferisce lo stesso Gore, la sua proposta non ricevette un'attenzione adeguata, se non da parte delle
industrie produttrici di fibre ottiche.
8
Aveva comunque preso il via una fase di sviluppo esponenziale delle esperienze
telelavorative. In tutti i continenti cominciarono ad essere finanziati programmi di sostegno, si
moltiplicarono gli studi e le sperimentazioni pratiche, videro la luce i primi telecentri ed i
telelavoratori cominciarono a costituirsi in associazioni.
Negli ultimi anni il telelavoro ha poi subito un tumultuoso evolversi, divenendo un vero e
proprio fenomeno sociale su scala mondiale cui, come talvolta accade, il mondo del diritto non ha
saputo tener dietro. Oggi siamo di fronte ad un nuovo modo di lavorare che coinvolge milioni di
persone in tutto il pianeta, che riguarda rapporti professionali e commerciali transnazionali, che
incide non poco sulla vita di chi lo esercita, e pur tuttavia risulta essere regolato da pochissime
norme specifiche, da molte norme ad esso applicabili per analogia o ancora, in molti casi, privo di
regole.
Il giornalista indiano che oggi scambia continuamente informazioni con il suo editore di New
York per mezzo del computer portatile e della tecnologia wireless è la materializzazione, con
novecento anni di anticipo, delle previsioni di Jules Verne.
8
In proposito cfr. LAQUEY, The Internet Companion – A beginner’s guide to global networking, Addison-Wesley
Publ. Copany, Mass., 1993.
5
1.2. L’ORIGINE DEL TERMINE
L’origine recente del fenomeno e del vocabolo utilizzato per contraddistinguerlo, non ha
ancora permesso il consolidarsi di una definizione univoca. Per analizzare il contenuto del vocabolo
telelavoro occorre allora premettere alcune considerazioni sulla sua genesi.
Pochi anni dopo il 1970 negli Stati Uniti vennero coniati, negli ambienti scientifici, i termini
telework e telecommuting.
Jack Nilles, conosciuto negli Stati Uniti come il padre del telelavoro, afferma di avere coniato
il termine telework nel 1972, allorquando ne concepì l'idea e ne elaborò le prime forme presso
l'Università della California del Sud. Nilles prima di cominciare a occuparsi di telelavoro era un
esperto di missilistica, progettava veicoli spaziali per la NASA e per l'apparato militare degli Stati
Uniti. Egli avrebbe voluto applicare alla vita quotidiana tutte le conoscenze tecnologiche di cui già
si disponeva in campo militare, adattandole al mondo in cui si vive e si lavora. L’idea del telelavoro
gli si parò di fronte il giorno in cui un esperto di urbanistica gli chiese: "Voi che mandate l'uomo
sulla luna, non potete fare qualcosa per il traffico?". Fu così che cominciò a riflettere sul fatto che
ci si comportava ancora come se si fosse stati in pieno periodo di rivoluzione industriale, cioè
dovendo andare a lavorare in fabbrica ogni giorno. Ma sempre più spesso la fabbrica stava
trasformandosi una fabbrica informatica, in cui venivano spostate informazioni anzichè oggetti
fisici. Il lavoro consisteva quindi sempre più nel comunicare l'uno con l'altro, faccia a faccia o al
telefono o, cosa nuova e marginale per quegli anni, con il computer.
9
La domanda a quel punto sorgeva spontanea: "Perché si deve raggiungere un certo luogo per
fare queste cose?". L’idea di fondo fu quindi quella di sostituire le strade con i fili del telefono.
Questo principio con il tempo si dimostrò valido e funzionante.
Dovendo trovare un nome per questo nuovo fenomeno, Nilles concepì due termini distinti. Il
primo fu telecommuting, traducibile in italiano con lo scarsamente utilizzato telependolarismo, il
9
Per una maggior conoscenza del “padre del telelavoro”: http://www.jala.com/jnmbio.php
6
quale poneva l'accento sullo spostamento quotidiano necessario per recarsi al lavoro. Il secondo,
telework, era un termine dal significato più ampio, tale da comprendere al suo interno il
telecommuting e tutte quelle altre forme di lavoro svolto insieme a persone che non si trovano nello
stesso luogo fisico, ma possono anche essere all'altro capo del globo terrestre. Il termine telelavoro,
fin dalle sue origini vere o presunte, ha quindi espresso un concetto molto più ampio di
telecommuting.
