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Presentazione
Il percorso universitario è un lungo viaggio che dovrebbe essere vissuto con la
consapevolezza che se ne uscirà come persone completamente diverse perché
arricchite di conoscenze ed esperienze: un bagaglio necessario a plasmare tutto ciò che
verrà dopo. Prima di introdurre il percorso che ho scelto di intraprendere, vorrei
spiegare perché ho deciso di scegliere questo argomento. Ho iniziato a pensare a tale
elaborazione durante il precedente Anno Accademico con la consapevolezza che
questo sarebbe stato il cammino giusto e che mi avrebbe rispecchiata in tutte le mie
sfaccettature. Perché? La musica ha da sempre rappresentato una componente
essenziale della mia vita per molteplici ragioni che voglio condividere: durante
l’infanzia, ho sempre sentito un certo legame con essa, perché portava in luce quelle
emozioni che facevo fatica a manifestare visibilmente e che, spesso, celavo nel mio
animo, ma la forte tensione interiore che potevo percepire, veniva liberata dalla soavità
di ogni nota. Ho sempre cercato di nascondere ciò che provavo, soprattutto, quando i
miei stati d’animo provocavano in me sofferenza ma, in quei momenti, la solitudine e
l’incomprensione non hanno mai prevalso perché sapevo dove trovare un rifugio e
dove riscoprire quella serenità che, per un motivo o per l’altro, avevo perso. Gli anni
della scuola primaria sono stati rivelatori: ho scoperto che, dentro di me, c’era non solo
una profonda passione per la musica, bensì anche un talento crescente, che però
faticava a manifestarsi a causa di una ingenua timidezza. Nonostante ciò, ho scoperto
che il turbine di vivide sensazioni che nascevano in me, quando intonavo ogni singola
nota, era anche più intenso del momento in cui ascoltavo una canzone eseguita da altri
e questo mi ha portato, con il tempo, alla consapevolezza che era necessario liberare
questo forte desiderio di esprimermi con quel linguaggio da me prediletto: il canto. Da
quel momento, nulla mi ha più limitata; la timidezza è stata schiacciata con vigore
dalla voglia di parlare di me agli altri ed ho intrapreso un lungo percorso, di dieci anni,
volto ad accrescere le mie competenze tecniche nel canto, anche se presto ho scoperto
che questa componente, se espressa isolatamente, non avrebbe permesso di trasmettere
la mia vera essenza. Ho compreso, allora, che il traguardo, che avrei dovuto
raggiungere, sarebbe stato quello di trovare la giusta mediazione tra le conoscenze, che
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sono la base portante per una prestazione di buon livello, e le emozioni perché, a mio
avviso, la musica è un mezzo tramite cui far sì che queste possano uscire dall’animo e
palesarsi all’esterno, anche senza verbalizzarle. Lo stesso V. Hugo affermò: “Ciò che
non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime”. Uno dei miei più
grandi rimpianti è aver creduto a coloro che hanno cercato di soffocare la mia passione,
sminuendo costantemente le mie possibilità, ma io avevo bisogno di cantare e,
maturando, ho compreso che dalle critiche si può crescere e che la mia necessità era
trovare una dimensione intima, in cui eravamo presenti solamente io e quella melodia
che mi apriva il cuore, facendo emergere in me delle emozioni che mi facevano stare
bene.
La musica ha rappresentato per me anche una salvezza, un sostegno e una spalla su cui
piangere in diversi momenti: il primo episodio, che ricordo con rammarico, riguarda
la perdita di mio nonno. Lui, una delle persone che hanno segnato la mia vita, non mi
aveva mai sentito cantare a causa della mia irrazionale timidezza. Quando si ammalò,
decisi di preparare una canzone che a lui piaceva per cantargliela in ospedale ma,
purtroppo, il tempo per esaudire il desiderio di mio nonno sembrava essere scaduto.
L’ora era scoccata ed è solo in quel momento che ho preso coscienza del mio errore.
L’unica cosa che avrei potuto fare, dopo la sua perdita, era ascoltare costantemente
quella canzone, provando una molteplicità di emozioni contrastanti: da un lato lo
straziante dolore e un forte pentimento per essermi lasciata trattenere da quella
maledetta timidezza che ha invaso violentemente parte della mia fanciullezza e,
dall’altra, una qualche forma di consolazione perché ogni singola parola e ogni dolce
nota mi riportava il ricordo di lui. Quella melodia mi aiutava a riportare alla mente i
nostri momenti e le emozioni che abbiamo condiviso. La musica, dopo quella
esperienza, è stata un sostegno a cui reggermi per non cadere e la custode di quelle
sofferenze che venivano quietate.
