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La creazione di uno spazio economico comunitario, basato su di
un mercato comune è stato sin dall’inizio uno degli obiettivi essenziali
del Trattato di Roma che, all'art.2, precisa: “La Comunità ha quale
missione, attraverso l'instaurazione di un mercato comune ed il
ravvicinamento progressivo delle politiche economiche degli Stati
membri, di promuovere lo sviluppo armonioso delle attività
economiche nell’insieme della Comunità, un’espansione continua ed
equilibrata, un accresciuta stabilità, un miglioramento delle
condizioni di vita e delle relazioni più strette tra gli Stati membri”.
Secondo l'interpretazione data dalla Corte di Giustizia, il mercato
comune è quindi una “tappa” dell'integrazione economica che tende
all’eliminazione di tutti gli ostacoli agli scambi intracomunitari, in
vista della fusione dei mercati nazionali in un mercato unico,
realizzando così delle condizioni il più vicine possibili ad un vero
mercato interno, attraverso la rimozione delle barriere fisiche, tecniche
e fiscali alla libera circolazione dei fattori di produzione tra i quali, in
primo luogo, lo scambio di merci.
Il processo di integrazione comunitaria, come qualsiasi momento
di apertura al nuovo, richiede alle singole realtà nazionali l'abbandono
di determinate certezze contro l'assunzione di taluni rischi; si impone,
in altri termini, la necessità di cambiamenti profondi, a volte radicali,
nei diversi sistemi istituzionali dei Paesi aderenti alla Comunità.
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1.1.1 Sistema impositivo successivo all’unione doganale
Uno dei primi passi verso la progressiva creazione di un mercato
integrato fra gli Stati membri, è rappresentato dalla fissazione di
una “tariffa doganale comune” e di un unico corpo di norme doganali;
con l’instaurare un’unione doganale tra loro, gli Stati membri
intendono contribuire, secondo l’interesse comune, allo sviluppo
armonico del commercio mondiale, alla graduale soppressione delle
restrizioni agli scambi internazionali ed alla riduzione delle barriere
doganali.
In ambito comunitario, sono state eliminate le nozioni di
importazione ed esportazione e vengono considerate tali soltanto,
rispettivamente, le introduzioni in un Paese membro, di merci
provenienti da Stati non appartenenti alla CE o le cessioni effettuate
verso questi Paesi.
Il sistema di imposizione fiscale non è cambiato continuando a
fondarsi su tre fondamentali nozioni:
1) operazione soggetta ad imposta, in base alla quale tutte le
transazioni consistenti in una cessione di beni o in una prestazione di
servizi, nell’ambito di attività di impresa o professionale, sono
soggette ad IVA e sono trattate come operazioni attive da parte del
cedente/prestatore ed operazioni passive da parte dell'acquirente/
committente;
2) luogo di origine della fornitura o della prestazione, come
luogo della tassazione;
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3) luogo di destinazione della fornitura o della prestazione, come
luogo dell’utilizzo del bene o del servizio.
Quest’ultimo luogo, nelle sole transazioni intracomunitarie, si
identifica, (quale frutto di una finzione giuridica), il luogo dell’origine
fiscale al fine di garantire la border adjustability
1
delle transazioni
caratteristica delle operazioni internazionali. Quando delle merci sono
trasportate da uno Stato membro ad un altro, l’indipendenza
impositiva dei rispettivi ordinamenti viene garantita attraverso la
definizione, per la stessa transazione economica di due operazioni
fiscalmente distinte, una per lo Stato membro di origine delle merci,
(la cessione intracomunitaria), e l’altra per lo Stato membro di
destinazione, (l'acquisto intracomunitario). Il fatto che le due
operazioni siano formalmente distinte, assicura a ciascuno Stato
membro l’applicazione delle rispettive capacità di esentare o di tassare
la transazione indipendentemente da quello che accade nell’altro Stato
membro.