La propagazione del fenomeno al di fuori degli Stati Uniti ha poi avuto come logica
conseguenza la diffusione del vocabolo. In realtà vi è stata una mera traduzione del termine inglese
work, mentre il prefisso di origine greca tele- è stato mantenuto invariato in quasi tutti gli idiomi.
Così nella lingua italiana si parla di telelavoro, in quella francese di télétravail, in quella tedesca di
telearbeit, nell’idioma castigliano di teletrabajo e così via.
Ma oggi il termine telelavoro, a oltre vent’anni dalla sua origine, cosa sta a significare?
L’unica cosa certa è che non vi è nulla di certo, per cui si può tranquillamente affermare che non
esiste ancora una definizione universalmente condivisa, anche se le diverse definizioni concordano
su molti punti.
7
1.3. IL TELELAVORO NELLA LINGUA ITALIANA
Nella ricerca di una definizione univoca di telelavoro possono essere di aiuto le fonti
linguistiche più comuni ed al tempo stesso più autorevoli, i vocabolari della lingua italiana.
Il vocabolo telelavoro è, come già detto, un neologismo che in Italia è entrato nel linguaggio
comune da non molti anni. Una prima definizione la si può trovare in un vocabolario di uso
comune.
10
In essa viene posto l’accento sulla duplice valenza del termine: da un lato indica l’attività
lavorativa svolta a distanza, dall’altro l’organizzazione che ne deriva.
Si tratta, in tutta evidenza, di una definizione approssimativa, che introduce il primo elemento
essenziale del telelavoro, ovvero lo svolgimento a distanza. Ma a distanza da chi o da che cosa? Qui
la definizione diventa più oscura. Cosa vuol dire “in un luogo diverso dalla sede in cui dovrebbe
svolgersi”? Sembrerebbe sottintendere dalla sede in cui il lavoro si è svolto prima di diventare
telelavoro. Ma così resterebbero fuori dalla definizione tutte le forme di telelavoro che sono nate
come tali.
Un altro elemento basilare cui la definizione fa cenno è la comunicazione del lavoro in tempo
reale e tramite sistemi telematici. In questo modo si esclude che possano costituire telelavoro tutte
quelle attività lavorative che prevedono una comunicazione non telematica del lavoro o una
comunicazione telematica differita. Vedremo però in seguito che non sempre è così.
Una diversa prospettiva viene offerta dagli Annali del Lessico Contemporaneo Italiano, che
ricomprendono tra i neologismi originatisi nel periodo 1993-1996 i lemmi telelavorare e
telelavoratore.
11
10
Telelavoro, lemma, in http://www.garzantilinguistica.it/digita/digita.html: Sillabazione/Fonetica: [te-le-la-vò-ro].
Etimologia: Comp. di tele- (dal gr. têle 'lontano', in cui vale 'a distanza, da lontano') e lavoro (dal lat. labo¯re, impiego
di energia volto a uno scopo determinato, in partic., attività umana diretta alla produzione di un bene, di un servizio o
comunque a ottenere qualcosa di socialmente utile, oppure occupazione retribuita; esercizio di un mestiere, di una
professione, di un'arte) Definizione: s. m. lavoro svolto a distanza, in un luogo diverso dalla sede in cui dovrebbe
svolgersi, e comunicato a essa in tempo reale tramite sistemi telematici; l'organizzazione che ne deriva.
11
I lemmi sono disponibili alla pagina http://www.maldura.unipd.it/alci/public_html/
8
Secondo gli Annali telelavorare è dal 1995 un nuovo vocabolo e significa “lavorare stando a
casa, grazie a un collegamento telematico con il centro del quale si è dipendenti”, mentre all’anno
successivo viene fatto risalire il neologismo telelavoratore, che sta per “lavoratore dipendente che
svolge la propria attività a casa, grazie a un collegamento telematico con l’ufficio o l’azienda per
cui opera”.
Questa definizione pone l’accento sul fatto che chi telelavora sia per forza di cose un
lavoratore dipendente, collegato telematicamente con il proprio ufficio o la propria azienda. Come
vedremo in seguito, nella realtà vi sono tante e tali forme di telelavoro che prescindono da un
rapporto di dipendenza, da far considerare senz’altro inesatta una simile definizione.