Essa ha avuto lo stesso ruolo, qualche anno dopo, durante la malattia di mia mamma,
con la quale ho, da sempre, condiviso questa partecipazione emotiva con la musica.
Ho vissuto i momenti della sua operazione e del suo ricovero, ascoltando le sue canzoni
predilette, cercando di trovare forza, la stessa con cui lei stava combattendo. E’ stato
particolarmente emozionante vederla tornare a casa, più raggiante che mai, ed intonare
quelle melodie che le riempivano il cuore di gioia. In quei momenti, la musica è stata
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la responsabile della creazione di un forte legame empatico, come se fosse riuscita a
mediare e a mettere in comunicazione i nostri cuori, facendoci vivere dentro ogni nota
ed è in quel preciso istante che ho compreso che la musica è una parte ineludibile della
vita di ciascuno come affermava F. Nietzsche con le parole: “Senza musica la vita
sarebbe un errore” perché essa è sempre a disposizione di chi ne ha bisogno e ognuno
può attribuirle il significato di cui ha bisogno in quel momento, l’importante è saperla
accogliere e ascoltare.
Sicuramente, la musica si è rivelata essere una componente essenziale del mio percorso
di vita anche nell’esperienza più bella che una donna possa fare: la gravidanza e la
maternità. Per quanto riguarda il primo punto, ho vissuto nove mesi sognando,
immaginando quello che stava accadendo dentro di me e pregustando quello che avrei
vissuto successivamente. Come in ogni occasione, anche in questo caso, le canzoni
non mi hanno abbandonata, anzi le ho vissute con maggiore intensità, scoprendo che
riescono ad arricchire chi le ascolta in maniera sempre nuova perché, di fatto, siamo
noi a interconnettere ogni singola nota al nostro vissuto e ciò permette di leggerla in
un modo personale e unico. Ricordo i primi mesi di gestazione, che erano all’insegna
della commozione costante e di una tenera sensibilità d’animo, con le guance che si
rigavano spesso di lacrime, forse dall’incredulità che stesse avvenendo un miracolo
nel ventre. Così, mi chiudevo nell’intimità e premevo il tasto “play”: da quel momento,
dentro di me si scatenava una tempesta di emozioni che la musica, non solo faceva
emergere, ma che accentuava l’intensità con cui mi coinvolgevano. La musica faceva
sì che stessi in estasi per qualche istante, come se non fossi più padrona del mio corpo
e del mio cervello e, quando la canzone terminava, mi sentivo rilassata e dolcemente
stanca, in quanto, i minuti precedenti erano stati un viaggio dentro di me e attraverso
la mia anima, ma ciò che mi rallegrava era che ci fosse un piccolo ospite ad ascoltare
questa melodia e a vivere con me le stesse sensazioni. Durante i meravigliosi nove
mesi passati ad osservarmi mentre cambiavo e percepivo una vita sempre più presente
in me, ho scelto di condividere con la musica questo momento, facendo sì che non
fosse mai assente. Fin da subito, ho voluto parlare con lui; penso che la voce sia la
melodia più bella che esista perché in grado di creare un legame condiviso tra più esseri
umani ed è per questo che non sono mancati racconti, filastrocche e canzoncine volte
a fargli esplorare la mia voce e a far sì che si creasse un rapporto viscerale. Credo che
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iniziato a notare in lui un cambiamento somatico, in primis, ma anche
comportamentale e ho percepito la necessità di stimolarlo in altro modo, maggiormente
adeguato al suo livello di sviluppo. In alcuni momenti di condivisione, mi dedicavo al
dialogo poi, gradualmente, ho iniziato a vedere da parte sua dei feedback fatti di sorrisi
sociali di fronte alle mie stimolazioni e di proto-conversazioni che cercava di articolare
intorno ai tre mesi, nonostante non possedesse le competenze linguistiche per utilizzare
delle strutture maggiormente complesse. Usava la sua voce per emettere dei suoni più
o meno forti per sperimentarne le caratteristiche e alternava momenti di soliloquio a
momenti di imitazione dei suoni emessi da noi interlocutori, ad esempio, ascoltando il
suo nome scandito in sillabe, cercava di riproporlo, ovviamente, senza usare le lettere,
ma dando la stessa cadenza sillabica all’emissione della sua dolce melodia vocale. In
molte occasioni, cerco di inserire una musica che ci culla mentre costruiamo il nostro
legame d’amore. Uno dei momenti in cui ne apprezzo l’uso è durante l’allattamento:
la musica riesce ad avvolgerci in una bolla di emozioni che solamente noi possiamo
vivere e, fisicamente parlando, essa è in grado di portare quiete e rilassamento. La
mente si svuota dalla confusione dei pensieri che si affollano giornalmente senza
tregua, il corpo si distende e l’animo si libera di qualunque tensione: penso che questo
processo sia necessario, in particolare, durante l’allattamento perché prima non
credevo alla frase “I bambini sentono se si è nervosi”, invece, ho appurato che è la
pura verità. E’ per questo, che ho deciso di alienarmi, anche per brevi momenti, dalle
voci del mondo esterno, per concentrarmi sulle vibrazioni dei nostri cuori che palpitano
all’unisono tra note di mille colori.
