5
non ancora esplorata dai linguisti. Tale peculiarit� � riconducibile non solo
al genere in cui si colloca il romanzo di Carrese, il �roman noir� o �polar�,
ma anche, come vedremo, all�ambientazione dei fatti narrati nella citt� di
Marsiglia.
Pertanto, l�obiettivo principale di questa tesi sar� quello di illustrare
la ricchezza e la variet� del lessico in questo specifico genere letterario.
Cercheremo ora di esporre il metodo seguito, presentando
sinteticamente le principali tappe della nostra indagine.
Nel primo capitolo abbiamo tentato di mettere in luce come oggi non
sia pi� sufficiente parlare di bon ou mauvais français, ma sia necessario
tener conto di numerosi registri linguistici (o niveaux de langue) e di
numerosi fattori di variazione, quali la variazione in base alla dimensione
sociale (diastratica) e geografica (diatopica). Affrontando questo
argomento abbiamo incontrato delle divergenze riguardo a definizioni e
classifiche dei niveaux de langue, in quanto non tutti gli studiosi sono
concordi su questi temi. Tra le teorie che studiate, abbiamo deciso di
seguire la classificazione di Muller
1
, perch� ci � parsa la pi� completa ed
esauriente.
1
MULLER B., Le français d' aujourd'hui, trad. dal tedesco, Paris, Klincksieck, 1985,
(1975
1
).
6
Prima di svolgere l�analisi lessicale sul romanzo di Carrese, abbiamo
ritenuto opportuno fornire alcuni brevi cenni sulla vita dell�autore,
successivamente presentare l�opera che abbiamo scelto e, attraverso la
ricostruzione della trama, dare al lettore informazioni sull�ambiente che fa
da sfondo a questo polar al fine di cogliere l�importanza del contesto socio-
culturale nel determinare le caratteristiche della lingua del narratore
marsigliese.
Dopo di che abbiamo inserito i risultati del lavoro di schedatura dei
vocaboli selezionati e, successivamente, li abbiamo classificati in base ai
criteri usati dal Muller ed esposti nel primo capitolo.
Nel paragrafo successivo abbiamo raggruppato i risultati emersi nel
corso dell�analisi lessicale cercando di mettere in risalto la ricchezza del
lessico, cos� come la sua specificit� determinata dalla predominanza dei
registri non-normatifs, sia si consideri la prospettiva qualitativa della
lingua, che le prospettive diastratica e diatopica.
In ultima analisi, abbiamo cercato di evidenziare le peculiarit� dello
stile di Carrese e, in particolar modo, la sua abilit� nel saper sfruttare le
infinite risorse che offre allo scrittore il vasto campo lessicale del francese
contemporaneo.
7
CAPITOLO 1
LA COMPLESSA REALTÀ DEL FRANCESE
CONTEMPORANEO
Introduzione
Come gi� accennato, il francese odierno � una realt� complessa e, in
questo capitolo, ci proponiamo di illustrare sia i motivi che i principali
aspetti della sua eterogeneit�.
A partire dal XIX secolo, per una serie di fattori come lo sviluppo
tecnico-scientifico, i mutamenti di ordine sociale, la scolarizzazione
obbligatoria e la nascita dei primi mezzi di comunicazione di massa quali i
giornali, la lingua francese ha iniziato ad evolversi e ad arricchirsi in
maniera forse pi� veloce rispetto al passato.
Nel XX secolo questo arricchimento � continuato con
un�accelerazione sempre maggiore, per cui se in passato si poteva parlare
di �bon français� o �mauvais français�, oggi queste definizioni non sono
pi� sufficienti a dare un giudizio qualitativo adeguato rispetto alle
possibilit� espressive offerte dalla lingua. E� per questo che la linguistica
8
ora � in grado di parlare dell�esistenza di diversi registri qualitativi, di
sistemarli gerarchicamente e di indicare i punti di riferimento e gli
elementi che permettono di stabilire tali registri qualitativi.
