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quelle relative alle grandi imprese) con una maggiore focalizzazione sui rapporti industria-
distribuzione nel grocery e sui relativi approcci conflittuale e collaborativo.
In particolare, il capitolo 1 presenta i tratti caratteristici delle PMI italiane e offre una
panoramica statistica sulle più importanti indicazioni ai fini di una loro adeguata analisi. Il
capitolo 2 affronta, invece, il tema del collegamento tra la disciplina del marketing e le
piccole e medie imprese presentando alcuni riferimenti teorici - nazionali ed europei - circa
le modalità di applicazione. Il capitolo 3 si propone, come già accennato in precedenza, di
affrontare le problematiche distributive delle PMI e delle grandi imprese, trattando
preventivamente i rapporti industria-distribuzione e successivamente i processi,
l’organizzazione e la gestione della funzione vendite nelle PMI. Il capitolo 4 si propone di
offrire un insieme degli strumenti principali di pianificazione di marketing e trade
marketing applicati alle piccole e medie imprese. Il capitolo 5, infine, affronta il caso
Gessyca Gelati, tipica PMI operante nel comparto alimentare, evidenziando l’analisi della
situazione attuale distributiva e di marketing dell’azienda, supportata da un adeguato studio
del settore di riferimento e del consumatore tipo di gelati.
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Tratti caratteristici delle
piccole e medie imprese italiane
1.1 Le peculiarità delle PMI italiane
Sebbene l’espressione PMI sia pacificamente utilizzata in letteratura, merita tuttavia
ricordare che per definire la dimensione d’impresa non esiste un unico parametro
sicuramente rappresentativo. Convenzionalmente si assume la distinzione tra piccola,
media e grande impresa sui valori indicati dall’Istat, che considera discriminante il numero
degli addetti, e dall’Unione Europea, che distingue le dimensioni sulla base del numero
degli addetti e del fatturato (Tabella 1).
Come affermano Mattiacci e Ceccotti, “le piccole e medie imprese rivestono
strutturalmente un ruolo importantissimo negli assetti produttivi di tutte le economie
nazionali progredite. In quest’ambito, la realtà italiana appare caratterizzata in modo
particolare dai seguenti aspetti chiave:
1. un sistema produttivo frammentato, con un numero elevato di imprese di
dimensione media inferiore a quella degli altri Paesi dell’Unione Europea;
1
7
2. il peso ancora prevalente dei settori tradizionali e non technology-based all’interno
di questo tessuto imprenditoriale;
3. un modello di controllo e gestione di tipo familiare e una struttura finanziaria
contrassegnata dalla coesistenza (anche psicologica) del patrimonio dell’impresa e
della famiglia (che spesso si pone come vincolo alle condotte di sviluppo)”
(Mattiacci, Ceccotti, 2005).
TAB. 1 – Distinzione tra micro, piccola, media e grande impresa
1
DIMENSIONE
AZIENDALE
ISTAT (addetti)
UNIONE EUROPEA
(dipendenti)
UNIONE EUROPEA
(fatturato)
MICRO Fino a 10 - -
PICCOLA Fino a 99 Fino a 50
Fino a 5 milioni di
€
MEDIA 100-499 Fino a 250
Fino a 20 milioni di
€
GRANDE 500 e oltre Oltre i 250
Oltre i 20 milioni di
€
Anche Martinelli pone l’accento sull’importanza delle piccole e medie imprese (d’ora in
avanti PMI); infatti sostiene che “la PMI è una componente rilevante, estesa, durevole e
ormai consolidata dell’economia italiana” (Martinelli, 1985). Le ragioni più plausibili che
giustificano ciò possono ricondursi a:
• massiccio impiego delle strategie di decentramento produttivo sviluppate dalle
imprese a partire dagli anni 70;
1
Per quel che concerne i parametri dell’Ue, si veda la circolare della Commissione delle Comunità europee del
20/05/1992 (definizione di PMI da adottare nel caso di aiui alle imprese), recepita dall’ordinamento italiano nel
dicembre 1992. Nella tabella compare anche la categoria delle microimprese, ossia quelle realtà che hanno un numero
di addetti inferiore a 10. Tale classe dimensionale deve essere adeguatamente considerata, data l’importanza che riveste
nelle strutture produttive di molti Paesi europei, primo fra tutti l’Italia (le microimprese, infatti, rappresentano nel nostro
Paese il 94,9% del totale. Unioncamere 2003). (Sciarelli, 2001).
8
• natura innovativa e dinamica delle PMI (processo di selezione naturale e
progressiva affermazione);
• teoria delle aree economiche interstiziali (Penrose, 1963): le PMI possono sfruttare
opportunità di sviluppo in quelle aree cd interstiziali in cui le grandi imprese non
possono o non ritengono conveniente entrare.
