Cap. 2. Balangeroite: inquadramento geologico
2.1 Premessa
Per la Legge Italiana (D.L. N° 277 del 15/8/91) solo sei minerali sono considerati
amianti (asbesti): il crisotilo (minerale del gruppo dei serpentini, Mg
3
Si
2
O
5
(OH)
4
; Fig.
2.1), l’antofillite e la amosite (anfiboli ferro-magnesiaci, con formula chimica ideale,
rispettivamente, null [Mg
2
][Mg
5
][(OH)
2
|Si
8
O
22
] e null [Fe
2+
2
][Fe
2+
5
][(OH)
2
|Si
8
O
22
]; Fig. 2.2), la
tremolite e l’actinolite (anfiboli di calcio, formula chimica ideale rispettivamente
null [Ca
2
][Mg
5
][(OH)
2
|Si
8
O
22
e null Ca
2
(Mg,Fe
2+
)
5
(Si
8
O
22
)(OH)
2
; Fig. 2.3), e la crocidolite
Fig. 2.1. (a) Campione di crisotilo dalla cava di San Vittore, nella zona di Balangero (Piemonte); (b)
immagine ad alta risoluzione (HRTEM) della sezione di una fibra di crisotilo
Fig. 2.2. (a) Campione di antofillite (foto di ©John Sobolewski, da www.mindat.org) e (b)
campione di amosite (foto da www.asbestosminerals.com)
Cap. 2. Inquadramento geologico
8
(anfibolo sodico; Fig. 2.4). Ciò è dovuto al fatto che solo questi amianti erano utilizzati
industrialmente.
Solo tre dei minerali fibrosi definiti amianto dalla Legge Italiana sono presenti nelle
Alpi Occidentali, e cioè il crisotilo, la tremolite e l’actinolite. Tuttavia, uno studio
sistematico delle rocce alpine (Compagnoni et al., 1980, 1983, 1985; Mellini et al., 1985,
1986, 1987; Ferraris et al., 1987; Alberico et al. , 1997; Belluso & Ferraris, 1991) ha
permesso di scoprire l’esistenza sia di nuovi minerali, sia di minerali che, pur non
presentandosi normalmente con abito fibroso, possono localmente crescere con abito
asbestiforme. Tra di essi, i più diffusi sono l’antigorite, la balangeroite, la carlosturanite e il
diopside. La balangeroite fu scoperta nelle serpentiniti della miniera di amianto di
Balangero, in provincia di Torino (Compagnoni et al., 1983). Forma fasci di fibre rigide di
colore marrone che possono raggiungere una lunghezza di decine di centimetri ed è
generalmente associata a crisotilo a fibra lunga. La sua varietà prismatica, riconosciuta solo
Fig. 2.3. (a) Campione di tremolite (©Tamás Ungvári Collection, da www.mindat.org) e (b) campione di
actinolite (foto ©Gerd Stefanik, , da www.mindat.org)
Fig. 2.5. Campione di balangeroite
Fig. 2.4. Campione di crocidolite (© Tim Colman, da
www.mindat.org)
Cap. 2. Inquadramento geologico
9
recentemente (Groppo et al., 2004), è talvolta così abbondante da dover essere considerata
un costituente principale di alcune serpentiniti. Curiosamente, finora la balangeroite non è
mai stata trovata al di fuori della porzione settentrionale del Massiccio di Lanzo
(Compagnoni & Groppo, 2006)
2.2 Introduzione
Le Alpi Occidentali sono una catena costituita dall’impilamento di più unità
tettonico-strutturali di differenti genesi e provenienza, che formano una grande fascia
arcuata, larga in media da 150 a 300 km e lunga più di 400 km. Le Alpi Occidentali si
estendono infatti dalla linea tettonica “Sestri-Voltaggio”, che le separa dalle rocce non
metamorfiche delle catena Appenninica, fino alle falde inferiori Pennidiche del dominio
Lepontino. Sul lato interno (verso est), le Alpi Occidentali confinano con i depositi clastici
quaternari post-orogenici della pianura del Po fino quasi alla latitudine di Torino, e da lì
Fig. 2.6. Mappa delle Alpi Occidentali che mostra le principali unità tettoniche. Da notare la Linea Insubrica
(IL), e la linea Sestri-Voltaggio (SVL);Polino et alii. (1990), Hsu (1994), Dal Piaz (1999) e Liati et alii.
(2003).
Cap. 2. Inquadramento geologico
10
verso nord con la linea tettonica Canavese che è l’estensione sud-occidentale della Linea
Insubrica (o lineamento Periadriatico), che separa il dominio pre-Alpino delle Alpi
Meridionali (Zona di Ivrea + Zona di Strona-Ceneri) dalla catena delle Alpi Occidentali
rimaneggiata durante l’orogenesi Alpina (Compagnoni, 2003).
Da un punto di vista tettonico le Alpi Occidentali vengono divise in tre grandi
domini, e cioè il dominio Adriatico, la Zona Interna (“Alpi Pennidiche”), e la Zona
Esterna.