Non fa invece cenno al rapporto di dipendenza del telelavoratore il vocabolario della lingua
italiana di Nicola Zingarelli, che invece introduce il concetto di attività lavorativa in sede
decentrata, nel quale possono ben rientrare l’abitazione del lavoratore ma anche i centri satellite, i
telecentri ed ogni altro luogo purché posto al di fuori del centro direzionale cui l’attività afferisce.
12
Non offre ulteriori elementi importanti nemmeno la più articolata definizione fornita
dall’Istituto della Enciclopedia Italiana, secondo cui il telelavoro è “svolto essenzialmente mediante
l'uso di un computer collegato alla rete di un'azienda tramite linea telefonica o altro tipo di sistema
per il trasferimento di dati”.
13
Piuttosto qui si evidenzia come il trasferimento dei dati possa
avvenire anche in modo alternativo rispetto alle linee telefoniche, ma ancora una volta la
definizione, pur molto succinta, esclude le forme di telelavoro svolte in assenza di uno stretto
rapporto contrattuale con un’azienda.
Decisamente nella scia di queste definizioni sono quelle reperibili in un altro dizionario
14
, che
ha il merito di individuare nel 1991 l'anno di introduzione del neologismo, e in un’enciclopedia del
diritto
15
.
12
Telelavoro, lemma, ne Il Nuovo Zingarelli Vocabolario della Lingua Italiana: [Comp. di tele- e lavoro] s.m. Attività
lavorativa decentrata resa possibile dalle tecnologie telematiche che collegano unità produttive periferiche a centri
direzionali.
13
Cfr. La Piccola Treccani, I suppl., pag. 618, Istituto della Enciclopedia Italiana Roma, Dicembre 2002.
14
Cfr. Dizionario Italiano Sabatini Coletti, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 1997.
15
Cfr. Enciclopedia del diritto, Casa Editrice DeAgostini, Novara, 2002.
9
E’ quindi piuttosto evidente come il linguaggio comune abbia recepito solo una piccola parte
del contenuto del termine, contenuto che d’altronde va mutando con il mutare della natura stessa del
telelavoro. Le definizioni riportate rispecchiano infatti una visione fedele ad una rappresentazione
del telelavoro ai suoi esordi, quando era concepito unicamente come alternativa al lavoro d’ufficio
presso una grande impresa.
Oggi invece sappiamo che il telelavoro rappresenta, nella sua poliedricità, una risorsa di
primaria importanza nel mercato del lavoro globale. Si pensi solo alle nuove possibilità di accesso
al lavoro per le persone che convivono con handicap motori, o ancora al trasferimento di attività
lavorative in aree a scarsa densità abitativa dove sarebbe svantaggioso stabilire imprese lavorative
tradizionali.
10
1.4. LE POSSIBILI DEFINIZIONI
Il giorno in cui Nilles formulò la prima definizione di telelavoro lo fece riferendosi ad un
concetto ancora in embrione. Con il tempo si è reso necessario descrivere in modo più
circostanziato la realtà evolutiva del telelavoro.
Una definizione attuale, che esprime in maniera sufficientemente completa quel che è oggi il
telelavoro, lo rappresenta come “svolgimento a distanza di attività lavorative abitualmente svolte in
un ufficio tradizionale, utilizzando le tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni”.
16
La proposizione contiene i tre elementi cardine del telelavoro. Innanzitutto l’utilizzo
prevalente di strumenti informatici e telematici durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, utile
a differenziare il telelavoro dalle altre attività tradizionali di lavoro a domicilio. Quindi la
delocalizzazione dell’attività, rispetto alla sede tradizionale di lavoro, intesa nel senso più ampio del
termine. Infine l’attività lavorativa contrattualmente definita. Su quest’ultimo punto si può
dibattere, e lo si farà più avanti, sul fatto che vengano considerati telelavoratori solo i lavoratori
dipendenti e non anche gli autonomi. La dottrina italiana più accorta in effetti sostituisce il requisito
della contrattualizzazione dell’attività lavorativa a distanza con la sua semplice sistematicità.
17
Molti altri autori hanno elaborato delle definizioni simili, pur con elementi diversificanti di
poco conto, tanto che il grande sforzo definitorio è stato addirittura oggetto di una approfondita
analisi da parte di uno dei maggiori studiosi del telelavoro, l’italiano De Nicola.
