- 2 -
Analizzare il problema dal punto di vista dell’antropologia sociale è
senz’altro una via per indagare come si delineano in termini di
istituzioni sociali, oggi, i rapporti fra le persone.
Se, infatti, fino a cinquanta, sessant’anni fa queste relazioni erano
codificate in modo piuttosto rigido – ad esempio fra uomo e donna, o
all’interno della famiglia – oggi questi codici sono per certi aspetti
completamente saltati, per altri quantomeno stravolti. Si parla di crisi
della famiglia e dei valori, perché questi cambiamenti, tuttora in corso,
non hanno ancora dato vita a qualcosa di definito, sostitutivo.
Troviamo tutta una serie di nuovi modi di relazione e di
comportamento: all'interno della coppia, della famiglia, ma anche
delle istituzioni e della stessa società. L’equilibrio fra uomo e donna
nella divisione dei compiti, la discussa autorità dei genitori sui figli, la
perdita di valore del matrimonio e il conseguente affermarsi delle
coppie di fatto, la solitudine degli anziani: tutti temi all’ordine del
giorno, con tutte le problematiche connesse, nelle conversazioni
comuni come nei talk show televisivi o sulle rubriche dei giornali.
E se non si trattasse di una di crisi, ma dell’evoluzione di un sistema
di credenze e valori, che sotto la spinta di continui cambiamenti - in
tutte le sfere del quotidiano - ha iniziato a cercare nuove soluzioni?
Trattandosi di novità così profonde e così importanti - perché toccano
uno degli aspetti salienti per l’uomo, ossia come interagire e su quali
basi – forse occorrono diversi tentativi per ritrovare i giusti equilibri e
nuove, valide alternative.
- 3 -
Obiettivo di questa tesi è dunque indagare qualche aspetto dei modi e
dei tempi di questa evoluzione, che s’inserisce in un arco temporale
piuttosto dilatato, indicativamente dalla seconda metà del ’900 ad
oggi. I demografi definiscono questo periodo «seconda transizione
demografica»: tra le mille sfaccettature del nostro nuovo modo di
abitare questo pianeta emergono due costanti tendenze, da un lato a
procreare pochissimi figli, dall’altro a vivere sempre più a lungo in
una società che tende a connotarsi come sempre più vecchia. In questo
mezzo secolo la popolazione italiana è aumentata e si è modificata
nella struttura, sono mutate le sue abitudini e i suoi comportamenti,
entrando nella transizione demografica tipica in tutte le società
occidentali:
«Osservando l’andamento della popolazione italiana negli ultimi cinquant’anni
risulta evidente come le sue diverse caratteristiche abbiano subito profondi
mutamenti. La natalità, la fecondità, la nuzialità, la mortalità infantile,
l’invecchiamento, le migrazioni sono alcuni degli aspetti che si presentano oggi
completamente diversi rispetto a cinquant’anni fa. Non si è trattato di
cambiamento repentino, ma di un processo progressivo e continuo, come spesso
accade per i fenomeni demografici. […] Trasformazioni socioeconomiche,
politiche, del costume e demografiche si sono intrecciate in modo tale che è
spesso difficile distinguere tra causa e effetto. […] Nell’osservazione si
noteranno alcune costanti. La più importante è rappresentata dal divario
esistente fra Nord e Sud del Paese. […] Altra costante è rappresentata dal ruolo
della famiglia, che pur avendo subito numerose trasformazioni nel corso dei
- 4 -
decenni, ha sempre costituito un punto di riferimento per la società italiana,
non solo sul piano demografico, ma anche su quello sociale ed economico
1
».
«Un ciclo è finito. In Europa la fine del secolo coincide con un forte
rallentamento demografico; con il permanere della bassissima fecondità; con una
mortalità ancora sorprendentemente in flessione nelle età anziane; […] la bassa
natalità e la declinante mortalità degli anziani si traducono in una
trasformazione della struttura per età, dove arretrano le classi attive e
aumentano le classi improduttive percettrici di trasferimenti sociali
2
».
Dopo aver chiarito, nel secondo capitolo, il concetto di transizione e
gli aspetti statistici e demografici della seconda transizione, vedremo
come si presenta, oggi, l’Italia focalizzando l’attenzione sui temi più
emblematici rispetto al passato, ripresi e approfonditi nei capitoli
successivi: l’allungamento delle tappe nella crescita personale, i
cambiamenti all’interno della famiglia, che ha completamente
rinnovato la sua connotazione (composizione, ruoli, tempi, valori);
come questi cambiamenti sono percepiti, vissuti, e parzialmente
risolti; la rettangolarizzazione della curva della vita e il graduale
invecchiamento della popolazione (come si vive oggi l'ultima parte
della vita, con quale rete di aiuti, con quale spirito). Quali sono le
prospettive in una società che si prospetta sempre più “vecchia”; con
quali aggiustamenti e novità viviamo, oggi, nuove soluzioni in termini
di legami sociali.
