2
1.1 Il bilancio d’esercizio: nozione e quadro normativo.
Il bilancio d’esercizio è il documento contabile che rappresenta, in
modo chiaro, veritiero e corretto, la situazione patrimoniale e
finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio, nonché il
risultato economico dell’esercizio stesso.
Il codice non ci dà un’esatta definizione di bilancio, ma si limita a
dire, al primo comma dell’art. 2423 c.c., che con l’espressione
bilancio si indica l’insieme del conto economico, dello stato
patrimoniale e della nota integrativa.
I tre documenti rappresentano perciò un “sistema unitario e allo stesso
tempo organico”
1
, in cui:
ξ Stato patrimoniale e conto economico rappresentano il bilancio
in senso stretto, che si propone di esprimere, in modo sintetico e
sistematico, la situazione patrimoniale e finanziaria
1
PALMA A., IL bilancio di esercizio, Giuffrè, 2003, p.9.
3
dell’impresa, nonché la modalità di formazione del risultato
economico.
ξ La nota integrativa, invece, con una funzione strumentale
primaria rispetto al bilancio in senso stretto, si pone al servizio
di quest’ultimo per renderlo meglio comprensibile, e favorire,
mediante le informazioni aggiuntive prescritte nel documento,
la conoscenza della situazione patrimoniale, finanziaria ed
economica dell’impresa.
Al bilancio, inteso come sistema di valori
2
, redatto nel rispetto di
norme di legge, spetta la funzione di accertare periodicamente la
situazione del patrimonio (aspetto statico) e la redditività (aspetto
dinamico) della società.
Inoltre esso rappresenta il termine di riferimento legislativo per la
corretta applicazione di un complesso di norme poste a salvaguardia
del capitale sociale, e presupposto per l’adozione di una serie di
2
Conformi: DI SABATO, Manuale delle società, Utet, Torino, 1999, p.313.; BOCCHINI E.,
Manuale di diritto della contabilità delle imprese, sec. Edizione, UTET, 1995, p.148;
COLOMBO, Il bilancio di esercizio (a cura di A. PALMA), Milano, 1992, p.31; SUPERTI
FURGA, Il bilancio di esercizio italiano secondo la normativa europea, Milano, 1991, p.18;
FORTUNATO S., Bilancio e contabilità d’impresa in Europa, Cacucci, Bari, 1993, p.22.
4
deliberazioni assemblari che ruotano intorno all’accertamento
periodico degli utili o delle perdite: costituzione delle riserve e
distribuzione degli utili ai soci, riduzione del capitale sociale per
perdite, acquisto di azioni proprie, e così via.
Nel contempo, all’interno delle società di capitali, esso rappresenta
anche un essenziale strumento di informazione dei soci e dei terzi; non
solo rappresenta per i soci il solo strumento legale di informazione
contabile sull’andamento degli affari della società, ma costituisce per i
creditori sociali, il mezzo per conoscere la consistenza del patrimonio
della società, sola garanzia su cui essi possano fare affidamento.
Da qui l’esigenza che il bilancio fornisca un’informazione contabile il
più possibile chiara, completa e veritiera sulla situazione patrimoniale
e sul risultato economico della società. Su questa tendenza si è mosso
il legislatore, intervenuto più volte sulla disciplina del bilancio per
aumentarne il grado di trasparenza e analiticità, in modo che la stessa
subisse nel corso dei decenni una forte evoluzione, presentando
un’incisività via via crescente (stimolata dalla progressiva evoluzione
del ruolo dell’impresa) fino ad essere profondamente modificata con il
d. lgs. del 9 aprile 1991 n° 127, in attuazione della IV e VII Direttiva
5
CEE
3
riguardanti rispettivamente il bilancio d’esercizio e consolidato,
ai sensi della legge delega del 26 marzo 1990 n° 69.