Il dominio Adriatico è costituito da: (1) gneiss precedenti all’orogenesi Alpina, in
facies anfibolitica e granulitica e dal corpo di origine mantellica della zona di Ivrea; (2) la
sequenza carbonatica Mesozoica delle Alpi Meridionali successiva alle rocce
metamorfiche e magmatiche pre-Alpine (per esempio la zona di Strona-Ceneri); e (3)
sedimenti clastici Terziari della piana del Po. Queste rocce non sono state interessate dal
metamorfismo Alpino e hanno subito una deformazione relativamente piccola durante
l’orogenesi Alpina.
Fig. 2.7 Schema tettonico semplificato
delle Alpi Occidentali in cui è messa in
evidenza la Zona Piemontese dei
calcescisti con meta-ofioliti. In verde
chiaro sono indicati i calcescisti mentre in
verde scuro le meta-ofioliti. Inoltre sono
indicate la linea del Canavese (CL), la
linea Sestri-Voltaggio (SVL), il Massiccio
Ultrabasico di Lanzo (LM) e la miniera di
Balangero
Cap. 2. Inquadramento geologico
11
La Zona Interna consiste di una serie di terreni continentali e di ofioliti, che sono
allineati come nastri arcuati paralleli alla direzione dell’orogenesi. Questi nastri, da sud-est
a nord-ovest, sono: la zona Austroalpina, la zona Piemontese, i Massicci Cristallini Interni,
la zona Brianzonese e la zona del Vallese.
La zona Esterna infine, consiste di un basamento cristallino autoctono e
parautoctono, che è stato consolidato durante l’orogenesi Ercinica (Massiccio Cristallino
Esterno), e di una copertura sedimentaria Mesozoica-Cenozoica (falde Elvetiche/Delfinesi)
(Rosenbaum et al., 2005).
La maggior parte delle mineralizzazioni ad asbesto delle Alpi Occidentali è
associata alle ofioliti metamorfiche della Zona Piemontese dei Calcescisti con Pietre Verdi.
La Zona Piemontese, derivante dalla litosfera dell’oceano mesozoico Ligure-Piemontese,
si allunga per circa 200 km nelle Alpi Occidentali, tra Italia, Francia e Svizzera ed è
essenzialmente costituita da calcescisti con intercalazioni di corpi ofiolitici di varie
dimensioni. È situata tra la Zona Brianzonese verso l’esterno della catena e i Massicci
Cristallini Interni, che rappresentano il paleomargine europeo assottigliato.
Le caratteristiche geologiche e petrografiche attuali sono il risultato della
subduzione del Paleomargine Europeo e del Bacino Ligure-Piemontese al di sotto del
Paleomargine Africano, seguita dalla successiva collisione continentale. Sulla base delle
differenze litologiche, genetiche e di grado metamorfico è possibile distinguere:
1) il Massiccio Ultrabasico di Lanzo: costituito principalmente da peridotiti
parzialmente serpentinizzate; rappresenta una porzione di mantello sub-continentale, che,
insieme alla litosfera dell’oceano giurassico Ligure-Piemontese, è stato esumato dalle
profondità mantelliche, subdotto e metamorfosato in condizioni metamorfiche di alta
pressione in facies eclogitica e poi coinvolto nell’impilamento tettonico della catena alpina
e riequilibrato in condizioni metamorfiche della facies scisti verdi;
Cap. 2. Inquadramento geologico
12
2) la Zona Piemontese Interna: costituita da calcescisti, derivanti dalla
trasformazione metamorfica degli originari sedimenti dell’oceano della Tetide, e dalle
ofioliti metamorfiche (serpentiniti, metagabbri, metabasalti, prasiniti) derivanti dalla
litosfera oceanica. Durante l’evoluzione metamorfica alpina, la Zona Piemontese Interna,
come il Massiccio Ultrabasico di Lanzo, raggiunse prima condizioni metamorfiche della
facies eclogitica e poi quelle della facies a scisti verdi;
3) la Zona Piemontese Esterna: litologicamente analoga alla Zona Piemontese
Interna, ma più ricca di metasedimenti (calcescisti) e caratterizzata da un picco
metamorfico in facies scisti blu (Compagnoni & Groppo, 2006).
I campioni di balangeroite esaminati in questo studio provengono da corpi
serpentinitici affioranti nella porzione più settentrionale del Massiccio di Lanzo, e in
particolare dalla cava di Balangero (Torino) coltivata industrialmente fino al 1990, dove si
trova una vasta e importante mineralizzazione di crisotilo. Generalmente gli amianti sono
presenti in modeste quantità, infatti si trovano, da soli o in associazione con altri minerali,
come riempimento di vene, dalle quali possono liberarsi per i processi naturali di
alterazione chimico-fisiche delle rocce che li contengono o a causa dell’attività antropica.
