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a dura prova dalle intemperie sente incombere su di sé il nero corvo della
morte, che può distruggerla da un momento all’altro.
Svegliarsi all’alba sotto una tenda di pelli di capra, abbigliarsi in
maniera stravagante e colorata, cavalcare subito dopo un dromedario dal
collo tempestato di pendenti e gemme di varia natura e lanciarsi
all’avventura pronti ad esplorare nuovi stimolanti orizzonti.
Loti, gran viaggiatore ed avventuriero, ha conosciuto tutto ciò egli ha
visitato l’India, il Giappone, la Cina, l’Africa ed in ognuno di questi luoghi
ha vissuto alla maniera locale assimilando usi e costumi del Paese in
questione. L’isola di Pasqua, la Turchia hanno rapito il suo cuore sino a
farlo sentire completamente partecipe di quella fauna e flora così diversa
rispetto alla sua sempre amata Francia.
Ma è l’Africa, il tanto sognato Continente Nero ad aver attratto anche
il grande Arthur Rimbaud, recatosi lì più in missione lavorativa che nelle
vesti di viaggiatore. L’Abissinia, il Golfo d’Aden, divengono per l’autore
siti ideali per lo svolgimento della sua attività commerciale ma nello stesso
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tempo panorami da osservare e da descrivere dopo esserne stato
conquistato al punto da convivere laggiù con una donna di colore che
potrebbe assurgere a simbolo della sensualità abissina.
Tutto ciò è ESOTISMO ovvero magica tensione verso il nuovo nella
speranza di poter ridare freschezza e vivacità alla propria vita culturale
attraverso il contatto con popoli di diversa ed anche opposta civiltà. Quindi
il motivo del viaggio costituisce la sollecitazione più viva per l’apertura e
l’inizio di nuove esperienze, al di là della vita e dei costumi consueti.
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INTRODUZIONE
1. IL VIAGGIO TRA ESOTISMO E LETTERATURA
ODEPORICA
Con il termine esotismo si indica abitualmente una tendenza
innata nello spirito umano; il fascino, in particolari condizioni di
progredita e raffinata civiltà, di terre straniere e lontane, a cui si
attribuiscono doti straordinarie di felicità, di bellezza, di fertilità,
di fortuna, d’esemplarità morale, politica, estetica: in ogni secolo
la letteratura ha posseduto questo mito, esprimendolo sempre in
maniera diversa. Si tratta di un sentimento che nasce dalla sazietà
per una cultura giunta ad un punto d’estrema saturazione,
compiaciuta di sé e della sua perfezione, ma ormai incapace di
rinnovarsi; di uscire dai moduli di una raffinatezza, fastosa e
preziosa, ma priva di fermenti originali, di possibilità creative.
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L’esotismo è una profonda sensazione dell’essere in un
territorio che ognuno di noi si crea per uscire dalle angustie della
realtà, per cercare fasti liberatori, mondi rovesciati dove dar
spazio alla propria libertà frustrata.
Terre misteriose, natura amorfa e coinvolgente, il fascino
dell’ignoto, sono queste le premesse che spinsero e continuano a
spingere archeologi, pittori, scienziati, politici, diplomatici,
avventurieri, geografi, storici, fotografi, disegnatori, verso luoghi
sempre nuovi da esplorare, descrivere, riprodurre, analizzare. Ci
sarà quindi sempre qualcuno che attratto dal reale, dal visto
commenterà, e renderà note le sue esperienze all’umanità
facendo delle proprie percezioni esotiche una vera e propria
letteratura di viaggio, una letteratura odeporica.
Descrizioni delle cose osservate, dei toni delle atmosfere
avvertite in sito ma anche giudizi appassionati di approvazione o
durissima condanna, sulla morale, sui costumi, sui governi dei
Paesi visitati. Testi in cui domina il diverso, libri di erranza per
uomini e cose, a denunciare problemi, sognare paradisi, evocare
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inferni facendo un’enciclopedia dei popoli e della storia stessa.
Viaggio di parole e tra parole, nella sua combinazione di tempi,
passato, presente e futuro questo tipo di letteratura esprimerà uno
spazio-tempo-avventura diverso a secondo delle culture, delle
società, delle epoche.
“Ogni cultura è una cultura in crisi”, dice G.Cusatelli1 e si
attribuisce a ciò il continuo vagare, l’insaziabile erranza
dell’uomo in continuo vagabondare per placare la propria sete di
conoscenza.
Sfuggire per un po’ a se stessi, staccarsi dal proprio io e
ricercare l’altrove per tornare poi arricchiti nuovamente dentro di
sé. Fare letteratura odeporica significa viaggiare all’interno di se
stessi, conoscersi meglio per poter meglio conoscere gli altri.