In generale, si può anche affermare che le PMI hanno delle peculiarità specifiche
identificabili, innanzitutto, nella centralità della figura dell’imprenditore e suo pieno
coinvolgimento in tutte le attività aziendali; una struttura organizzativa semplice e di tipo
prettamente funzionale; una marcata presenza nei mercati industriali; e, soprattutto, una
frequente assenza di precise e formalizzate strategie e mancato utilizzo di modalità di
analisi e pianificazione strategica. Tali tratti caratteristici rendono la PMI un elemento a sé
stante composto da valori, comportamenti, meccanismi di funzionamento e prassi
gestionali del tutto tipici e singolari.
Del resto, Antoldi giustamente sottolinea come sia utile contraddire alcune facili credenze
del tipo:
• le PMI sono solo imprese in una fase di transizione: prima o poi devono diventare
“grandi”;
• le PMI occupano solo spazi marginali del mercato (non interessanti per le imprese
maggiori) o mercati locali o mercati a bassa redditività;
• le PMI sono imprese “minori”, cioè una realtà meno innovativa, meno moderna, meno
attraente, meno brava, complessivamente meno interessante.
9
Lo stesso autore, non a caso, fotografa in modo essenziale ma efficace qual è la realtà,
affermando che le PMI:
• hanno un ruolo fondamentale nei sistemi economici occidentali;
• possono competere con successo anche in settori evoluti e ad alta innovazione;
• possono divenire casi importanti di successo economico e imprenditoriale;
• possono sviluppare strategie di successo anche senza intraprendere sentieri di crescita;
• hanno assetti organizzativi, dinamiche economiche e logiche strategiche peculiari
(Antoldi, 2006).
1.2 Alcuni dati significativi
Si passano ora in rassegna alcuni dati importanti per inquadrare più da vicino il fenomeno
PMI. In particolare si presentano dati Istat, Mediobanca e Unioncamere.
Nel corso del 2004 le imprese con meno di 20 addetti, più di 4,1 milioni, hanno occupato
oltre 9,4 milioni di unità (di cui circa 4,2 milioni lavoratori dipendenti) e realizzato circa
259 miliardi di euro di valore aggiunto. Rispetto al complesso delle imprese industriali e
dei servizi in questa classe dimensionale si concentra il 59,1 per cento degli addetti, il 39,5
per cento dei dipendenti, il 39,3 per cento del fatturato ed il 42,8 per cento del valore
aggiunto. La presenza relativa delle piccole imprese è più intensa nei servizi, ove
assorbono il 65,0 per cento dell'occupazione ed il 51,1 per cento del valore aggiunto di
tutto il terziario, e nelle costruzioni (80,1 per cento degli occupati, 69,8 per cento del
valore aggiunto). Nell'industria in senso stretto esse rappresentano il 40,0 per cento
dell’occupazione e il 24,9 per cento del valore aggiunto.
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FIG. 1 - Addetti, fatturato e valore aggiunto per classe di addetti delle imprese (valori percentuali) –
Anni 2003 e 2004, Fonte ISTAT
La struttura occupazionale delle microimprese pone in risalto il ruolo del lavoro
indipendente e dell'imprenditoria individuale; infatti, in questo segmento, il 55,8 per cento
dell'occupazione è costituita dal lavoro indipendente, con quote, rispettivamente, del 62,9
per cento nei servizi, del 50,0 per cento nelle costruzioni e del 37,7 per cento nell'industria
in senso stretto.
Nel 2004 il peso delle imprese con meno di 20 addetti si riduce in termini occupazionali (-
0,4 punti percentuali rispetto al 2003), in termini di fatturato (-0,8 punti percentuali) e di
valore aggiunto (-0,7 punti percentuali).
In particolare (Figura 1), il segmento con 10-19 addetti registra, tra il 2003 e il 2004, una
dinamica positiva per le principali variabili economiche (fatturato e valore aggiunto) e una
leggera diminuzione della quota di addetti. Nel dettaglio, la quota dell’occupazione delle
imprese con 10-19 addetti scende dall’11,4 per cento del 2003 all’11,3 del 2004 mentre si
registrano variazioni positive di 0,3 punti percentuali per le quote di fatturato e di 0,6 punti
percentuali per il valore aggiunto che, nel 2004, si attestano, rispettivamente, al 10,8 per
11
cento e all’ 11,2 per cento. Le microimprese (1-9 addetti) mostrano, invece, una
diminuzione di 0,2 punti percentuali della quota degli addetti (passando dal 48,0 per cento
nel 2003 al 47,8 per cento nel 2004), di 1,1 punti percentuali della quota di fatturato (dal
29,6 per cento nel 2003 al 28,5 per cento nel 2004) e di 1,3 punti percentuali della quota di
valore aggiunto (dal 32,9 per cento nel 2003 al 31,6 per cento nel 2004).
Le imprese con 20 e più addetti, circa 78.000, occupano il 40,9 per cento del totale degli
addetti (il 60,5 per cento dei dipendenti) e realizzano il 60,7 per cento del fatturato e il 57,2
per cento del valore aggiunto totale.