In particolare, nella porzione serpentinizzata del Massiccio di Lanzo, sono state
riconosciute quattro generazioni di vene legate al metamorfismo Alpino. La prima consiste
di balangeroite, crisotilo, leghe di ferro-nichel e magnetite; questa vena si è formata
probabilmente durante il primo stadio della serpentinizzazione della peridotite sotto
condizioni di metamorfismo progrado di alta pressione. La seconda generazione di vene,
collegata al picco metamorfico di alta pressione a condizioni di T = 500 - 600 °C e P = 1.2
– 2.0 GPa, consiste di antigorite lamellare, olivina, Ti-clinohumite, diopside e magnetite.
La terza generazione consiste di antigorite ± diopside cristallizzato sotto condizioni di
metamorfismo in facies scisti verdi; infine la quarta ed ultima generazione di vene
Cap. 2. Inquadramento geologico
13
metamorfiche, costituita da piccole fibre di crisolito, forma mineralizzazioni locali
irregolari (stockwork-type), simili a quelle sfruttate in passato nella cava di asbesto di
Balangero (Groppo e Compagnoni, 2007).
2.3 Il Massiccio Ultrabasico di Lanzo
Come già accennato in precedenza, la cava di asbesti di Balangero si trova nella
serpentinite di Balangero, la quale prende appunto il nome dal paese omonimo che si trova
in prossimità della sua parte più a sud. La cava viene chiamata anche di San Vittore, dal
Monte San Vittore, in cui si ritrovano le più importanti mineralizzazioni di asbesto
(Compagnoni, 1980).
Il corpo ultrabasico di Balangero, a sua volta, fa parte del Massiccio di Lanzo, il più
grande corpo ultrabasico delle Alpi Occidentali, che è localizzato nella porzione più
interna della Zona Piemontese, tra la Zona Sesia a nord ed il Massiccio Dora-Maira a sud.
Il suo limite orientale scompare al di sotto dei depositi alluvionali della Pianura Padana,
mentre verso ovest è a contatto con la Zona Piemontese Interna.
Il Massiccio Ultrabasico di Lanzo è un grosso corpo di lherzoliti tettoniche a
spinello-plagioclasio con subordinate harzburgiti e rare duniti, parzialmente trasformato in
serpentiniti antigoritiche ai bordi e lungo le zone di taglio. Le rocce ultrafemiche sono
localmente attraversate da filoni e lenti di gabbri e rocce basaltiche. Secondo le
interpretazioni di Pognante et al. (1985), Rampone & Piccardo (2000), Müntener et al.
(2004) e Piccardo et al. (2004), le peridotiti del massiccio di Lanzo sarebbero risalite, dalle
profondità tipiche della facies a granato, a profondità minori, dove si sarebbero
progressivamente raffreddate ricristallizzando completamente nelle condizioni della facies
a spinello-plagioclasio. Successivamente, in seguito al processo di rifting legato
all’apertura dell’oceano Ligure-Piemontese, questa porzione di mantello litosferico sarebbe
Cap. 2. Inquadramento geologico
14
stata progressivamente esumata, mentre la sottostante astenosfera sarebbe risalita, subendo
un processo di fusione parziale praticamente adiabatico. I fusi risultanti, migrando
attraverso il mantello litosferico, avrebbero reagito con esso, causando la dissoluzione del
pirosseno e la formazione di canali dunitici (Groppo, 2005).
La serpentinite di Balangero appare come un corpo estraneo; infatti, rispetto al
Massiccio di Lanzo, è separata dai depositi alluvionali della Valle di Lanzo, e consiste
principalmente di serpentiniti derivanti dalla primitiva lherzolite a spinello-plagioclasio,
tuttora preservata solo in poche zone. Inoltre la serpentinite della cava di Balangero, che
presenta una gran varietà di caratteristiche sia strutturali che mineralogiche, può essere
divisa in tre principali tipologie: serpentinite massiva, serpentinite altamente fratturata, e
serpentinite scistosa (Compagnoni, 1980).
2.4 Evoluzione del Massiccio Ultrabasico di Lanzo (Piccardo 2007, 2008)
2.4.1 Premessa
Il bacino della Tetide Ligure Giurassica era pavimentato da peridotiti di mantello
esumate per processi tettonici, e ricoperto in modo discontinuo da colate basaltiche di tipo
MORB. Era caratterizzato dall’alternanza lungo l’asse di: 1) segmenti non-vulcanici, che
mostravano la diretta esposizione delle peridotiti di mantello al di sotto dei sedimenti
oceanici, e 2) segmenti vulcanici, che mostravano una copertura vulcanica al di sopra delle
peridotiti di mantello.
Le peridotiti ofiolitiche della Tetide Ligure mostrano una forte eterogeneità
petrologica e geochimica, e variano da lherzoliti relativamente fertili ad harzburgiti e duniti
fortemente impoverite, a peridotiti a plagioclasio rifertilizzate. Le peridotiti degli ambienti
di Transizione Oceano-Continente (OCT) sono principalmente lherzolite fertili che
derivano dal mantello litosferico sottocontinentale del sistema Europa-Adria. Esse sono