In questa prima parte daremo conto della ricchezza della lingua
francese contemporanea, testimoniando l�esistenza di varianti diatopiche,
cio� delle forme dialettali e di francese regionale, prendendo in esame, in
particolare, le forme meridionali dell�area provenzale; le varianti
diastratiche, cio� quelle attinenti alle classi sociali di appartenenza dei
parlanti, anche se oggi la linguistica tende a parlare piuttosto di gruppi; e
infine le varianti diafasiche, che intervengono nel determinare lo stile e le
intenzioni espressive del parlante.
La principale questione affrontata in questo capitolo � relativa ai
�niveaux de langue�. Questo concetto verr� spiegato, ne verr� data una
definizione e, in seguito, verranno forniti dei cenni su ogni registro
linguistico in base alla classificazione di Muller
2
, partendo dal francese
colto, fino ad arrivare al francese volgare ed infine all�argot.
Trattare il tema dei �niveaux de langue� comporta affrontare anche
altre questioni ad esso legate, come la questione della norma, della sua
definizione e della sua funzione e la questione del �bon usage�, che a
2
B. MULLER, Le français d’aujourd’hui, Paris, Klicksieck, 1985 [1975].
9
partire dal XVII secolo ha dominato lo studio della lingua francese.
Inoltre, in questo capitolo, affronteremo il tema dei registri linguistici
relativamente all�uso che ne viene fatto nella lingua letteraria e in
particolare nel romanzo giallo che � un genere piuttosto popolare e
caratterizzato da un uso spigliato anche di quei registri linguistici pi� bassi
che tradizionalmente non vengono inclusi nella lingua letteraria. Questo
fenomeno va inserito nel quadro pi� vasto dell�evoluzione della lingua
letteraria e della riduzione del divario tra lingua scritta e orale.
Dal concetto di “bon usage” al concetto odierno di
norma.
Come gi� detto, il concetto di lingua francese � profondamente
cambiato nel corso dell�ultimo secolo e oggi, dal punto di vista linguistico,
non esistono pi� i concetti di bon français e mauvais français.
Ricordiamo a proposito che, a partire dal XVII secolo fino all�inizio
del XX secolo, l�evoluzione del �francese� (francese standard) � stata
condizionata dai dettami elaborati da grammatici e lessicologi,
dall�esempio dei grandi autori classici e dall�uso della buona societ�
parigina. A partire dalla fine del �500 si mise in atto un�importante opera di
10
codificazione del francese
3
, mirante a creare regole esplicite che definissero
quali usi fossero corretti. Questa attivit� ha portato alla nascita di
grammatiche e dizionari
4
.
E� nel XVII secolo che si svilupp� la maggior parte dell�attivit�
grammaticale. Scopo della codificazione era creare una lingua standard e
ridurre al minimo il numero delle varianti. Per alcuni linguisti, inoltre,
questo fenomeno era dovuto a motivi estetici, come la volont� di ridare
ordine alla lingua caotica del XVI secolo. Per altri, tra cui Wartburg
5
, c�era
una fondamentale motivazione di ordine sociale: la Francia aveva bisogno
di una lingua unica e uniforme per la comunicazione e dopo
l�individualismo del XVI secolo occorreva sottomettersi a principi
razionali. D�altra parte, la classe dirigente sentiva il bisogno di una norma
distintiva che la differenziasse anche linguisticamente dal resto della
popolazione, in modo tale che chi avesse voluto elevarsi nella gerarchia
sociale, avrebbe dovuto conoscere i caratteri del bon français.
3
La codificazione della lingua francese inizia nel Medio Evo, ma � nel XVI e
soprattutto nel XVII e XVIII secolo che appare il maggior numero di opere normative.
4
All�inizio del XVI secolo le prime opere normative erano rivolte generalmente agli
stranieri che volevano imparare il francese (in particolar modo agli inglesi), in seguito si
rivolsero anche ai francofoni. Tra i dizionari e le grammatiche composte nel �600
ricordiamo Le dictionnaire de la langue françoise di Nicot (1606), il Dictionnaire
françois di Richelet (1680), il Dictionnaire Universel di Fureti�re (1690), il
Dictionnaire dell’Académie (1694), les Remarques sur la langue française di Vaugelas
(1647), La Grammaire de Port-Royal di Arnaud e Lancelot (1660).
