UNIVERSITÀ GUGLIELMO MARCONI
FACOLTA’ DI PIANIFICAZIONE TERRITORIALE, URBANISTICA E
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CAPITOLO I
1.1. Il Mercato
Il termine "mercato" può indicare, in prima accezione e in senso concreto, un
qualsiasi luogo di scambio commerciale; con significato più ampio, sia
l'ambiente anche virtuale, entro il quale avvengono le contrattazioni, sia l'insieme
degli operatori che agiscono in determinati rapporti d'affari tra di loro; sia,
ancora, il complesso delle trattazioni commerciali e il modo con cui esse si
svolgono al fine di determinare la formazione del prezzo di un determinato bene,
da cui, per estensione, il prezzo con cui un prodotto viene messo in commercio.
Tutte queste valenze di significato sono ben definite dalla voce "mercato"
riportata nel Dizionario Enciclopedico Italiano, edito dall'Istituto
dell'Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani. La voce "mercato" racchiude
dunque significati diversi tra di loro, tutti riferiti all'attività commerciale, fino a
concentrare quasi in sé l'insieme dei connotati riguardanti la contrattazione, alla
definizione del valore di un bene, al luogo o all'ambito fisico e virtuale in cui si
svolge la trattazione stessa. Il termine "mercato" è legato al suo significato più
concreto, quello cioè di "luogo per lo più all'aperto ove avvengono le
contrattazioni per la vendita o l'acquisto di determinati prodotti e dove
normalmente si incontrano tutti i giorni o in giornate stabilite compratori,
venditori, intermediari per effettuare transazioni commerciali relative a merci
varie o anche a una sola merce". Con significato ancora più particolare rispetto a
quello visto prima, possiamo identificare il luogo con uno spazio aperto specifico
della città: una piazza, un viale, un intreccio di strade, in cui si vendono al
minuto generi diversi legati allo svolgimento della vita quotidiana. Mercato,
dunque, come luogo in un qualche modo attrezzato per lo scambio commerciale
permanente, nelle sue diverse forme e caratterizzazioni tipologiche e ambientali
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dall'origine della vita sociale fino ad oggi; luogo che è diventato nella storia uno
degli elementi di identità nella caratterizzazione dell'immagine urbana matrice
della configurazione spaziale di piazze, piazzali, strade, viali, nonché
componente funzionale della strutturazione morfologica del tessuto urbano di
contesto. Lewis Mumford fa risalire il modello di strada/mercato, nella sua forma
più semplice e spontanea, già attorno al 2000 a.c., nelle realtà urbane dell'area
mediorientale: inizialmente privo di strutture fisiche di vendita, per poi trovare
sviluppo in forme diverse in tutte le civiltà, orientali ed occidentali, successive.
Un altro modello, derivante dal concetto di "recinto per usi commerciali", è
inoltre già presente nella civiltà greca e lo stesso Mumford ne fa risalire la
funzione addirittura all'interno del recinto del tempio: "Il recinto stesso del
tempio oltre che un'area religiosa, era anche una zona industriale in cui venivano
fabbricati i prodotti, e un quartiere di negozi in cui venivano immagazzinati e
venduti'": Il recinto dunque come matrice dell'agorà, a proposito della cui
funzione Gustave Glotz asserisce che ''l'agorà non serviva soltanto per scambi
commerciali; ai mercanti e ai clienti si mescolavano i curiosi, gli sfaccendati. In
qualsiasi ora del giorno si parlava di politica, si formavano correnti della
pubblica opinione. Il mercato pertanto diventa non solo luogo di scambio
commerciale ma, perno per lo svolgimento di relazioni sociali e politiche, luogo
d’incontro e di relazione, centro della vita comunitaria della città. Solo più tardi,
nelle realtà urbane più complesse, il recinto del mercato assumerà un’identità
autonoma rispetto al recinto del potere politico e religioso. Come annota
Sebastiano Nucifora in un recente saggio sulla genesi degli spazi pubblici nella
realtà mediterranea, fu Aristotele stesso a distinguere l'agorà tradizionale, luogo
di incontro e relazione tra uomini liberi, da quella mercatale, suggerendo tuttavia
di disporle a contatto l'una con l’altra. In Italia, il ruolo di spazio per le relazioni
sociali inizialmente fu assunto dal foro, e, anche a Roma, solo in seguito i luoghi
per le relazioni politiche e religiose e i luoghi per il commercio incominciarono a
distinguersi. Fu, infatti, nel 179 a.c. che i Romani eseguirono la prima netta
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separazione tra i due ruoli, con la costruzione del primo Macellum a fianco della
Basilica Emilia. Il nome Macellum si restrinse in seguito al luogo destinato alla
vendita delle carni, per poi indicare, ai giorni nostri, la struttura in cui si esegue
la macellazione degli animali. Il distacco dal foro come centro di vita pubblica fu
però graduale: accanto al foro inteso come luogo deputato allo svolgimento della
vita politica e religiosa, circondato da porticati e da palazzi pubblici, presero
forma, in altri luoghi della città, i fori piscatorium (mercato del pesce), olitorium
(mercato delle verdure), vinarium (del vino), suarum (dei maiali), cuppedinis
(delle ghiottonerie). AI posto del Forum piscatorium, distrutto da un incendio,
venne eretto il già nominato Macellum, sostituito poi dal Macellum Liviae
sull'Esquilino e dal Mace//um Magnum sul Celio, costruito all'epoca di Nerone.