E’ minima quindi la differenza che intercorre tra scritti
odeporici e scritti propriamente esotici in quanto entrambi si
pongono gli stessi obbiettivi, presentando spesso gli stessi temi.
Ma il vero e proprio esotismo può anche racchiudere
1
G. Cusatelli, I viaggi italiani dei tedeschi nel XVIII secolo, in AA, VV., La letteratura di
viaggio, a cura di M. E. D’agostini, Milano, Guerini e Ass., 1987, p. 95.
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narrazioni di episodi, luoghi non realmente esistiti o meglio
esistiti soltanto nella sbrigliata fantasia di autore gravido di
creatività ed originalità, come il caso di Jules Verne, il quale
sogna luoghi lontani ed inesistenti.
La stessa discesa agli inferi dei poeti notturni e transfughi
come Rimbaud, Byron o Poe, o dello stesso Nerval è una ricerca
immaginaria e terrorizzante dell’ “altro io”. Per “l’altro mondo”
niente di meglio che i misteri dell’Africa, dell’Oriente quindi, il
fascino dell’esotismo.
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2. PIERRE LOTI, EVOCATORE DI PAESAGGI E DI
MISTERI
Scrittore, disegnatore e ufficiale di marina, Julien Viaud,
alias Pierre Loti, è nato nel 1850 a Rochefort-Sur -Mer, ammesso
alla Scuola Navale, i suoi primi grandi viaggi gli permisero di
scoprire il bacino Mediterraneo, il Senegal, gli Stati Uniti e
l’America del Sud. Molto giovane, comincia a scrivere il suo
“journal intime “ che sospenderà nel 1918.
Nel 1872, dieci anni dopo suo fratello Gustave, chirurgo
nella marina a Papeete, egli fa scalo per varie settimane a Tahiti,
soggiorno che lo segnerà per tutta la vita e durante il quale
eseguirà una serie di disegni ed acquerelli.
Dalle sue avventure polinesiane egli trarrà il suo romanzo LE
MARIAGE DE LOTI ( 1880) essendogli stato dato lo pseudonimo
di Loti presso la corte della regina Pomarè.
Il suo primo romanzo “ à succès “ senza nome di autore,
AZIYADE’ (1879 ) riprende gli appunti del suo diario redatto a
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Costantinopoli nel 1876-1877. Con la Polinesia, la Turchia è il
Paese che ha più profondamente segnato Loti e che ritorna
regolarmente nei suoi scritti
Eletto à l’Académie Française, Pierre Loti è anche autore di
numerosi romanzi : Mon frère Yves (1883), Pêcheur d’ Islande
(1886) e Madame Chrysantème (1887) scritto dopo un
soggiorno in Giappone. Ramutcho (1897) è l’ultimo pubblicato
prima della sua morte avvenuta nel 1923 nel Pays-Basque. Dai
suoi numerosi viaggi nasceranno racconti esotici e poetici: Le
désert, L’Inde sans les Anglais, Au Maroc, Jérusalem, Vers
Ispaham, Les derniers jors de Pékin, La mort de Philae, Un
pélerin d’ Angkor.
Oltre al suo journal intime, ampiamente pubblicato dopo la
sua morte dal figlio Samuele, Pierre Loti ha lasciato numerosi
disegni e varie fotografie che completano magnificamente il suoi
racconti di uomo di mare e di viaggiatore in India, Turchia, Cina,
Egitto, Persia...
La sua casa natale di Rochefort-Sur -Mer luogo di feste e di
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esotismo, divenuta Museo, raccoglie i ricordi di Loti
l’Enchanteur o di “Pierre le fou” come lo chiamava la sua grande
amica Sarah Bernhardt.
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AU MAROC
Nel febbraio 1889, Pierre Loti, che comanda l’Ecureuil a
Rochefort riceve una proposta di Jules Patenôtre :
“récemment nommé ministre à Tanger, je dois à la fin
de mars aller présenter mes lettres de créance au
sultan du Maroc. Il est d’usage en pareil cas que nos
représentants emmènent avec eux un certain nombre
d’officiers appartenant généralment à l’armée de
Terre mais qui peuvent également être empruntés à la
Marine. J’ai pensé que l’idée de visiter, dans des
conditions exceptionnellement favorables, un des
rares pays qui ne soient pas encore entamés par la
civilisation occidentale aurait peut-être quelque attrait
pour vous et que vous pourriez y puiser la matière
d’un livre original” .
Pierre Loti accettò senza esitazione, vagliando il rischio di
non essere presente alla nascita di suo figlio, prevista in marzo:
Samuel nascerà alla vigilia della sua partenza.