18
Sono tuttavia riscontrabili altre definizioni che sfuggono a questo schema, anche se
provenienti da settori scientifico-culturali diversi, quali la seguente: “Qualsiasi attività svolta a
16
Cfr. FELICI, Telelavoro oggi, EPC Libri, Roma, 1997
17
Cfr. BIAGI, Istituzioni di diritto del lavoro, Giuffré ed., Milano, pagg. 139-141, 2001: Per evitare, quindi, un mero
esercizio definitorio, ai fini della identificazione empirica della fattispecie è sufficiente che siano presenti i seguenti
elementi: a) presenza di una delocalizzazione dell’attività rispetto alla sede tradizionale di lavoro; b) utilizzo di
strumenti informatici e telematici nello svolgimento del lavoro; c) sistematicità dell’attività di lavoro svolta a distanza.
18
Per una rassegna completa cfr. uno dei siti web creato da DI NICOLA, http://www.dinicola.it/telela/index.htm
11
distanza dalla sede dell'ufficio o dell'azienda per cui si lavora, quindi anche senza ricorrere a
strumenti telematici”.
19
E’ ovvio che una definizione simile sia molto più incentrata sul significato letterale del
termine e non tenga conto della valenza, anche giuridica, concretamente assunta in questi anni dal
vocabolo in questione. Parimenti non tiene conto dell’eccezionale evoluzione delle applicazioni
pratiche derivanti dalle nuove tecnologie e dei loro riflessi sulle attività lavorative quotidiane.
Inoltre in molti casi il telelavoro viene ancora identificato come il lavoro che viene svolto a
casa usando computer e telefono, quindi senza il necessario uso di strumenti ultra-moderni. Questa
visione trascura però l’evidenza di trent’anni di continui, enormi progressi tecnologici.
20
Nella
pratica attuale è sempre più difficile pensare di poter ricreare altrove l'ambiente tipico di un ufficio
senza il supporto delle moderne tecnologie.
D’altro canto sono anche molto frequenti le definizioni estremamente sintetiche, che hanno il
pregio di non frapporre ostacoli alla successiva evoluzione contenutistica della parola.
Paradigmatica è “Lavoro a distanza svolto con l'ausilio delle tecnologie telematiche”
21
, o la quasi
identica “Distance working facilitated by information and communication technologies” formulata
dai sindacati inglesi.
22
In questo modo tutte le tecnologie telematiche innovative che consentano di intraprendere
un’attività remota di nuovo tipo, possono originare forme di telelavoro che rientrano comunque
nella definizione data. Così è stato con i telelavori resi possibili dalla diffusione di Internet e ancora
prima del telefax, dei telefoni cellulari, ecc.
Per fare ulteriore chiarezza sul contenuto della parola telelavoro può essere di valido aiuto
passare in rassegna gli atti ufficiali emanati dagli organismi internazionali, dai singoli Stati, o dalle
associazioni che se ne occupano. In essi non è raro trovare delle definizioni assai puntuali e precise.
19
Cfr. il sociologo DE MASI, Impiegati e operai lasciamoli tutti a casa, Telèma, n. 2, autunno 1995.
20
Vedi in tal senso quanto riporta DI NICOLA nel capitolo "Introduzione. Il telelavoro realizzato", de Il Manuale del
Telelavoro, Roma, Edizione SEAM, 1999.
21
Cfr. FEDI, Teniamone conto c’è un fattore, umano, Telèma, n. 2, autunno 1995.
22
Cfr. Trade Unions Congress, New information and communications technologies at work, Jan. 1998, cit. Da DI
MARTINO, The High road to teleworking, I.L.O., Geneva, 2001.
12
Fin dal 1990 l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (O.I.L.) ha proposto una definizione
basata su due capisaldi: “Una forma di lavoro in cui (a) il lavoro viene svolto in un luogo distante
rispetto all’ufficio centrale o ai mezzi di produzione, quindi con una separazione del lavoratore dai
contatti personali con i colleghi ivi operanti; e (b) le nuove tecnologie consentono questa
separazione attraverso strumenti di comunicazione”.