La due direttive, modificando gli articoli della sezione del codice
civile dedicata al bilancio (art. 2423 - 2435-bis c.c.), coinvolge tutti gli
aspetti del documento in esame, a cominciare dalla funzione
informativa assegnata allo stesso, destinata alla totalità delle classi di
soggetti i cui interessi convergono nell’impresa, chiudendo
probabilmente l’epoca del “segreto e della riservatezza” d’impresa e
aprendo la strada della trasparenza (già avviata negli anni ’70),
“segnata dal diritto all’ informazione economica d’impresa, dotata di
valore legale, nell’interesse dei creditori, degli azionisti d’impresa, dei
lavoratori dipendenti, della amministrazione finanziaria, ma
probabilmente della stessa impresa in sé e della prospettiva del suo
funzionamento durevole”
4
.
Problema centrale della disciplina del bilancio è proprio quello delle
funzioni che esso assolve, essendo ormai pacifico che possono aversi
tanti bilanci diversi quanti sono i fini che il redattore si propone. E
3
Il decreto legislativo 9 aprile 1991, n° 127, recita: “Attuazione delle direttive n° 78/660/CEE e n°
83/349/CEE in materia societaria relative ai conti annuali e consolidati, ai sensi dell’art. 1, comma
uno, della legge 26 marzo 1990 n° 69”. La IV direttiva, n° 78/660/CEE fu emanata nel 1978, la
VII direttiva, n° 83/349/CEE fu emanata nel 1983
4
BOCCHINI E., Manuale di diritto della contabilità delle imprese, sec. Edizione, UTET, 1995,
p.147.
6
così, non solo il bilancio d’esercizio risulterà diverso dai bilanci di
fusione ovvero dai bilanci di liquidazione, ma lo stesso bilancio di
esercizio potrà risentire del fine che in concreto il redattore si propone.
Orbene, il codice prende in considerazione entrambe le funzioni che
più marcatamente si contrappongono
5
, la rappresentazione del
patrimonio e la dimostrazione del reddito, due funzioni
apparentemente incompatibili, poiché la dimostrazione della
situazione patrimoniale avrebbe richiesto l’applicazione di criteri di
valutazione difformi da quelli idonei ad accertare il reddito.
La situazione patrimoniale della quale parla il codice è però
compatibile con la rappresentazione del risultato economico, dal
momento che essa è una misurazione di patrimonio a valori di
funzionamento, cioè “una misurazione del patrimonio che corrisponde
alla determinazione prudenziale del reddito del periodo”
6
.
La rappresentazione di queste due funzioni è poi assicurata dalla
prescrizione da un insieme di regole, strutturate su tre livelli distinti: al
5
E’ noto che nella prima metà del secolo la dottrina aziendale giudicava contraddittoria la pretesa
di realizzare, in un unitario complesso di documenti contabili, il duplice scopo della dimostrazione
del reddito e della rappresentazione del patrimonio; vedi ZAPPA, Le valutazioni di bilancio, Sei,
1910, p.47; ONIDA, Bilancio di esercizio, p.7; AMADUZZI, Osservazioni alle norme del codice
civile sul bilancio delle società per azioni, in Studi Mossa, I, Ceda, 1961, p.5.
6
BOCCHINI E., Manuale di diritto della contabilità delle imprese, sec. Edizione, UTET, 1995,
p.148.
7
livello più alto sono poste le c.d. “clausole generali” contenute
nell’art. 2423 c.c, aventi una funzione “assiomatico-regolativa”
7
. Al
secondo livello sono posti i principi di redazione, contenuti nell’art.
2423 bis c.c., che rappresentano i criteri guida individuati dal
legislatore per dare contenuto alla clausola generale. Il terzo livello è,
infine, occupato dai criteri di valutazione delle singole poste di
bilancio, indicati nell’art. 2426 c.c., che costituiscono la diretta
applicazione dei principi di redazione nella rappresentazione di
specifici elementi patrimoniali e degli schemi di redazione ex art.
2424-2425 c.c.
