5
Numerosi, infatti, sono gli studi che si ripropongono di analizzare i
rapporti fra Cassiano e la posteriore Regula di San Benedetto.
Quindi seguiva la polemica semipelagiana che, ricordavo, ero sicuro,
doveva avere a che fare qualcosa col monaco di Marsiglia. Anche qui
gli approfondimenti non mancavano. Infine trovai che si disputava
ampiamente pure sulla patria di Cassiano, se fosse la Dobrugia o la
Gallia, ma di saggi sul De Incarnatione neanche l’ombra.
A questo punto, pur di giustificare la penuria bibliografica, cominciai a
pensare che si trattasse di un’opera frammentaria o di uno striminzito
pamphlet, così corsi ad accertarmene fra i volumi dello CSEL, ma
grande fu lo stupore quando potei costatare che l’opera esisteva
davvero ed era pure di dimensioni considerevoli, più di 150 pagine
nell’edizione viennese.
La situazione era sempre più misteriosa ed intricata, ma proprio per
questo anche più stimolante e degna di essere approfondita. Dunque:
Cassiano aveva scritto in tarda età un’opera sull’incarnazione del
Signore, il trattato più esteso mai dedicato da uno scrittore latino a tale
argomento. Eppure quest’opera imponente era scivolata via senza
6
lasciare alcuna traccia significativa né nella storia del dogma né
tantomeno nel profilo dell’autore che comunemente continuava e
continua tuttora ad essere ricordato e celebrato per le sue altre opere
a carattere monastico.
Mi sembrò subito evidente di dover avere a che fare con uno scritto
qualitativamente mediocre. Mi si prospettava, dunque, non uno studio
encomiastico su qualche capolavoro indiscusso della patristica, ma
un’opera arida di analisi su uno scritto che nemmeno i contemporanei
avevano mostrato di apprezzare.
Eppure, mi dicevo, può essere che la critica letteraria abbia sbagliato
in giudizi troppo affrettati, che abbia superficialmente condannato
all’oblio un’opera meritevole che io potrò riportare ad una più degna
collocazione. Tralasciando i risibili (a posteriori) deliri di onnipotenza,
che comunque credo sia giusto accompagnino in misura adeguata gli
studiosi nei loro compiti, fornendo una spinta decisiva a progredire e
ad approfondire, tale era il mio pensiero, quello di tentare una
riabilitazione di un’opera a torto giudicata insignificante.
Ora non sto a soffermarmi sull’atteggiamento sbagliato in partenza, su
7
un giudizio personale formato in modo aprioristico senza per nulla
attingere alla verità dei fatti. È vero, stavo inconsciamente
contravvenendo alle regole più semplici del metodo scientifico,
formulando un’opinione non suffragata da dati oggettivi e concreti, ma
inconsciamente appunto questa era la mia predisposizione. Dovevo
pur ingenuamente tentare di ammantare l’oggetto del mio studio di
fascini ed aspettative che poi si sarebbero rivelati fallaci, l’importante
era che già in partenza non mi sentissi del tutto indifferente all’opera,
o, peggio, addirittura maldisposto nei suoi confronti, cadendo nello
stesso errore di pregiudizio. Ma credere di poter scoprire tesori
inestimabili, almeno suscitava un benefico entusiasmo, essenziale in
ogni lavoro. Ormai, dunque, non restava che leggere il De
Incarnatione ed iniziarne lo studio.
Con tutta la mia volontà, confortato anche da recentissimi saggi e
traduzioni (sembra che sul finire degli anni novanta ci sia stata una
riscoperta collettiva del De Incarnatione), tentai la lettura integrale
dell’opera, ma già al libro secondo ero completamente disorientato e
scoraggiato: in pratica non capivo un’acca di quanto Cassiano
8
affermava, mi sfuggivano tutte le coordinate storiche e dogmatiche
della controversia nestoriana entro cui si muoveva il De Incarnatione.
S’imponeva, quindi, un passo indietro ed un approfondimento della
figura essenziale di Nestorio e della sue dottrine. Contrariamente a
quanto mi aveva abituato il De Incarnatione, la bibliografia su Nestorio
era copiosissima. Tuttavia anche in questo caso le implicazioni fra
Nestorio ed il De Incarnatione erano poco approfondite.
Solo dopo aver inquadrato storicamente e dottrinariamente Nestorio,
tutto fu straordinariamente chiaro anche in Cassiano. Non mi
sembrava più incomprensibile quanto affermava, le linee guida del
suo pensiero mi pareva di riuscire ad afferrarle. Basandomi, quindi, su
alte autorità in materia di cristologia ho tentato un confronto diretto fra
Cassiano e Nestorio. Quali siano stati gli esiti di tale operazione si
vedranno nei capitoli tre e quattro di questo lavoro. Tengo a precisare
che in tale raffronto non sono state prese in considerazione le opinioni
che Nestorio espresse quando non potevano più giungere in mano di
Cassiano, dato che questi morì pochissimo tempo dopo aver portato a
termine il suo trattato.