Di particolare importanza è capire la reale natura della
transazione attraverso un’opera di qualificazione giuridica, allo scopo
di individuare quale delle due seguenti operazioni è configurabile:
• la cessione intracomunitaria, soggetta ad imposta, ma non
imponibile presso il cedente, se ricorrono le seguenti condizioni:
- le merci sono spedite o trasportate direttamente, o per conto
del cedente, o del cessionario, al di fuori del territorio del Paese
1
La quale consente a ciascun Stato membro di mantenere la propria competenza nella tassazione,
indipendentemente da quello che accade nell'altro Stato membro.
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membro del cedente, sebbene all’interno della Comunità;
- la cessione è fatta verso un altro operatore registrato che
agisce come tale in un Paese membro differente da quello di origine
delle merci.)
• l'acquisto intracomunitario, soggetto ad imposta ed
imponibile nel Paese di destinazione, quale contropartita della
cessione intracomunitaria, definito come l’acquisizione del diritto di
disporre, quale proprietario dei beni spediti o trasportati presso il
cessionario direttamente o per conto del cedente o del cessionario
stesso, in uno Stato membro differente da quello da dove le merci
sono spedite.
1.1.2 Azione comunitaria di armonizzazione
In ogni contesto economico organizzato ma, in modo particolare,
in ambito comunitario, la politica fiscale assume una importanza
prioritaria, in quanto gli Stati membri sono dotati ciascuno di potere
normativo indipendente. Ogni Stato può imporre la propria potestà
tributaria a tutti gli eventi che implicano una relazione economica col
proprio ordinamento, anche nei casi in cui le stesse fattispecie siano
collegate, per qualche elemento, ad altri ordinamenti giuridici.
Ciascuno Stato può imporre tributi a chiunque si trovi nell’ambito
della propria potestà di imperio, sia esso cittadino o straniero.
Per questo motivo, è stata promossa l’armonizzazione delle
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normativa fiscale, con lo scopo di evitare distorsioni nell’ambito del
mercato interno e discriminazioni tra soggetti comunitari di diversa
nazionalità.
L’armonizzazione fiscale consiste, essenzialmente, in complesse
procedure adottate, dalla Comunità europea e dagli Stati membri, per
avvicinare le strutture dei sistemi impositivi dei Paesi comunitari e le
caratteristiche essenziali dei singoli tributi, non essendo possibile,
procedere ad immediate uniformazioni normative.
L’armonizzazione procede lentamente e gradualmente, man
mano che gli interessi comuni acquistano maggiore importanza,
rispetto a quelli dei singoli, tale da richiedere una regolamentazione
comunitaria; gli interessi comuni mirano:
- ad una contribuzione alle risorse proprie dell’Unione Europea,
in misura corrispondente a determinate entrate, oltreché al prodotto
nazionale lordo;
- a rimuovere vari ostacoli alla libera circolazione delle merci,
dei servizi, dei capitali e delle persone e alla libera concorrenza
nell’ambito del Mercato Unico europeo (ostacoli di natura tariffaria,
doganale e non, e distorsioni derivanti da distinte facilitazioni fiscali
nell’interscambio comunitario (nel settore delle imposte indirette sugli
affari e nei settori doganale, delle accise e dei monopoli);
- a rimuovere condizioni di favore per lo stabilimento di
imprese in un Paese o per gli investimenti esteri, offerte nella forma di
una minore tassazione dei redditi contro il principio della libera
circolazione ( nel settore dell’imposizione diretta in particolare.)
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Facendo riferimento al sistema tributario italiano
l’armonizzazione ha avuto attuazione :
• nel settore delle dogane, abolendo gradualmente i dazi negli
scambi intracomunitari e istituendo una tariffa doganale comune nei
confronti dei Paesi terzi;
• nel settore dei monopoli abolendo, quasi interamente le
posizioni di monopolio e sostituendo i diritti di monopolio con altre
forme di tributi (con imposte di fabbricazione in prevalenza);
• nel settore delle imposte indirette sugli affari, principalmente
con l’istituzione dell’IVA comunitaria, più volte oggetto di direttive
successive, finalizzate ad avvicinare sempre più le norme dei vari Stati
in attesa di un nuovo sistema comune fondato sul principio della
tassazione nel Paese di origine;
• nel settore delle accise (o delle imposte di fabbricazione),
apportando talune trasformazioni ai tributi di minore interesse in vista
di una completa armonizzazione delle imposte sulle accise;
• in materia di imposte dirette, sia uniformando le convenzioni
dirette ad eliminare le doppie imposizioni dei redditi, sia gettando le
basi per armonizzare le tassazioni che maggiormente possono incidere
sulla libera concorrenza e sulla libertà di stabilimento delle imprese.