Venne così a definirsi una tipologia edilizia di funzione prettamente
commerciale, costituita essenzialmente da uno spazio porticato su cui si
affacciavano le tabernae e da un edificio centrale, a conformazione poligonale o
circolare. Tale tipologia fu naturalmente estesa a tutte le città dell'impero: un
esempio classico è quello di Pompei, dove tale spazio si trova all'angolo nord-est
del foro. I grandi mercati traianei a Roma, scavati sulle pendici del Quirinale, si
distaccano da questo schema funzionale per la particolarità dell'area: si tratta
sempre, comunque, di spazi in cui il commercio "all'aperto" si trova in diretto
contatto con le botteghe che si affacciano sul percorso porticato, dove venivano
allestiti probabilmente banchetti per la vendita, a contatto diretto con i locali al
chiuso, che avevano principalmente la funzione di deposito e magazzino ed erano
attrezzati per la conservazione delle merci. Sigfried Giedion, in un saggio,
propone una distinzione molto netta tra agorà e foro, escludendo dalla prima il
ruolo originario di spazio per l'attività commerciale. Per Giedion, l'agorà era in
origine esclusivamente il luogo di riunione dei cittadini e non il luogo del
mercato: spazio libero, delimitato sul perimetro da edifici di pubblica funzione.
In epoca ellenistica, lo spazio dell'agorà veniva delimitato da semplici elementi
standardizzati (colonne, portici) che formavano la stoà, via protetta dagli agenti
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atmosferici, che serviva come luogo d'incontro dei cittadini. Solo più tardi, dopo
il v secolo a.c. e grazie all'intensificarsi degli scambi conseguenti a un rinnovato
benessere economico, all'interno dell'agorà si svolsero anche attività
commerciali. Sempre secondo lo stesso autore, il forum romano presentava
notevoli differenze rispetto all'agorà greca. Nel forum romano, infatti, si ospitano
da sempre attività che non rientravano nell'ordine gerarchico della civiltà greca,
poiché i Romani, fin all'origine, mescolarono affari, religione, giustizia e vita
pubblica. I resti di edifici di origine antica che ancora oggi possiamo studiare
testimoniano, molto esplicitamente, come le strutture commerciali fossero
studiate per rispondere a specifiche esigenze funzionali, tanto elementari quanto
durature e permanenti nel tempo: percorso di fruizione del pubblico al coperto,
esposizione della merce in strutture anche elementari protette dalle intemperie,
deposito e magazzino a contatto diretto con la struttura di esposizione e con un
percorso di accesso possibilmente indipendente da quello del pubblico. Con
l'evoluzione della civiltà occidentale, i modelli individuati assumono dimensioni
e caratteri diversi all'interno delle singole realtà urbane, configurandosi come
elementi del più complesso e interrelato sistema commerciale, in cui alcune
funzioni specifiche s’indirizzeranno via via alla risoluzione di problemi
complessi, legati alla produzione, conservazione, lavorazione, esposizione,
presentazione e pubblicizzazione delle merci, generando quindi rinnovate
tipologie edilizie. Sempre nel saggio prima citato, Sigfried Giedion osserva ad
esempio come in periodo medioevale, in conseguenza del basso livello di vita
che in quei secoli dominava l'Europa, la struttura della città mostrasse una
commistione di ruoli tra vita pubblica e vita privata, segnalata anche dal tipo di
traffico che la permeava: " la piazza del mercato, circondata o no da portici, è
delimitata dalle case dei cittadini e all'opposto, per esempio, di Pompei dove
l'accesso al foro è bloccato dai paracarri, non vi è nessuna preoccupazione di
mantenere il traffico fuori dalla piazza". La piazza del mercato si fonde nella
struttura del broletto, situata al piano terreno di edifici pubblici, spesso
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compresente e protetta da una struttura porticata su cui si aprono le botteghe,
collegate con i luoghi di lavorazione e con le abitazioni private degli esercenti. Il
periodo rinascimentale e l'importanza assunta dall'economia commerciale
dettero, in molti casi, carattere di monumentalità agli organismi a destinazione
mista pubblica e commerciale (un esempio per tutti: la basilica di Vicenza),
inseriti, come nel foro commerciale romano, all'interno di una piazza, spesso
porticata, in cui si svolgeva il mercato libero, distinto per zone in tipologie
merceologiche specifiche: il piazzale delle erbe, dei grani, dei frutti, del vino ...