23
Viene qui introdotto un nuovo elemento, la separazione fisica del telelavoratore dai colleghi
che continuano ad esercitare il lavoro nelle sue forme tradizionali. Appare chiaro l’intento
dell’O.I.L. di mettere in evidenza, a partire dalla definizione, quello che può rappresentare un
aspetto negativo del telelavoro, la tendenza ad isolare gli individui dal contesto lavorativo.
Un approccio simile lo si ritrova in uno studio condotto nel 1997 per conto dell’Unione
Europea, secondo il quale il telelavoro è il “lavoro svolto da una persona (lavoratore dipendente,
lavoratore autonomo, lavoratore a domicilio) principalmente, o in gran parte, presso un (dei)
luogo (luoghi) diverso dal tradizionale posto di lavoro, per conto di un datore di lavoro o di un
cliente, e che preveda, quale aspetto essenziale e centrale del lavoro, l’uso delle telecomunicazioni
e delle tecnologie informatiche avanzate”.
24
Come si vede il discorso diventa molto più articolato e complesso. Si tratta di un tentativo di
fotografare la situazione attuale, lasciando al contempo una certa elasticità alla definizione,
permettendole così, entro certi limiti, di evolversi. I limiti sono sempre quelli della distanza e
dell’utilizzo delle nuove tecnologie. Piuttosto in questo caso si prescinde dalla opinione fin qui
ricorrente di riservare il telelavoro solo alla categoria dei lavoratori dipendenti, in favore di un
concetto più allargato che non tiene conto del tipo di rapporto di lavoro sottostante.
Tuttavia dall’ampio consenso su quelli che sono i principali aspetti caratterizzanti il
telelavoro, non discende un analogo consenso in merito a quelle che sono le attività lavorative che
possono rientrare nella definizione. Oggi esiste un gran numero di modi per telelavorare, sovente
23
Cfr. I.L.O., Conditions of Work Digest on Telework, vol. 9, 1, 1990, Geneva, cit. Da DI MARTINO, ibidem.
24
Cfr. BLANPAIN, The legal and contractual situation on teleworkers in the European Union, Consolidated report,
European Foundation for the improvement of living and working conditions, Dublin, 1997, cit. Da DI MARTINO, The
High road to teleworking, I.L.O., Geneva, 2001.
13
molto differenziati tra loro, e le forme di telelavoro emergenti faticano talvolta ad identificarsi nelle
definizioni che finora abbiamo visto.
Per questo motivo sono sempre più apprezzate quelle definizioni che, pur sintetiche,
presentano un alto grado di flessibilità.
Martin Bangemann, Commissario Europeo per gli affari industriali, le tecnologie
dell'informazione e le telecomunicazioni, coordinò un gruppo di studio sulla società
dell’informazione, composto dai maggiori esperti mondiali (tra cui gli italiani Romano Prodi e
Carlo De Benedetti), il cui rapporto finale rappresentò una pietra miliare per l’orientamento dei
Paesi europei in materia. Tale rapporto denunciava lo stato critico dell’occupazione in Europa ed
auspicava la nascita di nuove professioni e opportunità lavorative legate alle tecnologie
informatiche. Ebbene, Bangemann ha concepito una definizione di telelavoro che è tra le più
semplici ma efficaci in assoluto: “Telelavoro è qualsiasi attività alternativa di lavoro che faccia
uso delle tecnologie della comunicazione non richiedendo la presenza del lavoratore nell'ambiente
tradizionale dell'ufficio”.
25
Spariscono così i riferimenti al lavoro dipendente ed all’abitazione del lavoratore.
L’attenzione si sposta verso l’organizzazione del lavoro, che non è più vincolata ad un preciso
luogo, e che non richiede, ma non esclude, la presenza di un ufficio tradizionale.
Il termine telelavoro, pur avendo nelle tecnologie utilizzate un elemento fondante, più che una
soluzione tecnica o tecnocratica rappresenta quindi oggi una particolare modalità organizzativa,
capace di fornire soluzioni innovative a problematiche economiche e sociali di varia natura.
26
A tale conclusione si è anche arrivati, nel 2002, redigendo il primo accordo europeo sul
telelavoro. L’accordo definisce il telelavoro come "forma di organizzazione e/o di svolgimento del
lavoro, che usa le tecnologie dell’informazione, nel contesto di un contratto/rapporto di impiego, in
cui il lavoro, che può anche essere svolto nei locali del datore di lavoro, viene intrapreso in modo
25
Cfr. il c.d. Rapporto Bangemann, redatto dall’High-level group on the information society su richiesta del Consiglio
delle Comunità Europee nel 1994.