1.1.3 Problematiche connesse alle doppie imposizioni
La sempre maggiore spinta verso la globalizzazione
dell’economia ed il crescente sviluppo delle transazioni finanziarie ed
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economiche internazionali, la coesistenza di potestà di imperio può
determinare conflitti di giurisdizione in materia tributaria. D’altra
parte, i canoni ai quali si ispira la legislazione fiscale di pressoché tutti
gli Stati (volta a definire il regime impositivo per i soggetti economici
che operano in ambito internazionale) sono costituiti dal:
• principio del worldwide system, per il quale il reddito
ovunque prodotto da un operatore economico residente è soggetto ad
imposizione fiscale (tassazione globale);
• principio della territorialità, la cui applicazione implica
l’assoggettamento a tassazione dei redditi comunque prodotti nel
territorio dello Stato quindi anche dei non residenti;
• principio della nazionalità, in base al quale i cittadini,
ovunque residenti, sono tassati sul loro reddito mondiale (adottato,
però, solo da Stati Uniti, Messico e Filippine).
L'applicazione tout court dei principi suddetti comporterebbe la
sistematica doppia imposizione sui redditi prodotti dagli operatori
economici nei Paesi diversi da quello di residenza, vale a dire la
possibilità di essere tassati due volte, in Stati membri differenti, per la
stessa ragione.
La doppia imposizione dello stesso reddito in due Paesi diversi
può distinguersi in:
1) doppia imposizione giuridica: un contribuente è tassato sullo
stesso reddito da due Stati nell’esercizio della rispettiva potestà
impositiva;
2) doppia imposizione economica: il reddito tassato è prodotto e
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percepito in due stati diversi, da contribuenti formalmente diversi, ma
nella sostanza legati da vincoli economici forti (società madre e figlia;
società e soci).
Per evitare le doppie imposizioni, gli Stati prevedono,
nell’ambito della propria potestà impositiva, delle possibili misure
correttive.
Gli strumenti più utilizzati a tale fine sono:
- le misure unilaterali (in Italia, in genere, mediante il riconoscimento
di un credito d’imposta che è pari all’ammontare del tributo pagato
all’estero a titolo definitivo, fino a concorrenza della quota d’imposta
italiana corrispondente al rapporto fra il reddito prodotto all’estero ed
il reddito complessivo)
- le convenzioni bilaterali
- per i paesi appartenenti alla UE, una convenzione multilaterale,
valida, con aggiustamenti, per tutti gli Stati membri, riguardante
principalmente il problema dei prezzi di trasferimento ( cd. transfert
price).
Le convezioni, principalmente a carattere bilaterale, sono le più
utilizzate per risolvere i problemi fiscali in ambito internazionale in
quanto più idonee a regolare situazioni e fattispecie differenti e ad
assicurare la reciproca tutela degli Stati contraenti.
La Convenzione fiscale è un trattato internazionale con il quale
due Stati si obbligano a regolare, in tutto o in parte, la materia fiscale.
In sostanza i due Stati limitano la propria potestà impositiva
relativamente alle categorie di reddito rilevanti e regolano alcuni
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aspetti generali, quali il principio di non discriminazione e la
procedura amichevole.
Le norme contenute nelle Convenzioni prevalgono su quelle
interne, in quanto si tratta di materia speciale che deroga alla generale;
in caso di conflitto, quindi, deve essere applicata la norma contenuta
nel trattato.
Le Convenzioni bilaterali seguono generalmente il modello
approvato dall’OCSE e rivisto nel 1992. Lo schema previsto può
essere così sintetizzato:
a) definizioni dei concetti generali (imposte, residenza,
soggetti, stabile organizzazione,.…)
b) determinazione del regime impositivo per le principali
categorie di redditi
c) statuizione degli strumenti per eliminare le eventuali
doppie imposizioni
d) definizione degli strumenti per la tutela dell’applicazione
della Convenzione e clausola di non disriminazione.