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All’epoca gli europei potevano giungere a Fez soltanto in
ambasciata. Quattro o cinque erano al servizio di Moulay Hassan,
tra i quali il Dr. Linarès che presterà la sua casa, permettendo
così a Loti di visitare a suo piacimento i mercati, i bazars e
d’osservare dall’alto della sua terrazza, sino quasi ad avvicinarle
le sue vicine. Da questo luogo la vista lo porta lontano,
stendendosi sull’insieme della città: può sentirsi contemporaneo
dei secoli passati. Egli andrà varie volte al mercato degli schiavi
senza trovarci mai nessuno, salvo una piccola negretta che la sua
padrona vedova e povera è costretta a vendere.
Fez, la città che gli dava il brivido delle cose misteriose, sarà
finalmente sua negli splendidi arabeschi, nelle multicolori
moschee dalle porte ogivali, attraverso i suoi impareggiabili
Souks dai mille prodotti artigianali.
Il Marocco intero, nelle descrizioni dei fiori, dei cieli, della
bellezza dei volti locali, dei comportamenti, degli abiti, diviene
frasi musicali, pretesto di un’armonia. Pochi giorni ma
un’impressione di durata in una terra così bianca e così unica.
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Nel corso di questo viaggio pioverà spesso. Durante il
cammino, ogni tribù si fa carico della carovana dell’ambasciata
sul suo territorio ed a più riprese Loti osserva che il Paese è senza
alberi e che non ci sono villaggi nelle lontananze. Le traversate a
guado dei fiumi in piena, le generose offerte di couscous, i
rumori notturni: tutto é descritto con precisione e coinvolgimento
in questo libro.
É il miracolo dell’arte quello di immortalare le cose
passeggere ma è volontà dell’autore voler catturare la volontà
degli esseri e di esprimerla sotto una forma durevole affinché
essa possa tramandarsi nei secoli futuri.
Nel mondo di Loti tutto è passione per il nuovo, l’estroso, il
misterioso é sono queste le caratteristiche che conquistano,
coinvolgendolo, il fruitore.
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3. RIMBAUD, UN VIAGGIATORE IN FUGA
Nato a Charleville nel 1854, Arthur Rimbaud è severamente
allevato da sua madre. Svolge degli studi brillanti presso il
collegio della sua città e si distingue particolarmente negli
esercizi di versi latini. Ma mostra sin da piccolo un carattere
ribelle e delle tendenze alla fuga; si rivolta ben presto
apertamente contro la sua classe sociale, le convenzioni, la
morale e la religione Nel 1870, il suo professore di retorica,
George Izambard, incoraggia i suoi saggi poetici. Questi rivelano
da parte dell’adolescente che ha letto tantissimo, una
sconvolgente facoltà d’assimilazione, un’estrema precocità come
anche un’originalità incontestabile. Tuttavia la sua evoluzione
procede così velocemente che, a partire dall’anno successivo,
rinnegherà i suoi poemi del 1870, raccomandando al suo amico
Demeny di bruciarli. Gli avvenimenti del 1870-1871 accentuano
la sua attitudine di rivolta e il suo gusto dell’avventura, già
terrib ilmente vivo fin dall’infanzia. Non è facile ricostruire le
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tappe della sua odissea d’avventuriero, soldato, viaggiatore e
commerciante. Lo troviamo prima a Reading, presso Londra; poi
a Stoccarda, dove avrebbe incontrato Verlaine per l’ultima volta.
Traversato il San Gottardo a piedi, giunse a Milano, si ammalò
tra Livorno e Siena, e fu rimpatriato. Arruolatosi nelle truppe
carliste, disertò. Dopo un inverno a Charleville si recò a Vienna;
in Belgio si arruolò nell’armata coloniale olandese, e fu inviato a
Batavia (Djakarta) , dove disertò il 15-VIII-1876 e, attraversando
la giungla a piedi, s’imbarcò a Samarang, sbarcò a Liverpool, e
rientrò a Charleville. Più incerti sono i suoi movimenti negli anni
che seguono: Marsiglia, Civitavecchia, Amburgo, la Svizzera. Si
recò infine a Cipro, sempre alla ricerca di un lavoro. Ammalatosi
di tifo e rimpatriato, ritornò a Cipro nel 1880. Non sopportando il
clima e le fatiche massacranti, si imbarcò per Aden dove giunse
il 7 agosto, fu assunto da una società commerciale e inviato a
Harar il 13 dicembre dello stesso. Comincia così il periodo della
sua vita africana: commerciante, sognava intanto di poter
diventare corrispondente della Società geografica, per la quale