E’ bello plasmare e costruire un legame così speciale, come quello con un figlio,
avendo la musica come sottofondo, un sottofondo che distende il corpo e arricchisce
l’anima, quindi, ricollegandomi al tema centrale della tesi, posso affermare che è stato
Gabriele ad essere la principale fonte di ispirazione per tale stesura. Questo progetto
mi ha permesso di coniugare gli elementi che arricchiscono la mia vita: da un lato mio
figlio che è stato un dono prezioso e mi ha fatto scoprire un amore che nessuno è in
grado di donare o di ricevere e dall’altro la musica, da sempre la colonna portante di
ogni fase della mia vita. Quando ero triste, è riuscita a proteggermi in un abbraccio
consolatore, mentre, quando ero felice, ha fatto emergere le emozioni che stavo
vivendo con una intensità esacerbata. Prendendo coscienza di questa alchimia perfetta,
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ho avuto un’illuminazione: una sera stavo nel letto con mio figlio, che ascoltava
piacevolmente la voce di suo padre che lo intratteneva e, notando la pienezza dei suoi
occhi, come anche la volontà di comunicare a sua volta, ho capito quanto il suono sia
stimolante e coinvolgente, un arricchimento per il cuore e per la mente e ho pensato:
“Se questa mia idea riguarda Gabriele, sicuramente chiamerà in causa anche tutti gli
altri bambini!” e questa riflessione ha fatto nascere in me la necessità e la voglia di
intraprendere un nuovo viaggio che non solo avrebbe permesso di conoscermi e farmi
conoscere, ma anche di rappresentare il coronamento di un percorso magico, anche se
a tratti gravoso, quale quello universitario.
Non avrei mai pensato, fino a qualche anno fa, di iniziare con un anno di anticipo la
stesura della tesi, ma ne sentivo il bisogno in quanto volevo esplorare me stessa e
scavare fino a raggiungere la mia essenza quindi, dopo aver fissato i temi che avrei
voluto vedere scritti nella tesi, un nuovo pensiero mi ha pervaso e ho iniziato a
chiedermi: “Chi potrà accompagnarmi in questo lungo viaggio?”. Avevo bisogno di
una persona avente una forte motivazione e anche una palese empatia e, dopo una
ricerca accurata, sono riuscita a trovare la mia relatrice, con la quale ho scoperto di
avere molto in comune fin dal nostro primo incontro, anche se separate da uno schermo
ma, sentendola parlare, ho capito che avrebbe saputo trasmettermi e insegnarmi tutto
ciò di cui avrei avuto bisogno e, soprattutto, stavo per iniziare un percorso con una
persona che condivideva con me una grande passione: la musica. Dopo il primo
confronto con lei, ho capito che il viaggio che stavo per intraprendere sarebbe stato
non solo propedeutico alla stesura della tesi di laurea, ma sarebbe stato anche un
arricchimento personale e un bagaglio di vita e, sicuramente, mi avrebbe offerto ciò di
cui avevo bisogno per rendere più prezioso il presente e per costruire il futuro. Ho
avuto un costante sostegno, un consiglio sempre pronto e una disponibilità rara, basti
pensare ai tanti articoli o libri che mi ha proposto: ognuno di loro è stato un viaggio
dentro di me, un viaggio che è stato utile a conoscermi ancora meglio e a scoprire delle
sfaccettature di cui nemmeno ero a conoscenza.
In questa introduzione ho voluto mettermi allo scoperto, facendo scoprire qualche
tratto di me e facendo trapelare come la musica sia stata una costante della mia vita,
come una fedele compagna che ha saputo supportarmi sempre nella maniera corretta
ed ora è giusto onorarla, impostando l’intero percorso che andrò a presentare su questo
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tema, ma preferisco non dare ulteriori informazioni perché l’attesa crea maggiore
brama di conoscenza ed è solo voltando le successive pagine e esplorando i diversi
capitoli che sarà possibile rendere maggiormente evidente e chiaro ciò che in queste
righe ho solamente accennato. E ora, tra le note della mia canzone preferita, ho il
piacere di aprire questo viaggio all’insegna delle emozioni!