L’unico esempio di trattato multilaterale, è la convenzione
stipulata tra i Paesi scandinavi, Danimarca, Norvegia, Svezia e
Finlandia, resa possibile dalle analogie tra le strutture socio-
economiche e tra gli ordinamenti tributari di tali Paesi.
1.1.4 Lineamenti generali dei sistemi tributari
Dicesi sistema tributario il complesso organico dei tributi vigenti
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in uno Stato in un determinato momento.
I sistemi tributari moderni, caratterizzati dalla coesistenza delle
imposte dirette e delle imposte indirette, sono il frutto di una storica
secolare evoluzione. Con il progresso economico si moltiplicano le
forme di ricchezza e, così, dall’imposta unica si passa alla pluralità di
imposte, dando vita ai sistemi organici di tributi, con i quali si mira a
colpire ogni manifestazione di capacità contributiva, a combattere le
evasioni, a attuare sempre meglio il principio della uguaglianza del
carico tributario.
Il sistema tributario di uno Stato è strettamente collegato a tutto il
sistema economico e sociale che caratterizza la nazione ed è per
questo che, col passare del tempo, cambiando la realtà socio-
economica, si rende necessario un cambiamento delle strutture
tributarie. Inoltre, anche quando un sistema è solidamente e
razionalmente strutturato, inevitabilmente, dopo un certo tempo perde
la sua organicità perché ai tributi che lo formavano inizialmente, altri
se ne aggiungono senza un piano prestabilito, ora per far fronte a
particolari esigenze di bilancio, ora per assoggettare a prelievo nuove
forme di ricchezza, ora per manovre di politica economica oppure per
tentare di correggere eventuali difetti del sistema.
Un sistema tributario non può essere costruito su una sola forma
d'imposizione. La pluralità di imposte è in particolare necessaria per
adeguare gli istituti fiscali agli ideali di giustizia tributaria, che
richiedono il riferimento a molteplici manifestazioni della capacità
contributiva. In ogni sistema fiscale si possono individuare due grandi
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categorie di tributi: le imposte dirette e le imposte indirette.
Le prime si ricollegano a manifestazioni immediate di capacità
contributiva, il reddito e il patrimonio, e ad esse è affidato il compito
di rendere evidente ai cittadini il ruolo dell'imposta come strumento di
equità.
Le seconde colgono aspetti secondari e mediati della capacità
contributiva e spesso sfruttano elementi di illusione finanziaria al fine
di attenuare l'impatto psicologico del prelievo. Ad esse spesso si
affiancano i contributi sociali, una forma di prelievo coattivo
commisurato al reddito di un fattore produttivo, il lavoro e destinato al
finanziamento delle principali prestazioni del welfare (pensioni,
sanità, ammortizzatori sociali).
1.1.5 Le imposte dirette e indirette
Sono imposte dirette quelle che colpiscono le manifestazioni
immediate della capacità contributiva, cioè la ricchezza in quanto
esiste (patrimonio) o viene conseguita (reddito).
Le imposte dirette sul reddito hanno ad oggetto il flusso di
ricchezza che si rende disponibile in un dato periodo di tempo, detratte
le spese sostenute per il suo conseguimento. Esse costituiscono la base
di tutti i sistemi tributari moderni. Ne sono esempi l’imposta sul
reddito delle persone fisiche (IRPEF), l’imposta sul reddito delle
persone giuridiche (IRPEG), l'imposta regionale sulle attività
produttive (IRAP).
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Le imposte dirette sul patrimonio colpiscono il patrimonio delle
persone, o nel suo insieme, o in alcune sue voci, (ad esempio beni
immobili); possono essere di due tipi: ordinarie o straordinarie.