Al primo livello c’è quindi l’art. 2423 c.c., che indica le clausole
generali di redazione del bilancio, che deve essere redatto con
chiarezza e rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione
patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico
dell’esercizio. Se le disposizioni di legge non fossero sufficienti alla
rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni
complementari necessarie allo scopo. Qualora invece, in casi
eccezionali, l'applicazione di una disposizione degli articoli di legge
7
La definizione è di SUPERTI-FURGA, Il bilancio d’esercizio italiano secondo la normativa
europea, Giuffrè, Milano, II edizione, 1994, p.3.
8
fosse incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la
disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve
motivare la deroga e deve indicarne l'influenza sulla rappresentazione
della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico.
Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una
riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore
recuperato.
All’art. 2423 bis vengono poi indicati i principi di redazione del
bilancio, mentre l’art. 2423 ter contiene norme generali sulle strutture,
indicando le facoltà (e i doveri) di ulteriori suddivisioni di poste, di
raggruppamento, di aggiunta o di adattamento di voci.
Gli art. 2424 (e 2424 bis), 2425 (e 2425 bis), 2427,2428 e 2429 c.c.
indicano rispettivamente la struttura dei prospetti di stato
patrimoniale, conto economico, nota integrativa, relazione sulla
gestione e relazione dei sindaci. All’art. 2426 c.c. vengono invece
indicati criteri specifici di valutazione.
Più di recente, la riforma del diritto societario ha apportato una serie
di modifiche nella disciplina della formazione del bilancio d’esercizio,
le quali in parte confermano sostanzialmente principi e criteri
9
contenuti nei documenti dei principi contabili italiani
8
, in parte
costituiscono vere innovazioni, che si allontanano talvolta in maniera
rilevante dai criteri di formazione del bilancio previsti dai documenti
tecnici menzionati, oppure indicano criteri orientati verso i principi
contabili internazionali del tutto nuovi per il nostro paese. Tra le
novità di maggiore rilevanza, merita senza dubbio menzionare
l’eliminazione delle interferenze prodotte nel bilancio dalla normativa
fiscale, prevista originariamente dall’art. 6 del l. n.. n° 366 del 2001 ed
attuata nel decreto delegato con la soppressione del secondo comma
dell’art. 2426 c.c. (rettifiche di valore ed accantonamenti operati
esclusivamente per avere dei benefici da un punto di vista fiscale), con
il conseguente obbligo di tener conto nel bilancio degli effetti della
fiscalità differita. Tutte le innovazioni introdotte hanno un impatto
diretto sulla nota integrativa, che, quindi, è destinata ad incrementare
la sua funzione informativa.
Questo rappresenta lo stato attuale della legislazione, ultima tappa di
una lunga evoluzione il cui studio è indispensabile per meglio
8
I principi contabili italiani sono quelli contenuti nei 31 documenti emessi dall’apposita
commissione per la statuizione dei principi contabili dei Consigli Nazionali dei Dottori
Commercialisti e dei Ragionieri.
10
comprendere i profili legislativi attuali e gli orientamenti
giurisprudenziali in materia.
Il bilancio d’esercizio, in effetti, è uno strumento che, nel corso del
tempo, è stato impiegato per raggiungere scopi differenti in relazione
ai momenti storici che hanno contraddistinto la vita delle aziende e
alle modalità con cui esse hanno scelto di gestire le relazioni con
l’ambiente
9
, e se si considerano gli sviluppi degli interventi pubblici in
tema di regolamentazione del bilancio d’esercizio, è immediato
osservare come essi si configurino quali “il portato dall’evoluzione del
ruolo dell’ impresa nell’attuale società”
10
.
Oggi la disciplina del bilancio non mira a realizzare un’unica
funzione, ma una pluralità di scopi, “che devono essere graduati e
coordinati”
11
, e l’identificazione di queste funzioni, ovvero
l’individuazione degli interessi tutelati dalla relativa disciplina,
rappresenta quindi il punto di partenza dello studio della disciplina del
bilancio, passato da semplice strumento per attuare scelte “politiche” a
strumento di imparziale informazione.