5
Cfr. WARTBURG (VON) W., Evolution et Structure de la langue française, Berne,
Francke, 6
e
�d., 1962
6
(1946
1
), p. 171.
11
Il concetto di “bon usage” nel XVII secolo
Nel �600 la diffusione del francese procedeva a grandi passi, sia
grazie all�editto di Villiers-Cotter�ts, sia grazie alla stampa che fece
aumentare enormemente la diffusione del francese scritto: pi� cresceva il
prestigio delle forme scritte, pi� aumentava la loro influenza sulla lingua
parlata. Una delle principali preoccupazioni dei grammatici del XVII
secolo nel definire il bon usage era distinguere la lingua del �meilleur
monde�
6
da quella popolare.
Non � comunque corretto pensare all�alta societ� del tempo come ad
una classe omogenea e coesa, perch� in realt� esistevano profonde
spaccature politiche: il re aveva accresciuto i suoi poteri a discapito
dell�aristocrazia grazie alla burocrazia, i cui funzionari non venivano scelti
tra i nobili ma nell�alta borghesia. In questo modo si verificarono conflitti
oltre che politici, anche linguistici, poich� l�aristocrazia voleva affermare il
proprio prestigio imponendo il proprio modello linguistico. Al tempo, l�alta
societ� era composta dalla Cour, la corte del re, dal Palais, cio�
dall�insieme dei giuristi del Palazzo di Giustizia, dai membri del
Parlamento di Parigi, dalla Chancellerie, cio� l�amministrazione dello
6
Cfr. LODGE R. A., Le français, Histoire d’un dialecte devenu langue, trad. dall�ing.
da Cyril Veken, Paris, Fayard, 1997, p. 224.
12
stato, e dalla Ville, ossia l�alta borghesia di Parigi. Ognuno di questi gruppi
si esprimeva con una propria variante linguistica e in genere quella della
Corte veniva considerata la norma, ma non tutti gli studiosi concordano su
questo punto. Per alcuni la Cour e il Palais godevano di pari autorit�
linguistica poich� la Corte nel corso del XVI secolo, soprattutto a causa
delle guerre di religione, aveva perso prestigio e autorit� presso i
protestanti per i quali il modello di bon usage diventa quello del Palais.
Secondo H. Estienne
7
la base del bon usage � la variante del popolo colto
di Parigi e delle citt� vicine del sud e dell�ovest.
Da Malherbe all’Académie Française
Malherbe fu il primo codificatore del XVII secolo ed � considerato
uno tra i pi� influenti, anche se non scrisse mai una grammatica, ma solo
dei commenti alle opere di Desportes, un poeta del XVI secolo. Da questi
commenti si evince la ricerca di una lingua chiara e precisa: a lui si deve
l�affermazione secondo cui non doveva esser scritto niente che non potesse
7
ESTIENNE H., La précellence du langage françois, Paris, Mamert Patisson, 1578, cit.
da LODGE, op. cit., p. 224.
13
esser capito dai �crocheteurs du port aux Foin�
8
. Ci� non significa che egli
prendesse a modello la lingua delle classi lavoratrici, tutt�altro. Egli
intendeva liberare la lingua dalle concezioni della Pl��ade: il nuovo
vocabolario andava ristretto, banditi i dialettalismi, i prestiti dalle lingue
straniere, gli arcaismi, ma anche le parole basse, volgari, �les mots du
Palais�. Lontano dal voler creare una lingua accessibile a tutti, egli voleva
creare una lingua che fosse strumento di distinzione per chi la utilizzava.
Malherbe influenz� tutti i codificatori del suo tempo, anche quelli
dell�Académie Française, il cui membro pi� importante era al tempo
Vaugelas. La sua opera principale, les Remarques non � un testo
sistematico, ma affronta varie questioni linguistiche su cui l�uso era
esitante: dalla sintassi alla morfologia, dalla pronuncia al lessico.
