ispirate da criteri di compatibilità e di pianificazione del
territorio.
Il Parco Nazionale d'Abruzzo rappresenta il più valido esempio
della realizzazione di questa politica; i settanta anni di storia di
questo parco sono un inestimabile contributo per l'affermazione
della salvaguardia della natura in Italia.
L'istituzione delle aree protette deve rappresentare quindi il
punto di partenza per una nuova gestione dell'ambiente nel
nostro Paese.
Non posso esimermi dal porgere alcuni ringraziamenti alle
persone che mi hanno aiutato nella realizzazione di questo studio
e dall'esprimere un ricordo.
Intendo ricordare il Professore Mario Lo Monaco, il docente di
Geografia economica con il quale ho sostenuto entrambi gli
esami di questa materia e con il quale iniziai, nell'estate del
1991, la prima stesura di questa tesi. Del Professore Lo Monaco,
scomparso prematuramente nel 1992, ricordo con profondo
affetto l'immensa umanità e l'estrema naturalezza che
contraddistingueva ogni suo gesto.
Un grande aiuto, senza il quale non sarei riuscito a rendere
completa ed aggiornata la mia tesi, è stato quello che ho ricevuto
dall'Avvocato GianLuigi Ceruti. Grazie alla generosa
disponibilità dell'Avvocato Ceruti, ho potuto beneficiare della
sua esperienza di deputato in relazione alla Legge 394/91 sui
parchi, della quale è primo firmatario e promotore.
La collaborazione della Dottoressa Grazia Francescato - la quale
si è a lungo occupata dell'argomento con articoli pubblicati su
Airone, divenuta nel frattempo presidente del WWF-Italia- è
stata per me molto utile; le sue indicazioni e la sua notorietà mi
hanno consentito di reperire materiale e di contattare persone
che altrimenti avrei potuto ben difficilmente incontrare.
PARTE PRIMA
PROBLEMATICHE INERENTI LA TUTELA
AMBIENTALE: PANORAMICA GENERALE
CAPITOLO PRIMO
L'EQUILIBRIO DELL'AMBIENTE NATURALE
1.1. Ambiente e Sviluppo: la ricerca del sentiero
Our common future: così è intitolato il rapporto conclusivo
pubblicato dalla Commissione mondiale per l'ambiente e lo
sviluppo nel 1987.
Il Rapporto della Commissione presieduta dal Primo Ministro
norvegese, la Signora Gro Harlem Brundtland, indicava che è
possibile tracciare un sentiero di sviluppo economico e sociale
per l'economia mondiale che soddisfi i bisogni della generazione
attuale senza compromettere le opportunità di soddisfare i propri
bisogni da parte delle generazioni future. Il concetto che si trova
alla base del rapporto è quello di "sviluppo sostenibile":
attorno ad esso ruota il dibattito circa la gestione dell'intero
pianeta. I problemi della povertà e del sottosviluppo non offrono
possibilità di soluzione se non attraverso una nuova politica di
crescita che orienti larga parte dei benefici proprio verso i paesi
in via di sviluppo.
Occorre definire diversamente il concetto di "bisogno", in
particolare per quanto riguarda i bisogni essenziali dei poveri
della terra, ai quali va data assoluta priorità nelle scelte delle
politiche da adottare.
Spesso i concetti di sviluppo e conservazione dell'ambiente
naturale sono stati considerati antagonisti tra loro: il
raggiungimento di obiettivi di sviluppo economico e sociale nei
quali sia tenuta presente la loro "sostenibilità" significa
innanzitutto considerare la natura come un bene comune
dell'intera umanità. Concepire la natura come bene comune non
significa però abbandonare modelli di sviluppo che vadano oltre
la sopravvivenza dei popoli: significa invece realizzare che la
crisi delle risorse naturali e la devastazione ecologica come
separata dalla crisi economica per poi proporre soluzioni
orientate verso l'espansione dell'economia di mercato. Il
presidente della Banca Mondiale, R. Conable, ha recentemente
affermato che un migliore ambiente, dipende molto più da una
crescita economica continua di quanto non si pensi attualmente.