9
PROVASOLI, Il bilancio come strumento di comunicazione, in Economia & Management, n° 1,
1989; RANALLI, Il bilancio d’esercizio, Aracne, Roma, 1996, p.3; SUPERTI FURGA, Passato e
presente del bilancio d’esercizio: verso un bilancio intelligibile, in Riv. Dott. Comm., n° 6, 1988.
10
PALMA A., IL bilancio di esercizio, Giuffrè, 2003, p.3.
11
JAEGER G., Il bilancio di esercizio delle società per azioni. Problemi giuridici, Giuffrè, 1988,
p.12.
11
1.2. Le funzioni del bilancio d’esercizio: evoluzione storica e
pensiero economico prima della riforma del 1942.
L’individuazione delle funzioni del bilancio d’esercizio, ha subito, nel
corso dell’ultimo secolo, un’evoluzione che in dottrina ha richiamato
in qualche modo alla memoria il principio vichiano dei “corsi e ricorsi
storici”
12
.
Non si hanno molte informazioni su quello che era l’uso del bilancio
prima dell’emanazione del codice di commercio del 1882, dal
momento che mancava una qualsiasi normativa nell’uso dello stesso.
In effetti, le prime tracce del bilancio si hanno solo verso la fine del
XIII secolo, quando la sua redazione era comunque una pratica non
obbligatoria, limitata alla redazione di un bilancio finale di fittizia
liquidazione, sulla cui base era possibile valutare la possibilità di
ritirare la propria quota, o reinvestirla per la nascita di una nuova
“compagnia”. Queste compagnie avevano una vita piuttosto breve,
12
COLOMBO G.E., La disciplina giuridica del bilancio d’esercizio, Utet, 1987, p. 4.
12
generalmente la loro nascita avveniva per portar al termine singoli
affari, al termine dei quali la “società” si sarebbe sciolta.
Ancora sconosciuto era l’uso del bilancio quale strumento di divisione
degli utili. Né esistono elementi validi per accettare la tesi del
Ceccherelli, il quale, studiando il bilancio di liquidazione della
compagnia Ugolini, e non trovandovi traccia di ripartizione di utili,
deduce che questi “venivano prelevati ogni anno, o comunque prima
che si addivenisse allo scioglimento della compagnia. Ciò che
presuppone la formazione di un bilancio periodico d’esercizio”
13
.
Accanto al bilancio di liquidazione, ben presto si accompagnò
l’usanza, divenuto obbligo con l’art. 8 dell’Ordonnance de Commerce
del 1673, di redigere ogni due anni un inventario generale
14
, che fosse
specchio del patrimonio societario e strumento di garanzia per i
creditori nell’ipotesi del fallimento del commerciante.
Ma la coesistenza di un inventario accanto al bilancio finale di
liquidazione, non significò riconoscere allo stesso autonomi effetti
giuridici (quali la divisione degli utili), anzi: fino agli inizi del 1800 la
13
CECCHERELLI, Il linguaggio dei bilanci, Firenze, 1956, p. 31.
14
Prime tracce di un inventario si hanno nella ditta Fugger nel 1511 e nel 1527, in occasione del
passaggio della direzione dell’azienda da un membro all’altro della famiglia (notizie in SOLMI,
L’inventario della ditta Fugger nel 1527, in Riv. Dott. Comm., 1906, I, p.79).
13
distribuzione degli utili, prima della fine della società, era ancora
negata; e qualora fosse già avvenuta, non liberava i soci dall’obbligo
di restituzione alla società nel caso in cui, in sede di liquidazione, i
creditori non fossero del tutto soddisfatti.
Solo tra il 1850 e il 1870, a seguito della forte presa di coscienza della
diversità della funzione del bilancio di liquidazione da quello
d’esercizio, possiamo assistere alla fioritura, in tutta Europa, di una
disciplina inerente l’obbligatorietà di redazione del bilancio
d’esercizio.