Se Malherbe si preoccupava principalmente della lingua letteraria,
Vaugelas fa riferimento alla lingua parlata: les Remarques sono una sorta di
manuale di buone maniere linguistiche. Egli procede descrivendo gli usi
linguistici che vede intorno a s� ed in seguito opera una valutazione ed una
selezione degli stessi. Tuttavia, in mancanza di principi regolatori interni
alla lingua, questa selezione viene effettuata in base a principi esterni di
8
MALHERBE (DE) F., Les Œuvres de M. de Malherbe, Paris, Chapellain, 1630, cit. da
LODGE, op.cit., p.230.
14
ordine sociale, secondo i quali le forme linguistiche riproducono la
gerarchia sociale. Egli rifiuta gli usi degli strati sociali pi� bassi, quindi
quelli popolari e i provincialismi, che considerava ancora peggiori. Rispetto
a Malherbe, Vaugelas � meno categorico nella condanna degli usi del
Palais o della Ville poich� egli accetta che certi membri della borghesia
godano di uno statuto vicino a quello della corte. Egli definisce il bon
usage come: �la façon de parler de la plus saine partie de la Cour,
conformément à la façon d’escrire de la plus saine partie des Autheurs du
temps .�
9
Questa affermazione indica chiaramente che neanche a corte c�era
omogeneit� di usi e Vaugelas dovette porsi il problema di giustificare le
sue preferenze per certi usi piuttosto che per altri. Le sue giustificazioni
servivano a coprire dei giudizi di valore che si basavano sulla somiglianza
all�uso dei grandi autori o su una presunta razionalit�, ma in realt� erano il
riflesso dei criteri estetici del tempo e dell�ideale dell�honnête homme:
questi � un nobile, quindi non usa il linguaggio popolare; non fa lavori
manuali, quindi non usa termini tecnici; segue la moda, quindi non usa
termini arcaici; frequenta la corte di Parigi, quindi evita i provincialismi;
infine l�honnête homme corteggia le donne, quindi evita le parole basse e
volgari che potrebbero offenderle.
9
Cfr. VAUGELAS (DE) C. V., Remarques sur la langue française (1674), J. Streicher
(�d. Crit.), Gen�ve, Slatkine Reprints, 1970p. 3.
15
Il giudizio che Lodge d� di Vaugelas � decisamente negativo
10
:
Lodge lo considera infatti uno snob linguistico ingenuo e provinciale
perch� per lui la definizione di bon français non derivava dalle propriet�
strutturali della lingua, ma dallo status sociale elevato di chi lo parlava.
La codificazione era stata voluta da una parte per rendere la
comunicazione pi� efficace, dall�altra per dare prestigio alla Francia agli
occhi degli altri stati europei. L�attenzione della classe dirigente per questo
argomento � testimoniata dalla creazione nel 1635 dell�Académie
Française, un�istituzione che venne sottoposta ad uno stretto controllo
politico perch� guidata direttamente da Richelieu. I suoi compiti erano: �
rendre le langage françois non-seulement élégant, mais capable de traiter
tous les arts et toutes les sciences�
11
. L’Académie Française doveva essere
la guardiana del bon usage, ma anche rafforzare il prestigio della Francia
sulla scena europea. I progetti dell�Académie erano la redazione di un
dizionario, di una grammatica, di una retorica e di una poetica, ma solo i
primi due furono portati a compimento: la prima edizione del Dictionnaire
de l’Académie fu pubblicata nel 1694.
10
Cfr. LODGE, op. cit., p. 235.
11
Cfr. LIVET CH-L., Histoire de l’Académie Française, Paris, Didier, 1858, p. 32,
citato da Lodge, op.cit., p. 213.
16
Il concetto di bon usage dal XVIII al XX secolo.
Durante il regno di Luigi XIV c�era la convinzione diffusa che la
lingua avesse raggiunto un livello di perfezione non pi� eguagliabile, per
questo nel corso della seconda met� del XVII e nel XVIII secolo la lingua
standard fu codificata in ogni minimo dettaglio sulla base di tre principi:
1. La convinzione che esistesse una sola variante legittima e che tutte le
altre fossero errate.