9
Conclusa questa parte essenzialmente dottrinaria del mio studio, mi si
apriva un territorio mai battuto dalla critica letteraria del De
Incarnatione, quello delle citazioni scritturistiche e dello stile dell’opera.
Se, infatti, fino ad allora ero riuscito a racimolare una pur minima mole
di dati ed opinioni, per quest’ultima sezione tutti sembravano aver
volto altrove il proprio sguardo.
L’operazione è stata condotta con scrupolo di principiante e i dati
raccolti, anche se non possono porsi come prova assoluta, sono
tuttavia indicativi del modo di procedere di Cassiano.
Se mi sono permesso questa maniera insolita e personalistica di
rievocare i miei rapporti col De Incarnatione, non è stato certo per
stolido egoismo, ma unicamente per mostrare quali siano stati i dubbi
e gli indirizzi verso cui si è mosso questo lavoro.
Ad una prima fase di approfondimento storico ne è seguita una
seconda d’indagine cristologica, non avulsa però dal contesto, ma
saldamente radicata in esso e da cui trae gli spunti della propria
riflessione. Infine, per completare una valutazione globale ed
esaustiva dell’opera si è analizzato l’aspetto esteriore e formale dello
10
scritto. Il giudizio scaturito da quest’indagine potrà essere osservato di
volta in volta nello scorrere dei capitoli e complessivamente
sintetizzato nelle apposite conclusioni.
11
Conspectus siglorum
ACO
CCG
CCL
CSEL
DACL
DHGE
DI
DPAC
DS
Acta conciliorum oecumenicorum, ediderunt E.
Schwartz et J. Straub, Berolini et Lipsiae, 1914 ss.
Corpus Christianorum. Series Graeca, Turnhout, 1977
ss.
Corpus Christianorum. Series Latina, Turnhout, 1953
ss.
Corpus scriptorum ecclesiasticorum latinorum,
Vindobonae, 1865 ss.
Dictionnaire d’archéologique chrétienne et de liturgie,
Paris, 1907-1953
Dictionnaire d’histoire et de géographie ecclésiastique,
Paris, 1909 ss.
Iohannis Cassiani, De Incarnatione Domini contra
Nestorium, edidit M. Petschenig, Vindobonae, CSEL
XVII, 1888, pp. 233-391
Dizionario patristico e di antichità cristiane, Casale
Monferrato, 1983
Dictionnaire de spiritualité ascétique et mystique,
Paris, 1937-1995
12
DTC
PG
PL
SCh
TRE
TU
Dictionnaire de théologie catholique, Paris, 1903-1970
Patrologiae cursus completus. Accurante J. P. Migne.
Series Graeca, Paris 1857-1866
Patrologiae cursus completus. Accurante J. P. Migne.
Series Latina, Paris, 1841-1864
Sources Chrétiennes, Paris, 1941 ss.
Theologische Realenzyklopädie, Berlin-New York,
1976 ss.
Texte und Untersuchungen zur Geschichte der
altchristlichen Literatur, Leipzig-Berlin, 1882 ss.