26
Cfr. Regione autonoma della Sardegna, “Strategia per lo sviluppo della società dell’informazione in Sardegna - fondi
strutturali 2000-2006”, pp. 212, febbraio 2002.
14
regolare al di fuori di quei locali”.
27
E questo può ben rappresentare l’attuale punto di approdo del
percorso iniziato con le definizioni di Nilles nel 1973.
Non va infine sottovalutata l’importanza pratica che le definizioni del telelavoro rivestono
nell’ambito delle indagini statistiche. Come vedremo in seguito, i risultati delle inchieste variano di
molto in funzione della definizione utilizzata per identificare il telelavoro o i telelavoratori.
Per questo motivo negli ultimi anni si cerca di seguire, anche in questo campo, dei criteri il
più possibile standardizzati, al fine di garantire una maggior veridicità e comparabilità dei dati
raccolti.
Tali problematiche sono state ben evidenziate in un recente studio sulla diffusione del
telelavoro in Slovenia. La domanda posta agli intervistati era preceduta da una definizione fornita
da un primario ente europeo di studi statistici sul telelavoro, l’Electronic Commerce and Telework
Trends (E.Ca.T.T.): “Il telelavoro è il lavoro al computer che viene condotto al di fuori
dell’ambiente d’ufficio tradizionale, normalmente a casa o in luoghi indipendenti. I risultati di tale
lavoro vengono poi trasmessi per mezzo delle tecnologie delle telecomunicazioni come il telefax,
internet o simili. Lei telelavora?”.
28
In questa prospettiva la definizione che si ritiene più esaustiva è quella elaborata dalla
Fondazione Europea di Dublino per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, in cui si
definisce il telelavoro come "ogni forma di lavoro svolta, per conto di un imprenditore o un cliente,
da un lavoratore dipendente, autonomo o a domicilio, che è effettuata regolarmente, o per una
quota consistente del tempo di lavoro, da una o più località diverse dal posto di lavoro
tradizionale, utilizzando tecnologie informatiche e/o delle telecomunicazioni”.
29
27
Cfr. Framework agreement on telework, tra European Trade Union Confederation (ETUC), Council of European
Professional and Managerial Staff (EUROCADRES)/European Confederation of Executives and Managerial Staff
(CEC), Union of Industrial and Employers' Confederations of Europe (UNICE)/European Association of Craft, Small
and Medium-Sized Enterprises (UEAPME) ed European Centre of Enterprises with Public Participation and of
Enterprises of General Economic Interest (CEEP), Bruxelles, 16 luglio 2002.
28
Cfr. NOVAK et al., Measuring information society in Slovenia: the case of telework, in:
http://www.sigov.si/zrs/obvestil/raden02/r47.doc
29
Cfr. BLANPAIN, The legal and contractual situation on teleworkers in the European Union, Consolidated report,
European Foundation for the improvement of living and working conditions, Dublin, 1997, cit. Da DI MARTINO, The
High road to teleworking, I.L.O., Geneva, 2001.
15
In conclusione si può affermare che sui contenuti fondamentali del termine vi è sempre stato
un accordo generale, sia da parte della letteratura che da parte delle istituzioni. Le differenti
concezioni sono state in gran parte superate in favore di una visione più aperta e dinamica del
fenomeno. Se sopravvivono dei punti di vista differenti, ciò accade solo in contesti geografici o
scientifici più ristretti, nei quali si ha l’interesse ad enfatizzare alcuni aspetti del telelavoro
trascurandone altri.
Piuttosto ci si può chiedere se oggi sia ancora utile andare alla ricerca di una definizione di
telelavoro che sia allo stesso tempo onnicomprensiva ed universalmente condivisibile. Tale ricerca
rischia di trasformarsi in un esercizio logico fine a sé stesso. Forse sarebbe meglio badare ai
contenuti essenziali del vocabolo e tracciarne i confini semantici solo se strettamente necessario, ad
esempio come quando ci si debba occupare di rendere omogenei i dati statistici raccolti in situazioni
politiche, culturali e sociali differenti. L'estrema flessibilità del telelavoro è pari a quella del termine
che lo identifica.
16