1.2. Effetti sull'ambiente causati dal processo di sviluppo
economico: del paesaggio naturale e antropico
Per lungo tempo il concetto di sviluppo economico non ha
contemplato la necessità di tener conto degli effetti prodotti
sull'ambiente; ciò ha comportato la graduale modificazione dei
paesaggi e del territorio dove venivano a localizzarsi le attività
dell'uomo. Si è quindi passati dal paesaggio naturale al
paesaggio antropizzato nel quale i componenti umani si sono
sovrapposti ai fondamentali elementi fisici, dove i segni
dell'azione hanno più o meno alterato i componenti fisici
originari.
I paesaggi umani costituiscono il risultato dell'opera delle
molteplici generazioni che si sono susseguite su di uno stesso
territorio; si tratta di creazioni storiche sviluppatesi a poco a
poco attraverso innumerevoli rimaneggiamenti. Il paesaggio
viene ad essere rimodellato, adeguato alle esigenze dell'uomo:
basti qui pensare alle opere della ingegneria poste in atto per
consentire le comunicazioni tra varie zone quali viadotti, ponti,
muraglioni, ecc.; per migliorare la produzione agricola quali
bonifiche terrazzamenti e canali di irrigazione. Ma oltre a
queste, che possiamo definire come conseguenze dirette e
volontarie degli interventi posti in atto per raggiungere
determinati scopi, vengono ad assumere particolare rilevanza le
conseguenze indirette dello intervento dell'uomo; lo stato di
equilibrio dell'ambiente naturale viene ad essere alterato
dall'azione umana e spesso si tratta di conseguenze negative.
Ecco allora l'emergere di danni provocati dalla erosione del
suolo, dalla modificazione del clima e dall'inquinamento
atmosferico delle acque e del suolo. L'opera dell'uomo ha inciso
diversamente per estensione e forma sull'ambiente a seconda
delle condizioni preesistenti al suo insediamento, infatti, non
sempre le caratteristiche di una regione si prestano ad essere
alterate.
Altri fattori che determinano differenze delle modificazioni
introdotte dall'uomo vanno ricercate nelle tecnologie conosciute
dalle varie popolazioni, nei bisogni stessi, nella densità di
popolazione e nell'epoca del popolamento. Spesso si è portati a
pensare che determinati paesaggi esistano a prescindere
dall'influenza esercitata dall'azione dell'uomo. Un valido
esempio di come ciò non corrisponda alla realtà è dato dal
celebre ed irripetibile paesaggio dei colli fiorentini che in questo
caso acquisisce valore come espressione globale di una data
cultura, di una data storia civile, di un particolare rapporto
uomo-natura, rappresenta cioè un documento di cultura, una
"testimonianza materiale avente valore di civiltà" (Barbieri, Per
una politica toscana del paesaggio, Università di Firenze,
Q.1/1971).
1.3. I nuovi bisogni: una migliore qualità della vita
Nel corso dell'ultimo decennio è aumentata l'attenzione verso i
problemi ambientali: si tratta di una diffusa cultura ambientale,
che per i modi con cui si è sviluppata e per le sue caratteristiche
costituisce un aspetto dell'odierna fenomenologia sociale.
Recentemente il CENSIS ha realizzato un sondaggio in alcune
grandi città dell'Italia meridionale e centro-settentrionale per
rilevare quale fosse il grado di percezione dei problemi
ambientali di maggior peso (CENSIS, 1987-a).
Il risultato indica il progressivo degrado della qualità della vita -
specialmente di quella in ambito urbano -e la conseguente
maggiore attenzione rivolta all'ambiente extra-urbano, con
riferimento anche all'aumento delle occasioni turistiche e di
tempo libero che reclamano ormai la loro parte di ambiente sano
e fruibile.