La loro presenza è rilevante nell’industria in senso stretto - dove rappresentano il 60,0 per
cento dell’occupazione e circa tre quarti del valore aggiunto - mentre è più contenuta nei
servizi (35,0 per cento degli addetti e 48,9 per cento del valore aggiunto) e, soprattutto,
nelle costruzioni (19,9 per cento degli addetti e 30,2 per cento del valore aggiunto). Il peso
relativo di questo segmento di imprese assume proporzioni rilevanti nel settore estrattivo
(estrazione di minerali energetici) ed in quello della produzione e distribuzione di energia
elettrica, gas e acqua (rispettivamente 99,6 per cento e 93,9 per cento dell’occupazione),
come pure nella fabbricazione dei mezzi di trasporto (89,9 per cento degli occupati) e
nell’industria chimica (88,1 per cento degli occupati). Incidenze limitate si rilevano,
invece, in numerosi settori dei servizi, tra cui il commercio (24,2 per cento degli occupati)
e gli alberghi e ristoranti (23,7 per cento).
Le imprese medie e grandi (ossia quelle con 50 addetti e oltre) assorbono il 30,9 per cento
del totale degli addetti (il 46,3 per cento dei dipendenti) e realizzano il 48,4 per cento del
fatturato e il 45,6 per cento del valore aggiunto complessivo. Nell’ambito di questa fascia
dimensionale, le grandi imprese (con almeno 250 addetti) ammontano a circa 3.200 unità;
12
assorbono il 18,3 per cento dell’occupazione (il 27,7 per cento dei dipendenti), il 30,4 per
cento del fatturato e il 29,2 per cento del valore aggiunto. La loro dimensione economica è
particolarmente significativa nell’industria in senso stretto (dove rappresentano il 23,5 per
cento dell’occupazione ed il 36,6 per cento del valore aggiunto) mentre si riduce nei servizi
(18,6 per cento
degli addetti e 27,8 per cento del valore aggiunto) e nelle costruzioni (2,9 per cento degli
addetti e 5,8 per cento del valore aggiunto). Nel 2004, le grandi imprese vedono aumentare
rispetto al 2003 il loro peso relativo per quanto riguarda l’occupazione (dal 18,0 per cento
al 18,3 per cento), il fatturato (dal 29,6 per cento al 30,4 per cento) e la quota di valore
aggiunto (dal 28,9 per cento al 29,2 per cento).
TAB. 2 - Indici riferiti alle imprese industriali (in senso stretto) italiane (fonte Istat, 2004)
CLASSI DI
ADDETTI
Valore aggiunto
per addetto (mgl
di €)
Costo del lavoro
per dipendente
(mgl di €)
Retribuzione
lorda per
dipendente (mgl
di €)
Ore lavorate
per
dipendente
Costo
orario del
lavoro (€)
Investimenti per
addetto (mgl di €)
1-9 26,5 19,9 14,4 1.769 11,3 4,8
10-19 33,6 22,0 15,9 1.761 12,5 5,8
20-49 43,5 27,2 19,3 1.712 15,9 7,9
50-249 52,9 33,2 23,3 1.686 19,7 9,1
250 e oltre 67,3 40,0 27,9 1.649 24,3 12,9
TOTALE 45,5 30,6 21,6 1.703 18,0 8,3
TAB. 3 - (fonte Istat, 2002)
CLASSI DI ADDETTI
Percentuale di imprese che
hanno almeno un Centro di
Elaborazione Dati
Percentuale di imprese
che hanno introdotto
innovazioni di prodotto
nel triennio 1998-2000
Percentuale di imprese
che hanno introdotto
innovazioni di processo
nel triennio 1998-2000
1-2 43,7% 3,3% 2,5%
3-9 76,0% 9,1% 9,1%
10-19 93,3% 18,4% 20,3%
20-49 97,0% 27,1% 30,9%
50-99 98,5% 35,9% 38,7%
TOTALE imprese 51,7% 5,1% 4,6%
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Analizzando i dati, si possono effettuare delle semplici osservazioni. In Italia le imprese
con più di 250 dipendenti sono solo lo 0,07%; quelle da 100 a 249 dipendenti lo 0,2%,
quelle tra 20 e 99 l’1,6%, quelle tra 10 e 19 il 2,8%. Il resto (95,23%) ha meno di 10
dipendenti (microimpresa). La dimensione media delle imprese italiane è di 3,6 addetti (8,8
nell’industria). Nelle imprese con meno di 10 addetti la produttività del lavoro (VA per
addetto) è solo il 40% delle imprese con più di 250 addetti.
La retribuzione dei lavoratori dipendenti nelle imprese con meno di 10 addetti è inferiore
del 43,7% dei lavoratori delle imprese con almeno 250 addetti. Nelle imprese fino a 9
addetti si lavora il 7% delle ore in più rispetto a quelle con più di 250 dipendenti. Nelle
imprese con meno di 20 addetti gioca un ruolo fondamentale il lavoro indipendente e
dell’imprenditoria individuale.