1
S. Baldi, R. Cagiano De Azavedo, La popolazione italiana: storia demografica dal
dopoguerra ad oggi, Il Mulino, Bologna, 1999, pp. 7-9.
2
M. Livi Bacci, Italia e Europa, in L. Del Panta, M. Livi Bacci, G. Pinto, E. Sonnino,
La popolazione italiana dal Medioevo a oggi, Laterza, Roma-Bari, 1996, p. 271.
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1. 2 Il metodo
«Quando i colleghi stranieri, i politici o i giornalisti ci chiedono come mai
l’Italia detenga ormai da cinque anni il primato, o quasi, di denatalità nel
mondo noi, compiutamente ed esattamente, non sappiamo cosa rispondere; […]
Tutte le buone motivazioni per spiegare il calo della natalità nei paesi
occidentali le invochiamo, ovviamente, anche per l’Italia, facendo riferimento in
generale ai processi di modernizzazione della società; ma quando diventa
necessario spiegare meglio la specificità della situazione italiana tutto risulta
molto più complesso
3
».
Questa riflessione di Antonio Golini, uno dei nostri più autorevoli
demografi, mi ha colpito per la sua franchezza: vista questa
complessità e atipicità della realtà italiana, analizzare il problema dal
punto di vista dell’antropologia sociale può essere un modo
alternativo per cogliere gli aspetti più dinamici, immediati, peculiari
del vivere quotidiano; sociologi e demografi formulano teorie che
partono da aggregati di dati, raccolti con indagini quantitative su
vasti campioni; c’è uno scollamento temporale tra il momento della
raccolta dei dati, la loro elaborazione, le sintesi finali e il momento in
cui le riflessioni emerse innescano cambiamenti significativi dal punto
di vista istituzionale e legislativo.
3
A. Golini, Tendenze di fecondità e tendenze di popolazione, in La società del figlio assente. Voci a
confronto sulla seconda transizione demografica in Italia, a cura di G. Micheli, Milano,
FrancoAngeli, 1995, p. 27.
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In questo lasso di tempo i codici sociali continuano ad evolversi
indipendentemente; l’osservazione antropologica può fornire un
ulteriore punto di vista, utile a cogliere il dinamismo interno al
processo sociale vero e proprio: osservando i modi di relazionarsi
delle persone, registrando quello che pensano in merito ad un
determinato problema, indagando quali sono le credenze e i valori
sottesi al loro modo di concepire le istituzioni sociali e confrontandoli
con quelli del passato più recente.
John Beattie, in un’opera ormai divenuta un classico dell’antropologia
sociale, spiega:
«Un aspetto essenziale di tutti i rapporti sociali istituzionalizzati è dato dalla
gamma di aspettative che le persone interessate hanno circa il modo di agire loro
proprio e dell’una verso l’ altra […] Nella misura in cui si parla di esseri umani
membri di una società i rapporti sociali non possono essere descritti
adeguatamente se non si fa riferimento alle aspettative, intenzioni e valori
espressi o implicati dagli stessi rapporti sociali […] così, come sociologi, gli
antropologi sociali si interessano sia al comportamento delle persone nei loro
rapporti reciproci, nella misura in cui esso è più o meno istituzionalizzato, sia
alle loro idee riguardanti questi rapporti
4
».
4
J. Beattie, ed. originale Other Cultures. Aims, Methods and Achievements in Social
Anthropology, Routledge & Kegan Paul Ltd., 1972, ed. italiana Uomini diversi da noi,
Biblioteca Universale La Terza, Roma – Bari, 1998, pp. 60-61.
- 7 -
1.3 Gli strumenti.
Quando è nata l’idea di questa tesi ho iniziato - quasi senza
accorgermene - a “guardarmi attorno” con una prospettiva diversa,
distaccata e incuriosita. Uno degli aspetti più emblematici della nostra
società è “l’eccesso di comunicazione”: telefono, sms, e-mail, radio,
televisione, cinema, fotografia, quotidiani, periodici femminili,
maschili e di settore, affissioni e manifesti… siamo bersagliati da ogni
tipo di comunicazione quasi in ogni momento.
Un modo per esplorare quanto l’immaginario comune sia – o non sia –
mutato in relazione a ruoli, relazioni e istituzioni sociali, credenze e
valori, è attingere a questa poliedrica fonte di informazioni e tentare
di ricavare un’istantanea che provi a riassumere come siamo,
attraverso una fotografia sociale.