Si potrebbero distinguere nell'evoluzione della cultura
ambientale italiana due fasi che si sono susseguite. La prima, di
pura e semplice reazione, che muoveva dalla constatazione
emozionale di forme di degrado e di rischio ecologico; il
riferimento è in questo caso ad alcuni disastri di portata
nazionale ed internazionale avvenuti attorno alla metà degli anni
ottanta: l'incidente alla centrale nucleare di Chernobyl,
l'affondamento nell'Atlantico del sottomarino atomico sovietico,
l'inquinamento idrico, il degrado atmosferico nelle grandi città.
1.4. Il processo di percezione e di consapevolezza del degrado
ambientale
La seconda fase, di più matura e razionale articolazione, nella
quale è presente la ricerca di uno sviluppo compatibile con
l'ambiente ed una nuova qualità della vita.
Particolare valore assume, in questo nostro esame, l'andamento
seguito dalle iscrizioni ad associazioni ecologiche ed il
crescente consenso raccolto dalle liste verdi, sia a livello locale
che nazionale (TAB. I.1. ).
Le associazioni che si occupano di problemi ecologici ed
ambientali hanno registrato un continuo incremento di iscrizioni:
fenomeno che può esser visto come un aspetto della generale
crescita della sensibilità e della coscienza ambientale avutasi in
Italia nel corso degli ultimi anni.
Si è venuta a delineare una "voglia di natura" che assume forme
diverse: alcune generali, quale la riscoperta dei temi legati alla
salute, alla cultura del corpo, ad una migliore e più equilibrata
alimentazione; altre più specifiche, orientate ad un impiego
sempre più "ecologico" del tempo libero e delle occasioni di
svago.
CAPITOLO SECONDO
LA DOMANDA DI TUTELA AMBIENTALE E RISPOSTE DEL
MERCATO
2.1. L'ambiente inteso come bene economico: una risorsa
limitata
Ecologia ed Economia hanno una comune radice, Ôikos (casa),
ma non per questo il loro rapporto è stato privo di conflitti.
Etimologicamente i significati dovrebbero essere molto simili:
ecologia significa descrizione della casa dell'uomo, cioè della
terra, economia la sua gestione.
Fin dai tempi più antichi ci si rese conto dei vincoli ecologici
che esistevano in un dato territorio in relazione allo sfruttamento
delle risorse più scarse o di fronte ad un aumento della
popolazione. Il superamento di quei vincoli spesso si tradusse in
drammi ecologici: desertificazione, erosione dei terreni o
impaludamenti sono solo alcune delle conseguenze che
derivavano da tecniche di coltivazione o di allevamento errate o
troppo intense, per non parlare dei danni prodotti dal taglio
sconsiderato delle foreste attuato per ricavare il legname.
Per lungo tempo la disponibilità di zone coltivabili, quindi di
cibo, ha rappresentato il vincolo che regolava l'ascesa e la
caduta delle civiltà: le città si localizzavano in prossimità delle
zone di approvvigionamento, essendo limitati i commerci sulle
grandi distanze.
Dal surplus ottenuto attraverso il lavoro agricolo dipendevano lo
sviluppo delle attività non agricole e la crescita della città
stessa.
2.2. Compatibilità tra cultura ecologica e cultura economica
Questo stretto rapporto tra risorse agro-alimentari e possibilità
di sviluppo di una società fu tenuto ben in considerazione dai
primi economisti: i fisiocratici, nel definire la loro teoria sul
prodotto netto dell'agricoltura indicavano nella prosperità
dell'agricoltura la fonte principale della ricchezza della nazione.
Con lo sviluppo industriale ed il commercio internazionale
furono le teorie degli autori inglesi del XVIII secolo ad
imprimere una svolta, spostando il centro dell'analisi su nuovi
settori, nei quali la possibilità di produrre ricchezza appariva
svincolata dai limiti naturali.