Il luogo di mercato, concepito inizialmente come recinto conchiuso, ha dunque
dato vita, nella civiltà occidentale, alla formazione di luoghi pubblici con
caratteristiche diverse nei diversi periodi storici: piazze di mercato medioevali,
rinascimentali, barocche. Le piazze, inizialmente poste al centro del più antico
nucleo urbano, furono poi trasferite in posizione periferica, verso le mura e in
prossimità delle porte o delle principali vie di accesso e di approvvigionamento
del territorio; altri mercati merceologicamente specializzati e legati al commercio
di generi alimentari di prima necessità si insediarono in luoghi che
condividevano spazi inseriti nelle grandi piazze del potere politico, religioso o
semplicemente rappresentativo, che a loro volta hanno dato luogo alla
costruzione di tipologie edilizie specifiche (i mercati coperti, le "aie" ecc., fino ai
palazzi della Borsa Valori). In molte realtà piemontesi, il mercato, anche quando
si è trasferito dal suo luogo storico, ha spesso lasciato segni materici,
nell'architettura degli edifici o nelle componenti fisse di arredo urbano - come nel
caso di piazza Palazzo di Città a Torino, tuttora leggibili e connotanti l'immagine
ambientale specifica. Il mercato su strada, ossia la libera distribuzione
dell'attività commerciale all'interno di assi viari, ha generato la caratterizzazione
di tante arterie commerciali grandi e piccole all'interno dei nuclei storici delle
nostre città, per poi riproporsi, con rinnovati parametri dimensionali, sia nei viali
di circonvallazione, sia nei viali di accesso primari in collegamento con le
principali vie di penetrazione dal contesto territoriale: strutture viarie ancora
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caratterizzate dalla presenza o meno di filari alberati che, da soli, possono
definire lo spazio relazionale del mercato". Tale organizzazione si presenta oggi
come un microsistema relazionale che caratterizza la formazione di subcentri di
particolare valore ambientale all'interno della città metropolitana. Oltre
all'evoluzione a livello di concezione urbanistica, la concezione stessa del
mercato ha generato, nei secoli, alcune singole tipologie edilizie, ancora oggi
facilmente riconoscibili. Occorre innanzi tutto fare una distinzione netta tra le
strutture per il commercio specializzato "monomerceologico", che si esplica
attraverso il punto vendita - negozio, legato direttamente o indirettamente alla
produzione specifica, e i complessi edilizi appositamente progettati per l'offerta
di diverse tipologie merceologiche, coordinate in un'unica impresa commerciale
distributiva. I grandi magazzini, sorti nel xx secolo e sviluppatisi inizialmente in
Francia e in Germania e poi in tutto il mondo, hanno costituito e costituiscono
tuttora una tipologia edilizia commerciale in cui la creatività di architetti e
ingegneri ha generato edifici contrassegnati da una ricerca costruttiva e
funzionale tuttora in grande fase di evoluzione. Se alla base della concezione di
questi grandi edifici è ancora riconoscibile il nucleo generatore dell'antico
mercato, con le sue eterne regole e la strutturazione dei percorsi, i modi con cui
questi si concretizzano in strutture complesse hanno dato luogo ad un sistema
commerciale finalizzato ad attirare la curiosità, l'attenzione, il desiderio (più che
la necessità) di spendere denaro da parte di una società sempre più attenta e
affascinata dal mondo dei consumi. È questo un filone interessantissimo di
ricerca autonoma, che esula, per il momento, dalle dimensioni del progetto in
atto. Interessano non solo le strutture e i modi con cui il commercio mercatale
ambulante si è costituito e costituisce tuttora una realtà importante nella vita
commerciale della città, ma anche l'analisi e la definizione delle sue valenze con
riferimento alle diverse componenti della morfologia urbana: i legami e i principi
generatori relazionati allo sviluppo del tessuto edilizio; il valore e la presenza
assunta nella caratterizzazione dell'immagine urbana nel suo complesso e/o nei
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singoli quartieri; il ruolo strategico di alcune attività ambulanti nel sistema di
relazioni economiche e strategiche tra città e territorio; le relazioni che si
stabiliscono tra i modi con cui si caratterizzano e specializzano le attività
mercatali libere e le tipologie edilizie di commercio fisso all'interno di uno spazio
urbano comune; il rapporto tra l'immagine invariante spesso consolidata
storicamente in modo autonomo - dell'architettura del contenitore spaziale e
l'immagine sempre varia, cangiante, fortemente colorata e chiassosa, dinamica,
apparentemente disordinata, delle componenti del mercato ambulante. E ancora,
proprio perché si tratta di mercato mobile, i rapporti con le infrastrutture di
servizio, con i contenitori edilizi fissi per il deposito e la conservazione delle
merci, con la viabilità urbana e il sistema dei parcheggi.