2. L�idea che convenisse imitare un modello ideale e privilegiare la
lingua scritta.
3. La legittimazione della lingua standard sulla base di una sua presunta
superiorit� rispetto alle altre varianti.
Era ovvio che il prestigio accordato ad una determinata variante
portasse disprezzo per le altre, in particolar modo per i provincialismi.
Durante il regno di Luigi XIV la corte mantenne il proprio ruolo di
guardiana del bon usage e anche se alcune norme elaborate da Vaugelas
vennero accantonate per lasciar spazio a nuove idee di nuovi commentatori,
il bon usage rest� sempre il criterio di riferimento.
Tra i nuovi commentatori � giusto ricordare Bouhours, a cui Racine
faceva correggere le sue tragedie affinch� controllasse il rispetto delle
17
norme grammaticali. Ricordiamo inoltre Richelet autore del Dictionnaire
François (1680) che precedette la pubblicazione della prima edizione del
Dictionnaire de l’Académie Française (1694).
Dopo la morte di Luigi XIV le cose cambiarono e la corte dovette
dividere il proprio potere con la Ville, l�alta borghesia dei giuristi e dei
finanzieri. Questa �lite colta frequentava salotti mondani (salons), dove le
buone maniere e il buon gusto erano molto apprezzati e in questo modo
essa inizi� a mettere in discussione la supremazia sociolinguistica della
corte. Nella seconda met� del XVIII secolo, allo stesso modo in cui
iniziava a reggere il potere politico ed economico, l�alta borghesia di Parigi
inizi� anche a dettare la norma della lingua standard. Le diverse opinioni
nei dibattiti linguistici del tempo mostravano tutte le spaccature della
societ�: da una parte i puristi conservatori che guardavano al modello
linguistico del XVII secolo; dall�altra i pi� innovatori, pi� ricettivi verso le
nuove tendenze della lingua e della cultura, pi� inclini ad ammettere la
legittimit� delle aspirazioni di quei gruppi e di quelle classi che, fino a quel
momento, non avevano concorso a determinare la norma. L�Encyclopédie
risente proprio di questo spirito illuminista in materia linguistica e in essa
appare una nuova definizione del bon usage: �la façon de parler de la plus
nombreuse partie de la Cour conformément à la façon d’écrire de la plus
18
nombreuse partie des auteurs les plus estimés du temps.�
12
.
Con il progresso dell�alfabetizzazione, la forma scritta venne sempre
pi� considerata la quintessenza della lingua, mentre tutte le altre varianti
apparivano come deviazioni dalla norma.
Agli occhi dei linguisti successori di Vaugelas la sua teoria
linguistica appariva pericolosa in quanto faceva coincidere la norma con un
socioletto, che � quindi soggetto a variare nel tempo. Occorreva fermare
l�evoluzione della lingua della classe dominante e bisognava basarsi su
qualcosa di pi� scientifico dell�uso, su un�autorit� pi� duratura. Era
necessario far accettare all�insieme della societ� una variante linguistica
ritenuta superiore non perch� imposta dall�alto dalla classe politica al
potere, ma per i suoi meriti intrinseci, risultanti dalle qualit� dell�eleganza,
della chiarezza e della logica. Antesignana delle opere grammaticali che
avevano lo scopo di individuare meccanismi razionali nella lingua � la
Grammaire de Port Royal (1660) che ebbe grande successo e anche molti
successori
13
.
12
DIDEROT D. et D�ALEMBERT J., Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des
sciences, des arts et des métiers, Paris, Briasson, 1765, XVI, p.517, cit. da LODGE,
op.cit., p. 239.
13
Nel corso del XVII e del XVIII secolo furono composte molte opere a carattere
prescrittivo che volevano individuare meccanismi razionali nella lingua: queste opere
avevano lo scopo di accumulare spiegazioni enciclopediche sull�uso corretto, facendo
riferimento ai modelli scritti che venivano forniti da autori prestigiosi e giustificandoli
in nome della logica, della chiarezza e della precisione.