Alla base della teoria economica si pose il principio
dell'autoregolazione del mercato: scopo dell'economia era la
ricerca del soddisfacimento dei bisogni umani da ottenersi
mediante l'utilizzazione di risorse scarse a fini alternativi. Il
problema del contrasto tra economia ed ecologia trova in questo
punto il suo motivo principale: la disponibilità delle risorse
naturali era considerata illimitata. Il fatto che nel corso del
processo di produzione venissero utilizzati dei fattori quali l'aria
e l'acqua, ai quali non corrispondeva un costo perché erano
liberamente disponibili, comportava che il consumo o l'uso di
una di tali risorse fosse tanto più elevato quanto era più basso il
suo prezzo. Questo è il portato del sistema basato sull'economia
di mercato, nel quale il prezzo di una risorsa risulta essere
l'unico indicatore del suo valore e della sua scarsità relativa. In
proposito, occorre fare una distinzione tra i concetti di scarsità
assoluta e relativa: la scarsità relativa è una misura umana
mentre la scarsità assoluta indica la finitezza, per cui un bene
naturale fino a quando non diventa una risorsa non è né raro, né
abbondante, è semplicemente finito.
Per esemplificare, il prezzo di mercato è un regolatore della
scarsità ma non possiede la capacità di organizzare in maniera
efficace l'uso di una risorsa naturale finita.
Per lungo tempo l'ambiente naturale è stato considerato un
insieme di risorse inesauribili o non alterabili dall'uso. Questo
errore di valutazione ha comportato lo spreco e l'inquinamento
di queste risorse senza che il meccanismo del mercato
registrasse il costo derivante. Ciò ha dato luogo ad effetti esterni
al mercato in quanto non spontaneamente contabilizzati dal
calcolo economico: ad esempio l'inquinamento è un effetto
esterno negativo poiché i danni che esso provoca non sono presi
direttamente in conto dal mercato. A partire dagli anni '50- 60 si
è verificato un crescente interesse dell'economia per i problemi
ambientali: il desiderio di protezione ambientale diviene analogo
a quello di un qualsiasi altro bene, materiale come, immateriale.
L'ambiente inteso come quell'insieme di beni naturali che
contribuiscono a rendere piacevole la vita, non è molto diverso
da una qualsiasi altra risorsa che è divenuta rara a seguito dello
sfruttamento subito: si spende per riavere aria pulita in una città
allo stesso modo con cui si investono capitali per acquistare
fertilizzanti necessari a rendere nuovamente fertile un terreno
sfruttato intensamente.
La predisposizione a spendere per migliorare lo stato
dell'ambiente naturale e, quindi, la qualità della vita può essere
espressa in funzione del reddito alla stregua di qualunque altro
bene di consumo, risultando crescente al crescere del reddito, ma
rilevante soltanto per livelli di reddito paragonabili a quelli dei
paesi più industrializzati.
Per fare un esempio connesso all'argomento del nostro lavoro, il
costo sopportato per la salvaguardia di un bosco a fini
paesaggistici o naturalistici è rappresentato dal non utilizzo di
questo fattore per consumi alternativi, quantificabili in questo
caso nel valore netto del legname ricavabile. Dalla
consapevolezza che un miglioramento della qualità ambientale
può anche rappresentare un miglioramento economico deriva
l'inversione di tendenza che si rileva in alcuni modelli di
sviluppo negli ultimi anni.
2.3. Sviluppo dei settori interessati dalla "produzione
verde": il restauro ambientale
Occorre tenere conto delle risorse disponibili, inserendo tra
queste anche le risorse ambientali e riconoscendo l'esistenza di
un processo di interazione bidirezionale tra qualità dell'ambiente
ed economia. Si pensi ad esempio all'utilizzo dei
clorofluorocarburi (CFC) i quali danneggiando lo strato di
ozono, risultano essere nocivi per la salute umana e quindi,
indirettamente, influiscono negativamente sulla produttività
economica.
Si stanno presentando scelte non più rinviabili, orientate verso la
riutilizzazione ed il riciclo delle risorse: ecco allora la necessità
di riprogettare i prodotti, privilegiando quelli a basso consumo
energetico. Il riciclaggio diventa una condizione irrinunciabile
per far fronte all'esaurimento della risorsa "ambiente naturale"
inteso come deposito di tutti i prodotti di scarto associati all'uso
di materie prime ed energia. Si tratta forse dell'aspetto più
importante della ricerca di un sentiero di sviluppo sostenibile
lungo il quale occorre avviare il progresso economico
dell'umanità intera.