Monitorando alcuni media: carta stampata, televisione, internet
sono un prezioso termometro sociale. I quotidiani e i telegiornali
segnalano quasi ogni giorno l’interesse crescente del Governo, delle
istituzioni, degli istituti di statistica e degli studi sociali nei
confronti delle emergenze relative ai problemi connessi alla
seconda transizione demografica; le rubriche dei periodici
femminili, i siti web tematici, il trend dei talk show televisivi a
carattere sociale/sentimentale, persino certi spot televisivi sono una
testimonianza continua del coinvolgimento profondo verso questi
temi di tutta la società.
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Con una breve raccolta di materiale legato per varia natura alle
istituzioni sociali vecchie e nuove: il fidanzamento, le nozze, le
partecipazioni nuziali, vecchi manuali di galateo sociale e libri
educativi con nuove famiglie da spiegare ai bambini, manuali per
genitori, biglietti d’auguri per i cent’anni anni, siti web per la terza
età… per cogliere, soprattutto attraverso i contrasti e le novità, la
profondità dei cambiamenti sempre in corso.
Con questionari semi-strutturati, di circa 40 domande, con oggetto
la famiglia, le relazioni, i valori, l’uso del tempo, la tecnologia, la
nostra società, la vita che si allunga, l’ idea di vivere per sempre.
Formulati con qualche variante in funzione della fascia di età e
sottoposti in due modi:
A) Interviste personali, con una indagine di tipo qualitativo,
partendo dalla mia rete di relazioni familiari, personali,
lavorative. Siamo a Vigevano, in provincia di Pavia, cittadina di
circa 60.000 abitanti – e Milano, città in cui lavoro; due realtà
geograficamente molto vicine, che - pur conservando le enormi
differenze di ritmi di vita e adesione ai valori tipiche della
grande metropoli e della cittadina di provincia - si connotano in
modo abbastanza uniforme e senz’altro significativo dal punto
di vista sociodemografico:
«Nella regione sono presenti sia realtà demograficamente vitali, sia realtà
molto compromesse. […] Con la classe “E” si entra nel malessere
intenso. E’ questa la classe dei grandi comuni urbanizzati e terziarizzati.
La struttura per età è ormai deformata: si contano in media 26
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ultrasessantenni ogni 100 abitanti, 9 ultrasettantacinquenni e solo 12
giovani in età 0-14, e la fecondità è molto bassa. Le famiglie con un solo
componente costituiscono circa il 30% del totale
5
».
In questo quadro la mia rete sociale riassume diverse tipologie
di famiglie: tradizionali, con mamme che lavorano, senza figli,
conviventi, figli che non se ne vanno di casa, mamme single,
amici e nonna che vivono da soli; l’esperienza diretta e le
opinioni in merito ai diversi argomenti - parti salienti delle
interviste personali - saranno il filo conduttore attraverso i
capitoli. Più donne, perché sono soprattutto le donne ad avere
cambiato più radicalmente la loro posizione all’interno della
società: hanno acquistato indipendenza, si sono inserite nel
mondo del lavoro, ma hanno dovuto inventarsi le soluzioni
per un aggiustamento di ruoli, per conciliare questo nuovo
modo di vivere doveri e valori, continuando a seguire la
famiglia e i figli. Un processo che sembra essere ancora in
corso. E solo parzialmente risolto.
B) Via e-mail: il contatto quotidiano con persone fisicamente lontane
è ormai una consuetudine; anche per me è normale constatare di
avere contatti lavorativi e amicizie che da anni fanno parte
della mia vita, in giro per l’ Italia e per il mondo, anche se in
realtà ci vediamo di rado. Pur tenendo conto che chi mi ha
risposto in un certo senso si è auto-selezionato perché forse più
5
A. Golini, A. Mussino, M. Savioli, Il malessere demografico in Italia, Il Mulino,
Bologna, 2000, p. 143.
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interessato a questi argomenti, ho ricevuto più dei due terzi dei
questionari compilati rispetto a quelli inviati.
In generale ho constatato che attorno a questi temi c’è un reale
interesse, una viva curiosità, ed una totale disponibilità ad esporre i
propri punti di vista, così come a raccontare frammenti della propria
esperienza personale. Questa omogeneità di reazioni mi ha stupito:
forse nasce dalla voglia di raccontare le proprie conclusioni, di fronte
ad una generale confusione di ruoli e istituzioni, che vede da un lato
dissolversi sempre di più le famiglie tradizionali e dall’altro accogliere
in modo sempre più naturale nuovi modelli fino a vent’anni fa
impensabili.
Le risposte così ottenute – pur essendo piuttosto sintetiche – hanno il
pregio di essere assolutamente spontanee, non “filtrate” dal fatto di
avere di fronte un interlocutore e si prestano bene ad essere
ricomposte in diversi “collage” (in cui ad ogni domanda seguono tutte
le riposte avute in ordine d’età) che, con il materiale raccolto,
forniscono un’istantanea antropologica su modi, idee e relazioni
sociali.