Tale prassi nasceva all’interno di un quadro storico caratterizzato da
un clima di generale arretratezza industriale e di stabilità economica,
in cui la stessa apertura dell’impresa con l’esterno era modesta. Il
bilancio, nato come“figlio dell’inventario”
15
, era ritenuto
16
specchio
della vera e totale situazione dell’impresa in ogni momento della sua
vita, capace di “dare in ogni istante, senza ripieghi di sorta, un vero
bilancio, od una situazione amministrativa, e qualunque altra
15
BOCCHINI E., Manuale di diritto della contabilità, Utet 1995, p. 129
16
VILLA, Elementi di amministrazione e contabilità, Bizzoni, Pavia, 186, p. 34; CERBONI,
Primi saggi di logismografia, La Minerva, Firenze, 1873, p.12; TONZIG, La scuola perfetta dei
mercanti, ossia la scienza della contabilità commerciale, Sacchetto, Padova, 1876, p.16;
LEAUTEY et GUILBAUT, Princepes generaux de comptabilitè, Paris, 1895, p. VII.
14
dimostrazione si possa richiedere, sia statica che economica”
17
. Si
riteneva cioè, dalla dottrina imperante, che la “contabilità avesse lo
scopo primario di conoscere in ogni tempo con tutta facilità e certezza,
in dettaglio ed in complesso, la qualità, quantità e l’importare degli
enti attivi e passivi della sostanza, l’indole e natura e l’importare delle
operazioni eseguite e da eseguirsi, e l’andamento e il risultato della
gestione”
18
.
Secondo tale indirizzo il bilancio non era altro che “il riassunto delle
scrittura contabili”; come tale, esso doveva servire ad esporre in forma
schematica tutti i dati necessari “per conoscere e interpretare la
situazione dell’impresa, che in quelle scritture era oggettivata”
19
.
Una visione incentrata essenzialmente sull’elemento patrimoniale,
focalizzata sul capitale e che trascurava la modalità di formazione del
reddito.
Il legislatore, con il codice di commercio del 1882, detta invece una
disciplina autonoma e specifica sul bilancio d’esercizio, ma, ispirato
proprio dalle teorie liberiste del periodo, trascurò qualsiasi regola sul
17
ROSSI G., Delle attinenze logismografiche, Studi sulle teorie cerboniane, Reggio Emilia, 1878,
p.232.
18
TONZIG, La scuola perfetta dei mercanti, ossia la scienza della contabilità commerciale,
Padova, 1876, p.12.
19
COLOMBO G.E., Il bilancio d’esercizio delle società per azioni, Milano 1965.
15
contenuto minimo del documento e sui criteri di valutazione,
affidandosi “al senso di responsabilità degli amministratori e dei
sindaci nella giusta valutazione”
20
.
Il codice di commercio risultò quindi limitato ad una sola norma
astratta, l’articolo 176, nel quale venivano espresse regole attinenti
alle funzioni e al contenuto del bilancio, destinato a “dimostrare, con
evidenza e verità, gli utili conseguiti e le perdite sofferte” e ad indicare
distintamente il “capitale sociale realmente esistente e la somma dei
versamenti effettuati e di quelli in ritardo”
21
.
La scelta del legislatore era quindi perfettamente in linea con la teoria
autonomistica e dualistica
22
del bilancio, visto come autonomo
dall’inventario e per questo capace di rappresentare non solo la
situazione patrimoniale della società, ma anche gli utili e le perdite del
periodo.
Il riconoscimento di un’autonoma funzione del bilancio d’esercizio da
quello di liquidazione, nasceva probabilmente dalla presa di coscienza
dello stretto legame esistente tra le valutazioni di bilancio e fine per il
20
BOCCHINI E., La chiarezza e la precisione dei bilanci delle società per azioni nell’evoluzione
della dottrina e della giurisprudenza, in Rivista delle società, 1972, p. 375.
21
Art. 176 del codice di commercio del 1882
22
BESTA, La ragioneria, II, Vallardi, 1909, p 13; D’ALVISE, Principi e precetti di ragioneria,
Cedam, 1934, p. 334; DE GOBBIS, Il bilancio delle società anonime, Dante Alighieri, 1931, p.9.