1.2 Organizzazione funzionale dei mercati
Nella strategia di organizzazione del sistema mercatale in una città di dimensione
medio-grande (esempio Torino circa 900 000 abitanti), dovrebbe essere prevista,
di norma, la presenza di uno o più mercati generali per la distribuzione
all'ingrosso dei generi di prima necessità, e una rete distribuzione di punto di
vendita al minuto che copra, con un raggio di utenza medio (15-30 minuti di
percorrenza a piedi), l'intero territorio urbano. La presenza di una struttura di
distribuzione all'ingrosso all'interno della città comporta ormai notevoli disagi sul
piano della viabilità, per il problema sia dei rifornimenti sia della distribuzione:
la sua collocazione pertanto risulta naturalmente logica nei pressi dei canali
principali della rete viaria e, specie nel caso attuale di prevalenza dei trasporti su
gomma, in collegamento diretto con la rete autostradale, mentre un tempo
venivano privilegiati gli scali ferroviari e le stazioni marittime. All'interno di
questi grandi punti commerciali può svolgersi attività di vendita non solo
all'ingrosso, ma, in determinati orari o giorni della settimana, anche la vendita al
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minuto. La loro presenza nella strategia commerciale di una città è molto
importante, poiché influisce sulla distribuzione degli altri mercati.
Tendenzialmente, come precedentemente segnalato, i mercati tendono a coprire
oggi con un raggio di utenza variabile, legato non solo alla durata dei percorsi
pedonali ma anche alla rete dei trasporti pubblici, l'intero territorio urbano. I
mercati possono essere distinti in diverse tipologie: mercati metropolitani,
mercati urbani, mercati rionali, mercati speciali ed aree di copertura (vedi piano
mercati della Città di Torino). I mercati metropolitani -Per questa tipologia di
mercati, l'aspetto più rilevante, in termini di funzionalità urbana, è l'accessibilità
di raggio ampio. Essi, infatti, si pongono come polo di attrazione commerciale di
carattere extrametropolitano con riferimento anche ai comuni conurbati. Sono
quindi luoghi in cui diventa necessario pensare a politiche integrate in particolare
con il settore dei trasporti, sia pubblici sia privati: aree dove può essere
opportuno realizzare grandi parcheggi d’interscambio tra la mobilità privata e la
mobilità pubblica. I mercati urbani :La seconda categoria è quella dei mercati
che il piano definisce mercati urbani. Gruppo più numeroso rispetto a quello
descritto nel paragrafo precedente, e caratterizzati da una particolare
specializzazione commerciale o da un sostanziale equilibrio tra dimensione del
mercato e numerosità della popolazione contenuta nel bacino di domanda
potenziale rispetto alle medie complessive della città. I mercati rionali: Il terzo
gruppo è quello dei mercati rionali. Possono essere così classificati i mercati con
dimensioni tra i 25 e i 60 banchi e con un bacino di attrazione di natura
strettamente locale. Questi mercati hanno la funzione di innervare i quartieri
della città. Il rapporto tra popolazione e presenza di banchi è assai elevato e
quindi queste aree raggiungono l'equilibrio economico in riferimento al quartiere
in cui sono localizzati. Questo indica che il raggio di azione è limitato a distanze
percorribili a piedi. In questo caso il mercato è davvero oltre che punto di vendita
e di distribuzione commerciale, punto di aggregazione sociale del territorio. In
questi mercati si costruiscono in modo forte le reti sociali di vicinato, assume