13
Capitolo 1
La data di composizione del
De Incarnatione Domini
Il De Incarnatione (DI) di Giovanni Cassiano
1
più che un’opera di
speculazione teologica è uno scritto polemico. Non bisogna ricercare
in esso nuovi contributi alle dispute cristologiche, vi è solo una
monotona serie di accuse rivolte all’avversario di cui peraltro Cassiano
non si preoccupò di comprenderne il pensiero. Anzi questo è
1
Per quanto riguarda la vita di Cassiano l’opera più recente e aggiornata è sicuramente quella di Columba Stewart, Cassian the
monk, Oxford, 1998. Fondamentale resta tuttora Owen Chadwick, John Cassian, Cambridge, 1968. Ottime anche le voci di Dom
M. Cappuyns nel DHGE, Paris, 1949, tomo XI, col. 1319-1348, di M. Olphe-Gaillard nel DS, Paris, 1953, tomo II, 1, col. 214-276,
di P. Godet nel DTC, Paris, 1923, tomo II, 2, col. 1823-1829 e di F. Cabrol nel DACL, Paris, 1925, tomo II, 2, col. 2348-2357; più
brevi, ma succose le voci di F. Bordonali nel DPAC, Casale Monferrato, 1983, volume I, col.614-616 e di O. Chadwick nel TRE,
Berlin-New York, 1981, volume VII, pag. 650-657. Cassiano nacque in una data che oscilla fra il 360 e il 375 nella Scizia
secondo Gennadio (Liber de viris inlustribus, TU XIV, 1896, cap. LXII, p. 82). Ancora giovane insieme al fido amico Germano si
reca in Palestina dove si stabilisce in un monastero a Betlemme presso la grotta della Natività. Segue un lungo periodo (10, 20
anni? Le fonti non sono chiare) durante il quale i due amici passano in Egitto seguendo l’esperienza di anacoresi fondata da
Antonio e che a quel tempo riconosce in Evagrio Pontico il proprio padre spirituale. Nel 399/400 avviene l’incontro fondamentale
fra Cassiano e Giovanni Crisostomo che intanto è stato nominato patriarca di Costantinopoli: Cassiano e Germano entrano a far
parte del suo entourage. Il Crisostomo ordina Cassiano diacono e questi in segno di affettuosa riconoscenza assume il prenome
di Giovanni. L’idillio costantinopolitano ha termine con la triste vicenda del Sinodo della Quercia (403) e della deposizione del
Crisostomo: Cassiano e Germano vengono inviati a Roma per portare una lettera del clero di Costantinopoli a papa Innocenzo I
in difesa del Crisostomo. Segue un lungo periodo di soggiorno a Roma intervallato da missioni diplomatiche durante il quale
Cassiano viene ordinato sacerdote ed entra in contatto col futuro papa Leone. Intorno al 419, dopo la morte di Germano, parte
per la Provenza e nei pressi di Marsiglia fonda due monasteri, uno maschile e l’altro femminile, dove stabilisce le regole di vita
cenobitica che aveva appreso in Egitto. Molto probabilmente resta a Marsiglia nel suo monastero fino alla fine dei suoi giorni nel
435 circa.
14
banalizzato da continue riduzioni e imprecisioni che trasformano il
grande sforzo speculativo di Nestorio in una logora serie di frasette e
slogan facilmente attaccabili, ma in verità inesatti. Eppure se dal punto
di vista dottrinario l’incidenza del DI nell’evoluzione della cristologia è
praticamente nulla, da quello della polemica l’opera di Cassiano
rappresentò un ostacolo insormontabile per le idee nestoriane. E’
merito di Cassiano se dal momento della presentazione della sua
opera fino ai nostri giorni in Occidente il nome di Nestorio viene
ancora associato ad una delle eresie più odiose per la pietà popolare.
E’ naturale, però, anche che un’opera di sola polemica sia destinata
all’oblio prima di molte altre: al venir meno delle condizioni che ne
hanno richiesto la composizione è inevitabile che scemi l’attenzione
nei suoi confronti. Tale è stato il destino del DI, come ci è testimoniato
anche dalla tradizione manoscritta. Mentre, infatti, le altre due opere di
Cassiano, il De institutis coenobiorum et de octo principalium vitiorum
remediis e le Collationes, pur contenendo elementi dai quali si
svilupperà il cosiddetto semipelagianesimo e pur essendo state
condannate dal Decreto Gelasiano di fine V secolo, continuano a
15
circolare e ad essere assiduamente copiate per tutto il medioevo tanto
da avere una tradizione amplissima e meritare una traduzione (fatto
assai raro per quei tempi) in greco, il DI, che pure dal punto di vista
dottrinario era ineccepibile, fu presto dimenticato e trascurato,
sopravvivendo in pochissimi codici, certamente non per meriti propri,
ma per il rispetto che si aveva per Cassiano in virtù delle sue altre
opere.
Ora, il momento in cui il problema nestoriano ebbe la massima
attenzione in Occidente è l’agosto del 430: nella prima decade di
questo mese si tenne a Roma un sinodo presieduto da papa
Celestino I e convocato per prendere una posizione in merito alle
opinioni sostenute dal patriarca di Costantinopoli.
Secondo Gennadio
2
fu redatto un documento ufficiale di
quest’assemblea che però non ci è pervenuto. E’ possibile,
comunque, rifacendosi a scritti successivi, ricostruire con veridicità le
decisioni prese in quel sinodo. In una lettera indirizzata a Nestorio e
datata 10 agosto 430
3
Celestino gli intimava di ritrattare
2
Gennad., Liber de viris inlustribus, ed. cit., cap. LV, p. 80
3
Cael., Ep. ad Nestorium, ACO I, II, pp.7-12
16
pubblicamente tutte le sue funeste opinioni entro dieci giorni dal
ricevimento dell’ultimatum e di uniformarsi agli insegnamenti di Roma
e di Alessandria. Inoltre, con un procedimento straordinario, affida a
Cirillo i pieni poteri per il disbrigo della questione nestoriana. In altre
due lettere, inviate dal papa una al clero e al popolo di Costantinopoli
4
e una a Giovanni d’Antiochia
5
, entrambe datate 10 agosto 430,
vengono ribadite le decisioni prese nel sinodo romano e la condanna
delle idee di Nestorio. Dopo questa data la polemica col patriarca di
Costantinopoli interessò soltanto di riflesso la Curia romana, in
quanto, come abbiamo visto, lo stesso Celestino aveva delegato
l’intero affare alla persona di Cirillo.