L’imposta ordinaria, pur essendo commisurata al patrimonio
(che ne costituisce l’oggetto), deve avere un’aliquota cosi' bassa da
potersi pagare col reddito (che ne è perciò la fonte)
Se invece si tratta di un’imposta straordinaria, e quindi consiste
in un prelevamento fatto una volta tanto, essa può anche avere il
patrimonio come fonte.
Sono imposte indirette quelle che colpiscono le manifestazioni
indirette mediate della capacità contributiva, cioè la ricchezza in
quanto viene consumata o trasferita.
Le imposte indirette sui consumi colpiscono il reddito quando
viene speso e nella misura in cui viene speso. L’importanza di queste
imposte è andata continuamente crescendo per lo sviluppo delle
ricchezze e per il moltiplicarsi dei consumi dovuto al costante
miglioramento del tenore di vita. Ne sono esempi l’imposta sul valore
aggiunto (I.V.A.), i dazi, le imposte di fabbricazione.
Le imposte indirette sui trasferimenti colpiscono il patrimonio
nel momento in cui esso viene, in tutto o in parte, trasmesso da un
soggetto ad un altro, sia a titolo gratuito che a titolo oneroso. Ne sono
esempi le imposte sulle successioni a causa di morte e sulle donazioni,
le imposte di registro.
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I.2 LE IMPOSTE DIRETTE IN ITALIA
I.2.1 Premessa
Nell’ordinamento italiano, delineato dalla riforma del 1973,
l’imposizione diretta si basava quasi esclusivamente sulla tassazione
del reddito, non esistendo forme di tassazione ordinaria del
patrimonio. L'imposizione del reddito si articolava in due grandi
tributi di carattere personale, l’imposta sul reddito delle persone
fisiche (IRPEF) e l’imposta sul reddito delle persone giuridiche
(IRPEG), e in un tributo di carattere reale, l’imposta locale sui redditi
(ILOR).
Ai fini della tassazione personale, la platea dei contribuenti è
divisa in due gruppi: da una parte le persone fisiche, i cui redditi sono
assoggettati all’IRPEF e dall’altra gli enti collettivi società di capitali
e altri enti, anche privi di personalità giuridica, escluse le società di
persone, i cui redditi sono colpiti dall’IRPEG. In una posizione a parte
sono collocate le società di persone, che non sono, in quanto tali,
soggetti passivi né dell’uno né dell’altro tributo, essendo il reddito
tassato per intero in capo ai soci.
Ai due tributi personali si affiancava I’ILOR, imposta di natura
reale, a carico dell’insieme dei soggetti IRPEF e IRPEG e delle
società di persone. L’ILOR era uno strumento di discriminazione
qualitativa dei redditi: colpiva infatti tutti i redditi, esclusi quelli da
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lavoro dipendente e autonomo. La riforma della finanza locale, ha
dapprima escluso, dall’ILOR, i redditi dei fabbricati e quelli dei
terreni, soggetti all’ICI, limitandola quindi essenzialmente ai redditi
da impresa, e successivamente, a partire dal 1 gennaio 1998, ha
soppresso l'ILOR, in seguito all’introduzione dell’IRAP. Con la Legge
23 dicembre 1996, n° 662, sono state conferite al governo le deleghe
per il riordino e la semplificazione delle disposizioni afferenti diversi
tributi.
La riforma, pur indicendo in maniera significativa sulle imposte
dirette in Italia, con la revisione delle aliquote dell’IRPEF, con la
riorganizzazione della tassazione delle rendite finanziarie, con
l'introduzione della cosiddetta “dual income tax"(DIT)
2
, oltre alla
menzionata soppressione dell’ILOR ed all’introduzione del'IRAP, non
ha intaccato nella sostanza lo schema delineato nel 1973.
I.2.2 Imposta sulle persone fisiche
L’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), è stata
istituita col D.p.r. 29/9./973, n° 597, più volte modificato, ed è
ricompresa oggi nel testo unico (art. 1 – 85).
L’IRPEF presenta le seguenti caratteristiche:
2
La DIT rappresenta una modalità agevolata di tassazione del reddito delle imprese, applicabile
alla generalità delle imprese solo se si verifica un incremento del capitale netto investito nel
periodo di imposta (D.Lgs. 466/97).