E’ pertanto ovvio che il DI può avere senso solo se si immagina scritto
prima e appositamente per quella data: tutte le opinioni concordano
nello stabilire come terminus ad quem per la composizione del DI una
data immediatamente anteriore all’agosto 430. Solo Gori
6
, in base ad
una citazione di Cassiano dal dossier inviato da Cirillo alla Curia
romana, è disposto a spostarne la datazione al 431. Ma, come
4
Cael., Ep. ad Constantinopolitanos, ACO I, II, pp. 15-20
5
Cael., Ep. ad Iohannem Antiochenum, ACO I, II, pp. 21-22
6
F. Gori, Arnobio il giovane. Disputa tra Arnobio e Serapione, Torino, Corona Patrum 14, 1993, p. 21 ssg.
17
abbiamo detto, è difficile credere ad una datazione tanto alta: il sinodo
romano era stato celebrato e non si vede un’altra occasione adatta
all’opera di Cassiano. Inoltre, se è vero che il DI fu terminato dopo
l’agosto 430, non si capisce perché l’autore non faccia all’interno della
sua opera alcun riferimento alle decisioni prese nel sinodo romano
che, anzi, gli sarebbero dovute essere utilissime per corroborare le
sue accuse.
Se una pressoché totale concordia regna fra le varie opinioni circa il
terminus ad quem, per quanto riguarda il terminus a quo non vi è un
deciso accordo.
Come apprendiamo da Gennadio
7
e da Cassiano stesso nella sua
prefazione
8
fu l’arcidiacono Leone, il futuro papa, a richiedergli la
composizione di un’opera sull’incarnazione contro gli errori di
Nestorio. Se noi riuscissimo a datare con esattezza il momento di
questa richiesta avremmo trovato con facilità anche il terminus a quo
dell’opera. Purtroppo i termini di questa richiesta ci sfuggono: se
furono contenuti in una lettera questa è irrimediabilmente perduta. Se
7
Gennad., Liber de viris inlustribus, ed. cit., cap. LXII, p. 82
8
Cassian., De Incarnatione Domini contra Nestorium, CSEL XVII, 1888, pp. 235-236
18
la richiesta poi fu inoltrata a voce non c’è modo di saperlo. La maggior
parte degli studiosi
9
la pongono agli inizi del 430; Marie Anne
Vannier
10
, seguendo quanto stabilito da Brand
11
, invece,
nell’introduzione alla sua traduzione, che rappresenta lo studio più
aggiornato in materia, fa risalire la richiesta di Leone addirittura al
mese di giugno 429. Scipioni
12
, infine, ritiene che probabilmente
Cassiano ebbe in mano anche il dossier nestoriano messo assieme
da Cirillo e spedito a Roma nella primavera del 430: questo gli
sarebbe stato trasmesso da Leone insieme a tutta la documentazione
in possesso della Curia romana. Se eliminiamo i tempi morti dovuti
alla lentezza delle comunicazioni scopriamo che secondo Scipioni
Cassiano non ebbe che tre mesi (maggio, giugno e luglio del 430) di
tempo per verificare il materiale in suo possesso e stendere i sette libri
della sua opera.
9
O. Chadwick, op. cit., pp. 140-141; J. C. Guy, Jean Cassien. Vie et doctrine spirituelle, Paris, 1961, p. 32; M. Cappuyns, DHGE,
col. 1332; L. Cristiani, Jean Cassien, Paris, 1946, Vol. 1, p.231
10
M. A. Vannier, introduzione a Jean Cassien, Traité de l’incarnation contre Nestorius, Paris, 1999, p. 29
11
C. Brand, Le De Incarnatione Domini. Contribution à la christologie en Occident à la veille du concile d’Ephèse, Strasbourg,
1954, pp. 79-81 citato da V. Codina, El aspecto cristologico en la espiritualidad de Juan Casiano, Roma,Orientalia christiana
analecta CLXXV, 1966, p. 119 nota 3
12
L. I. Scipioni, Nestorio e il concilio di Efeso, Milano, 1974, p. 158 ssg.